Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale dott. Mario Malossini, autorizzato con delibera della giunta provinciale n. 1001 dell'8 febbraio 1991, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 12 febbraio 1991, n. 56184 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, primo, terzo e quinto comma; 5; 9; 18 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 16 gennaio 1991. Quando, con la legge 29 maggio 1982, n. 308, il legislatorore statale detto' "norme sul contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l'esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", furono previste norme ed interventi, in particolare finanziari sotto forma di erogazione di contributi e incentivi (capo secondo, artt. 6 e 16), che in larga parte afferivano a settori e materie di competenza, per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige, della provincia autonoma. La provincia ricorrente aveva infatti gia' prima disciplinato la materia con la l.p. 29 maggio 1980, n. 14, concernente "provvedimenti per il risparmio energetico e l'utilizzazione delle fonti alternative di energia", nonche' con la l.p. 22 dicembre 1980, n. 42, concernente "interventi per la realizzazione di progetti pilota in campo energetico". Il legislatore statale aveva inizialmente delineato un sistema nel quale la provincia autonoma, al pari delle regioni a statuto ordinario o speciale, erano soltanto delegate ad erogare i contributi a sostegno dell'utilizzo delle fonti rinnovabili nell'edilizia (art. 7), per il contenimento di consumi energetici nei settori agricolo e industriale (art. 9), nonche' gli incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili nel settore agricolo (art. 12). L'art. 15 della legge prevedeva l'emanazione da parte delle regioni e delle province autonome, ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, della Costituzione, di norme per l'attuazione delle disposizioni della legge (primo comma), mentre restava ferma "la potesta' delle province autonome di Trento e Bolzano di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia nell'ambito delle materie di loro competenza, escluse le prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale" contenute nella legge medesima e nelle direttive del Cipe, previste dall'art. 2 (secondo comma). Costatando dunque la lesione delle competenze provinciali realizzata con tali disposizioni, che configuravano una semplice delega e una potesta' normativa di attuazione, su oggetti che pure la legge riconosceva almeno in parte ricompresi nelle materie di competenza provinciale (art. 15, secondo comma), la provincia esponente proposte tempestivamente ricorso davanti a questa Corte per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 7, primo comma, 12, quarto comma, e 15, primo comma, della legge n. 308/1982. Sopravvenne peraltro la legge 21 aprile 1983, n. 127, concernente "salvaguardia delle competenze delle province autonome di Trento e di Bolzano di contenimento dei consumi energetici e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", il cui articolo 1 stabili' che ai sensi dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige "non si applicano alle province autonome di Trento e di Bolzano la delega prevista all'art. 7, primo comma, il procedimento di ripartizione previsto all'art. 12, quarto comma, e l'attribuzione della potesta' prevista all'art. 15, primo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 308"; e che le quote dello stanziamento complessivo di cui all'art. 27 della stessa legge n. 308 "sono devolute alle province autonome di Trento e di Bolzano a norma dell'art. 78 dello statuto speciale". A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 127/1983, che espressamente riconosceva la competenza propria della provincia, sottraendo quest'ultima alla disciplina della delega prevista dalla legge n. 308/1982, la provincia esponente rinunzio' al ricorso proposto a questa Corte, e il giudizio fu conseguentemente dichiarato estinto con l'ordinanza 11 dicembre 1985, n. 334. La provincia sviluppo' quindi ulteriormente la propria disciplina della materia, integrando la gia' citata l.p. n. 14/1980 con la l.p. 17 marzo 1983, n. 8, l'art. 13 della l.p. 15 novembre 1983, n. 40 e l'art. 12 della l.p. 10 marzo 1986, n. 7. Oggi tale disciplina e' organicamente contenuta (oltre che nella gia' citata l.p. 22 dicembre 1980, n. 42) nel testo coordinato di cui al d.p.g.p. 24 settembre 1986, n. 9-33/legisl., che prevede fra l'altro un piano di intervento (art. 3), contributi per edifici civili (art. 3- bis), per il settore agricolo (art. 3- ter), per il contenimento dei consumi energetici nei settori artigianale e industriale (art. 3-quater), per impianti dimostrativi o prototipi di prodotti o dispositivi (art. 3-quinquies), per l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o mista da parte di societa' o aziende di trasporto pubblico (art. 3-sexies), per la riattivazione e la costruzione di impianti idroelettrici che utilizzano piccole derivazioni d'acqua (art. 3-septies); e stabilisce altresi' delle regole tecniche (tabelle A e B allegate). E' stata ora pubblicata la legge 9 gennaio 1991, n. 10, contenente "norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", che fra l'altro, all'art. 23, primo comma, abroga diversi articoli (compresi gli artt. 7, 9, 12 e 15) della legge n. 308/1982, e nel titolo primo detta nuove "norme in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia", nuovamente accentrando in capo allo Stato le potesta' normative e gli interventi anche nelle materie di competenza delle province autonome, senza piu' disporre quella salvaguardia delle competenze provinciali previste dallo statuto, che era sancita dalla legge n. 127/1983. La nuova legge, all'art. 4, prevede l'emanazione di regolamenti statali, sui quali talvolta (primo, terzo e quarto comma), ma non sempre (cfr. il secondo, quinto, sesto e settimo comma) e' previsto siano sentite fra l'altro le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, destinati a dettare criteri e norme, in particolare per quanto riguarda, fra l'altro, "criteri generali tecnico-costruttivi e.. .. .. tipologie per l'edilizia pubblica e privata" (primo comma); "norme per definire i criteri generali per la costruzione e la ristrutturazione degli impianti di interessi agricolo, zootecnico e forestale" (terzo comma); "norme per il contenimento dei consumi energetici in materia di reti e di infrastrutture relative ai trasporti nonche' ai mezzi di trasporto terrestre ed aereo pubblico e privato" (quinto comma). E' ben vero che l'art. 16, terzo comma, della legge, riproducendo quanto gia' disponeva l'art. 15, secondo comma, della legge n. 308/1982, stabilisce che "resta ferma la potesta' delle province autonome di Trento e di Bolzano di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici nell'ambito delle materie di loro competenza, escluse le prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale contenute nella presente legge e nelle direttive del Cipe" (queste ultime nuovamente previste nell'art. 2 della legge). Ma non e' chiaro se tale clausola di salvaguardia significhi che la provincia conserva la potesta' di dettare norme anche in deroga a quelle dei regolamenti statali di cui all'art. 4, primo, terzo e quinto comma (riguardanti materie in tutto o in parte di competenza provinciale, quali sono l'edilizia comunque sovvenzionata e l'urbanistica, ai sensi dell'art. 8, nn. 10 e 5, dello statuto; gli impianti di interesse agricolo, zootecnico e forestale, ai sensi dell'art. 8, n. 21, dello statuto; i trasporti pubblici di interesse provinciale, compresa la regolamentazione tecnica, ai sensi dell'art. 8, n. 18, dello statuto), salve le sole prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale dettate dalla legge e dalle direttive del Cipe; ovvero se tutte le norme dei regolamenti previsti dall'art. 4 (in ispecie al primo, terzo e quinto comma) sono dalla legge considerate "prescrizioni tecniche rispondenti ad esigenze di carattere nazionale", come tali inderogabili dalla provincia: come potrebbe forse indirettamente desumersi dalla previsione, nel primo e terzo comma (non nel quinto comma) del parere preventivo delle province autonome su tali regolamenti. Se gli artt. 4 e 16 della legge dovessero interpretarsi in questo secondo senso, sarebbe palese la lesione delle competenze provinciali, e pertanto i citati primo, terzo e quinto comma dell'art. 4 dovrebbero essere dichiarati incostituzionali. L'art. 5 della legge n. 10/1991 stabilisce che le regioni e le province autonome, "d'intesa con l'Enea" individuano i bacini che "costituiscono le aree piu' idonee ai fini della fattibilita' degli interventi di uso razionale dell'energia e di utilizzo delle fonti rinnovabili di energia" (primo comma); e ancora, d'intesa con gli enti locali e le loro aziende e "in coordinamento con l'Enea" predispongono "un piano regionale o provinciale relativo all'uso delle fonti rinnovabili di energia" (terzo comma); piano contenente in particolare il bilancio energetico regionale o provinciale, l'individuazione dei bacini energetici, la localizzazione e la realizzazione degli impianti di teleriscaldamento, l'individuazione e la destinazione delle risorse finanziarie per la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia e per gli interventi di risparmio energetico, la formulazione di obiettivi secondo priorita' di intervento, le procedure per l'individuazione e la localizzazione di piccoli impianti per la produzione di energia al servizio dei settori industriale, agricolo, terziario, civile e residenziale, nonche' di impianti idroelettrici (terzo comma). Ora, gia' appare singolare la previsione di un'intesa, o di un "coordinamento", ai fini di atti di programmazione, fra un ente politico territoriale come la provincia e un ente funzionale tecnico come l'Enea; e gia' tale previsione e' percio' lesiva dell'autonomia provinciale. La lesione si rivela ancora piu' grave ed evidente se si tiene conto che, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 5, in caso di inadempimento delle province autonome a quanto previsto dal primo, secondo e terzo comma (individuazione dei bacini e predisposizione del piano) nei termini ivi indicati (centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge), "ad esse si sostituisce il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, che provvede con proprio decreto su proposta dell'Enea, sentiti gli enti locali interessati". Prescrivendo da un lato l'intesa o il "coordinamento" con l'Enea, e prevedendo dall'altro, in caso di "inadempimento" - che puo' discenderne dalla mancata intesa, e quindi puo' dipendere esclusivamente dal disaccordo dell'Enea - un potere sostitutivo del Ministro su proposta dello stesso Enea, si viene in realta' a svuotare la stessa competenza programmatoria provinciale, attribuendo all'Enea un ruolo preminente e condizionante. Basta che tale ente rifiuti la propria intesa, per far scattare il potere sostitutivo e quindi imporre, attraverso la proposta al Ministro, la propria scelta sostituendola alla scelta della provincia autonoma. Per di piu', il potere sostitutivo ivi previsto non risponde ai criteri richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte: attiene ad un atto di programmazione dal contenuto largamente discrezionale; e' affidato ad un singolo Ministro su proposta di un organismo tecnico anziche' al Governo; e' esercitato senza alcuna previa diffida, dopo una semplice audizione degli "enti locali interessati", e non delle regioni e delle province autonome. Le disposizioni in questione sono dunque illegittime e lesive dell'autonomia provinciale. L'art. 9, primo comma, della legge stabilisce che "la concessione e la erogazione dei contributi previsti dagli artt. 8, 10 e 13 e' delegata alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano". Conseguentemente, i commi successivi prevedono l'emanazione di direttive del Ministro per uniformare i criteri di valutazione delle domande, le procedure e le modalita' di concessione e di erogazione dei contributi nonche' i criteri di cui si deve tener conto nell'istruttoria (secondo comma); la richiesta di finanziamenti al Ministero e la ripartizione dei fondi ad opera del Cipe su proposta del Ministero (terzo e quarto comma); termini improrogabili per la concessione dei contributi e destinazione ad opera del Ministro dei fondi residui ad iniziative "inevase" dalle regioni e dalle province autonome (quinto e sesto comma); verifiche del conseguimento del risparmio con conseguente eventuale revoca dei contributi ad opera del Ministero che ridestina le relative norme (settimo comma). I contributi di cui si tratta concernono interventi nell'edilizia (art. 8), nei settori industriale, artigianale, terziario e della movimentazione dei prodotti (art. 10), nel settore agricolo (art. 13): tutte materie, come si vede, comprese fra le competenze provinciali, in materia, fra l'altro e rispettivamente, di urbanistica (art. 8, n. 5) e di edilizia comunque sovvenzionata da finanziamenti a carattere pubblico (art. 8, n. 10, dello statuto); di artigianato (art. 8, n. 9), comunicazioni e trasporti di interesse provinciale (art. 8, n. 18), turismo e industria alberghiera (art. 8, n. 20), commercio (art. 9, n. 3), esercizi pubblici (art. 9, n. 7), incremento della produzione industriale (art. 9, n. 8); di agricoltura, foreste e zootecnia (art. 8, n. 21). E infatti le varie categorie di contributi contemplate sono attualmente, in provincia di Trento, espressamente previste e disciplinate dalla legge provinciale (cfr. artt. 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies, 3-septies del testo unico di cui al d.p.g.p. 24 settembre 1986, n. 9-33/legisl.). La legge n. 10/1991 ripropone dunque sostanzialmente il sistema - competenza statale e semplice delega alle regioni e alle province autonome - che gia' era stato previsto nel testo originario della legge n. 308/1982, che aveva indotto la provincia esponente ad impugnare taluni articoli di questa legge, e che infine era stato superato, con l'esplicito riconoscimento della competenza provinciale, ad opera della legge n. 127/1983. Fra l'altro la disciplina in questione e' in palese contraddizione con l'espresso riconoscimento della competenza provinciale operato dall'art. 16, secondo comma, della stessa legge n. 10/1991, secondo cui "resta ferma la potesta' delle province autonome di Trento e di Bolzano di emanare norme legislative sul contenimento dei consumi energetici e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia nell'ambito delle materie di loro competenza". Tale riappropriazione di una competenza spettante alla provincia in base allo Statuto ed espressamente riconosciuta dallo stesso legislatore statale realizza dunque una evidente lesione dell'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria della provincia ricorrente. L'art. 14 della legge n. 10/1991 prevede la concessione di contributi ai soggetti che producono energia elettrica per usi propri o per cederla all'Enel o ad altre imprese produttrici o distributrici, nonche' alle imprese produttrici e distributrici, per iniziative di riattivazione di impianti idroelettrici che utilizzano concessioni rinunciate o dismesse, o di costruzione di nuovi impianti o di potenziamento di impianti esistenti che utilizzano concessioni di derivazioni di acqua. Il terzo comma dell'art. 14 stabilisce che la domanda di ammissione al contributo e' presentata "al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, alla regione o alle province autonome di Trento o di Bolzano a seconda delle competenze dell'impianto". A sua volta il quarto comma prevede la concessione e l'erogazione con decreto del Ministro dei contributi per gli "impianti di propria competenza". Tali norme dunque espressamente richiamano e riconoscono la competenza provinciale quanto ai contributi per impianti idroelettrici a loro volta di competenza della provincia. Infatti l'art. 9, n. 9, dello statuto attribuisce alla provincia la materia della utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi deviazioni a scopo idroelettrico; e nella specifica materia la competenza provinciale si e' pacificamente esplicita con l'art. 3-septies del teso unico di cui al d.p.g.p. 24 settembre 1986, n. 9-33/legisl., che disciplina appunto la concessione di contributi per la riattivazione, la costruzione o il potenziamento di impianti idorelettrici che utilizzano concessioni di piccole derivazioni di acqua. Senonche' l'art. 18 della legge n. 10/1991, nel disciplinare le modalita' di concessione ed erogazione dei contributi di cui agli artt. 11, 12 e 14 della stessa legge, prevede che le modalita' di concessione ed erogazione, le prescrizioni tecniche richieste per la stesura degli studi di fattibilita' e dei progetti esecutivi, le prescrizioni circa la garanzia di regolare esecuzione e di corretta manutenzione degli impianti, nonche' i criteri di valutazione delle domande di finanziamento siano "fissati con apposito decreto del Ministro dell'industria". Tale disposizione non differenzia in alcun modo i contributi di cui all'art. 14, distinguendo, come invece fa lo stesso art. 14, fra contributi di competenza ministeriale e contributi di competenza provinciale. Potrebbe forse, in via interpretativa, ritenersi che il decreto ministeriale ivi previsto solo per i contributi di competenza ministeriale, non per quelli di competenza provinciale. Tuttavia tale interpretazione non e' univocamente fondata sul dettato legislativo. Ove l'art. 18 in questione dovesse interpretarsi nel senso che il decreto ministeriale ivi previsto sia applicabile per tutti i contributi di cui all'art. 14, ivi compresi quelli di competenza provinciale previsti dal terzo comma dello stesso art. 14, esso sarebbe a sua volta illegittimo e lesivo dell'autonomia della provincia ricorrente; in tale ipotesi e in questi limiti la provincia chiede che ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale.