IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 786/1990, con unita istanza di sospensione, proposti dal consorzio Ledra- Tagliamento, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dal proc. dott. Alessandro Deboni, presso lo studio del quale, in Trieste, via S. Francesco, 22, ha eletto domicilio; contro il Ministero dei beni culturali e ambientali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello Stato di Trieste, domiciliataria per legge; La regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente in carica della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Renato Fusco e legalmente domiciliata presso il proprio Ufficio legislativo e legale, in Trieste, via Milano, 1; per l'annullamento - previa sospensione dell'esecuzione - del provvedimento ministeriale, comunicato con telegramma datato 11 luglio 1990, con cui si dispone l'immediata sospensione dei lavori di difesa e regimazione idraulica del torrente Brentana; Visti gli atti e documenti depositati col ricorso; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal consorzio ricorrente; Visti gli atti di costituzione in giudizio del ministero convenuto e della regione; Visto l'atto di intervento ad opponendum dell'associazione per il World Wildlife Fund; Udito il relatore, consigliere Enzo di Sciascio; Uditi, altresi', il dott. proc. Deboni, il proc. dello Stato Viola e, per l'interveniente, il dott. proc. Giadrossi; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con il ricorso in epigrafe il consorzio istante espone di aver intrapreso, in qualita' di concessionario dell'amministrazione regionale, opere di difesa e regimazione idraulica del canale Brentana, in Comune di S. Maria La Longa, affidandone l'esecuzione ad altra impresa. I lavori di cui trattasi hanno ottenuto, per la parte in cui interessano terreni di proprieta' privata, la concessione edilizia da parte del sindaco del predetto comune (provvedimento n. 4 datato 31 marzo 1988, poi rinnovato, per mancato inizio dei lavori, in data 2 maggio 1989) e, per la parte in cui interessano terreni demaniali, l'accertamento, datato 15 giugno 1988, da parte della direzione regionale della pianificazione territoriale, di non contrasto con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti nel Comune di S. Maria La Longa, ai sensi dell'art. 31, secondo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche ed integrazioni. Peraltro, la sovrintendenza ai beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici e storici del Friuli-Venezia Giulia - ufficio di Udine, con nota datata 13 giugno 1990 ha chiesto al ministero, notiziandone il consorzio ricorrente, la sospensione dei predetti lavori. Con telegramma datato 11 luglio 1990, impugnato, il Ministro ai beni culturali e ambientali ha disposto la richiesta sospensione, non risultando le opere, che determinano la compromissione ambientale di un bene vincolato, autorizzate ai sensi dell'art. 7 della legge n. 1479/1939. Il consorzio ricorrente ha sospeso l'illegittimita' del provvedimento ministeriale per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere, chiedendone la sospensione dell'efficacia. In particolare, per quanto riguarda il primo degli anzidetti motivi di gravame, ha fatto presente che l'asserito assoggettamento del corso d'acqua, interessato ai lavori di cui esso consorzio e' concessionario, al vincolo ambientale di cui all'art. 82, quinto comma, lettera c) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel testo introdotto dall'art. 1 del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431 e, di conseguenza, la necessita' dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, motivi su cui si fonda l'ordine oggetto di gravame, non risultano sussistenti nel caso de quo, con riferimento alla legislazione statale e regionale vigente nel Friuli-Venezia Giulia. Invero, in relazione agli ambiti di tutela ambientale, di cui all'art. 1 della predetta legge n. 431/1985, fra cui rientrano i fiumi e torrenti, il seguente articolo 1- bis ha imposto alle regioni l'obbligo di sottoporre il relativo territorio a specifica normativa d'uso e valorizzazione ambientale, con l'adozione di piani paesistici o urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei valori urbanistici e ambientali. La regione Friuli-Venezia Giulia ha disposto, al riguardo, con legge 28 ottobre 1986, n. 42, stabilendo, all'art. 1, che la normativa d'uso e valorizzazione ambientale, di cui si e' appena discorso, e', per i sopraindicati beni e localita', quella stabilita dal vigente Piano urbanistico regionale generale, di cui alla legge regionale 9 aprile 1968, n. 23, e dalla strumentazione urbanistica ad esso subordinata. Con l'art. 2 e' stata disposta una verifica del rispetto, da parte delle prescrizioni dal predetto p.u.r.g., dei valori paesistici e ambientali tutelati dalla legge n. 431/1985, che ha dato sempre esito positivo (v. deliberazioni della giunta regionale n. 752 datata 26 febbraio 1987 e n. 683 datata 27 febbraio 1989, agli atti) per cui non si e' resa necessaria la variante prevista dall'ultimo comma della norma in questione. Con l'art. 3, infine, si dispone l'applicazione del vincolo paesaggistico previsto dall'art. 1 della legge n. 431/1985 soltanto ai comuni dotati strumenti urbanistici generali non adeguti al p.u.r.g. Se ne deduce, a contrariis, che in quelli in cui, come il Comune di S. Maria La Longa, lo strumento (nel caso programma di fabbricazione) risulti adeguato al predetto piano generale, tale vincolo non sussiste e la concessione edilizia e l'accertamento di non contrasto delle prescrizioni urbanistiche, piu' sopra menzionati, tengono luogo anche dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge n. 1497/1939 (come del resto sara' espressamente sancito, in data successiva ai provvedimenti citati, dall'art. 1 della legge regionale 13 dicembre 1989, n. 36). Si sono costituiti in giudizio il ministero intimato, a mezzo dell'avvocatura dello Stato e, medinate intervento ad opponendum, l'associazione per il World Wildlife Fund, contestando i motivi di ricorso avversari. La difesa erariale ha, peraltro, sollevato questione di legittimita' costituzionale della legislazione regionale in materia, identificata nelle leggi regionali 28 ottobre 1986, n. 42, 13 maggio 1988, n. 29 e 13 dicembre 1989, n. 36, sotto il profilo che, escludendo essa la necessita' dell'autorizzazione paesistica, di cui all'art. 7 della legge n. 1497/1939, da parte della regione per le opere e i lavori da realizzarsi negli ambiti tutelati, di cui all'art. 1 della legge n. 431/1985, qualora essi si svolgano nel territorio di comuni, il cui strumento urbanistico sia riconosciuto dalla regione adeguato al piano urbanistico regionale, come quello di che trattasi, e siano conformi all'anzidetta normativa urbanistica, sottrarrebbe ogni compromissione dell'ambiente nelle zone anzidette ai poteri di controllo da esercitarsi dal ministero dei beni culturali e ambientali, di cui e' espressione l'atto impugnato. Peraltro, disponendo che il vincolo di cui all'art. 1 (e piu' esattamente, per quanto concerne il caso in esame, dell'art. 1, lettera c) della legge n. 431/1985) non sussiste piu' dopo l'approvazione dei piani di cui al successivo art. 1-bis, di cui tiene luogo il p.u.r., nei comuni la cui strumentazione urbanistica sia ad esso adeguata, l'indicata legislazione regionale avrebbe alterato il corretto riparto di competenza fra Stato e regione. Se infatti e' vero che la regione Friuli-Venezia Giulia dispone di competenza primaria in materia di urbanistica, che le consente di derogare, entro i limiti stabiliti dallo statuto, alla legislazione statale, tale effetto derogatorio non puo' aver luogo quando si disciplini un vincolo paesaggistico, come nella fattispecie, consentendolo la potesta' regionale in materia di tutela del paesaggio, nella quale rientrerebbero gli interventi negli ambiti tutelati ex art. 1 della legge n. 431/1985 e i relativi poteri statali. Analoga questione viene, nella sostanza, sollevata dall'interveniente W.W.F., con riferimento, peraltro, soltanto agli artt. 1, 2 e 3 della citata legge regionale n. 42/1986. Invero, da combinato disposto delle suddette norme si ricaverebbe che nessuna autorizzazione paesistica sarebbe richiesta e nessun controllo statale sarebbe ammesso, per le opere da realizzarsi negli ambiti tutelati dalla legge n. 431/1985, qualora questi venissero intrapresi nell'ambito di comuni dotati di strumenti urbanistici adeguati al p.u.r. Cio' sarebbe costituzionalmente illegittimo, non potendosi ritenere consentita alla Regione, sotto la speciosa apparenza di una tutela mediante l'esercizio della potesta' urbanistica, la sostanziale rimozione di un vincolo ambientale, non essendo la stessa titolare, all'atto dell'emanazione della legge regionale n. 42/1986, di alcuna potesta' legislativa in materia di tutela del paesaggio o comunque di potesta tali da essere in grado di incidere sulle competenze statali in materia e, in particolare, su quelle su cui si fonda l'ordine di sospensione dei lavori oggetto del presente giudizio. Non sarebbe inoltre consentito alla regione, attraverso una sostanziale disapplicazione della legge n. 431/1985, riconosciuta applicabile dall'art. 3 della legge regionale n. 42/1986 solo nell'ambito del territorio dei comuni in cui strumenti urbanistici non siano adeguati al p.u.r., incidere sull'applicabilita' delle sanzioni penali di cui all'art. 1-sexies della legge appena menzionata. Gli artt. 1 e 3 della legge regionale n. 42/1986 violerebbero, altresi', l'art. 9 della Costituzione, in quanto consentirebbero, in aree rilevanti sotto il profilo paesaggistico, l'esecuzione di opere. L'art. 2 della piu' volte ricordata normativa regionale, nel prevedere che sara' la regione stessa a verificare che le norme del suo Piano urbanistico regionale generale siano idonee a tutelare i valori paesistici e ambientali, di cui alla legge n. 431/1985, sarebbe per altro verso invasivo delle competenze statali, spettando tale verifica all'intimato ministero. Con separata ordinanza (n. 437 datata 19 dicembre 1990) e' stata riconosciuta la sussistenza, in capo al consorzio ricorrente, del danno grave ed irreparabile per effetto del provvedimento impugnato ed e' stata esclusa la sussistenza del fumus boni iuris in ordine alle censure di incompetenza ed eccesso di potere. Riguardo al sopra illustrato motivo di gravame, che contesta il vizio di violazione di legge, questo tribunale ha riconosciuto la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale, nei limiti in cui investono gli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale 28 ottobre 1986, n. 42, in relazione agli artt. 4 e 6 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui, con le norme citate, si sottopone alla potesta' legislativa primaria regionale in materia urbanistica la disciplina del vincolo di cui all'art. 82, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, pertinenti alla distinta materia della tutela del paesaggio, su cui la Regione ha potesta' soltanto integrativa ed attuativa delle leggi statali. D'ufficio ha, altresi', sollevato, per gli stessi motivi, questione di legittimita' costituzionale della norma interpretativa di cui all'art. 6, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469. Il tribunale, pertanto, sospeso il giudizio cautelare, si e' riservato di pronunziarsi definitivamente dopo l'esito del giudizio della Corte costituzionale, cui gli atti devono essere trasmessi con separata, e piu' ampiamente motivata, ordinanza. D I R I T T O 1.1. - Come si evince dalla narrativa in fatto, le censure di incostituzionalita' proposte dal ministero dei beni culturali e ambientali investono per intero le leggi regionali nn. 42/86, 29/88 e 36/89. 1.2. - Dev'essere, peraltro, notato che le ultime due non appaiono rilevanti per la risoluzione del presente giudizio. Per quanto concerne la legge regionale n. 29/1988, che disciplina ".. .. ..le funzioni amministrative delegate, in forza dell'art. 8, primo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, in materia di protezione delle bellezze naturali, di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497" (art. 1) e che prevede che "le funzioni previste dagli artt. 7.. .. .. della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sono esercitate dal direttore regionale della pianificazione territoriale", non riguarda i beni e gli ambiti tutelati ai sensi dell'art. 1 della legge n. 431/1985. In forza della legge regionale n. 42/1986, gli interventi che li concernono trovano infatti disciplina nell'ambito della pinificazione urbanistica, costituita dal Piano urbanistico regionale generale di cui alla legge regionale 9 aprile 1968, n. 23, e negli strumenti urbanistici ad esso subordinati, qualora, come nella vicenda che ne occupa, questi ultimi siano adeguati al primo, senza necessita', in tal caso, di autorizzazione paesistica, come notano sia la difesa della regione che la stessa difesa erariale. Alla regolamentazione legislativa della fattispecie controversa e', pertanto, estranea, la legge regionale n. 29/1988, per cui devono essere dichiarate non rilevanti le questioni di legittimita' costituzionale proposte nei suoi confronti. 1.3 - Del pari irrilevanti vanno ritenute le questioni concernenti la legge regionale n. 36/1989, dal momento che i lavori sospesi con il provvedimento impugnato sono stati intrapresi in base a titoli autorizzativi (concessioni del sindaco del comune di S. Maria La Longa e parere regionale di non contrasto ex art. 31 della legge n. 1150/1942) emessi in data anteriore alla sua entrata in vigore che esauriscono i controlli in materia paesaggistica. 1.4. - Per quel che concerne la legge regionale n. 42/1986 sono irrilevanti, agli effetti della soluzione del giudizio de quo, gli artt. 4 e 5, pacificamente estranei alla materia del contendere. 1.5. - Venendo alle questioni sollevate dall'interveniente W.W.F., appare priva di rilevanza quella diretta a contestare la legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986, in quanto escluderebbero l'applicabilita' delle sanzioni penali di cui all'art. 1-sexies della legge n. 431/1985, esulando il presente giudizio dall'esame di aspetti estranei alla giurisdizione di questo tribunale. 1.6. - Allo stesso modo deve ritenersi non rilevante la questione sollevata in ordine alla costituzionalita' dell'art. 2 della predetta legge regionale n. 42/1986 in quanto attribuirebbe alla sola regione la verifica del rispetto, da parte delle disposizioni del piano urbanistico regionale, dei valori paesistici e ambientali tutelati da parte della legge n. 431/1985, escludendone il ministero dei beni culturali e ambientali, cui verrebbe tolta la possibilita' di esercitare i poteri di controllo sostitutivo di cui all'art. 1- bis della medesima legge n. 431/1985. Il presente giudizio concerne, peraltro, non l'esercizio di tali poteri, ma di quelli di vigilanza e controllo di cui all'art. 82 del d.P.R. n. 616/1977, aggiunto dall'art. 1 della legge n. 431/1985. 1.7. - Le rimanenti questioni di costituzionalita', in quanto investono la legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986, sotto il profilo che il loro disposto giustificherebbe l'assenza della tutela paesistica nei confronti delle opere da realizzarsi nelle zone tutelate dalla legge n. 431/1985, situate nei comuni con strumenti urbanistici adeguati al p.u.r., come nella fattispecie, e renderebbe non necessaria l'autorizzazione di cui all'art. 7 della legge n. 1497/1939, la mancanza della quale ha determinato l'impugnato ordine ministeriale di sospensione dei lavori, di cui e' causa, alterando il corretto riparto di competenze fra Stato e regione, appaiono, al contrario, rilevanti. Sulle norme regionali anzidette, invero, si fonda la censura di illegittimita', per violazione di legge, del predetto ordine di sospensione dei lavori sul torrente Brentana sopra menzionati, che e' l'unica che non sia stata dichiarata, agli effetti della pronunzia sulla domanda di sospensione dell'atto del ministero, priva di sufficiente fumus boni iuris da questo tribunale, con la precedente ordinanza, n. 437 datata 19 dicembre 1990, con la quale e' stata, altresi', riconosciuta la sussistenza di un danno grave e irreparabile, per effetto del provvedimento impugnato, in capo al consorzio ricorrente. Appare, pertanto, decisiva, ai fini dell'accoglimento o del rigetto dell'istanza cautelare, la pronunzia in ordine alla legittimita' costituzionale delle norme in parola, richiesta al giudice delle leggi sotto i profili indicati. 2.1. - Fra le questioni sollevate sembra, peraltro, manifestamente infondata a questo tribunale, almeno cosi' come e' stata posta, quella relativa alla assunta illegittimita' costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge regionale n. 42/1986 per contrasto con l'art. 9 della Costituzione, sotto il profilo che le aree vincolate ex art. 1 della legge n. 431/1985 sarebbero insufficientemente tutelate sotto il profilo paesistico, per effetto delle norme menzionate, nel territorio dei comuni, come quello di S. Maria La Longa, il cui strumento urbanistico sia stato riconosciuto adeguato p.u.r. Invero le disposizioni del p.u.r. e dei piani regolatori sottordinati impongono una serie di vincoli a difesa di aree di pregio ambientale, talora anche coincidenti con quelle protette dalla legislazione nazionale, ne' di per se' puo' essere contestato, in punto di merito, che in tal modo la tutela assicurata sia inferiore o, in punto di legittimita', che essa non sia identica a quella prevista dalla legge n. 431/1985. La tutela del paesaggio infatti e', a norma del predetto art. 9 della Costituzione, compito della Repubblica, cioe' dello Stato e delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze. Essendo essa, per effetto della legge regionale n. 42/1986, assicurata dalla regione Friuli-Venezia Giulia nell'ambito dell'esercizio della propria potesta' legislativa primaria e delle relative funzioni amministrative da essa esercitate in materia di urbanistica, nessuna illegittimita' costituzionale si verifica se le norme che la prevedono derogano alla disciplina posta con legge statale. Cio' vale a meno che non si contesti - e nel caso detta contestazione manca - che la regione sia andata al di la' delle proprie attribuzioni. 2.2. - Con prospettazione sostanzialmente coincidente, sia il resistente ministero che l'interveniente W.W.F. hanno peraltro, proprio sotto questo profilo, sostenuto l'incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986. Con dette norme si identificano, nella sostanza, in quanto agli effetti, i piani paesistici o i piani urbanistico-territoriali, con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali, di cui all'art. 1- bis della legge n. 431/1985, con il piano urbanistico regionale generale (piano urbanistico di coordinamento) di cui alla legge regionale n. 23/1986 e con gli strumenti urbanistici comunali ad esso subordinati, nella parte in cui disciplinano determinate zone di interesse paesistico. Le relative disposizioni costituirebbero quella "specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale" di cui all'appena citato art. 1-bis, cui devono ritenersi soggetti i beni e le localita' di cui all'art. 1 della legge n. 431/1985. L'adeguatezza della disciplina del p.u.r. ai valori tutelati dalla legge n. 431/1985 viene sottoposta a verifica da parte della sola regione (art. 2) e la vigenza della disciplina dettata dalla predetta normativa statale resta delimitata soltanto al territorio di quei comuni il cui strumento urbanistico sia riconosciuto dalla regione non adeguato al p.u.r. (art. 3), con l'implicita conseguenza che negli altri comuni - fra cui si colloca quello in cui sono iniziate le opere, della cui sospensione e' causa - esse non hanno vigore. Ne consegue che, negli ambiti tutelari ex art. 1 della legge n. 431/1985 (nel caso un torrente), e', nei comuni dotati di piani adeguati al p.u.r., la normativa urbanistica a stabilire se possono o meno effettuarsi interventi e gli atti autorizzativi tipici di tale funzione (nel caso concessioni edilizie comunali e pareri regionali di non contrasto ai sensi dell'art. 31 della legge n. 1150/1942) adempiono, altresi', alla funzione propria della tutela paesaggistica. Le parti resistenti osservano peraltro che, con dette disposizioni normative, riconducibili all'esercizio delle competenze spettantile in materia urbanistica, la regione: a) esclude la necessita' della specifica autorizzazione paesistica, ex art. 7 della legge n. 1497/1939, per gli interventi nelle zone sottoposte al vincolo di cui all'art. 1 di cui alla legge n. 431/1985, nei comuni il cui strumento urbanistico e' adeguato al p.u.r.; b) esclude di conseguenza ogni possibilita' di controllo statale su detti interventi, pur previsto dalla legge n. 431/1985, che puo' esercitarsi soltanto attraverso la predetta autorizzazione, pur di competenza regionale (e cio' in quanto attrae nell'ambito dell'urbanistica, di esclusiva pertinenza regionale, la relativa disciplina); c) attraverso l'e'scamotage di disciplinare gli evidenziati aspetti nell'ambito dell'urbanistica, su cui ha competenza primaria, altera il corretto riparto di competenze fra Stato e regione. La regolamentazione delle aree vincolate di cui all'art. 1 della legge regionale n. 431/1985 appartiene infatti alla distinta materia della tutela dei paesaggi, in ordine alla quale la regione non dispone di potesta' legislativa in grado di porre in essere norme derogatorie alla legislazione statale, sotto i profili indicati. In sostanza, in tal modo, si viene ad addebitare alla regione Friuli-Venezia Giulia di aver provveduto a porre in essere una disciplina legislativa degli interventi nelle aree vincolate di cui all'art. 1 della legge n. 431/1985, che, in quanto emanata nell'ambito della sua competenza primaria, esclude completamente ogni attribuzione statale, pur prevista dalla legge predetta, nei comuni con strumenti urbanistici adeguati al p.u.r., pur vertendosi in materia di tutela del paesaggio, in violazione degli artt. 4 e 6 dello statuto. La questione, in questi termini, non sembra al collegio manifestamente infondata. Non appare, infatti, dubbio che la regione quando, richiesta di elaborare uno dei piani di cui all'art. 1- bis della legge n. 431/1985, ha ritenuto invece di emanare norme legislative che, per gran parte del territorio regionale, identificavano tali piani con la strumentazione urbanistica regionale di coordinamento e comunale ed ha di conseguenza ricondotto ai provvedimenti autorizzativi urbanistici ogni controllo, per i comuni piu' volte ricordati, sugli interventi nelle aree tutelate ex art. 1 della predetta legge n. 431/1985, si sia avvalsa della sua competenza in materia urbanistica, di cui all'art. 4 dello statuto, cui la legge regionale n. 42/1986 va ascritta. Peraltro, che la disciplina del vincolo paesaggistico di che trattasi sia invece riconducibile alla materia della tutela del paesaggio, autonoma da quella dell'urbanistica, viene affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata della Corte costituzionale. In detta materia, peraltro, la regione Friuli-Venezia Giulia e' titolare soltanto, ai sensi dell'art. 6 dello statuto speciale, di podesta' di integrazione e attuazione delle leggi statali, in base alla quale non appare costituzionalmente legittimo emanare una disciplina legislativa che escluda la necessita' dell'autorizzazione paesistica, ex art. 7 della legge n. 1497/1939, per gli interventi nelle aree tutelate ex art. 1 della legge n. 431/1985 ed ogni conseguente possibilita' di controllo statale sugli interventi stessi, nei comuni con strumenti urbanistico generale adeguato al p.u.r. 2.3. - Ritiene, peraltro, il collegio che, nella vicenda di che trattasi, debba essere, altesi', tenuto conto del disposto del terzo comma dell'art. 6 del gia' citato d.P.R. n. 469/1987. Esso, infatti, recita: "Fra le funzioni amministrative trasferite alla regione Friuli-Venezia Giulia con i precedenti decreti di attuazione statutarie si intendono comprese, per ciascuna materia, tutte quelle rientranti, nella definizione datane per le regioni ordinarie, dal d.P.R. n. 616". In base a detto ultimo decreto la materia dei "beni ambientali" e della "protezione delle bellezze naturali" e' disciplinata nell'ambito del Capo II - urbanistica, del titolo V. Cio' significa che, per la parte che qui rileva, con tale norma, da ritenersi indubbiamente di carattere interpretativo, il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di urbanistica, avvenuto con l'art. 21 del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, che ha sostituito l'art. 22 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, deve intendersi come comprensivo di quelle in materia di tutela del paesaggio, almeno per quanto concerne le competenze relative alla disciplina e controllo delle opere nelle aree soggette a vincolo ex art. 1 della legge n. 431/1985, che ha integrato il predetto art. 82. In quanto la norma in questione appare idonea a legittimare, sia pure a posteriori e in via interpretativa, la tesi di parte ricorrente circa la contestata facolta' della regione di intervenire, a mezzo della propria potesta' legislativa primaria in materia urbanistica, anche nel distinto ambito delle attribuzioni riservate allo Stato dal citato art. 1 della legge n. 431/1985, volte a far rispettare il vincolo predetto e afferenti la materia della tutela del paesaggio, come ha fatto con gli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986, gia' per tale ragione sospettati di incostituzionalita' dalle parti resistenti, il collegio, ritenendo la relativa questione rilevante per la soluzione del presente giudizio, solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 6, terzo comma, del d.P.R. n. 469/1987, per violazione degli artt. 4 e 6 dello statuto regionale. Essa sembra, altresi', non manifestamente infondata. Invero, poiche' in base alle predette norme statutarie, distinta e' la potesta' legislativa in materia di urbanistica (disciplinata dall'art. 4, n. 12) e di tutela del paesaggio (disciplinata dall'art. 6, n. 3) e di diverso grado, essendo l'una primaria e l'altra integrativa, non appare costituzionalmente legittimo dare una definizione di tali materie che non le tenga distinte, ma le unifichi tra loro, quanto meno agli effetti della disciplina, posta dagli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale n. 42/1986, in materia di controllo delle compromissioni ambientali negli ambiti tutelati ex art. 1 della legge n. 431/1985. In tal modo viene, infatti, consentito alla regione di intervenire, con potesta' primaria, in materia in cui lo statuto non concede detta potesta', ne' puo' ritenersi che le norme statutarie possano essere modificate da un decreto di trasferimento, qual'e' il d.P.R. n. 469/1987. In particolare cio' non puo' avvenire la' dove, come nel caso in questione, dette norme definiscono le reciproche competenze tra Stato e regione (con l'effetto, nella fattispecie, di sottrarre allo Stato ogni attribuzione in materia di controllo degli interventi nella aree vincolate ex art. 1 della legge n. 431/1985). 3. - Essendo state ritenute, per i motivi sopra esposti, rilevanti ai fini della decisione dell'istanza di sospensione in esame e non manifestamente infondate le dedotte questioni di legittimita' costituzionale, il collegio, che ha gia' provveduto a sospendere il giudizio cautelare, ritiene di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.