IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 2099/1990
 proposto dalla "Nuova G. Barbera S.p.a.", con  sede  in  Catania,  in
 persona   del  suo  legale  rappresentante  avv.  Carlo  Casamichela,
 rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Andrea  Scuderi,   elettivamente
 domiciliata  presso il suo studio in Catania, via V. Giuffrida n. 37,
 contro la Presidenza della regione siciliana e l'assessorato  per  il
 bilancio e le finanze della regione siciliana, rappresentati e difesi
 per legge dall'avvocatura dello Stato di Catania, domiciliataria, per
 l'annullamento:
      1)  del decreto emanato dall'assessore regionale per il bilancio
 e le finanze il 9 ottobre 1990, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale
 della  regione  siciliana  del  20  ottobre  1990,  avente ad oggetto
 individuazione degli ambiti territoriali da "affidare in  concessione
 dal  1›  gennaio 1990 al 31 dicembre 1994", relativamente al servizio
 di riscossione dei tributi;
      2) ogni altro atto o provvedimento,  antecedente  o  successivo,
 comunque pesupposto, connesso o conseguenziale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Vista  la domanda di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti
 impugnati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni in-
 timate;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato relatore per la pubblica udienza del 6 dicembre 1990  il
 consigliere  dott.  Vincenzo  Zingales,  e  udito, per la ricorrente,
 l'avv. Andrea Scuderi;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Col ricorso in esame, notificato il 24 novembre 1990 e  depositato
 il  30  novembre  1990,  la  "Nuova  G.  Barbera S.p.A.", con sede in
 Catania, costituita fra persone fisiche col capitale  sociale  di  L.
 1.200.000.000,   avente   ad   oggetto   esclusivo  "la  gestione  in
 concessione o in altra forma del servizio di riscossione dei  tributi
 e  di  ogni  altra  entrata  dello  Stato  e di altri enti pubblici",
 nonche' "l'assunzione del servizio di ricevitoria  e,  se  richiesta,
 del  servizio di tesoreria di enti locali", e con espressa previsione
 statutaria  di  inefficacia  nei   confronti   della   societa'   del
 trasferimento  delle  azioni  per  atto  tra vivi non preventivamente
 autorizzato dal Ministero delle finanze (artt. 3 e  6  dello  statuto
 sociale,  allegato,  alla  lett.  C,  all'atto costitutivo rogato dal
 notaio Giorgio Licciardello di Catania in data 15 settembre 1986), ha
 chiesto   l'annullamento    previa    sospensione,    dei    seguenti
 provvedimenti:
      1)  del decreto emanato dall'assessore regionale per il bilancio
 e le finanze il 9 ottobre 1990, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale
 della  regione  siciliana  del  20  ottobre  1990,  avente ad oggetto
 "Individuazione degli ambiti territoriali da affidare in  concessione
 dal  1›  gennaio 1990 al 31 dicembre 1994", relativamente al servizio
 di riscossione dei tributi;
      2) di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo,
 comunque presupposto, connesso o conseguenziale.
    A sostegno del ricorso viene dedotto  il  seguente  unico  motivo:
 illegittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con  l'art. 17 dello
 statuto regionale, dell'art. 20 della  legge  regionale  5  settembre
 1990,  n.  35.  Violazione  dei  principi  e degli interessi generali
 contenuti e tutelati dalla legislazione nazionale  (legge  4  ottobre
 1986,  n.  657,  recante  "Delega  al  governo per l'istituzione e la
 disciplina del  servizio  di  riscossione  dei  tributi";  d.P.R.  28
 gennaio  1988,  n. 43, con particolare riferimento all'art. 132 dello
 stesso).   Illegittimita'    derivata    dalla    dichiarazione    di
 incostituzionalita'  per  violazione  dell'art. 1, primo comma, lett.
 e), della legge n. 657/1986 e dell'art. 31 del d.P.R. n. 43/1988.
    Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio.
    Con ordinanza n. 944 deliberata nella odierna camera di  consiglio
 del  6  dicembre  1990 questo tribunale ha accolto temporaneamente la
 domanda  di   sospensione   del   decreto   assessoriale   impugnato,
 limitatamente  agli  artt.  9,  primo comma, lett. c), e 10, primo ed
 ultimo comma, sino alla prima camera  di  consiglio  successiva  alla
 restituzione  degli atti, da parte della Corte costituzionale dopo la
 decisione sulla  questione  di  costituzionalita'  sollevata  con  la
 presente ordinanza.
                             D I R I T T O
    1.  -  Come gia' esposto in epigrafe e nelle premesse di fatto che
 precedono, l'impugnativa proposta e' essenzialmente  rivolta  avverso
 il  decreto,  ivi meglio specificato, con il quale l'assessore per il
 bilancio  e  le  finanze  della  regione  siciliana  ha  disposto  la
 "Individuazione  degli ambiti territoriali da affidare in concessione
 dal 1› gennaio 1990 al 31 dicembre 1994", relativamente  al  servizio
 di riscossione dei tributi.
    2.  - La societa' ricorrente deduce, quale unico motivo di gravame
 del predetto decreto (i cui artt. da 9  a  12  hanno  sostanzialmente
 natura  di  bando  concorsuale), l'illegittimita' costituzionale, nei
 sensi di cui appresso, dell'art. 20 della l.r. 5 settembre  1990,  n.
 35 ("Istituzione e disciplina del servizio di riscossione dei tributi
 e   di   altre   entrate"),  nonche'  l'illegittimita'  derivata  che
 scaturira' dall'eventuale declaratoria d'incostituzionalita' di  tale
 norma di legge.
    La   dedotta  questione  di  illegittimita'  costituzionale  viene
 profilata  assumendo  il  contrasto   della   predetta   disposizione
 legislativa  regionale  con  l'art.  17  dello  statuto della regione
 siciliana in quanto risulterebbero violati "i principi  ed  interessi
 generali cui si informa la legislazione dello Stato", contemplati dal
 predetto  art. 17 e tutelati dalla legislazione nazionale (nella spe-
 cie, i principi ed interessi di cui alla legge  4  ottobre  1986,  n.
 657,  recante  "Delega  al Governo per la istituzione e la disciplina
 del servizio di riscossione dei tributi",  e  di  cui  il  d.P.R.  28
 gennaio 1988, n. 43, recante "Istituzione del servizio di riscossione
 dei  tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici,
 ai ensi dell'art. 1, primo comma, della  legge  4  ottobre  1986,  n.
 657",  con  particolare riferimento all'art. 132 del predetto decreto
 delegato, in base al quale  "i  principi  risultanti  dalla  legge  4
 ottobre  1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche alla
 regione siciliana, che provvede  con  legge  all'istituzione  e  alla
 disciplina  del  servizio  di  riscossione dei tributi nell'esercizio
 della competenza legislativa ad essa spettante in materia").
    3.  -  Ritiene  il  tribunale  che   la   dedotta   questione   di
 costituzionalita'   sia   rilevante   ai  fini  del  decidere  e  non
 manifestamente infondata.
    4.  -  Quanto  alla  rilevanza  della  questione  occorre   appena
 osservare  che il primo comma, lett. c), del denunziato art. 20 della
 l.r.  n.  35/1990  (del  quale  e'  stato  fatto   applicazione   con
 l'impugnato  decreto)  limita  la  possibilita' di conferimento della
 conessione del servizio di riscossione dei ributi alle  societa'  per
 azioni  "costituite  soltanto  da  istituti  ed  aziende  di  credito
 indicati nella lett. a)", e non anche fra persone fisiche (qual'e' la
 societa' ricorrente). Sicche' la risoluzione della predetta questione
 si pone assolutamente ed incontrovertibilmente, a norma dell'art. 23,
 secono  comma,  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, quale necessaria
 pregiudiziale per la definizione della controversia portata all'esame
 del tribunale, in quanto, ovviamente, soltanto dalla declaratoria  di
 illegittimita'   della   disposizione  denunziata  potrebbe  derivare
 l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati esclusivamente  in  base
 alla  lamentata  illegittimita'  costituzionale;  con  il conseguente
 accoglimento definitivo della domanda di  sospensione  dell'impugnato
 decreto  assessoriale (limitatamente agli artt. 9, primo comma, lett.
 c), e 10, primo ed ultimo comma), temporaneamente accolta, come si e'
 gia' detto nelle  premesse  di  fatto,  sino  alla  prima  camera  di
 consiglio  successiva  alla  restituzione  degli  atti da parte della
 Corte costituzionale dopo la decisione sulla  predetta  questione  di
 costituzionalita',  e  con  il successivo accoglimento, nel merito (e
 negli stessi limiti oggettivi di  cui  sopra),  del  ricorso  di  cui
 trattasi.
    5.  -  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della questione
 proposta, ritiene il tribunale che il predetto art. 20, primo  comma,
 lett.  c), della l.r. n. 35/1990 si ponga effettivamente in stridente
 contrasto con i principi generali che presiedono all'esercizio  della
 potesta'  legislativa  nelle  materie  per  le quali l'artg. 17 dello
 statuto della regione siciliana attribuisce all'assemblea  regionale,
 "entro  i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la
 legislazione dello Stato", una competenza non esclusiva  ma  soltanto
 concorrente (o ripartita o sussidiaria) con quella dello Stato, ed in
 particolare in contrasto con i principi risultanti dall'art. 1, primo
 comma,  lett.  e),  punto 3, della legge n. 657/1986, e dall'art. 31,
 primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 43/1988.
    5.1. - Appare opportuno, inanzitutto, ricordare  che  la  potesta'
 legislativa  della  regione  siciliana in materia tributaria si fonda
 sull'art. 36, primo comma, dello statuto  (approvato  con  r.d.l.  15
 maggio  1946,  n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge
 costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  2),  in  base  al  quale  "al
 fabbisogno  finanziario  della  regione  si  provvede  con  i redditi
 patrimoniali della regione e a mezzo  di  tributi,  deliberati  dalla
 medesima".
    Giova  subito  rilevare in proposito, sia pure sinteticamente, che
 la collocazione di tale norma in un titolo a  parte  (titolo  quinto,
 parimonio  e  finanze) rispetto a quello in cui (titolo secondo) sono
 inseriti  i  preced''enti  artt.  14  e  17  (che,   rispettivamente,
 attribuiscono  alla  regione  siciliana,  com'e'  noto, la potesta' o
 competenza legislativa esclusiva e quella concorrente), e comunque al
 di fuori del testo dei pred''etti artt. 14 e 17, non vale  ovviamente
 a   porre   in  dubbio  la  sussistenza  della  potesta'  legislativa
 tributaria  della  regione  siciliana,  trattandosi   di   un   fatto
 ermeneuticamenteneutro  in  quanto non tutte le materie devolute alla
 sua competenza  legislativa  sono  previste  in  tali  norme,  com'e'
 provato  dal  fatto  che  in  relazione  ad altre materie la potesta'
 legislativa e' stata attribuita con gli artt. 3 e 15.
    Nonostante, quindi, la non certo perspicua dizione della norma  in
 esame ("al fabbisogno finanziario.. .. .. si provvede.. .. .. a mezzo
 di tributi deliberati.. .. .."), non puo' sussistere in realta' alcun
 dubbio   in   ordine   all'effettiva   attribuzione   della  potesta'
 legislativa tributaria alla regione siciliana in forza del menzionato
 primo comma dell'art. 36, dato che "deliberare" tributi, per gli enti
 pubblici   territoriali   quali  le  regioni  (specie  se  a  Statuto
 speciale), dotati di organi legislativi, non puo'  significare  altro
 che  legiferare  sugli stessi. Ne' si potrebbe in alcun modo ritenere
 che il potere di deliberare in materia tributaria e' stato  conferito
 alla   regione   siciliana  limitatamente  ai  tributi  di  carattere
 regionale che essa  intenda  istituire.  Una  simile  interpretazione
 restrittiva  (che  e'  stata  respinta sall'Alta Corte per la regione
 siciliana  con  sentenza  7  febbraio  1950,  nonche'   dalla   Corte
 costituzionale  con  sentenza  n.    9/1957), infatti, e' in assoluto
 contrasto con la dizione usata dal legislatore, sia  perche'  di  una
 tale  distinzione  la norma in esame non fa' parola (l'art. 36, primo
 comma, contempla un'attivita' deliberativa - idest: legislativa -  da
 parte  della  regione  in  ordine  ai  tributi  in  generale,  e  non
 limitatamente ai tributi di carattere regionale), e sia  perche',  al
 contrario,  l'eccezione  contenuta  nel  secondo  comma  ("sono pero'
 riservate allo Stato le  imposte  di  produzione  e  le  entrate  dei
 tabacchi  e  del lotto") fa chiaramente comprendere che i tributi, in
 detto capoverso non indicati, sono passati alla regione  sia  per  la
 deliberazione vera e propria che per l'accertamento e la riscossione.
    5.2.  -  Cio'  posto, occorre ancora precisare al riguardo che, in
 base  alla  costante  giurisprudenza  costituzionale,   la   potesta'
 legislativa  tributaria  della  regione  siciliana  non  ha carattere
 esclusivo bensi' concorrente. Ed invero, la potesta'  di  legiferare,
 in  via esclusiva, ai termini e nei limiti dell'art. 14 dello Statuto
 siciliano non puo' essere riferita, per il suo carattere eccezionale,
 se non a materie esplicitamente e tassativamente indicate. Il che  e'
 particolarmente  giustificabile  in  ordine  alla materia tributaria,
 dato che una potesta' normativa, nel senso indicato, potrebbe turbare
 il  sistema  tributario  dello  Stato.  Ne  deriva  quindi   che   la
 legislazione  regionale,  nella  materia di cui trattasi, non essendo
 questa menzionata nel predetto art. 14 dello statuto  siciliano,  non
 puo'  avere  se  non  carattere concorrente o sussidiario. E' percio'
 mecessario, anzitutto, che  le  leggi  della  regione  riguardanti  i
 tributi  rispettino  non soltanto le leggi costituzionali ed i limiti
 territoriali,  ma  anche  quelli  derivanti  dai  principi  e   dagli
 interessi  generali  cui  si uniformano le leggi dello Stato, secondo
 quanto dispone la prima parte dell'art. 17  dello  statuto  siciliano
 per  la  legislazione  concorrente.  Inoltre, poiche' risponde ad una
 esigenza fondamentale per l'economia e per l'eguaglianza di  tutti  i
 cittadini,   a   qualsiasi  parte  del  territorio  della  Repubblica
 appartengono, che  l'obbligazione  tributaria  si  ricolleghi  ad  un
 sistema  unitario, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo,
 ai cespiti colpiti e alle modalita' di riscossione,  la  legislazione
 regionale  deve  essere coordinata con la finanza dello Stato e degli
 altri enti  locali,  affinche'  non  derivi  turbamento  ai  rapporti
 tributari  nel  resto  del  territorio  nazionale; e deve uniformarsi
 all'indirizzo ed ai principi fondamentali della legislazione  statale
 per  ogni  singolo tributo (cfr. in tal senso, fra altre, le sentenze
 della Corte costituzionale n. 9/1957, cit., n. 42/1957,  n.  52/1957,
 n.  158/1973,  n.  959/1988,  nonche'  quelle  dell'Alta Corte per la
 regione siciliana 19 maggio 1951, 30 giugno 1952, e 20 agosto 1953).
    5.3.  - Quanto sopra preliminarmente rilevato osserva il tribunale
 che il giudizio di non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 costituzionalita'   di   cui   si   discute  trova  essenzialmente  e
 specificamente la sua base giuridica nel contrasto  della  denunziata
 norma  di  legge regionale con i predetti artt. 1, primo comma, lett.
 e), punto 3, della legge n. 657/1986 e 31, primo comma, lett. c), del
 d.P.R. n. 43/1988, che fissano il principio generale secondo  cui  la
 concessione  del  servizio  di  riscossione  dei  tributi puo' essere
 conferita, fra gli altri soggetti, anche  alle  societa'  per  azioni
 costituite  non  solo  da  aziende ed istituti di credito ma anche da
 persone fisiche, con capitale interamente versato non inferiore ad un
 miliardo, aventi per oggetto esclusivo la gestione in concessione del
 servizio, ed il cui statuto preveda l'inefficacia nei confronti della
 societa'  del  trasferimento   delle   azioni   non   preventivamente
 autorizzato dal Ministro delle finanze.
    Come si e' gia' detto, infatti, con l'art. 132 del predetto d.P.R.
 n.  43/1988  si  dispone  che  "i  principi  risultanti dalla legge 4
 ottobre 1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche  alla
 regione  siciliana,  che  provvede  con  legge all'istituzione e alla
 disciplina del servizio di  riscossione  dei  tributi  nell'esercizio
 della  competenza  legislativa  ad essa spettante in materia". Norma,
 questa, che risulta perfettamente aderente  alla  natura  concorrente
 della potesta' medesima, quale si desume dal combinato disposto degli
 artt. 17 e 36 ello statuto siciliano, cosi' come piu' volte affermato
 dalla  Corte  costituzionale,  sin dalla sentenza n. 9/1957 fino alla
 sentenza n. 959/1988 (nella quale si precisa che le  leggi  regionali
 sulla  riscossione dei ributi potrebbero solo contenere "disposizioni
 di capillare dettaglio").
    Con l'art. 20, primo comma,  lett.  c),  della  l.r.  n.  35/1990,
 invece, il legislatore siciliano ha derogato al principio concernente
 la  tassativa  indicazione  dei  soggetti astrattamente legittimati a
 ricevere le concessioni, in quanto, escludendosi da  tale  novero  le
 societa' per azioni costituite da persone fisiche con un capitale non
 inferiore  ad  un miliardo (come invece previsto dai ripetuti art. 1,
 primo comma, lett. e), punto 3,  della  legge  n.  657/1986,  nonche'
 dell'art.  31, primo comma, lett. c), el d.P.R. n. 43/1988), e' stata
 illegittimamente ristretta la serie dei soggetti medesimi.
    La serie  dei  soggetti  ai  quali  possono  essere  conferite  le
 concessioni  e', in effetti, chiusa o tassativa. Sia l'art. 31, primo
 comma, lett. e), della legge n. 657/1986, sia l'art. 31, primo comma,
 del d.P.R. n. 43/1988, prevedono invero, nei medesimi termini, che si
 tratti "esclusivamente" delle aziende e degli  istituti  di  credito,
 nonche' delle Casse rurali ed artigiane di cui all'art. 5 del r.-d.l.
 12  marzo  1936,  n.  375,  di  loro  speciali  sezioni  autonome, di
 particolari societa' per azioni aventi per unico oggetto la  gestione
 del  servizio  in  esame,  e di societa' cooperative gia' titolari di
 gestioni esattoriali.
    A  fronte  di  questa  disciplina,  che  certamente  riguarda   la
 struttura  del  previsto  servizio  di  riscossione  dei  tributi, il
 legislatore regionale non puo' legittimamente ridurre il  novero  dei
 potenziali   concessionari,   depennando   alcuni  tipi  di  soggetti
 relativamente ai tributi da riscuotere in Sicilia, ne' puo' estendere
 tale novero.
    Ne'   varrebbe  obiettare  che  esclusioni  siffatte  lascerebbero
 indenni  quei  "principi  ed  interessi   generali"   informanti   la
 legislazione  dello  Stato, cui deve in materia attenersi la regione.
 Si e' gia' rilevato, infatti, come la determinazione  dei  potenziali
 concessionari  attenga,  logicamente,  alle  strutture  portanti  del
 servizio di riscossione dei tributi. Al di la' di  questo,  tuttavia,
 e'  risolutivo  il puro e semplice fatto che la determinazione stessa
 non  risulti  dalla  sola  legge  delegata,  ma   sta   compiutamente
 prestabilita    dalla   rispettiva   legge   delegante   proprio   in
 quell'articolo nel quale si elencano i "principi e criteri direttivi"
 della delega.
    La politica delle scelte legislative, mediante le quali si fissano
 i  principi  fondamentali  nelle  materie  di  competenza  regionale,
 rappresenta  un  punto in se' incontestato e incontestabile, anche se
 restano varie le implicazioni  che  se  ne  traggono  nell'affrontare
 alcuni  problemi  piu'  specifici. Orbene, nella materia in questione
 tali scelte sono state  appunto  effettuate  dalla  legge  delegante,
 all'atto  di  fissare  i  principi e i criteri richiesti dall'art. 76
 della Costituzione. Non a caso la legge di delega e'  stata  definita
 in  dottrina come la fonte mormativa che deve porre la "disciplina di
 fondo" della materia o come "una sorta di legge-quadro".
    Meno ancora varrebbe rilevare che la spiccata  peculiarita'  delle
 situazioni  esistenti  in  Sicilia  e  delle  esigenze  da soddisfare
 nell'isola potrebbe  suggerire  soluzioni  differenziate  rispetto  a
 quelle  accolte nel restante territorio nazionale. Ed invero, anche a
 volerli ritenere  plausibili,  rilievi  del  gnere  non  renderebbero
 affatto  derogabili,  da parte del legislatore regionale, i "principi
 ed interessi generali cui si informa  la  legislazione  dello  Stato"
 (art. 17 dello statuto siciliano).
    Il  perseguimento delle esigenze regionali e locali va effettuato,
 infatti, esclusivamente all'interno del limite di  tali  principi  ed
 interessi.
    6.  -  Per  le  suesposte  considerazioni,  a  norma dell'art. 23,
 seconda comma, legge 11 marzo 1953, n. 87,  va  disposta  l'immediata
 trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione
 della questione icidentale  di  costituzionalita'  di  cui  trattasi,
 disponendosi  conseguentemente la sospensione del giudizio instaurato
 col ricorso indicato in epigrafe.