IL PRETORE
   Premesso che con ricorso depositato in cancelleria il 29 marzo 1990
 Torino Provvidenza lamentava - fornendo adeguata documentazione -  la
 mancata  consegna  da  parte della S.I.D.F. S.p.a. della merce per il
 pagamento della quale  essa  ricorrente  aveva  assunto  obbligazioni
 cambiarie per un importo di L. 21.000.000; e chiedeva che ex art. 700
 del  c.p.c.  venisse  ordinato alla S.I.D.A.F. S.p.a. la restituzione
 dei titoli  in  questione  o  che,  in  subordine,  venisse  ordinato
 all'istituto   bancario  al  quale  i  titoli  medesimi  erano  stati
 presentati per l'incasso di astenersi dal procedere  all'inoltro  per
 il protesto.
    Premesso  che l'odierno decidente - assunte informazioni in ordine
 alle inesistenza di girate nei titoli in questione gia' inoltrati per
 l'incasso e ritenuta la sussistenza, oltreche' del fumus beni  iuris,
 anche del periculum in mora rappresentato dal pregiudizio conseguente
 alla eventuale levata di protesto, nonche' alle gravi e probabilmente
 insuperabili  difficolta'  economiche  cui sarebbe andata incontro la
 ricorrente ove avesse dovuto far fronte al pagamento delle tratte  in
 questione  pur  non  ricevendo  i  prodotti ordinati e destinati alla
 vendita al minuto - con decreto del 6  aprile  1990  emesso  inaudita
 altera  parte  ordinava  alla  Cassa rurale ed artigiana Don Rizzo di
 Alcamo di trattenere gli effetti emessi dalla  ricorrente  in  favore
 della S.I.D.A.F. S.p.a. non procedendo all'inoltro per il protesto o,
 nel caso che cio' fosse gia' avvenuto per gli effetti con scadenza 31
 marzo 1990, disponendone l'immediato ritiro.
    Premesso  che  con  il  suddetto  decreto del 6 aprile 1990 veniva
 fissata l'udienza di comparizione  del  3  maggio  successivo  ed  il
 termine  del  18  aprile  1990  per  la  notifica  del  ricorso e del
 pedissequo  provvedimento  pretorile;  e   che,   nella   persistente
 contumacia  della S.I.D.A.F. S.p.a., all'udienza del 20 dicembre 1990
 la difesa della Torino evidenziava che l'atto introduttivo era  stato
 notificato  oltre il termine assegnato, a causa della eseguita' dello
 stesso, e  chiedeva  la  concessione  di  un  ulteriore  termine  per
 provvedere alla notifica del ricorso e del decreto.
                             O S S E R V A
    Nella  procedura relativa ai provvedimenti di urgenza e' stabilito
 dagli  artt.  702  e  690,  primo  comma  del  c.p.c.  che   ove   il
 provvedimento  richiesto  venga  concesso con decreto emesso inaudita
 altera parte il giudice con il decreto medesimo "fissa  l'udienza  di
 comparizione  delle  parti  davanti  a  se'  e  stabilisce il termine
 perentorio per la notificazione del ricorso  e  del  decreto"  (dette
 disposizioni  -  gia'  abrogate  dall'art. 89 della legge 26 novembre
 1990, n. 353 - sono applicabili  in  regime  transiorio  fino  al  31
 dicembre  1991;  tuttavia,  deve  evidenziarsi  che  anche  la  nuova
 disciplina in materia di procedimenti cautelari ed,  in  particolare,
 l'art.  669-sexies  del c.p.c. ripropone lo stesso schema procedurale
 e, pertanto, la stessa problematica qui sviluppata).
    La ratio della citata prescrizione  va  individuata  nell'esigenza
 che  la  parte  che  ha  ottenuto il provvedimento interdittale prima
 della costituzione del contraddittorio si attivi  con  ogni  scrupolo
 per  la  regolare  prosecuzione  della  procedura  e  per  una rapida
 definizione della fase sommaria, all'esito della quale il  giudice  -
 alla  stregua  dei  dati  e  degli  argomenti  di entrambe le parti -
 confermera', modifichera' o revochera' con ordinanza  la  statuizione
 adottata  inaudita  altera  parte;  da  qui la natura perentoria - e,
 pertanto ex art. 153 del c.p.c. la improrogabilita' - del termine per
 la notificazione del ricorso e del decreto, e la conseguenza  che  in
 caso  di  mancato  rispetto di tale termine il provvedimento concesso
 perde efficacia (Cassazione  6  maggio  1964,  n.  1052  e  Cass.  n.
 2282/1975).
    Nella  fattispecie in esame non puo' tuttavia essere mosso rilievo
 alcuno alla ricorrente in ordine al mancato rispetto  del  menzionato
 termine  per la notifica del ricorso e del decreto. Ed, invero, dalla
 prodotta documentazione risulta che  il  difensore  della  Torino  ha
 richiesto  le copie del ricorso e del pedissequo decreto pretorile il
 giorno successivo alla data di deposito del decreto (7  aprile  1990)
 ed,  ottenute  dette  copie il giorno 11 aprile 1990, ha in pari data
 attivato per la  notifica  l'ufficiale  giudiziario,  che  il  giorno
 successivo  ha  rimesso  gli  atti  da  notificare  al locale ufficio
 postale  per  l'inoltro  con  piego  raccomandato  degli  stessi.  La
 ricezione  e'  pero'  avvenuta a distanza di oltre dieci gironi dalla
 spedizione e, pertanto, oltre il termine assegnato.
    Cio' posto va osservato che le menzionate disposizioni (artt. 153,
 690, secondo comma, e 702 del c.p.c.) non consentono di valutare tali
 elementi, essendo preclusa ogni possibilita' di rimessione in termini
 in caso di mancato rispetto di un termine  perentorio,  anche  quando
 nessun  rilievo  -  come  nella  fattispecie - puo' essere mosso alla
 parte che avrebbe dovuto rispettare il termine in questione. Ritenute
 al   riguardo   questo  Pretore  una  tale  disciplina  assolutamente
 irrazionale, venendosi a determinare nei confronti di una delle parti
 processuali una situazione pregiudizievole in conseguenza di un fatto
 alla stessa non imputabile, ed in contrasto con  i  principi  sottesi
 all'art.  24  della  Costituzione;  e,  d'ufficio,  ritiene  di dover
 sollevare la relativa questione di costituzionalita'.
    Una  tale  questione  e'  rilevante  ai  fini  della   definizione
 dell'odierno   giudizio   e  -  riguardo  al  menzionato  profilo  di
 incostituzionalita' - non manifestamente infondata; gli  atti  devono
 pertanto essere rimessi alla Corte costituzionale.