ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 20, 64, 65,
 66, 67, 72 e 74 della legge  31  luglio  1954,  n.  599  ("Stato  dei
 sottufficiali   dell'Esercito,  della  Marina  e  dell'Areonautica"),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  5  luglio  1990  dal  Tribunale
 Amministrativo  regionale  per  la  Liguria  sul  ricorso proposto da
 Vitali Sabatino contro il Ministero delle Finanze, iscritta al n. 664
 del  registro  ordinanze  1990  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto l'atto di costituzione di Vitali Sabatino;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  12  febbraio  1991  il  giudice
 relatore Renato Granata;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  giudizio  promosso innanzi al Tribunale amministrativo
 regionale per la Liguria da Vitali Sabatino  (gia'  brigadiere  della
 Guardia  di  finanza)  per  l'annulamento del decreto ministeriale 12
 febbraio 1988 n. 264967 - con cui gli era stata irrogata la  sanzione
 disciplinare  della  perdita del grado per rimozione, (art. 60, punto
 6, legge 31 luglio  1954  n.  599)  con  conseguente  cessazione  dal
 servizio,  all'esito di un procedimento disciplinare iniziato dopo il
 passaggio in giudicato della sentenza di secondo  grado  della  Corte
 d'appello  di Venezia emessa il 30 gennaio 1986, che aveva dichiarato
 non doversi procedere nei suoi confronti per intervenuta prescrizione
 dei  reati  (di   contrabbando   e   corruzione)   -   il   Tribunale
 amministrativo  regionale  adito  ha  sollevato,  con ordinanza del 5
 luglio 1990 in riferimento agli artt. 2, 3 e 52 Cost.,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 20, 64, 65, 66, 67, 72 e 74
 della citata  legge  n.  599  del  1954,  nella  parte  in  cui  tali
 disposizioni non prevedono termini per l'attivazione del procedimento
 disciplinare  a  carico dei sottufficiali delle Forze Armate e per la
 effettuazione degli ulteriori atti di procedura  e  non  garantiscono
 termini dilatori prima della comparizione dell'inquisito innanzi alla
 Commissione di disciplina.
    Il  Tribunale amministrativo regionale - dopo aver premesso che il
 ricorrente lamentava sia che il procedimento disciplinare  era  stato
 attivato  nei  suoi  confronti  oltre  un  anno  dopo il passaggio in
 giudicato della sentenza della Corte d'appello, sia che gli era stato
 dato preavviso di soli sette giorni della data di  trattazione  orale
 del  procedimento  innanzi alla commissione di disciplina, sia infine
 che il procedimento stesso era  stato  ripetutamente  interrotto  per
 periodi superiori a 90 giorni - escludeva che potesse effettuarsi una
 automatica  trasposizione  dei  termini  procedimentali  previsti dal
 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 (artt.  97,  111,  120),  trattandosi  di
 normativa  applicabile  agli impiegati civili dello Stato e non anche
 ai militari,  ma  riteneva  non  giustificabile  tale  disparita'  di
 trattamento  pur  tenendo  conto  della peculiarita' dello status dei
 sottufficiali delle Forze Armate.
    Secondo il giudice a quo, le disposizioni  impugnate,  applicabili
 al  caso  di  specie  in  virtu' del rinvio operato dall'art. 1 della
 legge 17 aprile 1957 n. 260, sarebbero, poi, anche in  contrasto  con
 l'art.  2  Cost., in quanto la soggezione a procedimento disciplinare
 potenzialmente senza limiti di  tempo  determinerebbe  una  effettiva
 compressione  dei diritti fondamentali dell'inquisito; sia con l'art.
 52 Cost., secondo cui l'ordinamento delle  Forze  Armate  si  informa
 allo spirito democratico della Repubblica.
    2.  - La predetta ordinanza del Tribunale amministrativo regionale
 per la Liguria e' stata pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale,  prima
 serie speciale, del 7 novembre 1990 n. 44.
    3.  -  Si  e' costituita la parte privata Sabatino Vitali aderendo
 sostanzialmente alle argomentazioni svolte dal giudice a quo.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a decidere se gli artt. 20, 64, 65,  66,
 67,  72  e  74  della legge 31 luglio 1954 n. 599 contrastino con gli
 artt. 2, 3 e 52 della Costituzione nella parte in cui  non  prevedono
 termini   decadenziali   sia   per   l'attivazione  del  procedimento
 disciplinare a carico dei sottufficiali delle Forze Armate,  sia  per
 l'esecuzione  degli  ulteriori atti d'impulso procedimentale, nonche'
 nella parte in cui non sono garantiti termini  dilatori  prima  della
 comparizione dell'inquisito davanti alla commissione di disciplina.
    2. - La questione e' fondata.
    Oggetto  del  giudizio  a  quo  e'  la  fattispecie costituita dal
 procedimento disciplinare instaurato a seguito di sentenza definitiva
 di assoluzione  o  di  proscioglimento  con  formula  non  pienamente
 liberatoria nei confronti dei sottufficiali della Guardia di finanza,
 per i quali trova applicazione la disciplina impugnata (dettata per i
 sottufficiali  dell'Esercito,  della  Marina  e  dell'Areonautica) in
 forza del rinvio operato dall'art. 1 della legge 17  aprile  1957  n.
 260 (Stato dei sottufficiali della Guardia di finanza).
    L'art.  20  della  legge  n. 599 del 1954 cit. infatti - dopo aver
 previsto che il sottufficiale, il quale sia sottoposto a procedimento
 penale per imputazione da cui possa derivare la  perdita  del  grado,
 puo'   essere   sospeso   precauzionalmente   dall'impiego,  a  tempo
 indeterminato, fino all'esito del  procedimento  penale  -  prescrive
 che, se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che
 dichiari  che  il  fatto  non  sussiste  o  che  l'imputato non lo ha
 commesso, la sospensione e' revocata a tutti gli effetti,  mentre  in
 ogni  altro  caso  di  proscioglimento  con formula diversa da quelle
 (ampiamente liberatorie) suddette la sospensione e' revocata solo  se
 il sottufficiale non venga sottoposto a procedimento disciplinare.
    I successivi artt. 64, 65, 67, 72 e 74 dettano poi norme in ordine
 al  procedimento  disciplinare  in  genere  e sono quindi applicabili
 anche  alla  fattispecie  in  esame.  Tale  normativa  contempla  uno
 sviluppo   del   procedimento  disciplinare  articolato  in  distinti
 momenti, ben individuati nei contenuti, ma non cadenzati  nei  tempi.
 lnfatti,  limitatamente  a  quanto  rileva ai fini del decidere, puo'
 notarsi che e' prevista un'iniziale inchiesta formale  con  l'obbligo
 per  l'Autorita' procedente (variamente individuata dall'art. 65 cit.
 secondo precisi criteri di competenza) di contestare gli addebiti  al
 sottufficiale  inquisito,  che ha facolta' di presentare sue discolpe
 (art. 64, primo comma, cit.). Conclusasi l'inchiesta formale  con  la
 raccolta   degli   elementi   di   prova   dell'addebito  contestato,
 l'autorita' procedente, ove ritenga il sottufficiale passibile  della
 sanzione  della perdita del grado (cui consegue, ex art. 26, lett. g,
 della stessa legge n.  599  del  1954,  la  cessazione  dal  servizio
 permanente  e  quindi  la  perdita  del posto di lavoro) ne ordina il
 deferimento alla Commissione di disciplina (art.  66  cit.)  e  della
 convocazione  di  questa stessa da' comunicazione all'inquisito (art.
 72, terzo comma, cit.).
    La  seduta  della  Commissione  di  disciplina  e'  celebrata   in
 contraddittorio  con  il  sottufficiale  inquisito,  assistito  da un
 ufficiale difensore e si conclude con  il  giudizio,  espresso  dalla
 Commissione  in ordine al quesito se il sottufficiale meriti, o meno,
 di   conservare   il   grado.   Peraltro  i  tempi  del  procedimento
 disciplinare possono ulteriormente dilatarsi nell'ipotesi in  cui  ci
 sia un ritorno alla fase dell'inchiesta ove la Commissione ritenga di
 non  poter  esprimere  il  proprio  giudizio  senza un supplemento di
 istruttoria; in tal caso il presidente rinvia gli atti  all'autorita'
 che   ha  disposto  la  convocazione  del  sottufficiale  a  chiusura
 dell'inchiesta formale perche' provveda alle ulteriori indagini (art.
 74, ottavo comma, cit.).
    Esaurito  infine  il  procedimento  innanzi  alla  Commissione  di
 disciplina,  gli  atti  sono  trasmessi  al Ministro della difesa che
 provvede con decreto.
    3. - Questa essendo (per la parte che  interessa)  la  successione
 dei  momenti  del  procedimento  disciplinare  che sfocia nel decreto
 ministeriale con cui e' irrogata la sanzione  disciplinare  di  stato
 della  perdita  del  grado per rimozione, risulta in generale (pur in
 presenza di innegabili  garanzie  di  difesa  e  salva  l'innovazione
 introdotta  dalla  legge  n.  19  del 1990, di cui si dira' infra) la
 totale mancanza di una qualche scansione dei termini del procedimento
 stesso, mancanza che quindi  si  riscontra  anche  nella  fattispecie
 particolare  del procedimento disciplinare iniziato dopo il passaggio
 in giudicato della sentenza di assoluzione o di  proscioglimento  con
 formula non liberatoria.
    Ne',   secondo  l'opinione  espressa  dal  giudice  di  merito  in
 conformita' alla consolidata giurisprudenza del Consiglio  di  Stato,
 sono  applicabili  a  quest'ultima  fattispecie  -  unico oggetto del
 presente giudizio di  costituzionalita'  -  le  disposizioni  dettate
 dagli  artt.  97,  111  e  120  d.P.R.  10  gennaio 1957 n. 3 per gli
 impiegati civili dello Stato, disposizioni che invece  assicurano  (a
 tutela   del  dipendente)  una  precisa  scansione  dei  termini  del
 procedimento disciplinare. Prevedono infatti che: a) il  procedimento
 disciplinare  deve  avere inizio con la contestazione degli addebiti,
 entro 180 giorni dalla  data  in  cui  e'  divenuta  irrevocabile  la
 sentenza  definitiva di proscioglimento (art. 97, terzo comma, cit.);
 b) la data della seduta fissata per la trattazione orale innanzi alla
 Commissione  di  disciplina  deve  essere  comunicata   all'impiegato
 inquisito  almeno  venti  giorni  prima,  con  avvertenza che egli ha
 facolta' di intervenirvi per svolgere oralmente le proprie  difese  e
 di  far  pervenire alla Commissione, almeno cinque giorni prima della
 seduta, eventuali scritti o memorie  difensive  (ar  t.  111,  ultimo
 comma,  cit.);  c)  il  procedimento  disciplinare si estingue quando
 siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto che sia stato  compiuto
 (art. 120, primo comma, cit.).
    4.  - Tale evidenziata disparita' di trattamento tra gli impiegati
 civili dello Stato (per i quali  soccorre  la  garanzia  dei  termini
 acceleratori  e  dilatori  suddetti)  ed  i sottufficiali delle Forze
 Armate (nei confronti dei quali invece il  procedimento  disciplinare
 potrebbe iniziare anche dopo un lungo periodo di tempo dalla sentenza
 di  proscioglimento  e  potrebbe  perdurare  senza  l'argine di alcun
 termine acceleratorio o dilatorio) non  trova  giustificazione  nelle
 peculiarita'  proprie dello status militare, avendo questa Corte gia'
 evidenziato "la generale tendenza al maggiore possibile avvicinamento
 dei diritti del cittadino militare a quelli del  cittadino  che  tale
 non e'" (sentenza n. 490 del 1989).
    L'orientamento  di  questa  Corte  si  e'  evoluto in uno sviluppo
 coerente  e  dall'iniziale  affermazione  che  esigenze  di  civilta'
 giuridica  richiedono che l'azione disciplinare "deve essere promossa
 senza ritardi ingiustificati, o peggio arbitrari, rispetto al momento
 della conoscenza dei fatti cui si riferisce"  (sentenza  n.  145  del
 1976)  e'  approdata  a  piu' pregnanti puntualizzazioni allorche' ha
 ritenuto  che  "la  sperimentabilita'  sine  die   del   procedimento
 disciplinare   costituisce   di   certo  un  eccesso  di  tutela  del
 prestigio", nella specie, della istituzione universitaria,  "cedevole
 a  fronte  delle  garanzie  dovute  al  singolo (sentenza n. 1128 del
 1988); tali garanzie - ha ulteriormente  precisato  la  Corte  (nella
 sentenza  n.  264  del  1990)  -  "costituiscono  espressione  di  un
 principio generale  ricollegabile  all'esigenza  che  i  procedimenti
 disciplinari  abbiano  svolgimento  e  termine  in  un  arco di tempo
 ragionevole,  onde  evitare  che  il  pubblico   dipendente   rimanga
 indefinitivamente esposto alla irrogazione di sanzioni disciplinari".
    Da  ultimo  la  Corte, nel ribadire il "principio di una sollecita
 definizione della posizione dell'incolpato" ha enucleato  un  vero  e
 proprio  "diritto  alla  decisione"  (ricadente  peraltro nell'ambito
 della copertura costituzionale garantita dall'art. 24 Cost.).
    In questo contesto omogeneo la  progressiva  valorizzazione  delle
 garanzie   del   pubblico   dipendente   sottoposto   a  procedimento
 disciplinare si estende alla esigenza della previsione di termini che
 garantiscano all'incolpato un tempestivo e sollecito svolgimento  del
 procedimento disciplinare.
    5. - Questa esigenza si puntualizza nella fattispecie in esame con
 una  connotazione di ulteriore evidenza dopo la legge 7 febbraio 1990
 n.  19.  Ed  infatti  l'art.  9   di   quest'ultima   contempla   una
 regolamentazione  uniforme  per  tutti  i  pubblici  dipendenti della
 destituzione di diritto, con l'abrogazione dell'automatismo  per  cui
 quest'ultima  seguiva direttamente la sentenza penale irrevocabile di
 condanna, e quindi conferma  l'impossibilita'  di  differenziare,  al
 fine  de  quo,  la posizione dei dipendenti pubblici civili da quella
 dei dipendenti pubblici militari (in particolare per i  sottufficiali
 delle Forze Armate l'art. 60, primo comma, n. 7, lett. b, della legge
 599 del 1954 cit., prevede un'ipotesi di automatica perdita del grado
 a  seguito di condanna penale con conseguente cessazione dal servizio
 permanente). Ne'  d'altra  parte  alcuna  differenziazione  opera  la
 citata  norma nel prevedere la destituzione (non piu' di diritto, ma)
 all'esito di  un  procedimento  disciplinare  e  nello  stabilire,  a
 garanzia  del  dipendente il termine di 180 giorni (dalla data in cui
 l'amministrazione abbia avuto notizia della sentenza irrevocabile  di
 condanna)   per   l'inizio   (o  la  prosecuzione)  del  procedimento
 disciplinare e di 90 giorni per la conclusione dello stesso.
    Uguale  garanzia  quindi  sotto  il  profilo   dei   termini   del
 procedimento risulta approntata sia ai dipendenti civili dello Stato,
 sia ai militari quanto alla fattispecie del procedimento disciplinare
 che   segua   una   sentenza   di   condanna,   talche'  maggiormente
 ingiustificata e lesiva del canone di eguaglianza e ragionevolezza di
 cui  all'art.  3  Cost.  si  appalesa  la  denunciata  disparita'  di
 trattamento   quanto  alla  parallela  fattispecie  del  procedimento
 disciplinare  che  segua   una   sentenza   di   assoluzione   o   di
 proscioglimento  con  formula  non liberatoria essendo previsti per i
 dipendenti civili dello Stato, ma non anche per i militari, i termini
 acceleratori e dilatori sopra indicati.
    Il   riequilibrio  delle  posizioni  non  puo'  pertanto  avvenire
 altrimenti che parificando le garanzie dei  militari  (nella  specie,
 sottufficiali  delle  Forze  Armate)  a  quelle dei dipendenti civili
 dello Stato quanto sia al termine di 180 giorni di cui  all'art.  97,
 terzo comma, prima parte (per iniziare il procedimento disciplinare),
 sia  al  termine di 20 giorni di cui all'art. 111, ultimo comma, (per
 la previa comunicazione  della  data  della  seduta  fissata  per  la
 trattazione  orale  innanzi  alla  Commissione di disciplina), sia al
 termine di  90  giorni  di  cui  all'art.  120,  primo  comma  (quale
 intervallo massimo tra un atto ed il successivo del procedimento).
    6.    -    Sono    conseguentemente   assorbiti   i   profili   di
 incostituzionalita' delle norme censurate in relazione agli artt. 2 e
 52 della Costituzione.