IL PRETORE O S S E R V A L'imputata Catelani Bruna e' sottoposta a procedimento penale per rispondere del reato di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982 per avere effettuato lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossico-nocivi senza la prescritta autorizzazione. Dalle prove raccolte e' emerso che la donna consentiva, quale legale rappresentante della ditta Ceramica Cuoghi Italia, l'accumulo all'interno del cortile dello stabilimento di fanghi ceramici e calce esausta provenienti dalla lavorazione, che venivano poi conferiti, tramite una ditta di trasporti debitamente autorizzata, alla Azienda municipalizzata di igiene urbana del comune di Modena che si occupava del loro smaltimento. Tale attivita' rientra astrattamente nella previsione dell'art. 18 della legge regione Emilia-Romagna n. 6 del 27 gennaio 1986 che parla dell'accumulo temporaneo di rifiuti e che esclude per tale attivita' la preventiva autorizzazione regionale, ritenendo sufficiente la denuncia alla provincia. La ditta dell'imputata ha prodotto documentazione attestante che tale denuncia venne effettivamente presentata nell'anno 1986. Il d.P.R. n. 915/1982 prescrive l'obbligo della autorizzazione regionale per ogni fase dello smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi e in particolare anche per la fase dello stoccaggio provvisorio. L'art. 18 della suddetta legge regionale esclude invece la necessita' di tale autorizzazione qualora lo stoccaggio provvisorio si configuri come "accumulo temporaneo". La legge regionale, pertanto, ha creato nell'ambito della categoria "stoccaggio provvisorio" la fase dell'accumulo temporaneo la cui unica differenza rispetto allo stoccaggio, considerato che gli altri requisiti, e cioe' la proprieta' del rifiuto e la destinazione per il trattamento a terzi, sono comuni, consiste nel fatto che l'accumulo avviene all'interno dello stabilimento. Tuttavia nei diversi testi normativi in materia di rifiuti (direttiva CEE 20 marzo 1978, d.P.R. n. 915/1982, delibera comitato interministeriale 27 luglio 1984) non si rinviene alcun elemento che consenta di fondare una differenza fra lo stoccaggio interno e quello esterno. In particolare gli artt. 9 e 10 della direttiva CEE prevedono l'obbligo della autorizzazione per impianti, stabilimenti o imprese che provvedano all'ammasso, al trattamento o al deposto di rifiuti, senza discriminare quindi fra deposito interno od esterno allo stabilimento. Il d.P.R. n. 915/1982 a sua volta, pur disciplinando in maniera puntuale le fasi dello smaltimento sottoposte ad autorizzazione non offre alcun elemento per stabilire una differenza fra stoccaggio provvisorio esterno e stoccaggio provvisorio interno (alias accumulo temporaneo). Ne' tale differenza e' rinvenibile nella delibera del comitato interministeriale del 1984 per quanto riguarda lo smaltimento all'interno degli stabilimenti fa specifico riferimento solo al trasporto (punto 2.3). D'altra parte nessuna ragione logica giustifica, ai fini della tutela della salute e dell'ambiente, una differenza di trattamento fra gli stoccaggi che avvengono all'interno e quelli esterni allo stabilimento di produzione, potendo entrambe le attivita' provocare analoghi rischi e pericoli. Sicche' l'art. 18 della legge regione Emilia-Romagna n. 6/1/986 crea una eccezione ingiustificata alla regola generale posta dagli artt. 6 e 16 del d.P.R. n. 915/1982 secondo la quale tutte le fasi di smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi devono essere autorizzate. La norma regionale appare pertanto in contrasto sia con l'art. 117 della Costituzione, che riconosce alle regioni una potesta' legislativa da esercitarsi nei limiti dei principi fondamentali dello Stato, sia con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto sottrae alla sanzione penale una attivita' che la legge dello Stato ritiene invece illecita (ed e' opportuno rammentare che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che le regioni non possono interferire negativamente con le norme penali, considerando lecita una attivita' sanzionata penalmente da una legge dello Stato, v. sentenza n. 79/1977); sia infine con l'art. 3 della Costituzione in quanto crea una ingiustificata disparita' di trattamento fra situazioni analoghe (accumuli temporanei interni e accumuli temporanei esterni). D'altra parte la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata su ipotesi analoghe dichiarando l'illegittimita' delle leggi regionali Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Piemonte in materia di smaltimento di rifiuti tossico-nocivi (sentenze nn. 370/1989, 43/1990, 309/1990). La questione da sottoporre al vaglio della Corte ha poi una influ- enza decisiva sull'esito dell'odierno procedimento, in quanto l'imputata ha posto in essere una attivita' classificabile secondo la legge regionale come accumulo temporaneo e pertanto, in quanto tale, non penalmente sanzionabile secondo il d.P.R. n. 915/1982.