LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Samory Giovanni avverso richiesta rimborso Irpef/Ilor 1988-1989 letti gli atti assente l'amministrazione finanziaria presente il contribuente udito il relatore avv. Massimo Tucci. RITENUTO IN FATTO Trattasi di ricorso avverso il silenzio-rifiuto maturato sull'istanza del ricorrente all'intendenza di finanza di Vercelli, volto ad ottenere il rimborso dell'imposta lorda dallo stesso ricorrente corrisposta per Irpef su pensione relativamente agli anni 1988 e 1989. Il ricorrente chiede l'abbattimento del reddito imponibile del 40% per gli anni di riferimento in base all'art. 2, sesto comma, della legge di conversione del d.-l. 2 marzo 1989 n. 69 e conseguentemente l'equiparazione del proprio trattamento fiscale sul reddito da pensione al trattamento riservato, in forza della citata norma, alle pensioni di cui beneficiano gli ex deputati, senatori ed altre categorie equiparate. L'ufficio eccepisce la mancata allegazione di copia del ricorso che non e' stata, a suo avviso, ritualmente presentata all'ufficio nonche' la irritualita' del ricorso stesso, posto che esso avrebbe dovuto essere proposto avverso il silenzio rifiuto opposto dall'intendenza di finanza. Preliminarmente osserva la commissione che il ricorso e' stato ritualmente proposto, avendo il ricorrente documentato e precisato in ricorso di aver inoltrato gravame alla intendenza di finanza e risultando il ricorso stesso proposto nei termini di rito con riferimento al maturare del silenzio dell'amministrazione sulla predetta istanza di rimborso. Per quanto attiene l'allegazione della copia per l'ufficio, osserva la commissione come non sussista al riguardo violanzione dell'art. 17 del d.P.R. n. 636/1972. Cio' in quanto, come gia' rilevato, il ricorso e' proposto avverso il silenzio-rifiuto, cioe' contro una fictio juris (atto amministrativo di diniego o comportamento inerte della p.a. parificato dalla norma ad un provvedimento di diniego) riferibile ad un organo dell'amministrazione (intendenza di finanza) diverso dall'Ufficio I.I.D.D. di Cossato che solleva l'eccezione e che in effetti non e' neppure parte processuale nel presente giudizio non disponendo icto oculi della necessaria legittimazione passiva. Cio' anche in quanto il predetto Ufficio, non comparso all'udienza non risultava comunque costituito in forza di delega da parte della predetta intendenza di finanza. In via pregiudiziale questa commissione ritiene di dover esaminare la questione di costituzionalita' sollevata da parte ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma della Costituzione in relazione all'art. 2, sesto comma bis del d.-l. 2 marzo 1989, n. 69 convertito con legge del 27 aprile 1989, n. 154. La questione di costituzionalita', nei limiti di cui sopra, e' ad avviso di questa commissione, non manifestamente infondata e strettamente pertinente alla decisione della controversia de qua. Rileva nella sostanza parte ricorrente che l'eventuale ratio della norma che sottrae all'imposizione fiscale il 40% degli emolumenti corrisposti a deputati, senatori e categorie equiparate, se puo' trovare fondamento nella circostanza che tali alti rappresentanti dello Stato devono affrontare, in ragione delle loro funzioni, spese straordinarie per l'assolvimento dell'incarico, non trova giustificazione alcuna al momento in cui tali soggetti cessino dalle rispettive funzioni. In particolare la equiparazione, a far data dal 1 luglio 1986 ex d.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917, dei vitalizi di cui al secondo comma dell'art. 24 e penultimo comma art. 29 d.P.R. 29 settembre 1973 previsti per la cessazione da cariche e funzioni dei deputati, senatori e componenti della Corte costituzionale nonche' di regioni, province e comuni, alle rendite vitalizie derivanti da redditi di lavoro dipendenti di cui all'art. 47 lettera h, primo comma del t.u. 917/1986, comporta, per effetto ed in relazione all'art. 33, terzo comma del d.P.R. del 4 febbraio 1988, n. 42, l'assoggettamento ad imposta in percentuale ridotta (60%) delle predette rendite vitalizie corrisposte ai soggetti gia' ricoprenti le cariche di cui sopra. Orbene, tale trattamento (come rilevato da alcuni deputati e senatori in sede di discussione della legge), non puo' che apparire preferenziale e discriminatorio in situazioni assolutamente identiche, stante il fatto che, dopo la cessazione delle rispettive cariche, ex deputati, ex senatori e categorie equiparate, si trovano in posizione assolutamente di quiescenza. Con la cessazione della carica vengono infatti meno quegli oneri di rappresentanza pubblica connessi, alla carica stessa ed in relazione ai quali lo sgravio fiscale potrebbe configurarsi come indiretto riconoscimento di una sorta di indennita' di funzione. Nessuna altra configurazione potrebbe infatti essere attribuita al predetto sgravio successivamente alla cessazione del rapporto con la pubblica amministrazione, considerato anche che altre categorie di alti funzionari dello Stato (alti ufficiali dell'esercito, alti magistrati, ecc.) non beneficiano di analogo trattamento di favore. Quanto sopra e' stato posto in risalto da alcuni Senatori durante la discussione della legge in aula Senatore Pollice: "Io penso che questa norma e' di una gravita' inaudita, soprattutto e' stato sleale il modo surrettizio con cui e' stata fatta passare in aula. Si e' verificato quindi un abuso della legislazione domestica". Senatore Lama: "Il senso di elementare giustizia si ribella di fronte ad una norma come questa". Ancora Senatore Pollice: "chissa' per quale motivo i parlamentari non devono essere tassati al cento per cento come tutti i lavoratori" (res. seduta Senato n. 246 del 20 aprile 1989 pagg. 41/50).