ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  1  e  2  del
 decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di
 autonomia   impositiva   degli  enti  locali  e  di  finanza  locale)
 convertito in legge 24 aprile 1989, n. 144,  promossi  con  ordinanze
 emesse  il  22  dicembre  1989 dal Tribunale di Napoli, il 17 gennaio
 1990 (con tre ordinanze), dal Tribunale amministrativo regionale  per
 l'Umbria,  iscritte  rispettivamente  ai  nn. 671, 717, 726 e 739 del
 registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica nn. 44, 49 e 50, prima serie speciale dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di costituzione di Guerrieri Luigi ed altri nonche'
 gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  1991  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Udito  l'Avvocato  dello Stato Franco Favara per il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.1  -  Nel  corso  di  un   procedimento   civile   promosso   da
 professionisti per l'accertamento negativo dell'obbligo tributario in
 relazione  alla  I.C.I.A.P.  (imposta  comunale  per  l'esercizio  di
 imprese e di arti e professioni), il Tribunale di Napoli (ord. n. 671
 del 22 dicembre 1989), dichiarata  con  sentenza  non  definitiva  la
 giurisdizione  del  giudice  ordinario,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale "degli artt. da 1  a  2  della  legge  24
 aprile  1989,  n.  144"  (recte  decreto-legge  11 marzo 1989, n. 66,
 convertito in legge  con  modificazioni,  24  aprile  1989,  n.  144,
 istitutivo   della   imposta  comunale  per  l'esercizio  di  arti  e
 professioni e di imprese), nella parte in cui, quale parametro e  in-
 dice  di  rilevazione  della  capacita'  contributiva,  si  assume la
 superficie dei locali utilizzati per l'esercizio di una  professione,
 di  un'arte  e  di  un'impresa,  senza consentire prova contraria, in
 riferimento  all'art.  53  Cost.,  nonche'  nella  parte  in  cui  e'
 attribuita  all'ente  impositore  (Comune) la facolta' di aumentare o
 ridurre discrezionalmente la misura base dell'importo consentendo  di
 colpire  con aliquote non omogenee attivita' identiche, esercitate in
 Comuni diversi, in riferimento all'art. 3 Cost.
    Il Collegio a quo deduce che il dato  obiettivo  della  superficie
 dei locali utilizzati e' "illogico" indice rivelatore della capacita'
 contributiva,  desumibile viceversa "dalla qualita' e quantita' della
 clientela,   dall'abitualita'   della   stessa,   dalla    competenza
 professionale    del    titolare    e    dei    suoi   collaboratori,
 dall'organizzazione dell'attivita' e del servizio".
    1.2 - E' intervenuta in giudizio, per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato che ha in primo luogo
 eccepito  l'inammissibilita'  della questione. Si osserva infatti che
 il Tribunale ha sollevato la questione sulla  normativa  "cosi'  come
 mod.   dal   decreto-legge   30  settembre  1989  n.  332":  ma  tale
 provvedimento  si   applicherebbe   "dall'anno   1990",   mentre   la
 fattispecie   oggetto   del  giudizio  a  quo  concerne  la  denuncia
 I.C.I.A.P. 1989.
    L'inammissibilita' della questione deriverebbe anche  dal  difetto
 di  giurisdizione  dell'A.G.O. ex art. 20 del d.P.R.  26 ottobre 1972
 n. 638 (richiamato dall'art. 4, ottavo comma, decreto-legge  2  marzo
 1989 n. 66).
    Nel  merito la questione sarebbe infondata. In primo luogo perche'
 il legislatore avrebbe attribuito  circoscritte  potesta'  impositive
 agli enti locali proprio per accrescerne l'autonomia. E poi nell'area
 tributaria  molti sarebbero gli elementi, gli indicatori di capacita'
 contributiva tenuti presenti dal legislatore al quale la Costituzione
 lascia in merito ampia discrezionalita'. L'esercizio di un'impresa  o
 di   una  professione  sarebbe  "di  per  se'  indice  rivelatore  di
 ricchezza",  e  il  dato  relativo   alla   "superficie   utilizzata"
 renderebbe ancora piu' concreto detto indice, rivelando la dimensione
 dell'attivita' esercitata.
    In  definitiva,  sarebbe  stata  scelta la soluzione di un tributo
 (I.C.I.A.P.) "ipersemplificato e un  po'  rozzo",  in  considerazione
 della  modesta entita' media del tributo; della sua attribuzione alla
 finanza locale non dotata di uffici attrezzati; dell'esigenza di  non
 caricare  il "presupposto-reddito" di ulteriori compiti di rivelatore
 di ricchezza.
    Infatti, "affidare solo all'IRPEF il compito di attuare l'art.  53
 comma  secondo  Cost."  comporterebbe  "inevitabilmente una riduzione
 dell'effettivita' del sistema".
    2.1 - Con tre ordinanze di pari data (717, 726, 739 del 17 gennaio
 1990), il T.a.r. per l'Umbria ha sollevato questione  incidentale  di
 legittimita'  costituzionale degli stessi artt. 1 e 2 decreto-legge 2
 marzo 1989, n. 66 conv. in legge 24 aprile 1989 n. 144,  nella  parte
 in cui, identicamente, fanno irrazionale riferimento, per determinare
 la  misura  del  tributo,  alla superficie dell'immobile utilizzato e
 affidano  all'Ente  impositore   la   determinazione   della   misura
 dell'imposta  tra  il  minimo  ed  il massimo stabilito nella tabella
 allegata alla legge, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.
    Le  ordinanze,  che  ripetono  gli  argomenti  indicati  sub  1.1,
 risultano  emesse  nel  corso di giudizi promossi avverso la delibera
 (27 febbraio 1989 n. 733) della Giunta del Comune di Perugia (ord. n.
 717 e 739), nonche' (ord. n. 726) avverso la delibera consiliare  del
 Comune  di  Pietralunga  (31  marzo  1989,  n.  14), con le quali, in
 applicazione di quanto disposto dalla normativa  sull'I.C.I.A.P.,  e'
 stata fissata nel massimo la misura del tributo dovuto.
    2.2  -  Si  sono  costituiti  taluni  ricorrenti osservando che le
 modifiche migliorative apportate dal decreto-legge 30 settembre  1989
 n. 332, conv. nella legge 27 novembre 1989 n. 384, ma a decorrere dal
 1990,  dimostrerebbero l'indubbia incostituzionalita' della normativa
 precedente, corretta  nel  senso  di  consentire  prova  in  adverso,
 nonche'  spettare  ai  Comuni  solo la facolta' di ridurre o elevare,
 entro certi limiti, i livelli di reddito per determinate riduzioni  o
 aumenti della misura dell'imposta.
    In  particolare, si insiste per l'incostituzionalita' dell'art. 1,
 sesto comma, decreto-legge n. 66 in quanto riferisce il  prelievo  ad
 una (pretesa) manifestazione di capacita' contributiva non effettiva,
 in  contrasto  con  l'art.  53 Cost. e con la relativa giurisprudenza
 costituzionale.
    2.3 - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta nei  tre  giudizi,  ha
 dedotto  l'inammissibilita'  della  questione  sotto  il  profilo che
 "l'eventuale accoglimento del ricorso  (annullamento  della  delibera
 con  cui  si  stabilisce  la  misura massima del tributo) condurrebbe
 soltanto alla applicazione dell'I.C.I.A.P. nella misura  minima,  non
 alla   totale   esclusione   della  debenza  del  tributo  (argomento
 quest'ultimo sul quale ha giurisdizione, dopo fase amministrativa, il
 Giudice ordinario)".
    In  ordine  all'infondatezza  vengono  richiamati  gli   argomenti
 dedotti sub 1.2.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  ordinanze concernono una identica questione: i relativi
 giudizi  vanno  riuniti,  in  conseguenza,  per  formare  oggetto  di
 un'unica pronuncia.
    2.1  -  Il  Tribunale  di  Napoli,  chiamato  a  pronunciarsi  per
 l'accertamento negativo di obbligo tributario da  parte  di  soggetti
 colpiti dall'imposta comunale per l'esercizio di arti e professioni e
 di  imprese, dubita della legittimita' costituzionale degli artt. 1 e
 2 della legge 24 aprile 1989, n. 144 (recte  decreto-legge  1›  marzo
 1989,  n.  66 convertito in legge, con modificazioni, 24 aprile 1989,
 n.  144)  recante  disposizioni  urgenti  in  materia  di   autonomia
 impositiva  degli  enti locali e di finanza locale, per contrasto con
 gli articoli 3 e 53 della Costituzione.
    Con le riferite norme si e' istituita,  e  a  decorrere  dall'anno
 1989,  l'imposta  di  cui  trattasi:  la  relativa  misura e' rimessa
 all'ente  locale  interessato,  con  possibilita'  di  fissazione  di
 aliquote  diverse  tra  Comune  e  Comune  per  attivita' identiche e
 conseguente   asserita   irrazionale   disomogeneita'   del   sistema
 impositivo.  Sistema  poi  che fa derivare il prelievo unicamente dal
 dato  oggettivo   della   superficie   dei   locali   usufruiti   con
 disarticolazione   da  qualsivoglia  indice  reddituale,  rivelatore,
 cioe', di capacita' contributiva. Ne' resta in tal modo consentito ai
 soggetti della obbligazione tributaria di fornire prova contraria.
    2.2  -  Analoghe  argomentazioni   sono   svolte   dal   Tribunale
 amministrativo   dell'Umbria  su  ricorsi  avverso  le  deliberazioni
 comunali  di  fissazione,  nel  massimo,  dell'aliquota  di  prelievo
 dell'imposta.
    3.  - L'inammissibilita' della questione proposta dal Tribunale di
 Napoli (supra 2.1) e' sostenuta dall'Avvocatura generale dello  Stato
 sotto un duplice profilo:
       a)  ancorche'  si  verta in causa sui criteri di applicabilita'
 delle norme per l'anno 1989, l'incidente avrebbe riferimento anche  a
 norme migliorative successive in vigore dal 1990, avendo il giudice a
 quo  denunciato  le  precedenti  disposizioni  "cosi' come modificate
 dalla legge  27  novembre  1989,  n.  344"  (recte  decreto-legge  30
 settembre  1989,  n.  332  -  Misure  fiscali urgenti - convertito in
 legge, con modificazioni, 27 novembre 1989, n. 384);
       b)   nei   termini   della   dedotta   pretesa,   cosi'    come
 processualmente  introdotta,  il  giudice  ordinario  difetterebbe di
 giurisdizione.
    Entrambe  le  censure  non  hanno  pregio: non la prima perche' il
 contesto  dell'ordinanza   di   rimessione   appare   inequivocamente
 circoscritto  alle  disposizioni  applicabili  solo  per  l'anno 1989
 (artt. 1 e 2  d.-l.  1›  marzo  1989,  n.  66  e  relativa  legge  di
 conversione).   Quanto   poi  alla  seconda  eccezione,  il  Collegio
 remittente  ha  espressamente   affermato   in   causa   la   propria
 giurisdizione,  il  che  e'  bastevole, per le finalita' del processo
 costituzionale, a dare ingresso alla successiva disamina  del  merito
 (cfr. sentenza n. 414 del 1989).
    Tali  conclusioni consentono di affrontare nel merito le questioni
 anche nella  prospettiva  degli  incidenti  sollevati  dal  Tribunale
 amministrativo  dell'Umbria  (supra  2.2),  restando  ininfluente  la
 relativa eccezione posta dall'Avvocatura.
    4.  -  Viene  dapprima  all'esame  l'assunta   disomogeneita'   di
 deliberazione,  da  Comune  a  Comune,  per  situazioni identiche. La
 questione non e' fondata.
    La Corte ha gia' avuto modo di considerare che si e' di fronte, in
 casi del genere, alle inevitabili conseguenze del fatto che gli  enti
 locali  impositori  godono  di autonomia e possono esercitarla, nelle
 loro scelte, con  valutazioni  diverse  a  seconda  delle  rispettive
 differenti  situazioni  ambientali che sono variabili da territorio a
 territorio, senza che tanto abbia, e  per  cio'  solo,  a  comportare
 censura (cfr. sentenza n. 159 del 1985).
    5.  -  Fondata e' la questione attinente al riferimento, quale in-
 dice per l'assoggettamento all'imposta,  unicamente  alla  superficie
 dei locali adibiti all'esercizio di attivita'.
    Giova  ricordare all'uopo che le presunzioni tributarie, e di cio'
 in effetti si tratta, intanto possono  legittimamente  operare  quali
 rivelatrici  di ricchezza in quanto restino collegate in qualche modo
 a  elementi  concreti  di  redditivita'  ancorche'  di  non  semplice
 accertamento.  In  altri  termini,  l'applicazione del tributo che ne
 deriva non puo' riposare su basi del tutto incontrollabili per i fini
 che si ripropongono, quando non addirittura fittizie (sentenze n.  42
 del 1980 e n. 283 del 1987).
    E infatti, per cio' che attiene all'odierno esame, il parametro e'
 stato  inteso come rapporto unico - in assoluto - di causa ed effetto
 rispetto al volume d'affari conseguito, essendo in  ordine  a  questo
 privo di qualsivoglia collegamento o riscontro.
    Ne' vale obiettare, come fa l'Avvocatura, che si tratterebbe di un
 sistema  originato  da  necessita'  di  ipersemplificazione,  essendo
 contraddetta l'asserzione  stessa  dalla  immediata  introduzione  di
 correttivi,   a   valere   tuttavia   dal   successivo   anno   1990.
 Conclusivamente la presunzione di cui trattasi, in quanto  preclusiva
 di prova
 in  adverso,  e' insuscettibile, per la irrazionalita' che ne deriva,
 di  porsi  come  fonte  rivelatrice   di   una   concreta   capacita'
 contributiva.
    Al che consegue l'accoglimento.