IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letta la richiesta del p.m. 14 dicembre 1990 finalizzato al rinvio a giudizio in senso tecnico ex artt. 416 e segg. del nuovo c.p.p., che comportano (in modo particolare il 418, primo comma) l'obbligatorieta' scelta del rito ordinario tramite fissazione dell'udienza preliminare, senza alcuna possibilita' per il giudicante di influire sulla scelta del rito, in palese contrasto con l'art. 455 stesso cod. che consente al g.i.p. di respingere la richiesta del p.m. di giudizio immediato con annessa restituzione degli atti, e stante altresi' l'art. 419, quinto e sesto comma, che vincola il g.i.p. a decretare il giudizio immediato laddove l'imputato abbia esercitato la facolta' di rinunciare all'udienza preliminare; Stante a questo proposito la dequalificazione dell'udienza prelimiare, che cessa in tal modo di essere filtro selettore processuale, a fronte di una concreta fattispecie, come l'attuale, in cui ex art. 453 detto cod. la prova appare evidente ai fini del rinvio a giudizio, trattandosi di omissione nel versamento all'erario della somma di L. 6.396.000, riflettendosi anche alle seguenti date: 1) 9 ottobre 1990, iscrizione del procedimento nel r.g.n.r.; 2) 25 ottobre 1990 chiusura delle indagini preliminari (chiusura prematura che avrebbe ben potuto essere evitata tramite interrogatorio dell'imputato entro i novanta giorni di legge); Stante quindi la non manifesta infondatezza della questione, e la rilevanza nel corrente giudizio; Ricorrendo la manifesta violazione degli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione (buon andamento della p.a., amministrazione della giustizia ed organizzazione dei pubblici uffici, pregiudicata dall'intasamento qualitativo e quantitativo dell'udienza, preliminare), 101, secondo comma, della Costituzione; Poiche' da ultimo la presente questione riveste notevole importanza, investendo i presupposti genetici dell'udienza, preliminare;