Ricorso della provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della giunta provinciale pro-tempore dott. Luis Durnwalder, giusta deliberazione della giunta n. 876 del 25 febbraio 1991, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 25 febbraio 1991 (rep. n. 16066) rogata dall'avv. Giovanni Salghetti Drioli, vice segretario generale della giunta ed ufficiale rogante - dagli avvocati professori Sergio Panunzio e Roland Riz, e presso il primo di essi elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3 contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per la dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 1, secondo comma, 5, primo, secondo, quinto e settimo comma, 7, terzo comma, 8, primo comma, lettere a), b) e c), 9 e 10 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante la "Disciplina della riproduzione animale", per violazione degli artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e rela- tive norme di attuazione e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, e dell'art. 3 della Costituzione. F A T T O La provincia autonoma di Bolzano ha potesta' legislativa primaria in materia di agricoltura e patrimonio zootecnico (cfr. statuto speciale e art. 8, n. 21, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), nonche' potesta' legislativa secondaria in materia di igiene e sanita' (cfr. statuto speciale ed art. 9, n. 10 del d.P.R. n. 670/1972). La legge 15 gennaio 1991, n. 30, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 29 gennaio 1991, n. 24, pretende di dettare una "disciplina della riproduzione animale" invadendo le competenze legislative della provincia attraverso un generico quanto incongruo richiamo alle normative comunitarie che non solo e' di per se' illegittimo, ma, con la sua indeterminatezza, mette in dubbio ed in discussione tutta la vigente normativa provinciale (cfr. art. 1, secondo comma, che detta: "Nei limiti in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni della presente legge costituiscono altresi', per le regioni a statuto speciale e per le provincie autonome di Trento e Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica". Precisiamo che non si impugna la legge citata nella parte in cui regola l'ordinamento e la tenuta dei libri genealogici nazionali, di cui non si discute la competenza statale, bensi' con riguardo a quelle disposizioni, precisate in epigrafe, che investono la concreta disciplina della riproduzione animale e la sanzionano (vedi capo II e III della legge). Disposizioni che potrebbero anche ritenersi non applicabili alla provincia ricorrente, poiche' non attuano alcuna normativa comunitaria e quindi non sarebbero a rigore da ricomprendersi nel dettato del citato secondo comma dell'art. 1, ma che, tuttavia, contraddittoriamente sembrano da interpretarsi nel senso della loro estensione anche alla provincia autonoma laddove, ad esempio, all'art. 5, secondo comma, viene direttamente coinvolta la Provincia stessa. Pertanto, poiche' la legge 15 gennaio 1991, n. 30, e' gravemente lesiva delle competenze della provincia autonoma di Bolzano, quali definite dallo statuto speciale T.-A.A., questa si vede costretta ad impugnarla per i seguenti motivi in D I R I T T O 1. - Violazione delle competenze legislative della provincia autonoma di cui all'art. 8, n. 21, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione dello statuto speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, (spec. artt. 7 e 8), da parte dell'art. 1, secondo comma, della legge 15 gennaio 1991, n. 30. Violazione art. 3 della Costituzione. Come si e' gia' esposto, l'art. 1, secondo comma, della legge n. 30/1991 stabilisce che nei limiti in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni della predetta legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica per le provincie autonome. Una simile previsione si rivela costituzionalmente illegittima sotto piu' profili: a) perche' precostituisce un'unica modalita' di attuazione della normativa comunitaria in materia di competenza esclusiva della provincia, in aperto contrasto con l'art. 7 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, che, attuando lo statuto speciale, prevede che "la regione e le provincie di Trento e di Bolzano, nelle materie di competenza esclusiva, possono dare immediata attuazione alle raccomandazioni e direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti previsti dallo statuto speciale, alle leggi statali di attuazione dei predetti atti comunitari". Inoltre, come si desume dal successivo art. 8 del d.P.R. n. 526/1987, lo Stato puo' intervenire direttamente nella materia soltanto qualora si riscontrasse una accertata inattivita' della Provincia che dovesse comportare un inadempimento degli obblighi comunitari. Tale previsione esclude necessariamente la possibilita' di un intervento diretto e generalizzato come quello di cui all'art 1, secondo comma, della legge impugnata, che scavalca la normativa speciale attraverso l'apodittica ed arbitraria equiparazione delle imprecisate norme dettate dalla legge n. 30/1991 alle leggi di grande riforma economico sociale della Repubblica; b) perche' e' irrazionale ed arbitrario - e pertanto in contrasto con i principi costituzionali in materia di competenza legislativa esclusiva della provincia autonoma e con l'art. 3 della Costituzione - astrattamente e genericamente assimilare imprecisate disposizioni di attuazione di altrettanto imprecisate normative comunitarie alle leggi di fondamentale riforma economico-sociale della Repubblica; c) perche' costituisce violazione delle medesime disposizioni costituzionali indicate sub b) l'emanazione di una disposizione legislativa come quella in questione che rende del tutto equivoca ed indeterminata la statuizione normativa. 2. - Violazione delle competenze legislative della provincia autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione dello statuto speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, da parte dell'art. 5, primo, secondo, quinto e settimo comma, della legge 15 gennaio 1991, n. 30. L'art. 5 della legge n. 30/1991 detta al primo comma disposizioni che regolamentano l'idoneita' dei capi animali alla riproduzione, distinguendo tra monta naturale e inseminazione artificiale. Quindi, al secondo comma, esso prevede che le provincie autonome, sentito il Ministero dell'agricoltura, possono autorizzare alcune deroghe minori alla normativa dettata al primo comma "in presenza di specifiche esigenze zootecniche locali". Ancora, al quinto comma, vieta per le specie equina e suina l'esercizio della fecondazione in forma girovaga e, per la specie suina, la "monta pubblica naturale". Infine, al settimo comma, stabilisce che in campo equino le manipolazioni del materiale riproduttivo e la fecondazione degli equini devono essere effettuate in centri appositamente autorizzati dal Ministero dell'agricoltura e foreste. Non si comprende se le sopra richiamate disposizioni secondo la legge statale debbano - tutte o alcune di esse - considerarsi applicabili nel territorio della provincia autonoma, in quanto da considerare, ai sensi dell'art. 1, secondo comma, disposizioni attuative della normativa comunitaria. Tuttavia, la subordinazione delle eventuali "deroghe" provinciali al parere del Ministero, prevista nel secondo comma, fa dubitare che dette norme si intendano applicabili anche alle province autonome. In questo caso, si deve denunziare l'illegittimita' costituzionale delle suddette disposizioni per le violazioni indicate in rubrica, sotto diversi autonomi profili, in quanto: a) la normativa in questione illegittimamente si sovrappone, in una materia di esclusiva competenza provinciale quale sicuramente e' l'agricoltura e la zootecnia (art. 8, n. 21, del d.P.R. n. 670/1972), alla competenza provinciale; b) non si tratta di normativa di principio, ma di disciplina concreta e di dettaglio; c) non si tratta di attuazione di normative comunitarie, perche' non vi sono direttive o regolamenti comunitari che si occupano di questi aspetti, limitandosi le direttive CEE a dettare norme per i riproduttori di razza pura tese al diverso fine di assicurarne la libera circolazione, peraltro senza fare alcuna distinzione tra le diverse specie (cfr. direttiva 87/328/CEE); d) se anche si trattasse di normativa di attuazione CEE (ma decisamente e' da escludere) comunque non sarebbe legittima la normativa statale perche' spetterebbe alla Provincia l'attuazione delle direttive CEE, ai sensi del citato art. 7 del d.P.R. n. 526/1987. 3. - Violazione delle competenze legislative della provincia autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione dello statuto speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, da parte dell'art. 7, terzo comma, della legge 15 gennaio 1991, n. 30. Se non siamo in errore il terzo comma dell'art. 7 inspiegabilmente contiene la stessa normativa dettata dal settimo comma dell'art. 5 e, pertanto, nei suoi riguardi si deve riproporre e confermare quanto consurato al precedente paragrafo 2. Si tratta di una testimonianza della frettolosita' del legislatore statale, frettolosita' che probabilmente sta all'origine degli stessi vizi di incostituzionalita' qui denunciati. 4. - Violazione delle competenze legislative della provincia autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione dello statuto speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, da parte dell'art. 8, primo comma, lettere a), b) e c), della legge 15 gennaio 1991, n. 30. L'art. 8 della legge impugnata attribuisce al Ministro dell'agricoltura, di concerto con quello della sanita' e sentita la conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome, il potere di emanare regolamenti esecutivi in materia di: a) istituzione ed esercizio delle stazioni di monta naturale e degli impianti per l'inseminazione artificiale, nonche' di requisiti sanitari che devono possedere i riproduttori per essere ammessi ad operare nelle stesse stazioni ed impianti; b) requisiti sanitari per prelievo, conservazione, impiego e distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli ed embrioni; c) certificazione degli interventi fecondativi e raccolta- elaborazione dei dati riguardanti la riproduzione animale. Ancora una volta si deve denunziare l'illegittimita' costituzionale delle suddette disposizioni per le violazioni indicate in rubrica, sotto diversi autonomi profili, in quanto: I) la normativa dettata dalle lettere a) e c) dell'art. 8 illegittimamente si sovrappone, in una materia di esclusiva competenza provinciale quale certamente e' l'agricoltura e la zootecnia (art. 8, n. 21 del d.P.R. n. 670/1972), alla competenza provinciale; II) lo stesso deve ripetersi per quanto riguarda la previsione di cui alla lett. b), poiche' la normativa disciplinante i requisiti sanitari per prelievo, conservazione, impiego e distribuzione del materiale di riproduzione e di ovuli ed embrioni (come anche i requisiti sanitari dei riproduttori, di cui alla lett. a), rientra nella potesta' legislativa esclusiva della provincia o, comunque, in quella secondaria della provincia stessa in materia di igiene e sanita' (art. 9, n. 10); III) non si tratta di normativa di principio, ma di disciplina concreta e di dettaglio, come tale esulante dalla competenza dello Stato, ai sensi dell'art. 8, n. 21), dell'art. 9, n. 10, e dell'art. 16 del d.P.R. n. 670/1972; IV) non si tratta di attuazione di normative comunitarie, perche' non vi sono direttive o regolamenti comunitari che intervengano nella specifica materia; V) se anche si trattasse di normativa di attuazione CEE (ma lo escludiamo fermamente) comunque non sarebbe legittima la normativa statale perche' spetterebbe alla provincia l'attuazione delle direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R. n. 526/1987. 5. - Violazione delle competenze legislative della provincia autonoma di cui agli artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione dello Statuto speciale T.-A.A. e, in particolare, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, da parte degli artt. 9 e 10 della legge 15 gennaio 1991, n. 30. L'art. 9 della legge impugnata stabilisce alcune sanzioni amministrative per la violazione della legge stessa. L'art. 10 ne disciplina la procedura prevedendo, tra l'altro, la competenza del prefetto alla applicazione delle sanzioni e la comunicazione al Ministero dell'agricoltura. Anche questa parte della materia, nel territorio della Provincia ricorrente, rientra nella statutaria competenza esclusiva provinciale. Pertanto, denunziando ancora una volta le violazioni indicate in rubrica, dobbiamo evidenziare: I) che la competenza non dello Stato ma delle regioni - e quindi anche delle province autonome - in tema di sanzioni amministrative, anche per quanto riguarda l'accertamento delle infrazioni e la loro applicazione, nelle materie di competenza propria delle stesse, e' stata anche recentemente ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 ottobre - 15 gennaio 1988, n. 1034. Pertanto, essendo la materia de qua di competenza della provincia, rientra nella competenza della stessa anche la materia delle sanzioni amministrative, con la conseguente illegittimita' degli artt. 9 e 10 della legge n. 30/1991; II) che, comunque, per le specifiche sanzioni amministrative e la loro procedura applicativa non puo' certo parlarsi di normativa di principio ovvero di principi generali dell'ordinamento. III) che e' altrettanto evidente che in questa materia non vi sono normative comunitare da invocare; IV) che, in ogni caso, anche nella assurda ipotesi che si trattasse di normativa di attuazione CEE, comunque non sarebbe legittima la normativa statale perche' spetterebbe alla provincia l'attuazione delle direttive CEE, ai sensi del cit. art. 7 del d.P.R. n. 526/1987.