IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Provvedimento  sulla  richiesta  del p.m. pervenuta il 24 novembre
 1990 alle ore 11,15 di convalida dell'arresto di Malatesta Domenico;
    Premesso che il p.m. ha gia'  disposto  con  decreto  motivato  la
 rimessione  in  liberta' del prevenuto ritenendo in detta sede di non
 dover richiedere l'applicazione di misure coercitive (art. 121, n. 1)
 delle disp. att. del nuovo c.p.p.); poiche' il  secondo  comma  della
 cit.  norma  statuisce  che  nel  caso di liberazione prevista dal 1›
 comma il giudice, nel fissare l'udienza di convalida, ne da'  avviso,
 senza ritardo, anche alla persona liberata;
    Trattandosi,  nella  concreta  fattispecie,  di  norma a carattere
 strumentale (in quanto  disp.  di  att.)  rispetto  alla  norma  piu'
 autenticamente organizzativa (pur inserita in un codice di procedura,
 quindi  gia'  di per se' a normativa strumentale) e strutturale quale
 l'art. 390 secondo cui entro le quarantotto ore  dall'arresto  o  dal
 fermo  il  p.m.,  qualora  non debba ordinare l'immediata liberazione
 dell'arrestato o del fermato, richiede al  giudice  per  le  indagini
 preliminari   competente   in   relazione   al  luogo  di  esecuzione
 dell'arresto o del fermo, la convalida  di  una  delle  dette  misure
 interinali  (segue la fissazione dell'apposita udienza al piu' presto
 e comunque entro le quarantotto ore successive  con  annesso  avviso,
 senza  ritardo,  al  p.m.  e  al  difensore, tanto che l'arresto o il
 fenomeno diviene inefficace se il p.m. non  osserva  le  prescrizioni
 del  primo  comma, strutturalita' che si ripete a livello descrittivo
 nel successivo  art.  391)  (udienza  di  convalida  ivi  minutamente
 descritta  con  estrema  precisione),  norma  che  costituisce, anche
 tipograficamente, il momento terminale del  titolo  sesto  del  libro
 quinto  del  nuovo  c.p.p.  (segue l'art. 392 che introduce il titolo
 settimo stesso libro in tema esclusivo di incidente probatorio).
    Essendo lapalissiano che il detto titolo sesto  del  libro  quinto
 verta  in tema di "Arresto in flagranza e fermo" quindi provvedimenti
 intenzionalmente adottati, per l'urgenza che li  caratterizza  in  re
 ipsa,  in  tema  di  restrizioni  della liberta' personale, argomento
 specifico in un contesto dedicato a "Indagini preliminari  e  udienza
 preliminare",  restrizioni  che  storicamente  si collocano nel corso
 delle dette indagini preliminari e non in altro momento,  e  che  per
 superare  la  loro  efficacia  provvisoria-interinale  richiedono  un
 intervento-controllo  da  parte  del  g.i.p.,  giudice  "terzo"   che
 controlla  la  ritualita' e sostanza delle medesime indagini e quindi
 anche delle misure tipo arresto o fermo;
    Poiche' l'art. 391, terzo comma, del c.p.p. prevede che il p.m. in
 sede di udienza per la convalida indichi i motivi dell'arresto o  del
 fermo e presenti le sue richieste in ordine alla liberta' personale e
 stante  la  formulazione letterale del co. Vi e' assoluta continuita'
 fra le due tematiche  (motivi  e  successiva  richiesta),  nel  senso
 cronologico e della ratio normativa, essendo coerente processualmente
 (o  comunque  proceduralmente la posizione di un p.m. che, non avendo
 gia' in precedenza stabilito il ripristino della  liberta'  personale
 ex  art. 121 delle disp. att. del nuovo c.p.p., indica i motivi della
 misura e  formula  le  proprie  definitive  e  risolutive  richieste,
 attendendo,   entro  le  quarantotto  ore  successive  alla  messa  a
 disposizione (da parte sua) dell'arrestato o  fermato,  definitiva  e
 risolutiva statuizione da parte del g.i.p., non limitandosi quindi il
 petitum  dell'a.g.o.  requirente  alla  pura  e semplice convalida ma
 estendendosi alle statuizioni in tema di liberta' personale, cio'  in
 armonia  con  la  chiara  distinzione che si coglie dalla lettura dei
 successivi   quarto   e   quinto  comma,  distinzione  fra  convalida
 dell'arresto da parte del giudice (ove lo  stesso  od  il  fermo  sia
 stato  legittimamente  eseguito  e  siano  stati  osservati i termini
 previsti dagli artt. 386, terzo e quarto comma, e  390  primo  comma,
 (convalida nella forma dell'ordinanza), provvedimento ricorribile per
 Cassazione,  e  successiva  (appunto  eventuale)  applicazione di una
 misura coercitiva, in mancanza  della  quale  deve  ripristinarsi  lo
 stato  di  liberta'  (laddove,  nella  precedente  normativa,  quanto
 all'arresto, c'era la sua convalida ad opera del p.m. o del  Pretore,
 pur   dovendo   la   stessa   contenere,   secondo  la  piu'  recente
 giurisprudenza e poi anche secondo  l'espressa  previsione  dell'art.
 246,  terzo  comma,  abrogato c.p.p. nel testo modificato dall'art. 6
 della legge 5 agosto 1988, n. 330, una duplice motivazione, attinente
 sia alla legittimita' del provvedimento adottato dalla p.g. sia  alla
 opportunita'  o  necessita'  del protrarsi dello stato di detenzione,
 costituendo  comunque  il  tutto,  di  per  se',  idoneo  titolo   al
 mantenimento  della custodia cautelare senza necessita', a differenza
 di quanto si verificava per il fermo di p.g. di successiva  emissione
 di ordine o mandato di cattura);
    Poiche'  quindi, stante la dizione letterale della norma 391, deve
 anche ritenersi, stante l'assenza di preclusioni aliunde  ricavabili,
 che  il  p.m.  nel  corso  dell'udienza di convalida possa richiedere
 l'applicazione  di  misure  cautelari  ex  art.  291  e  che   l'a.g.
 giudicante  possa  disporre  in  tal  senso,  indipendentemente dalla
 convalida  o  meno  della  misura  interinale  (arresto   o   fermo),
 nell'ipotesi  in  cui  ad  es. il giudice possa disporre dette misure
 indipendentemente dalla convalida del fermo od arresto  (es.  ove  la
 mancata  convalida  dipenda  unicamente  dal difetto dei requisiti di
 flagranza  o  dall'inosservanza  di  limiti  temporali  ma   sussista
 comunque  la  condizione per l'applicabilita' di una disdetta misura)
 cio' sembrando evincersi dal sesto con riguardo al quale l'originaria
 espressione iniziale "quando non provveda alla  convalida"  e'  stata
 mutata  in  quella  attuale  "quando  non  provveda a norma del comma
 quinto",   sembrando   quindi   evidenziarsi   che   la   liberazione
 dell'arrestato o del fermato debba disporsi, non sempre e comunque in
 consegneza  della  sola  eventale mancata convalida del provvedimento
 adottato dalla p.g. o dal p.m. ma  solo  intanto  in  quanto  non  si
 ritenga  l'emissione,  come  dal  quinto  comma,  di un provvedimento
 restrittivo della liberta' personale;
    Poiche' parimenti, per quel che concerne la eventuale  perdita  di
 efficacia dell'arresto o del fermo, in conseguenza del verificarsi in
 concreto  delle  condizioni  di cui al settimo comma, appare evidente
 che  da  cio'  non  deriva  alcuna  preclusione  all'adozione,  anche
 immediata,  di  una  misura  cautelare  che  di  fatto  impedisca  il
 riacquisto dello stato di liberta';
    Poiche' in ogni caso, stante il  primo  comma  dell'art.  291,  le
 misure  cautelari coercitive sono disposte su richiesta del p.m., che
 presenta al giudice competente gli elementi su cui  la  richiesta  si
 fonda,  cio'  in  quanto,  ovviamente, in un processo tendenzialmente
 accusatorio  e  non  piu'  inquisitorio  (cioe'  accusatorio  ma  con
 correttivi  quali ad esempio il continuo controllo del giudice per le
 indagini preliminari) non potendo conservarsi al rappresentate  della
 pubblica  accusa poteri limitativi della liberta' personale se non in
 via di eccezione ed entro limiti ristretti, e quindi la presentazione
 dei  detti  elementi  giustificativi  puo' essere effettuata dal p.m.
 attraverso o il canale dell'udienza di  convalida  o  extra-convalida
 (ed in tal caso il g.i.p. provvede ex art. 294 del nuovo c.p.p.);
    Poiche'  comunque,  da una attenta lettura, degli artt. 390 e 391,
 si deduce che l'arresto  o  fermo  e'  finalizzato  alla  sua  futura
 convalida   in   sede  di  udienza,  ed  alla  eventuale  contestuale
 applicazione-conversione della stessa misura  interinale  (ma  sempre
 cautelare)  in  misura duratura altrettanto, coercitiva, e tutto cio'
 sembra evidenziare una sostanziale superfluita' dell'art.  121  delle
 disp.  att.  del nuovo c.p.p. specie nel suo secondo comma, mentre e'
 pacifico che in questo caso l'udienza di convalida sia svincolata dal
 termine ad horas finalizzato all'aspettativa di una rapida  pronuncia
 sulla  privativa  dello stato di liberta' personale, che al contrario
 viene meno in detta differente ipotesi (il  soggetto  e'  gia'  stato
 rimesso  in  liberta' e la convalida diviene mera inutile formalita',
 passaggio obbligato, a meno che non si ritenga, ma il codice dovrebbe
 scriverlo per esplicito, che all'esito dell'apparentemente  ulteriore
 udienza  di  convalida  il  p.m.,  a  seguito  di interrogatorio reso
 dall'ex-arrestato o ex-fermato davanti al g.i.p., possa modificare le
 proprie richieste  e  richiedere  quindi  misure  cautelari);  stante
 quindi  la mancanza di coordinamento fra gli artt. 390 e 391 e l'art.
 121, secondo comma, delle disp. att.   del  nuovo  c.p.p.  mentre  al
 contrario  si  giustifica pienamente l'art.  121 nel suo primo comma,
 poiche' quindi, a prescindere dalla valutazione del g.i.p. nel merito
 del fondamento del petitum di misure  cautelari,  la  cit.  normativa
 (390  e  391)  e'  finalizzata, da un lato, non soltanto ad eventuali
 statuizioni cautelari ma anche e necessariamente a dette  statuizioni
 cautelari  (lo  prova,  in  caso  contrario,  l'immediata  preventiva
 liberazione dell'arrestato o fermato da parte del p.m. ex  art.  121,
 primo  comma,  delle  disp.  att.    stesso codice, mentre l'art. 389
 contempla  altre   tassative   ipotesi   di   immediata   liberazione
 dell'arrestato  o  del fermato (da parte del p.m.  al primo comma, da
 parte della p.g. al secondo comma) ed il richiamo,  al  primo  comma,
 fra  parentesi,  dell'art. 121 delle disp. att. non e' attinente alla
 concreta fattispecie perche' riguarda l'arresto o fermo eseguito  per
 errore  di  persona  o  fuori dei casi previsti dalla legge o il caso
 dell'inefficacia a norma dell'art. 386, settimo comma, e  390,  terzo
 comma,   e   non  anche  il  caso  specifico  dell'insussistenza  dei
 presupposti per l'applicazione di misure coercitive (art. 121,  primo
 comma,  delle  disp. att.) mentre quest'ultimo viene irritualmente ed
 impropriamente richiamato per relationem;
    Poiche' quindi il 121 rimane autentica norma strumentale  che  non
 trova  autentico  riscontro nella normativa strutturale-organizzativa
 di cui agli artt. 389 e 391;
    Poiche' inoltre in tal  modo  l'udienza  di  convalida  (anche  se
 svincolata,   come  di  recente  ha  ribadito  la  Corte  suprema  di
 cassazione)  diviene  passaggio  meramente  obbligato  e  formale   e
 vincolato  anche  nel  suo  esito-decisione,  quindi  sostanzialmente
 inutile ed inviolabile  dell'art.  97  della  costituzione  sul  buon
 andamento  della  p.a.,  amministrazione  della giustizia e dell'art.
 101, secondo comma, della costituzione secondo  cui  i  giudici  sono
 soggetti  soltanto  alla  legge  mentre  a tal punto da detta anomala
 udienza di convalida (fuori dai parametri  rigidi,  predeterminati  e
 precisi  di  cui  agli artt. 390 e 391) puo' soltanto scaturire o una
 mancata  convalida o una convalida meramente formale ivilendosi, come
 gia' detto e come si ripete, al p.m. ogni nuova  richiesta  all'esito
 dell'udienza  (e dell'eventuale interrogatorio dell'ex-fermato od ex-
 arrestato) ed al giudice di provvedere in conseguenza nel  senso  del
 rigetto  o  dell'accoglimento,  ragion  per cui o l'art. 121, secondo
 comma, delle disp. att. e' suscettibile di  abrogazione  per  la  sua
 inutilita'  o  va  riscritto aggiungendovi il detto riferito concetto
 (anche  perche'  nelle  more  fa  la  scarcerazione  e  l'udienza  di
 convalida   potrebbero  essere  state  compiute  dal  p.m.  ulteriori
 indagini preliminari);  essendo  la  questione  deducibile  d'ufficio
 iussu  indicis, non manifestamente infondata e rilevante nel corrente
 giudizio;