IL PRETORE
    Visti gli atti e sciogliendo la riserva;
                             O S S E R V A
    Va  preliminarmente  affrontata la questione relativa alla dedotta
 improponibilita'  ed  inammissibilita'  dell'istanza  di  sospensione
 dell'esecuzione,   non   essendo   essa   sorretta   da  una  formale
 proposizione di  opposizione  all'esecuzione  ex  art.  615,  secondo
 comma,  del c.p.c. Tale assunto non puo' essere condiviso. Occorre in
 proposito muovere dalla premessa che  la  qualificazione  dell'azione
 spetta  al  giudice sulla base del contenuto della domanda (petitum e
 causa  petendi).  Nel  caso   di   specie   la   U.S.L.   14   deduce
 l'illegittimita'  dei  pignoramenti eseguiti su somme giacenti presso
 l'istituto di credito esercente il servizio di  tesoreria  per  conto
 della  predetta  U.S.L.,  sul  presupposto  che  tali somme sarebbero
 destinate ad uno specifico servizio pubblico,  e  come  tali  facenti
 parte del patrimonio indisponibile dell'ente.
    Cio'    premesso,   chiede   all'adito   pretore   di   sospendere
 l'esecuzione, con ogni conseguenziale provvedimento di legge. Ora, la
 questione relativa ai limiti di pignorabilita' del denaro degli  enti
 pubblici,  investendo appunto la pignorabilita' dei beni aggrediti in
 sede  di  espropriazione  presso   terzi,   costituisce   motivo   di
 opposizione  all'esecuzione  sollevabile  dal debitore, a norma degli
 artt. 615 e seguenti del c.p.c. (cfr. tra le tante, Cass. sez. un. 18
 dicembre 1987, n. 9407).
    Non  sembra   invero   dubitabile   che   proprio   un'opposizione
 all'esecuzione   abbia   inteso  proporre  e  di  fatto  proposto  la
 ricorrente U.S.L. 14.
    Anche in ordine al petitum, deve osservarsi che, contrariamente  a
 quanto   dedotto  dagli  opposti,  il  provvedimento  di  sospensione
 dell'esecuzione non appare richiesto in se', ma  quale  provvedimento
 propedeutico  e  preliminare all'adozione di ogni altro provvedimento
 conseguenziale, che non puo'  non  interpretarsi  come  richiesta  di
 accoglimento  della  proposta  opposizione,  come  del resto chiarito
 dalla ricorrente nelle note scritte autorizzate.
    Circa  le  questioni  sollevate  in  ordine   all'inammissibilita'
 dell'intervento volontario spiegato da taluni dipendenti dalla U.S.L.
 14,  ritiene  questo  pretore  di non diversi allo stato pronunciare,
 dovendo essere le medesime decise unitamente  al  merito,  giusta  il
 combinato disposto dagli artt. 311 e 272 del c.p.c.
    Venendo  all'esame dei motivi posti a fondamento dell'opposizione,
 che in questa sede vanno valutati ai fini della conferma ovvero della
 revoca del provvedimento  di  sospensione  reso  con  decreto  del  7
 settembre  1990,  non ignora certo questo giudicante che la questione
 relativa al limite di pignorabilita' dei crediti e del  denaro  degli
 enti   pubblici   e'   stata   oggetto  di  una  radicale  evoluzione
 dell'orientamento  giurisprudenziale.  Fin  verso  la fine degli anni
 settanta, infatti, la giurisprudenza era stata  orientata  nel  senso
 che   l'esecuzione   forzata   non  potesse  aver  luogo  sul  denaro
 dell'amministrazione, se non entro i limiti di capienza dei  capitoli
 di  bilancio  destinati  al  pagamento  di spese per liti giudiziarie
 (cosi' ad es. Cass. 15 settembre 1977, n. 3986).
    Si riteneva infatti che l'esecuzione coattiva della sentenza o  di
 altro  titolo  esecutivo  si  ponesse  in  contrasto con il principio
 sancito dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all.  E,  che
 vieta  ogni forma di sostituzione della volonta' del giudice a quella
 della p.a.
    In particolare si  assumeva  che  il  danaro  dell'amministrazione
 pubblica  non  potesse  formare oggetto di esecuzione forzata per due
 motivi:
       a) la destinazione degli introiti alla  copertura  delle  spese
 inerenti  ai pubblici servizi e' fatta con legge, e come tale, non e'
 modificabile se non attraverso apposito atto legislativo (tale motivo
 sembra riferibile anche  alla  fattispecie  de  qua,  trattandosi  di
 amministrazione,  unita'  sanitaria  locale,  il  cui  bilancio viene
 alimentato interamente  dall'esterno,  a  carico  della  regione,  il
 bilancio della quale e' a sua volta approvato con legge);
       b)   l'erogazione  delle  somme  esistenti  nelle  casse  della
 pubbliche amministrazioni non puo' effettuarsi  se  non  nelle  forme
 stabilite  dalla  legge,  a seguito dell'esperimento delle varie fasi
 della spesa. Tale  orientamento  favori'  peraltro  l'instaurarsi  di
 gravi  forme  di  malcostume  amministrativo:  di  qui un sostanziale
 revirement del predetto orientamento, tra la fine degli atti settanta
 e gli inizi degli anni ottanta (cfr. Cass. sez. un. 13  luglio  1979,
 n.  4071; cass. 14 gennaio 1981, n. 323; Corte costituzione 21 luglio
 1981, n.  138),  articolato  essenzialmente  attraverso  le  seguenti
 principali proposizionali:
        a)   il   giudice   ordinario  puo'  senza  limiti  condannare
 l'amministrazione al pagamento di somme di denaro;
        b) da cio' discende l'assogettabilita' ad  esecuzione  forzata
 per  obbligazioni  pecuniarie  della  stessa  amministrazione, per la
 quale il pagamento e' atto dovuto;
        c) l'impignorabilita' di crediti o di somme di denaro, da  far
 valere  in  sede  di  opposione di esecuzione, deve discendere da uno
 specifico  vincolo  di  destinazione,  imposto  con   legge   o   con
 provvedimento amministrativo a fini pubblicistici;
        d) non costituisce vincolo di destinazione in senso tecnico la
 mera  iscrizione di determinate somme in bilancio preventivo, che per
 cio' solo non vengono trasformate in beni patrimoniali indisponibili.
    Tale  svolta,  suggellata  con   autorevolezza   dalla   succitata
 pronuncia  della  Corte  costituzionale, ha trovato puntuale conferma
 negli anni seguenti (cfr. tra le altre, di recente cass. sez. un.  14
 febbraio  1987,  n.  1609),  sicche'  e' da ritenersi che costituisca
 diritto vivente l'interpretazione dell'art. 828, secondo  comma,  del
 c.p.c., secondo la quale di per se' l'iscrizione in bilancio di somme
 di  denaro  dell'ente  pubblico  non ne importa l'inquadramento tra i
 beni del patrimonio indisponibile.
    Cio' premesso, occorre unificare, con riferimento alla fattispecie
 de qua, se, contestualmente all'iscrizione di  determinate  somme  in
 bilancio, un vincolo di destinazione a specifiche finalita' pubbliche
 in senso formale e/o sostanziale sia rinvenibile allunde.
    Tale ipotesi, per la verita', esulava dall'ambito del giudizio nel
 quale la Corte costituzionale rese la succitata pronuncia.
    La  Corte,  infatti,  dopo  aver  precisato,  nell'ambito  di  una
 sentenza interpretativa di  rigetto,  che  l'iscrizione  in  bilancio
 preventivo   di   somme,   non  e'  di  per  se'  sufficiente  a  far
 ricomprendere dette somme nell'ambito del  patrimonio  indisponibile,
 chiariva:  "Rimane  salva,  naturalmente,  l'ipotesi  che determinate
 somme o crediti  sono  vincolati  con  apposita  norma  di  legge  al
 soddisfacimento   di   specifiche   finalita'   pubbliche,   e  resta
 impregiudicata - perche' esulta dall'ambito del presente giudizio  -,
 la questione sul se tale vincolo possa legittimamente sorgere in modo
 diverso".  (Corte costituzionale 31 luglio 1981, n. 138, in giur. it.
 1981 I, 154).
    Ora,  a  giudizio  dello  scrivente,   tale   problema   si   pone
 specificamente  con  riferimento  alle  somme  destinate al pagamento
 delle retribuzioni del personale dipendente, iscritte nel bilancio di
 previsione dell'ente relativo  all'esercizio  finanziario  in  corso,
 approvato  dall'assemblea  generale  dell'U.S.L. 14 in data 30 aprile
 1990. Le norme a cui far riferimento in materia sono l'art. 50  della
 legge  23  dicembre  1978,  n.  833,  e gli artt. 11 e 34 della legge
 regione Campania 11 novembre 1980, n. 63, in tema di contabilita'  ed
 utilizzazione  del  patrimonio  delle  unita'  sanitarie  locali,  in
 relazione al succitato art. 828, secondo comma, del c.c. ed  all'art.
 514, n. 5, del c.p.c.
    In  particolare  occorre  verificare  se  costituisca  vincolo  di
 destinazione in senso tecnico il c.d. impegno di spesa.
    "Formano impegno", recita il  secondo  comma  dell'art.  34  della
 legge  regionale  11  novembre  1980,  n.  63, "sugli stanziamenti di
 competenza dell'esercizio le  somme  dovute  dalla  unita'  sanitarie
 locali,  in  base  alla  legge,  a  contratto  o  ad  altro titolo, a
 creditori  determinati  o  determinabili  sempre  che   la   relativa
 obbligazione  venga  a scadenza entro il termine dell'esercizio"; con
 la  precisazione  che,  in  relazione  al   carattere   assolutamente
 predeterminato  del pagamento di spese fisse riguardanti gli stipendi
 del personale dipendente, le relative registrazioni degli impegni  di
 spesa possano essere effettuati una sola volta per tutto l'anno (cfr.
 art. 34, quarto comma).
   In  sostanza,  con riferimento alle spese fisse per pagamento degli
 stipendi del personale dipendente, l'impegno di spesa e'  contestuale
 all'iscrizione  delle  relative  somme  nel  bilancio  di  previsione
 redatto in  termini  di  competenze;  cio'  in  quanto  l'ente  deve,
 nell'esercizio finanziario relativo, spendere quelle somme secondo il
 quantum  predeteminato  e  alle  scadenze stabilite dalla legge e dai
 contratti. L'assoluta rigidita' della spesa per  il  pagamento  delle
 retribuzioni del personale dipendente distingue in sostanza tale voce
 di  spesa  da  altre,  quali  prestazioni  ospedaliere, pagamenti dei
 fornitori, etc., in  relazione  alle  quali  residua  un  margine  di
 apprezzamento in ordine al quantum.
    Sembra,  pertanto,  alla  stregua  di  quanto  esposto,  che nella
 fattispecie  sia  configurabile  un  vincolo  di  destinazione  delle
 predette somme.
    Ove  peraltro non dovesse essere condivisa tale opinione, andrebbe
 sicuramente qualificato come non manifestamente infondato  il  dubbio
 che  gli  artt. 828, secondo comma, del c.c., e 514, n. 5 del c.p.c.,
 50 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, 11 e 34 della legge  regione
 Campania  11  novembre  1980,  n.  73  -  se  interpretati in modo da
 ritenere che le somme di denaro destinate al pagamento degli stipendi
 del  personale  dipendenti  dall'U.S.L.  iscritte  nel  bilancio   di
 previsione  dell'ente  non  siano  vincolate  a  specifiche finalita'
 pubbliche  e  quindi  non  costituiscano  beni  facenti   parte   del
 patrimonio indispenibile dell'ente, in virtu' del contestuale impegno
 di  spesa  e/o  comunque dell'obbligo pubblicistico di corresponsione
 delle retribuzioni ai pubblici dipendenti in forza  del  rapporto  di
 pubblico  impiego  che  li  lega  all'amministrazione - si pongano in
 contrasto con l'art. 97 della Costituzione, per  il  quale  la  legge
 deve,   nell'organizzare   i  pubblici  uffici,  assicurare  il  buon
 andamento dell'amministrazione.
    Un'amministrazione  pubblica,  come  la  U.S.L.   14   di   Capua,
 nell'impossibilita'  di  corrispondere  le  retribuzioni  al  proprio
 personale dipendente, (a tutt'oggi non risultano  essere  corrisposte
 le  retribuzioni  di  settembre,  mentre  quelle di agosto sono state
 pagate solo in virtu' di  anticipazione  extra-contrattuale  concessa
 dal  tesoriere), non solo e' lontana dal perseguimento dell'obiettivo
 dell'efficienza dell'azione amministrativa,  nel  quale,  secondo  la
 migliore dottrina, dovrebbe concretizzarsi il c.d. principio di buona
 amministrazione,  ma  si trova di fatto nell'incapacita' di garantire
 un'offerta minimale, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, dei
 servizi che istituzionalmente e' chiamata  a  rendere,  apparendo  la
 retribuzione    del   personale   dipendente   strumentale   rispetto
 all'esigenza di garantire una regolare prestazione dei servizi, in un
 campo di rilevante importanza sociale  quale  quella  dell'assistenza
 sanitaria.
    Che  la  situazione di grave disavanzo della U.S.L. 14 sommersa da
 pignoramenti per miliardi  di  lire,  incapace  di  pagare  i  propri
 dipendenti prima ancora che i propri creditori, si concretizzi in una
 palese  violazione del principio di buon andamento p.a. (cfr. art. 1,
 quarto comma, del d.-l. 28 settembre 1990, n. 268), non sembra invero
 seriamente contestabile. Cio' chiarito, deve altresi' osservarsi  che
 il  presente  procedimento non puo' essere definito indipendentemente
 dalla  risoluzione  della  prospettata  questione   di   legittimita'
 costituzionale,  non  solo  con riferimento alla decisione di merito,
 che non appartiene alla competenza per valore di questo  pretore,  ma
 gia'  ai  fini della conferma o meno del provvedimento di sospensione
 dell'esecuzione reso con decreto, che dipende appunto, nel  caso  che
 nella  fattispecie  de  qua  non si ritenga sussistente un vincolo di
 destinazione  a  fini  pubblicistici  delle  predette  somme,   dalla
 risoluzione    della    prospettata    questione    di   legittimita'
 costituzionale.
    Tale  questione  viene  dunque  sollevata  d'ufficio   da   questo
 giudicante,   perche'   rilevante,   oltre   che  non  manifestamente
 infondata.
    Deve conseguentemente  essere  disposta  l'immediata  trasmissione
 degli  atti  alla  Corte costituzionale, previ gli adempimenti di cui
 all'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    In pendenza della sospensione del presente giudizio di opposizione
 all'esecuzione  e dei procedimenti esecutivi a cui esso si riferisce,
 si ravvisa infine la opportunita'  di  consentire,  in  virtu'  della
 clausola  di riserva di cui all'art. 626 del c.p.c., ai creditori che
 ne abbiano fatto o ne facciano  espressa  richiesta,  l'iscrizione  a
 ruolo  dei procedimenti esecutivi a seguito della notifica degli atti
 di pignoramento presso terzo e contestuale citazione del  debitore  e
 del terzo.