LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul  ricorso  proposto  dalla
 Zust-Ambrosetti  Soc.p.az.,  elettivamente  domiciliata  in Roma, via
 Ripetta n. 22 c/o l'avv. Gerardo Vesci unitamente  all'avv.  Agostino
 Pacchiana  Parravicini,  la  rappresenta  e  difende, giusta delega a
 margine del ricorso, ricorrente, c/ Maravigna Ernestina elettivamente
 domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 25 c/o l'avv.  Luciano  Ventura
 che,  unitamente  all'avv.  Vincenzo  Paolillo  che  lo rappresenta e
 difende   per   procura   speciale   in   calce   al   controricorso,
 controricorrente,  per l'annullamento della sentenza del tribunale di
 Genova del 21 giugno 1989  depositata  il  1›  agosto  1989  r.g.  n.
 2645/1989;
    Udita  la  relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
 16 novembre 1990 dal cons. dott.  M.  Genghini;  uditi  gli  avvocati
 Pacchiana Parravicini e Vesci;
    Udito il p.m., in persona del sost. proc. gen. dott. Marozzo Della
 Rocca  che  ha  concluso  di non ritenere manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita', degli artt. 2 e 4 in  parte  qua  del
 d.-l.  1› febbraio 1977, n. 12, convertito in legge 31 marzo 1977, n.
 91, per contrasto con l'art. 36 della Costituzione;
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con ricorso 1› settembre 1988  Ernestina  Maravigna,  premesso  di
 lavorare  alle  dipendenze della S.p.a. Zust Ambrosetti dal 1› luglio
 1973, inquadrata nel terzo livello, e  che  l'art.  28  del  c.c.n.l.
 prevede,  in  caso  di  malattia,  una integrazione del trattamento a
 carico  del  datore  di  lavoro  sino  all'ammontare   della   intera
 retribuzione  globale  mensile, conveniva la societa' innanzi al pre-
 tore di Sampierdarena, chiedendone la condanna  al  pagamento  di  L.
 525.172 per differenze dovutele a tal titolo.
    Si  costituiva  la  societa'  contestando  la  domanda e spiegando
 domanda riconvenzionale per ottenere la restituzione di L.  4.398.023
 erroneamente  corrisposte a titolo di indennita' di contingenza sulla
 quattordicesima mensilita', successivamente al febbraio 1977.
    Il pretore accoglieva la domanda della lavoratrice e rigettava  la
 domanda riconvenzionale della societa'.
    Contro  questa sentenza la societa' proponeva appello al tribunale
 di Genova, che respingeva il gravame.
    Riteneva il tribunale che venendo meno il debito contributivo  nei
 confronti  dell'ente  previdenziale,  non considerandosi retribuzione
 agli effetti previdenziali la indennita' contrattuale di malattia, si
 verificherebbe un indebito  arricchimento  da  parte  del  datore  di
 lavoro  ove  questi non corrispondesse al lavoratore quanto trattiene
 di regola dalla retribuzione per destinarlo all'ente previdenziale in
 adempimento  della  sua  obbligazione;  con  riferimento   poi   alla
 computabilita'  della  contingenza, il tribunale si richiamava ad una
 sentenza del supremo collegio  (Cass.  n.  3102/1984),  poi  superata
 dalla successiva giurisprudenza.
    Contro  questa  sentenza  la societa' ha proposto ricorso; resiste
 con controricorso la lavoratrice.
    Entrambe  le  parti  hanno  presentato  memoria,   la   resistente
 reiterando  le argomentazioni svolte nel controricorso per illustrare
 la sospetta illegittimita' costituzionale della legge n. 91/1977.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    Con il  primo  mezzo  la  societa'  ricorrente  si  duole  per  la
 violazione degli artt. 1362 e segg. del cod. civ. (art. 360 nn. 3 e 5
 del  cod. proc. civ.), poiche' nella interpretazione dell'art. 28 del
 c.c.n.l.  il  tribunale  ha  ritenuto  dovuto  al  lavoratore   anche
 l'importo   dei   contributi  altrimenti  da  corrispondere  all'nete
 previdenziale, confondendo la indennita' di malattia, della quale  il
 datore di lavoro e' un adiectus causa, e che pertanto non e' soggetta
 a contribuzione, con la integrazione, che, avendo natura retributiva,
 e'  sottoposta  a  contribuzione; in virtu' della stessa il datore di
 lavoro deve  corrispondere  la  decurtazione  che,  per  effetto  del
 periodo di malattia, subirebbero le somme percepite dal lavoratore, e
 non  quanto,  trattandosi di somme da corrspondere all'I.N.P.S., egli
 comunque non avrebbe percepito anche se non fosse stato malato.
    Con il secondo mezzo si censura la sentenza per violazione e falsa
 applicazione del primo comma dell'art. 2 e dell'art. 4 della legge 31
 marzo 1977, n. 91, in quanto nel novero  degli  istituti  retributivi
 deve includersi la tredicesima mensilita', ma non le altre mensilita'
 aggiuntive,  giacche'  la disciplina interconfederale e di categoria,
 prevalente nel settore industriale non prevedeva alla data del  d.-l.
 n.   12/1977  queste  ulteriori  mensilita'  aggiutive;  la  corretta
 interpretazione delle norme citate comporta la nullita',  ex  art.  4
 della  cit.  legge  n. 91/1977, della clausola contrattuale - art. 23
 del c.c.n.l. - che prevede il  computo  integrale  della  contingenza
 sulla  quattordicesima mensilita', mentre la interpretazione data dai
 giudici di merito vanifica l'ultima parte della disposizione in esame
 ("e limitatamente a tali elementi") ed e' contro la ratio perequativa
 della  disciplina,  rivolta  ad   assicurare   la   uniformita'   del
 trattamento;  trattandosi  di  un  indebito oggettivo, ne deve essere
 accordata la restituzione secondo quanto  richiesto  con  la  domanda
 riconvenzionale.
    Il  collegio  deve innanzi tutto esaminare le questioni sollevate,
 ma  rilevabili  anche  di  ufficio,  in  ordine   alla   legittimita'
 costituzionale dell'art. 2 del r.d. n. 12/1977 conv. con modif. nella
 legge  n.  91/1977.  Questi  cosi' recita: "a partire dal 1› febbraio
 1977 tutti i miglioramenti retributivi per effetto di variazioni  del
 costo  della vita o di altre forme di indicizzazione sono corrisposti
 in misura non superiore e in applicazione  dei  criteri  di  calcolo,
 nonche'  con la periodicita' stabiliti dagli accordi interconfederali
 15  gennaio  1957  e   25   gennaio   1975   operanti   nel   settore
 dell'industria.  I  detti miglioramenti non possono essere conglobati
 nella retribuzione, ne' possono dar luogo  a  ricalcoli  previsti  in
 tempi differiti. Inoltre gli effetti delle variazioni del costo della
 vita, o di altra forma di indicizzazione, su qualsiasi elemento della
 retribuzione,  non  possono  essere  computati  in  difformita' della
 normativa    prevalente    prevista    dagli    anzidetti     accordi
 interconfederali   e   dai   contratti   del   detto  settore  per  i
 corrispondenti elementi retributivi e limitatamente ad essi.
    Ai lavoratori occupati in settori non  industriali  continuano  ad
 essere  applicate  le disposizioni dei rispettivi accordi e contratti
 collettivi che determinato il valore mensile del punto di contingenza
 in misura inferiore a quella stabilita dall'accordo  interconfederale
 di cui al primo comma.
    Le  disposizioni  di cui ai commi precedenti si applicano anche ai
 lavoratori del settore pubblico per i quali le indennita' dovute  per
 effeto  di  variazioni  del  costo  della  vita  o  di altre forme di
 indicizzazione siano regolate da norme in contrasto con quelle di cui
 ai precedenti commi.
    Per il personale statale e per il personale degli enti pubblici di
 cui alla  legge  20  marzo  1975,  n.  70,  l'indennita'  integrativa
 speciale  continua  ad essere regolata dalla legge 27 maggio 1959, n.
 324, e successive modificazioni ed integrazioni".
    A sua volta il  successivo  art.  4  prevede:  "E'  abrogata  ogni
 disposizione  in  contrasto  con  le  norme  contenute  nel  presente
 decreto.
    Le norme regolamentari e le clausole contrattuali  che  dispongano
 in contrasto con il presente decreto sono nulle di diritto".
    Dalla  formulazione della legge anzidetta, risulta evidente che la
 limitazione degli effetti della variazione del costo della vita e  di
 ogni  altra  forma  di  indicizzazione sugli elementi retributivi del
 settore industriale,  preso  a  parametro,  e  limitatamente  a  tali
 elementi, comprende la indennita' di contingenza.
    In  effetti  dai  lavori  preparatori,  si  puo'  dedurre  che era
 intenzione del legislatore di includere  nel  testo  della  legge  il
 contenuto  degli  accordi  interconfederali 26 gennaio 1977 sul costo
 del lavoro, ed e' questa del resto la  interpretazione  concordemente
 datane  dalla  giurisprudenza  e  dalla  dottrina.  Ne  consegue  che
 l'indennita'  di  contingenza  non   incide   sulla   quattordicesima
 mensilita',   poiche'   questa   non  e'  presente  nella  prevalente
 contrattazione del settore dell'industria;  in  questo  senso  e'  la
 giurisprudenza  di  questo  stesso supremo Collegio (Cass. 7 febbraio
 1986, n. 781, 30 maggio 1986, n. 3666, 13 settembre 1986, n. 5590, 22
 gennaio 1987, n. 593, 25 agosto 1987, n. 7021,  29  aprile  1988,  n.
 3257,  6  marzo 1990, n. 1743, 19 giugno 1990, n. 6111), pur dopo una
 modificazione di indirizzo interpretativo rispetto ad altre decisioni
 (19  gennaio  1984,  n.  475  e  12  marzo  1984,   n.   1690),   con
 argomentazioni  che  si  confermano  e che sono state condivise anche
 dalla dottrina prevalente, tanto da potersi ritenere, ai fini che qui
 interessano, "diritto vivente".
    D'altra parte, agli stessi fini, che sia questa  e  non  altra  la
 interpretazione  di  ritenere  corretta e da sottoporre a verifica di
 legittimita' costituzionale, lo si desume dalla  stessa  sentenza  n.
 697  del  23 giugno 1988 della Corte costituzionale, per la quale "le
 ragioni che hanno ispirato la legge  e  gli  effetti  da  realizzare,
 cioe'  la  eliminazione  delle  scale mobili anomale, il blocco delle
 indicizzazioni degli elementi della retribuzione, la  perequazione  e
 la  riconduzione  ad uniformita' delle varie previsioni contrattuali,
 differenti   per   i   diversi   settori,   fanno   disattendere   la
 interpretazione  prospettata  dai  ricorrenti  secondo  cui la voluta
 ampia e generale considerazione degli  elementi  della  retribuzione,
 consentirebbe  la  inclusione  in  essi  anche delle altre mensilita'
 aggiuntive  (quattordicesima,  quindicesima,  ecc.),   previste   dai
 contratti   collettivi   oltre   la   tredicesima,  che  e'  la  sola
 riconosciuta negli accordi del settore dell'industria".
    Ed a questo riguardo la sentenza non manca di ricordare il cennato
 indirizzo  giurisprudenziale,  che,  evidentemente,  considera  ormai
 univoco,   nel  senso  della  non  computabilita'  della  contingenza
 successiva al 1› febbraio 1977 ai fini del calcolo  delle  mensilita'
 aggiutive  oltre  la tredicesima, posto che alla data dell'entrata in
 vigore del cit. d.-l. n. 12/1977 la disciplina inteconfederale  e  di
 categoria  prevalente  nel  settore  industriale,  prevedeva  solo la
 tredicesima mensilita' e non le ulteriori mensilita' aggiuntive.
    D'altra  parte  non  e'  controverso   tra   le   parti   che   la
 contrattazione  collettiva  prevalente  nel  settore  in esame, fosse
 appunto tale e non prevedesse mensilita' oltre la tredicesima.
    E' proprio questa la normativa da  applicare,  in  relazione  alla
 domada,  e  sulla  violazione  della  quale  si  fondano i motivi del
 ricorso, di guisa che la questione della legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  2  e  4  della cit. legge n. 91/1977, si configura come
 indispensabile pregiudiziale ai  fini  della  decisione,  e  da  cio'
 discende la rilevanza della questione.
    Occorre  preliminarmente  esaminare  la natura della indennita' di
 contingenza,  al  fine  di  stabilire  se  la  stessa  rientri  nella
 retribuzione;  e'  questa  una  indagine  che  innegabilmente precede
 logicamente lo stabilire se, almeno astrattamente, la  indennita'  di
 contingenza  sia  da  comprendere nella tutela alla giuridica propria
 della retribuzione, costituzionalmente garantita dall'art.  35  della
 Costituzione.
    La  natura  retributiva della indennita' di contingenza, si desume
 con certezza dall'art. 8, lett. b), del d.l.l.  21  agosto  1945,  n.
 523,  nel  quale  vi  e'  il  riferimento  alla  retribuzione  per la
 determinazione  della  misura  della  integrazione   salariale;   dal
 d.l.c.p.s.  22  aprile  1947,  n.  285, che la istituiva a favore dei
 portieri e custodi; dalla  successiva  inclusione  nella  tredicesima
 concessa a questa categoria con il d.-l. 9 marzo 1948, n. 355 e dalle
 successive leggi 3 febbraio 1949, n. 22, 22 dicembre 1949, n. 947, 28
 dicembre  1950, n. 1023, 20 novembre 1951, n. 1323, 11 febbraio 1952,
 n. 62, 9 aprile 1952, n. 401, 21 marzo 1953, n. 215, 31  marzo  1954,
 n. 109, 4 febbraio 1958, n. 23; dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1450,
 che  nell'art.  9, ai fini della determinazione del contributo per il
 trattamento  previdenziale  del  personale  dei  pubblici  servizi di
 telefonia,  individua  la  retribuzione  anche  con   riguardo   alla
 indennita'  di  contingenza;  dalla legge 14 luglio 1959, n. 741, che
 delegava  al  Governo  di  emanare  norme   giuridiche   sui   minimi
 inderogabili  di  trattamento  economico e normativo, in virtu' della
 quale seguivano, per l'industria il d.P.R. 28 agosto 1960,  n.  1273,
 che  richiamava  l'art.  5 dell'accordo 21 marzo 1951 con riguardo al
 meccanismo di variazione della contingenza, per  i  dipendenti  delle
 imprese  cartarie  i  d.P.R.  2  ottobre  1960,  n.  1434  e  n. 1452
 (riguardante quest'ultimo proprio il riassetto  delle  retribuzioni),
 per  i  dipendenti  delle  ricevitorie  ed  esattorie,  il  d.P.R. 11
 dicembre 1961, n. 1655; dalla legge 28 luglio  1961,  n.  830,  nella
 quale  per  la  previdenza  dei  dipendenti  dei trasporti, l'art. 20
 individua la retribuzione soggetta a contributo in quella di  tabella
 comprensiva  degli  aumenti  di  anzianita'  e  della  indennita'  di
 contingenza; dalla legge 3 febbraio 1963,  n.  53  per  il  personale
 delle  aziende elettriche, dalla legge 13 luglio 1965, n. 859, per il
 personale delle aziende di volo, la legge 13 luglio 1967 n.  583  per
 il  personale delle aziende di telefonia; dalla legge 27 luglio 1967,
 n. 658, per la previdenza marinara,  che  individua  la  retribuzione
 soggetta  a  contributo  anche  nell'indennita' di contingenza; dalla
 legge 13 agosto  1969  n.  592  sulle  perequazione  del  trattamento
 economico del personale delle imprese appaltatrici di opere e servizi
 ferroviari  al  trattamento del personale delle Ferrovie dello Stato,
 che all'art. 1 prevede doverso considerare, ai fini del raffronto, lo
 stipendio base aumentato della indennita' integrativa speciale, e  la
 paga  tabellare  aumentata  delle  indennita'  di  contingenza. Tutto
 questo per quanto concerne il trattamento previsto  dal  legislatore.
 Ma  anche  secondo  la  giurisprudenza di questo supremo Collegio, la
 indennita' di contingenza, per i suoi  caratteri  di  obbligatorieta'
 verso  la  generalita'  dei dipendenti, della continutia' e della non
 rinunziabilita', ed altresi'  per  essere  rivolta  ad  evitare,  per
 quanto  possibile,  che il rincaro del costo della vita si traduca in
 un depauperamento del lavoratore, cioe' in una amputazione del potere
 di acquisto del suo salario, ha natura retributiva (Cass.  19  luglio
 1952,  n. 2271, 28 luglio 1962, n. 2201, cit. 10 gennaio 1986, n. 87,
 27 novembre 1986, n. 7001, 17 giugno 1988, n. 4162, 6 marzo 1990,  n.
 1743).
    E  proprio  dalla  natura  retributiva  dell'istituto, discende il
 dubbio che la normativa in questione costituisca una  violazione  dei
 principi  posti  dall'art.  36  della  Costituzione, segnatamente per
 quanto concerne la proporzionalita' tra lavoro svolto e retribuzione.
    Invero  tale  proporzionalita'  non  puo'  ritenersi  in   termini
 meramente  astratti  e  potenziali,  ma  in  concreto,  al pari della
 sufficienza, rispetto alla quale, secondo evidenza, cio'  che  rileva
 ai  fini  di una compiuta valutazione non e' certo l'entita' numerica
 del compenso ma il suo concreto potere di acquisto.  Ne  e'  conferma
 proprio   l'istituto   della   indennita'   di   contingenza  che  e'
 legislativamente rivolta a porre riparo, almeno in parte, ma  non  in
 parte  secondaria  e  marginale,  alle  fluttuazioni  del  potere  di
 acquisto,  ad  evitare  insomma  che   la   retribuzione   convenuta,
 sufficiente e proporzionale al momento dell'accordo contrattuale, per
 effetto  di  quelle  fluttuazioni finisca per non esserlo piu' e cio'
 nel  corso  della  durata  della  validita'  del  contratto   stesso.
 Evenienza,  questa,  che si risolverebbe in una grave turbativa anche
 degli stessi rapporti sindacali, costringendo le parti  a  periodiche
 verifiche ove non vi fosse il meccanismo legale di adeguamento almeno
 parziale.   Indennita',  inoltre,  destinata  anche  a  svolgere  una
 concomitante ed indiretta funzione di  freno  alla  lievitazione  dei
 prezzi,  non  certo  nella  disponibilita'  dei prestatori di opera e
 delle  loro  organizzazioni,  atteso  che  alla  medesima   essa   e'
 collegata: cio', ben si intende, almeno come andamento tendenziale.
    Da quanto sinteticamente esposto, discende che una legge la quale,
 non   in   modo   contingente,   transitorio,  di  breve  durata,  ma
 prolungatamente e continuativamente nel tempo, bel oltre  quelle  che
 possono  essere  state  le  pur  giustificabili ragioni congiunturali
 della approvazione della normativa, blocchi tale  disciplina  e  tali
 meccanismi  di  adeguamento,  finisce  per  incidere su un meccanismo
 legale  di  attuazione  dei   principi   posti   a   presidio   della
 costituzionalmente   garantita   sufficienza  e  proporzionalita'  in
 concreto della retribuzione, cioe' proprio sul meccanismo  destinato,
 almeno  in  gran  parte,  a  porre  la  retribuzione  al riparo dalle
 fluttuazioni di mercato: risolvendosi pertanto  in  una  vulnerazione
 dello  stesso  principio di sufficienza e di proporzionalita', atteso
 che tale rapporto e' da intendersi innegabilmente non come un  valore
 assoluto  (il  pagamento della mercede per il lavoro svolto, infatti,
 non avviene con beni di consumo), ma relativo, commisurato  a  potere
 di acquisto della retribuzione espressa in moneta.
    Ne  e' conferma il fatto che la stessa Corte costituzionale (sent.
 23 giugno  1988,  n.  697),  dopo  aver  esaminato  la  questione  di
 legittimita'  degli  artt.  2  e 4 del d.-l. 1› febbraio 1977, n. 12,
 convertito in legge 31 marzo 1977 n. 91 con riferimento  all'art.  39
 della  Costituzione,  ed  avere escluso che tali norme implichino una
 compressione unilaterale della autonomia sindacale,  ha  ribadito  il
 carattere  della  eccezionalita' e della temporaneita' delle norme in
 questione, essendo rivolte ad  attuare  delle  particolari  finalita'
 economiche;  rilevando  peraltro  come  dette  norme, con "l'avvenuto
 superamento della crisi delle aziende, hanno perduto di  attualita'",
 (e cioe' di razionalita'), e "il loro mantenimento in vigore, con gli
 effetti  restrittivi in ordine alla autonoma negoziale e ai sacrifici
 imposti ai lavoratori, potrebbe non trovare adeguata  giustificazione
 in  riferimento  a parametri costituzionali diversi da quello assunto
 in via esclusiva dal giudice remittente".
    Ne consegue che non puo'  ritenersi  manifestamente  infondata  la
 questione  della  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 2, primo
 comma, e 4 del d.-l. 1› febbraio 1977,  n.  12,  come  convertito  in
 legge  31  marzo  1977, n. 91, nella parte in cui prescrivono che gli
 effetti delle variazioni del costo della vita, o di  altra  forma  di
 indicizzazione,  non  possono essere computati, a pena di nullita' di
 ogni  clausola  contrattuale  contrastante,  in   difformita'   della
 normativa  prevalente  posta  dagli  accordi  interconfederali  o dai
 contratti del settore dell'industria per  i  corrispondenti  elementi
 retributivi e limitatamente a tali elementi.
    Il  giudizio  deve pertanto essere sospeso e gli atti rimessi alla
 Corte costituzionale per  la  decisione  della  questione  anzidetta,
 dandone le informazioni di legge come precisato in dispositivo.