IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte  costituzionale  nel  procedimento  penale  n.  128/91   contro
 Saporito  Fabrizio,  nato  a  Roma  il  4 giugno 1970, ivi residente,
 imputato del resto di cui all'art. 73  del  d.P.R.  n.  309/1990  per
 avere detenuto a fine di spaccio gr. 0,270 di THC. In Fiumicino, il 7
 gennaio 1991.
    Premesso  che  l'imputato  e' stato tratto a giudizio direttissimo
 per rispondere del reato  in  epigrafe:  che,  dopo  il  giudizio  di
 convalida,  imputato  e  p.m.  chiedevano, ai sensi dell'art. 444 del
 c.p., l'applicazione della pena  nella  misura  di  mesi  quattro  di
 reclusione e lire un milione di multa.
    Considerato   che   la   valutazione   della   correttezza   della
 qualificazione giuridica del fatto implica  di  necessita'  anche  la
 valutazione  della  legittimita'  costituzionale  della  norma che lo
 prevede come reato.
    Considerato  che  la  fattispecie  incriminatrice  risultante  dal
 coordinato disposto degli artt. 73, 75 e  78  del  t.u.  n.  309/1990
 appare  in  contrasto  con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, per i
 motivi  diffusamente  esposti  nell'ordinanza  in  causa  Martignetti
 (depositata  il 5 gennaio 1990), con la quale questo stesso tribunale
 rimetteva a codesta Corte la risoluzione di analoga questione.
    Invero la identificazione della predetta fattispecie basata  sulla
 detenzione  (o  importazione  o  acquisto)  di  quantita' di sostanze
 stupefacenti  eccedenti  la  "dose  media  giornaliera",   viola   il
 principio  di  ragionevolezza  (in  quanto  fonda la punizione su una
 presunzione  assoluta  di  spaccio  non  corrispondente  all'id  quod
 plerumque  accidit),  nonche'  il principio di uguaglianza, in quanto
 finisce col sottoporre alla stessa sanzione penale situazioni diverse
 (spaccio e consumo). Essa viola altresi' il principio  di  necessaria
 offensivita'  dei  comportamenti  punibili  -  in  quanto punisce una
 condotta che o e' priva di concreta  pericolosita'  per  beni  altrui
 (nel  caso  di  consumo  di  droghe leggere o di uso "compatibile" di
 droghe pesanti) ovvero e' insuscettibile di  discrimine  mediante  la
 prova  della insussistenza del pericolo nel caso concreto, mentre, in
 quanto lede un bene dello stesso consumatore, non  puo'  giustificare
 l'applicazione della sanzione penale - nonche' la riserva di legge di
 cui  all'art.  25  della Costituzione, in quanto rimette alla p.a. la
 determinazione di un elemento della fattispecie penale (la dmg da cui
 dipende il discrimine tra lecito e illecito penale), al di fuori  dei
 necessari  criteri  e principi direttivi, senza che la nozione su cui
 si fonda il predetto discrimine abbia di per se'  alcuna  consistenza
 scientifica.
    Ritenuto   che   il   criterio   quantitativo   non  e'  idoneo  a
 differenziare la condotta legittimamente punibile (spaccio) da quella
 non punibile alla stregua della Costituzione (consumo), giacche', ove
 sia determinato con criteri di larghezza appare inutile in quanto  si
 presta  ad  essere  utilizzato  come  coperture  per  l'attivita'  di
 spaccio, mentre se e' determinato con criteri  restrittivi  coinvolge
 necessariamente  (ed  illegittimamente)  il  consumo  nella  sanzione
 penale.
    Considerato, quindi, che per ricondurre  il  denunciato  complesso
 normativo   nell'ambito  della  legittimita'  costituzionale  occorre
 eliminare  dall'art.  75  del  citato  t.u.  l'inciso  "in  dose  non
 superiore  a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri
 indicati al primo comma, dell'art. 78".
    Ritenuto,  infine,  che  la  questione  appare  rilevante  per  la
 risoluzione  del  caso di specie, atteso che l'imputato, in base alle
 norme allegate a sospetto  di  incostituzionalita',  dovrebbe  essere
 sottoposto  a  sanzione  penale per la mera detenzione della droga di
 cui e' stato  trovato  in  possesso,  in  relazione  alla  quale  non
 ricorrono  elementi che non possano fare indurre la destinazione allo
 spaccio.