IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 786/1990,  con
 unita   istanza   di   sospensione,  proposti  dal  consorzio  Ledra-
 Tagliamento, in persona del presidente  in  carica,  rappresentato  e
 difeso dal proc. dott. Alessandro Deboni, presso lo studio del quale,
 in  Trieste,  via  S.  Francesco,  22, ha eletto domicilio; contro il
 Ministero dei beni culturali e ambientali, in persona del Ministro in
 carica,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura  dello  Stato   di
 Trieste, domiciliataria per legge;
    La  regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in persona del presidente in
 carica della  giunta  regionale,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.
 Renato  Fusco  e  legalmente  domiciliata  presso  il proprio Ufficio
 legislativo e legale, in Trieste, via Milano, 1; per l'annullamento -
 previa sospensione dell'esecuzione - del provvedimento  ministeriale,
 comunicato  con  telegramma datato 11 luglio 1990, con cui si dispone
 l'immediata sospensione dei lavori di difesa e regimazione  idraulica
 del torrente Brentana;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Vista  la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento
 impugnato, presentata in via incidentale dal consorzio ricorrente;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del ministero convenuto
 e della regione;
    Visto l'atto di intervento ad opponendum dell'associazione per  il
 World Wildlife Fund;
    Udito il relatore, consigliere Enzo di Sciascio;
    Uditi, altresi', il dott. proc. Deboni, il proc. dello Stato Viola
 e, per l'interveniente, il dott. proc. Giadrossi;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  il  ricorso  in  epigrafe il consorzio istante espone di aver
 intrapreso,  in  qualita'  di   concessionario   dell'amministrazione
 regionale,  opere  di  difesa  e  regimazione  idraulica  del  canale
 Brentana, in Comune di S. Maria La Longa, affidandone l'esecuzione ad
 altra impresa.
    I lavori di cui trattasi hanno  ottenuto,  per  la  parte  in  cui
 interessano terreni di proprieta' privata, la concessione edilizia da
 parte  del  sindaco del predetto comune (provvedimento n. 4 datato 31
 marzo 1988, poi rinnovato, per mancato inizio dei lavori, in  data  2
 maggio  1989)  e,  per la parte in cui interessano terreni demaniali,
 l'accertamento, datato 15  giugno  1988,  da  parte  della  direzione
 regionale  della pianificazione territoriale, di non contrasto con le
 prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti nel Comune di S.  Maria
 La Longa, ai sensi dell'art. 31, secondo comma, della legge 17 agosto
 1942, n. 1150 e successive modifiche ed integrazioni.
    Peraltro,  la  sovrintendenza  ai beni ambientali, architettonici,
 archeologici, artistici e storici del Friuli-Venezia Giulia - ufficio
 di Udine, con nota datata 13 giugno 1990  ha  chiesto  al  ministero,
 notiziandone  il  consorzio  ricorrente,  la sospensione dei predetti
 lavori. Con telegramma datato 11 luglio 1990, impugnato, il  Ministro
 ai  beni culturali e ambientali ha disposto la richiesta sospensione,
 non risultando le opere, che determinano la compromissione ambientale
 di un bene vincolato, autorizzate ai sensi dell'art. 7 della legge n.
 1479/1939.
    Il  consorzio   ricorrente   ha   sospeso   l'illegittimita'   del
 provvedimento  ministeriale  per violazione di legge, incompetenza ed
 eccesso di potere, chiedendone la sospensione dell'efficacia.
    In particolare, per  quanto  riguarda  il  primo  degli  anzidetti
 motivi  di  gravame, ha fatto presente che l'asserito assoggettamento
 del corso d'acqua, interessato ai lavori di  cui  esso  consorzio  e'
 concessionario,  al  vincolo  ambientale  di  cui all'art. 82, quinto
 comma, lettera c) del d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  nel  testo
 introdotto  dall'art.  1 del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito
 nella legge 8 agosto 1985, n. 431 e, di  conseguenza,  la  necessita'
 dell'autorizzazione  di cui all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n.
 1497, motivi su  cui  si  fonda  l'ordine  oggetto  di  gravame,  non
 risultano   sussistenti   nel  caso  de  quo,  con  riferimento  alla
 legislazione statale e regionale vigente nel Friuli-Venezia Giulia.
    Invero, in relazione agli ambiti  di  tutela  ambientale,  di  cui
 all'art.  1  della  predetta  legge  n. 431/1985, fra cui rientrano i
 fiumi e torrenti, il seguente articolo 1- bis ha imposto alle regioni
 l'obbligo di sottoporre il relativo territorio a specifica  normativa
 d'uso e valorizzazione ambientale, con l'adozione di piani paesistici
 o  urbanistico-territoriali,  con specifica considerazione dei valori
 urbanistici e ambientali.
    La regione Friuli-Venezia Giulia ha  disposto,  al  riguardo,  con
 legge  28  ottobre  1986,  n.  42,  stabilendo,  all'art.  1,  che la
 normativa d'uso e valorizzazione ambientale,  di  cui  si  e'  appena
 discorso,  e', per i sopraindicati beni e localita', quella stabilita
 dal vigente Piano urbanistico regionale generale, di cui  alla  legge
 regionale 9 aprile 1968, n. 23, e dalla strumentazione urbanistica ad
 esso subordinata.
    Con l'art. 2 e' stata disposta una verifica del rispetto, da parte
 delle  prescrizioni  dal  predetto  p.u.r.g., dei valori paesistici e
 ambientali tutelati dalla legge n. 431/1985, che ha dato sempre esito
 positivo (v. deliberazioni della giunta regionale n.  752  datata  26
 febbraio  1987  e  n. 683 datata 27 febbraio 1989, agli atti) per cui
 non si e' resa necessaria  la  variante  prevista  dall'ultimo  comma
 della norma in questione.
    Con  l'art.  3,  infine,  si  dispone  l'applicazione  del vincolo
 paesaggistico previsto dall'art. 1 della legge n.  431/1985  soltanto
 ai  comuni  dotati  strumenti  urbanistici  generali  non  adeguti al
 p.u.r.g. Se ne deduce, a contrariis, che in quelli in  cui,  come  il
 Comune  di  S.  Maria  La  Longa, lo strumento (nel caso programma di
 fabbricazione) risulti adeguato  al  predetto  piano  generale,  tale
 vincolo  non  sussiste  e la concessione edilizia e l'accertamento di
 non contrasto delle prescrizioni urbanistiche, piu' sopra menzionati,
 tengono luogo anche dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge
 n. 1497/1939 (come del resto sara'  espressamente  sancito,  in  data
 successiva ai provvedimenti citati, dall'art. 1 della legge regionale
 13 dicembre 1989, n. 36).
    Si  sono  costituiti  in  giudizio  il ministero intimato, a mezzo
 dell'avvocatura dello Stato e,  medinate  intervento  ad  opponendum,
 l'associazione  per  il  World Wildlife Fund, contestando i motivi di
 ricorso avversari.
    La  difesa  erariale  ha,   peraltro,   sollevato   questione   di
 legittimita'  costituzionale della legislazione regionale in materia,
 identificata nelle leggi regionali 28 ottobre 1986, n. 42, 13  maggio
 1988,  n.  29  e  13  dicembre  1989,  n.  36,  sotto il profilo che,
 escludendo essa la necessita' dell'autorizzazione paesistica, di  cui
 all'art.  7  della  legge n. 1497/1939, da parte della regione per le
 opere e i  lavori  da  realizzarsi  negli  ambiti  tutelati,  di  cui
 all'art.  1  della  legge  n.  431/1985, qualora essi si svolgano nel
 territorio di comuni, il cui strumento urbanistico  sia  riconosciuto
 dalla regione adeguato al piano urbanistico regionale, come quello di
 che  trattasi,  e siano conformi all'anzidetta normativa urbanistica,
 sottrarrebbe ogni compromissione dell'ambiente nelle  zone  anzidette
 ai  poteri  di  controllo  da  esercitarsi  dal  ministero  dei  beni
 culturali e ambientali, di cui e' espressione l'atto impugnato.
    Peraltro, disponendo che il vincolo di  cui  all'art.  1  (e  piu'
 esattamente,  per  quanto  concerne  il  caso  in esame, dell'art. 1,
 lettera  c)  della  legge  n.  431/1985)  non  sussiste   piu'   dopo
 l'approvazione  dei  piani  di  cui  al successivo art. 1-bis, di cui
 tiene luogo il p.u.r., nei comuni la cui  strumentazione  urbanistica
 sia  ad  esso  adeguata,  l'indicata  legislazione  regionale avrebbe
 alterato il corretto riparto di competenza fra Stato e regione.
    Se infatti e' vero che la regione Friuli-Venezia Giulia dispone di
 competenza primaria in materia di urbanistica,  che  le  consente  di
 derogare,  entro  i limiti stabiliti dallo statuto, alla legislazione
 statale, tale effetto derogatorio  non  puo'  aver  luogo  quando  si
 disciplini   un   vincolo   paesaggistico,  come  nella  fattispecie,
 consentendolo  la  potesta'  regionale  in  materia  di  tutela   del
 paesaggio,  nella  quale  rientrerebbero  gli interventi negli ambiti
 tutelati ex art. 1 della  legge  n.  431/1985  e  i  relativi  poteri
 statali.
    Analoga     questione    viene,    nella    sostanza,    sollevata
 dall'interveniente W.W.F., con riferimento, peraltro,  soltanto  agli
 artt. 1, 2 e 3 della citata legge regionale n. 42/1986.
    Invero,  da combinato disposto delle suddette norme si ricaverebbe
 che nessuna autorizzazione  paesistica  sarebbe  richiesta  e  nessun
 controllo  statale sarebbe ammesso, per le opere da realizzarsi negli
 ambiti tutelati dalla legge n.  431/1985,  qualora  questi  venissero
 intrapresi  nell'ambito  di  comuni  dotati  di strumenti urbanistici
 adeguati al p.u.r.
    Cio'  sarebbe  costituzionalmente   illegittimo,   non   potendosi
 ritenere  consentita alla Regione, sotto la speciosa apparenza di una
 tutela  mediante   l'esercizio   della   potesta'   urbanistica,   la
 sostanziale rimozione di un vincolo ambientale, non essendo la stessa
 titolare,  all'atto dell'emanazione della legge regionale n. 42/1986,
 di alcuna potesta' legislativa in materia di tutela del  paesaggio  o
 comunque  di  potesta  tali  da  essere  in  grado  di incidere sulle
 competenze statali in materia e, in particolare, su quelle su cui  si
 fonda  l'ordine  di  sospensione  dei  lavori  oggetto  del  presente
 giudizio.
    Non  sarebbe  inoltre  consentito  alla  regione,  attraverso  una
 sostanziale  disapplicazione  della  legge  n. 431/1985, riconosciuta
 applicabile  dall'art.  3  della  legge  regionale  n.  42/1986  solo
 nell'ambito  del  territorio  dei comuni in cui strumenti urbanistici
 non siano adeguati  al  p.u.r.,  incidere  sull'applicabilita'  delle
 sanzioni   penali   di  cui  all'art.  1-sexies  della  legge  appena
 menzionata.
    Gli artt. 1 e 3 della legge  regionale  n.  42/1986  violerebbero,
 altresi',  l'art. 9 della Costituzione, in quanto consentirebbero, in
 aree rilevanti sotto il profilo paesaggistico, l'esecuzione di opere.
    L'art. 2 della  piu'  volte  ricordata  normativa  regionale,  nel
 prevedere  che  sara' la regione stessa a verificare che le norme del
 suo Piano urbanistico regionale generale siano idonee  a  tutelare  i
 valori  paesistici  e  ambientali,  di  cui  alla  legge n. 431/1985,
 sarebbe per altro verso invasivo delle competenze statali,  spettando
 tale verifica all'intimato ministero.
    Con  separata  ordinanza (n. 437 datata 19 dicembre 1990) e' stata
 riconosciuta la sussistenza, in capo  al  consorzio  ricorrente,  del
 danno  grave  ed irreparabile per effetto del provvedimento impugnato
 ed e' stata esclusa la sussistenza del fumus  boni  iuris  in  ordine
 alle censure di incompetenza ed eccesso di potere.
    Riguardo  al  sopra  illustrato motivo di gravame, che contesta il
 vizio di violazione di legge, questo  tribunale  ha  riconosciuto  la
 rilevanza  e  la non manifesta infondatezza delle sollevate questioni
 di legittimita' costituzionale, nei limiti in cui investono gli artt.
 1, 2 e 3 della legge regionale 28 ottobre 1986, n. 42,  in  relazione
 agli  artt. 4 e 6 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia
 Giulia, nella parte in cui, con le norme citate,  si  sottopone  alla
 potesta'  legislativa  primaria  regionale  in materia urbanistica la
 disciplina del vincolo di cui all'art. 82, quinto comma,  del  d.P.R.
 24  luglio 1977, n. 616, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge
 8 agosto 1985, n. 431, pertinenti alla distinta materia della  tutela
 del  paesaggio, su cui la Regione ha potesta' soltanto integrativa ed
 attuativa delle leggi statali.
    D'ufficio   ha,   altresi',  sollevato,  per  gli  stessi  motivi,
 questione di legittimita' costituzionale della  norma  interpretativa
 di cui all'art. 6, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469.
    Il  tribunale,  pertanto,  sospeso  il  giudizio  cautelare, si e'
 riservato di pronunziarsi definitivamente dopo l'esito  del  giudizio
 della  Corte costituzionale, cui gli atti devono essere trasmessi con
 separata, e piu' ampiamente motivata, ordinanza.
                             D I R I T T O
    1.1. - Come si evince dalla narrativa  in  fatto,  le  censure  di
 incostituzionalita'  proposte  dal  ministero  dei  beni  culturali e
 ambientali investono per intero le leggi regionali nn. 42/86, 29/88 e
 36/89.
    1.2. - Dev'essere, peraltro, notato che le ultime due non appaiono
 rilevanti per la risoluzione del presente giudizio.
    Per quanto concerne la legge regionale n. 29/1988, che  disciplina
 "..  ..  ..le funzioni amministrative delegate, in forza dell'art. 8,
 primo comma, del d.P.R. 15  gennaio  1987,  n.  469,  in  materia  di
 protezione delle bellezze naturali, di cui alla legge 29 giugno 1939,
 n. 1497" (art. 1) e che prevede che "le funzioni previste dagli artt.
 7..  .. ..   della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sono esercitate dal
 direttore regionale della pianificazione territoriale", non  riguarda
 i  beni  e  gli  ambiti  tutelati ai sensi dell'art. 1 della legge n.
 431/1985.
    In forza della legge regionale n. 42/1986, gli interventi  che  li
 concernono trovano infatti disciplina nell'ambito della pinificazione
 urbanistica,  costituita  dal Piano urbanistico regionale generale di
 cui alla legge regionale 9 aprile 1968,  n.  23,  e  negli  strumenti
 urbanistici  ad  esso subordinati, qualora, come nella vicenda che ne
 occupa, questi ultimi siano adeguati al primo, senza  necessita',  in
 tal  caso,  di  autorizzazione  paesistica, come notano sia la difesa
 della regione che la stessa difesa erariale.
    Alla regolamentazione legislativa  della  fattispecie  controversa
 e', pertanto, estranea, la legge regionale n. 29/1988, per cui devono
 essere   dichiarate   non  rilevanti  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale proposte nei suoi confronti.
    1.3 - Del pari irrilevanti vanno ritenute le questioni concernenti
 la legge regionale n. 36/1989, dal momento che i lavori  sospesi  con
 il  provvedimento  impugnato  sono  stati intrapresi in base a titoli
 autorizzativi (concessioni del sindaco del  comune  di  S.  Maria  La
 Longa  e  parere regionale di non contrasto ex art. 31 della legge n.
 1150/1942) emessi in data anteriore alla sua entrata  in  vigore  che
 esauriscono i controlli in materia paesaggistica.
   1.4.  -  Per  quel  che concerne la legge regionale n. 42/1986 sono
 irrilevanti, agli effetti della soluzione del giudizio  de  quo,  gli
 artt. 4 e 5, pacificamente estranei alla materia del contendere.
    1.5. - Venendo alle questioni sollevate dall'interveniente W.W.F.,
 appare priva di rilevanza quella diretta a contestare la legittimita'
 costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986,
 in  quanto  escluderebbero  l'applicabilita' delle sanzioni penali di
 cui all'art. 1-sexies della legge n. 431/1985, esulando  il  presente
 giudizio  dall'esame di aspetti estranei alla giurisdizione di questo
 tribunale.
    1.6.  - Allo stesso modo deve ritenersi non rilevante la questione
 sollevata in ordine alla costituzionalita' dell'art. 2 della predetta
 legge regionale n. 42/1986 in quanto attribuirebbe alla sola  regione
 la  verifica  del  rispetto,  da  parte  delle disposizioni del piano
 urbanistico regionale, dei valori paesistici e ambientali tutelati da
 parte della legge n. 431/1985, escludendone  il  ministero  dei  beni
 culturali  e  ambientali,  cui  verrebbe  tolta  la  possibilita'  di
 esercitare i poteri di controllo sostitutivo di cui all'art.  1-  bis
 della medesima legge n. 431/1985.
    Il  presente  giudizio concerne, peraltro, non l'esercizio di tali
 poteri, ma di quelli di vigilanza e controllo di cui all'art. 82  del
 d.P.R. n. 616/1977, aggiunto dall'art. 1 della legge n. 431/1985.
    1.7.  -  Le  rimanenti  questioni  di costituzionalita', in quanto
 investono la legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e  3  della
 legge  regionale  n.  42/1986,  sotto il profilo che il loro disposto
 giustificherebbe l'assenza  della  tutela  paesistica  nei  confronti
 delle  opere  da  realizzarsi  nelle  zone  tutelate  dalla  legge n.
 431/1985, situate nei comuni con strumenti  urbanistici  adeguati  al
 p.u.r.,   come   nella   fattispecie,  e  renderebbe  non  necessaria
 l'autorizzazione di cui all'art.  7  della  legge  n.  1497/1939,  la
 mancanza  della  quale ha determinato l'impugnato ordine ministeriale
 di sospensione dei lavori, di cui e'  causa,  alterando  il  corretto
 riparto  di  competenze  fra Stato e regione, appaiono, al contrario,
 rilevanti.
    Sulle norme regionali anzidette, invero, si fonda  la  censura  di
 illegittimita',  per  violazione  di  legge,  del  predetto ordine di
 sospensione dei lavori sul torrente Brentana sopra menzionati, che e'
 l'unica che non sia stata dichiarata, agli  effetti  della  pronunzia
 sulla  domanda  di  sospensione  dell'atto  del  ministero,  priva di
 sufficiente fumus boni iuris da questo tribunale, con  la  precedente
 ordinanza,  n.  437  datata  19 dicembre 1990, con la quale e' stata,
 altresi',  riconosciuta  la  sussistenza  di   un   danno   grave   e
 irreparabile,  per  effetto  del  provvedimento impugnato, in capo al
 consorzio ricorrente.
    Appare,  pertanto,  decisiva,  ai  fini  dell'accoglimento  o  del
 rigetto   dell'istanza   cautelare,   la  pronunzia  in  ordine  alla
 legittimita' costituzionale  delle  norme  in  parola,  richiesta  al
 giudice delle leggi sotto i profili indicati.
    2.1. - Fra le questioni sollevate sembra, peraltro, manifestamente
 infondata  a  questo  tribunale,  almeno  cosi'  come e' stata posta,
 quella relativa  alla  assunta  illegittimita'  costituzionale  degli
 artt. 1 e 3 della legge regionale n. 42/1986 per contrasto con l'art.
 9  della Costituzione, sotto il profilo che le aree vincolate ex art.
 1 della legge n. 431/1985 sarebbero insufficientemente tutelate sotto
 il profilo  paesistico,  per  effetto  delle  norme  menzionate,  nel
 territorio  dei  comuni,  come  quello  di  S. Maria La Longa, il cui
 strumento urbanistico sia stato riconosciuto adeguato p.u.r.
    Invero  le  disposizioni  del  p.u.r.  e  dei   piani   regolatori
 sottordinati  impongono  una  serie  di  vincoli  a difesa di aree di
 pregio ambientale, talora anche coincidenti con quelle protette dalla
 legislazione nazionale, ne' di per se'  puo'  essere  contestato,  in
 punto  di  merito, che in tal modo la tutela assicurata sia inferiore
 o, in punto di legittimita', che  essa  non  sia  identica  a  quella
 prevista dalla legge n. 431/1985.
    La  tutela  del  paesaggio infatti e', a norma del predetto art. 9
 della Costituzione, compito della Repubblica,  cioe'  dello  Stato  e
 delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze.
    Essendo  essa,  per  effetto  della  legge  regionale  n. 42/1986,
 assicurata   dalla   regione   Friuli-Venezia   Giulia    nell'ambito
 dell'esercizio  della  propria  potesta' legislativa primaria e delle
 relative funzioni amministrative da essa  esercitate  in  materia  di
 urbanistica,  nessuna illegittimita' costituzionale si verifica se le
 norme che la prevedono  derogano  alla  disciplina  posta  con  legge
 statale.  Cio'  vale  a  meno  che non si contesti - e nel caso detta
 contestazione manca - che la regione  sia  andata  al  di  la'  delle
 proprie attribuzioni.
    2.2.  -  Con  prospettazione  sostanzialmente  coincidente, sia il
 resistente  ministero  che  l'interveniente  W.W.F.  hanno  peraltro,
 proprio  sotto  questo  profilo,  sostenuto l'incostituzionalita' del
 combinato disposto degli artt. 1, 2 e  3  della  legge  regionale  n.
 42/1986.
    Con  dette  norme  si identificano, nella sostanza, in quanto agli
 effetti, i piani paesistici o i piani  urbanistico-territoriali,  con
 specifica  considerazione  dei valori paesistici e ambientali, di cui
 all'art. 1- bis della legge n. 431/1985,  con  il  piano  urbanistico
 regionale  generale  (piano urbanistico di coordinamento) di cui alla
 legge regionale n. 23/1986 e con gli strumenti  urbanistici  comunali
 ad esso subordinati, nella parte in cui disciplinano determinate zone
 di  interesse  paesistico.  Le  relative disposizioni costituirebbero
 quella "specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale"  di
 cui  all'appena  citato  art.  1-bis, cui devono ritenersi soggetti i
 beni e le localita' di cui all'art. 1 della legge n. 431/1985.
    L'adeguatezza della disciplina del p.u.r. ai valori tutelati dalla
 legge n. 431/1985 viene sottoposta a verifica  da  parte  della  sola
 regione (art. 2) e la vigenza della disciplina dettata dalla predetta
 normativa  statale  resta  delimitata  soltanto al territorio di quei
 comuni il cui strumento urbanistico sia  riconosciuto  dalla  regione
 non  adeguato  al  p.u.r.  (art.  3), con l'implicita conseguenza che
 negli altri comuni - fra cui si colloca quello in cui  sono  iniziate
 le opere, della cui sospensione e' causa - esse non hanno vigore.
    Ne  consegue  che,  negli ambiti tutelari ex art. 1 della legge n.
 431/1985 (nel caso un torrente),  e',  nei  comuni  dotati  di  piani
 adeguati al p.u.r., la normativa urbanistica a stabilire se possono o
 meno  effettuarsi  interventi e gli atti autorizzativi tipici di tale
 funzione (nel caso concessioni edilizie comunali e  pareri  regionali
 di  non  contrasto  ai  sensi  dell'art. 31 della legge n. 1150/1942)
 adempiono,   altresi',   alla   funzione   propria    della    tutela
 paesaggistica.
    Le parti resistenti osservano peraltro che, con dette disposizioni
 normative,  riconducibili  all'esercizio delle competenze spettantile
 in materia urbanistica, la regione:
       a)  esclude  la  necessita'  della   specifica   autorizzazione
 paesistica,  ex  art.  7 della legge n. 1497/1939, per gli interventi
 nelle zone sottoposte al vincolo di cui all'art. 1 di cui alla  legge
 n.  431/1985,  nei comuni il cui strumento urbanistico e' adeguato al
 p.u.r.;
       b)  esclude  di  conseguenza  ogni  possibilita'  di  controllo
 statale  su  detti  interventi, pur previsto dalla legge n. 431/1985,
 che puo' esercitarsi soltanto attraverso la predetta  autorizzazione,
 pur  di  competenza  regionale  (e  cio' in quanto attrae nell'ambito
 dell'urbanistica,  di  esclusiva  pertinenza  regionale,  la relativa
 disciplina);
       c) attraverso l'e'scamotage  di  disciplinare  gli  evidenziati
 aspetti  nell'ambito dell'urbanistica, su cui ha competenza primaria,
 altera il corretto riparto di competenze  fra  Stato  e  regione.  La
 regolamentazione  delle  aree vincolate di cui all'art. 1 della legge
 regionale n. 431/1985 appartiene infatti alla distinta materia  della
 tutela  dei  paesaggi, in ordine alla quale la regione non dispone di
 potesta' legislativa in grado di porre in  essere  norme  derogatorie
 alla legislazione statale, sotto i profili indicati.
    In  sostanza,  in  tal  modo,  si viene ad addebitare alla regione
 Friuli-Venezia Giulia di  aver  provveduto  a  porre  in  essere  una
 disciplina  legislativa  degli interventi nelle aree vincolate di cui
 all'art.  1  della  legge  n.  431/1985,  che,  in   quanto   emanata
 nell'ambito della sua competenza primaria, esclude completamente ogni
 attribuzione  statale,  pur prevista dalla legge predetta, nei comuni
 con strumenti urbanistici  adeguati  al  p.u.r.,  pur  vertendosi  in
 materia  di  tutela  del  paesaggio,  in violazione degli artt. 4 e 6
 dello statuto.
    La  questione,  in  questi  termini,  non   sembra   al   collegio
 manifestamente infondata.
    Non  appare,  infatti,  dubbio che la regione quando, richiesta di
 elaborare uno dei piani  di  cui  all'art.  1-  bis  della  legge  n.
 431/1985,  ha  ritenuto  invece di emanare norme legislative che, per
 gran parte del territorio regionale, identificavano tali piani con la
 strumentazione urbanistica regionale di coordinamento e  comunale  ed
 ha   di   conseguenza   ricondotto   ai  provvedimenti  autorizzativi
 urbanistici ogni controllo, per i comuni piu' volte ricordati,  sugli
 interventi  nelle  aree  tutelate  ex  art. 1 della predetta legge n.
 431/1985, si sia avvalsa della sua competenza in materia urbanistica,
 di cui all'art. 4 dello statuto, cui la legge regionale n. 42/1986 va
 ascritta.
    Peraltro, che la  disciplina  del  vincolo  paesaggistico  di  che
 trattasi  sia  invece  riconducibile  alla  materia  della tutela del
 paesaggio, autonoma da quella dell'urbanistica, viene affermato dalla
 giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale.
    In detta materia, peraltro, la regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'
 titolare  soltanto,  ai  sensi dell'art. 6 dello statuto speciale, di
 podesta' di integrazione e attuazione delle leggi  statali,  in  base
 alla  quale  non  appare  costituzionalmente  legittimo  emanare  una
 disciplina legislativa che escluda la necessita'  dell'autorizzazione
 paesistica,  ex  art.  7 della legge n. 1497/1939, per gli interventi
 nelle aree tutelate ex  art.  1  della  legge  n.  431/1985  ed  ogni
 conseguente   possibilita'  di  controllo  statale  sugli  interventi
 stessi, nei comuni con strumenti  urbanistico  generale  adeguato  al
 p.u.r.
    2.3.  -  Ritiene,  peraltro, il collegio che, nella vicenda di che
 trattasi, debba essere, altesi', tenuto conto del disposto del  terzo
 comma dell'art. 6 del gia' citato d.P.R. n. 469/1987.
    Esso,  infatti, recita: "Fra le funzioni amministrative trasferite
 alla regione  Friuli-Venezia  Giulia  con  i  precedenti  decreti  di
 attuazione  statutarie  si  intendono comprese, per ciascuna materia,
 tutte quelle rientranti, nella  definizione  datane  per  le  regioni
 ordinarie,  dal  d.P.R.  n.  616".  In base a detto ultimo decreto la
 materia dei "beni ambientali"  e  della  "protezione  delle  bellezze
 naturali"  e' disciplinata nell'ambito del Capo II - urbanistica, del
 titolo V.
   Cio' significa che, per la parte che qui rileva, con tale norma, da
 ritenersi indubbiamente di carattere interpretativo, il trasferimento
 delle funzioni amministrative in materia di urbanistica, avvenuto con
 l'art. 21 del d.P.R. 25 novembre 1975,  n.  902,  che  ha  sostituito
 l'art.  22  del  d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, deve intendersi come
 comprensivo di quelle in materia di tutela del paesaggio, almeno  per
 quanto  concerne  le  competenze relative alla disciplina e controllo
 delle opere nelle aree soggette a vincolo ex art. 1  della  legge  n.
 431/1985, che ha integrato il predetto art. 82.
    In  quanto  la norma in questione appare idonea a legittimare, sia
 pure  a  posteriori  e  in  via  interpretativa,  la  tesi  di  parte
 ricorrente circa la contestata facolta' della regione di intervenire,
 a  mezzo  della  propria  potesta'  legislativa  primaria  in materia
 urbanistica, anche nel distinto ambito delle  attribuzioni  riservate
 allo  Stato  dal  citato  art. 1 della legge n. 431/1985, volte a far
 rispettare il vincolo predetto e afferenti la  materia  della  tutela
 del  paesaggio,  come  ha  fatto  con  gli artt. 1, 2 e 3 della legge
 regionale  n.  42/1986,  gia'  per   tale   ragione   sospettati   di
 incostituzionalita' dalle parti resistenti, il collegio, ritenendo la
 relativa  questione rilevante per la soluzione del presente giudizio,
 solleva d'ufficio la questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 predetto  art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469/1987, per violazione
 degli artt. 4 e 6 dello statuto regionale. Essa sembra, altresi', non
 manifestamente infondata.
    Invero, poiche' in base alle predette norme  statutarie,  distinta
 e'  la  potesta'  legislativa in materia di urbanistica (disciplinata
 dall'art. 4, n. 12) e di tutela del paesaggio (disciplinata dall'art.
 6, n. 3) e  di  diverso  grado,  essendo  l'una  primaria  e  l'altra
 integrativa,   non   appare  costituzionalmente  legittimo  dare  una
 definizione di tali materie che non le tenga distinte, ma le unifichi
 tra loro, quanto meno agli  effetti  della  disciplina,  posta  dagli
 artt.  1,  2  e  3  della  legge  regionale n. 42/1986, in materia di
 controllo delle compromissioni ambientali negli  ambiti  tutelati  ex
 art. 1 della legge n. 431/1985.
    In   tal   modo   viene,   infatti,  consentito  alla  regione  di
 intervenire, con potesta' primaria, in materia in cui lo statuto  non
 concede  detta  potesta',  ne' puo' ritenersi che le norme statutarie
 possano essere modificate da un decreto di trasferimento, qual'e'  il
 d.P.R. n. 469/1987.
    In  particolare  cio' non puo' avvenire la' dove, come nel caso in
 questione, dette norme definiscono le reciproche competenze tra Stato
 e regione (con l'effetto, nella fattispecie, di sottrarre allo  Stato
 ogni attribuzione in materia di controllo degli interventi nella aree
 vincolate ex art. 1 della legge n. 431/1985).
    3. - Essendo state ritenute, per i motivi sopra esposti, rilevanti
 ai  fini  della  decisione dell'istanza di sospensione in esame e non
 manifestamente  infondate  le  dedotte  questioni   di   legittimita'
 costituzionale,  il  collegio, che ha gia' provveduto a sospendere il
 giudizio  cautelare,  ritiene  di  rimettere  gli  atti  alla   Corte
 costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.