Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Liguria, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rag. Giacomo Gualco, rappresentata e difesa, giusta delibera di giunta n. 840 in data 1 marzo 1991, e delega a margine del presente ricorso, dal prof. avv. Fausto Cuocolo, elettivamente domiciliata, in Roma presso e nello studio dell'avv. Giampaolo Zanchini, via Settembre, 1, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica pro-tempore in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 10 gennaio 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 12, in data 15 gennaio 1991, avente per oggetto "Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni in materia di organizzazione degli uffici di statistica", con particolare riferimento all'art. 3 del decreto ridetto. SI PREMETTE IN FATTO 1. - Con l'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (avente ad oggetto la disciplina dell'attivita' di Governo e l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) il Governo veniva delegato ad emanare decreti legislativi per la riforma degli enti e degli organismi pubblici di informazione statistica in base ai principi e criteri direttivi enunciati nel detto art. 24. 2. - A tale delega veniva data seguito con il d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, contenente "Norme sul sistema nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 222 del 22 settembre 1989. In particolare, l'art. 5 del d.lgs. n. 322/1989, dopo aver premesso che spetta a ciascuna regione e alle province autonome di Trento e Bolzano istituire con propria legge uffici di statistica, disponeva l'adozione da parte del Consiglio dei Ministri di atti di indirizzo e di coordinamento "per assicurare unicita' di indirizzo dell'attivita' statistica di competenza delle regioni e delle prov- ince autonome". 3. - Il d.lgs. n. 322/1989 veniva peraltro impugnato da numerose regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano sulla base di molteplici censure di illegittimita' costituzionale per pretesa violazione delle competenze assegnate alle regioni dalla Costituzione. Tali censure erano tutte disattese dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 139 del 7/26 marzo 1989, in parte per dichiarata infondatezza, in parte per infondatezza "nei sensi di cui in motivazione", cioe' con pronuncia interpretativa mirante a salvare la costituzionalita' della norma denunciata ma proponendone una "lettura" conforme a Costituzione. Fra le disposizioni del d.lgs. n. 322/1989 che hanno subito tale trattamento da parte della Corte merita di essere ricordata, per quanto qui interessa, proprio l'art. 5 che costituisce la disposizione legittimante l'atto di indirizzo e coordinamento che qui si discute. La Corte costituzionale, nella ricordata sentenza, al punto 2.2. delle considerazioni di diritto ha osservato infatti che "l'art. 5, primo comma, pone una norma tutt'altro che chiara e precisa, tanto che le ricorrenti, da un lato, e l'avvocatura dello Stato, dall'altro, l'interpretano in modo radicalmente diverso. Per le prime, la disposizione impugnata tenderebbe a porre una norma sulla competenza materiale delle regioni e delle province autonome che, se pure diretta a confermare attribuzioni di cui le ricorrenti sono gia' investite, sarebbe comunque espressione di un potere che non rientra fra quelli propri del legislatore ordinario. Per la verita', se dovesse essere cosi' interpretata, la disposizione sarebbe, di certo, costituzionalmente illegittima, poiche' non rientra nei limiti della potesta' legislativa ordinaria disporre di competenze stabilite con norme di rango costituzionale. Al contrario, secondo l'avvocatura dello Stato, l'art. 5, primo comma, dovrebbe essere interpretato nel senso che pone una regola sulla produzione normativa delle regioni o delle province autonome, in modo da vincolare queste ultime a provvedere con legge, qualora decidano, secondo il loro libero apprezzamento, di istituire propri uffici di statistica. In realta', anche se cosi' interpretata, la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui si riferisce all'ipotetico vincolo del legislatore statale nei confronti della regione (o delle province autonome) in ordine alla necessita' di provvedere esclisivamente con legge per istituire i predetti uffici (v., in un ordine analogo di idee, la sent. n. 407/1989). Inoltre, quest'ultima interpretazione, anche nella parte in cui qualifica la ricordata istituzione come una mera facolta', appare difficilmente compatibile tanto con la lettera della disposizione impugnata (laddove l'uso dell'indicativo presente rivela piuttosto l'intenzione di porre un obbligo), quanto, sopratutto, con la complessiva orditura del decreto legislativo n. 322/1989, che, essendo diretta a stabilire un sistema statistico integrato e interconnesso su base nazionale, suppone logicamente che in ogni regione (o provincia autonoma), oltreche' in ognuno degli enti previsti nell'art. 2, sia messo in funzione un ufficio di statistica. Ed, invero, in base a un'interpretazione sistematica del complessivo decreto legislativo, l'art. 5, primo comma, appare rivolto ad imporre alle regioni e alle province autonome l'istituzione di un ufficio di statistica nell'ambito delle proprie amministrazioni. Nello stabilire questo obbligo, concernente esclusivamente l'istituzione di tali uffici, la disposizione impugnata, laddove precisa che 'spetta alle regioni e alle province autonome' provvedere a cio', intende affermare che saranno queste ultime a costituire i predetti uffici in base alle norme regolatrici delle loro competenze, dal momento che il successivo inciso 'con propria legge' e' semplicemente diretto a richiamare il principio costituzionale della riserva (relativa) di legge in materia di ordinamento degli uffici pubblici (art. 97 della Costituzione)". A conclusione di questo ragionamento la Corte affermava che la disposizione impugnata poteva ritenersi costituzionale, nei limiti della prospettata interpretazione. Quanto al secondo comma dell'art. 5, la Corte ne ha dichiarato la costituzionalita', posto che tale disposizione "si limita a richiamare l'applicabilita' dell'art. 2, terzo comma, lettera d), della legge n. 400 del 1988 all'attivita' statistica. Essa, in altre parole, non e' rivolta a istituire un determinato e particolare potere di indirizzo e coordinamento, ma, piu' semplicemente, ribadisce che l'esercizio di tale funzione governativa esige la deliberazione del Consiglio dei Ministri. Ne' puo' valere in senso contrario il rilievo che la previsione ora discussa sia contenuta in un atto legislativo di settore, dal momento che, al fine di decidere se una determinata norma intenda istituire un nuovo potere di indirizzo e coordinamento, la sedes materiae non puo' certo rilevare piu' della natura effettiva della norma contestata. E, poiche' quest'ultima si limita a ribadire il requisito procedurale della deliberazione del Consiglio dei Ministri e le finalita' generali che ogni atto di indirizzo e coordinamento non puo' non avere (e, cioe', l'uniformita' e l'omogeneita' dell'indirizzo politico-amministrativo generale), appare chiara la volonta' del legislatore di non innovare o di non arrecare deroghe alle norme vigenti in materia di esercizio della relativa funzione governativa". 4. - Da ultimo, con il d.P.C.M. 10 gennaio 1991, oggetto del presente ricorso, e' stato adottato l'atto di indirizzo e di coordinamento alle regioni in materia dell'organizzazione degli uffici di statistica, con prescrizioni che alla ricorrente regione appaiono invasive della propria competenza e quindi meritevoli di annullamento. Questo, con particolare riferimento all'art. 3 del decreto impugnato a tenor del quale l'organizzazione degli uffici di statistica delle regioni - e cosi' della regione Liguria - dovrebbe tener conto dei seguenti criteri direttivi: a) l'ufficio di statistica e' unico ed e' posto, nell'ambito organizzativo della presidenza della giunta regionale, alle dirette dipendenze del presidente della giunta regionale. Necessita' organizzative e funzionali possono consentire la costituzione di sezioni operative distaccate dell'ufficio di statistica, da questo dipendenti, presso singole strutture dell'organizzazione regionale; b) agli uffici di statistica deve essere assicurata, nell'ambito dell'organizzazione regionale, autonomia organizzativa, tecnica e finanziaria, anche attraverso la costituzione di appositi fondi di bilancio a gestione separata. Trattasi, con ogni evidenza, di disposizioni che travalicano la competenza statale ed invadono la competenza regionale in materia di ordinamento dei propri uffici, conferita alla competenza regionale dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, sicche' si chiede l'affermazione che spetta alla regione la disciplina e l'organizzazione del proprio ufficio di statistica, con conseguente annullamento dell'art. 3 del d.P.C.M. 10 gennaio 1991, per i seguenti MOTIVI DI DIRITTO 1. - L'art. 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa delle regioni ordinarie l'ordinamento degli uffici regionali e tale competenza si estende al settore amministrativo in forza dell'art. 118 della Costituzione. Orbene, non sembra potersi dubitare che l'ordinamento degli uffici regionali comporta la definizione di modelli organizzativi che se debbono attenersi ai principi costituzionali, quali l'imparzialita' e il buon andamento, e ai principi fondamentali della legislazione statale di settore non possono esser condizionati da prescrizioni cosi' minuziose da spingersi fino a indicare la collaborazione organizzativa dell'ufficio statistico regionale e i conseguenti rapporti di sovra e sottordinazione. 2. - E' nota la ricostruzione dell'attivita' di indirizzo e coordinamento statale, suggerita proprio dalla Corte costituzionale, quale risvolto positivo, nei confronti dell'attivita' amministrativa regionale, di quel limite dei principi fondamentali che circoscrive la potesta' legislativa delle regioni. Ma proprio questo conferma l'inammissibilita' che l'indirizzo e il coordinamento, figure organizzatorie aventi carattere generale e concretantisi in direttive e in atti finalizzati a rendere coerente e omogenea l'attivita' amministrativa, assumono contenuto e funzione di provvedimenti che disciplinano direttamente l'organizzazione di uffici regionali, spogliando le regioni di una competenza che ad esse spetta per espressa statuizione costituzionale. Questo vale sia per la collocazione degli uffici statistici regionali nel complesso delle strutture organizzative regionali, sia per quella autonomia organizzativa, tecnica e finanziaria che ai detti uffici andrebbe riconosciuta, con costituzione di appositi fondi di bilancio a gestione separata, senza alcun riferimento alle correlative entrate per fronteggiare le maggiori spese, in violazione dell'art. 81 della Costituzione. 3. - Quanto si e' detto, evidenzia anche lo scostamento dell'atto di indirizzo e coordinamento impugnato dalle indicazioni contenute nella sentenza n. 139/1990 della Corte costituzionale, con le quali si prospettava l'unica interpretazione ammissibile, per salvarne la costituzionalita', delle disposizioni del d.lgs. 6 settembre 1989, n. 322, come si e' gia' esposto in narrativa. In quella sentenza, la Corte costituzionale si era preoccupata - giustamente come ora si comprende - di garantire il potere organizzativo delle regioni nei confronti dei loro uffici statistici, precisando (punto 7 delle considerazioni di diritto) che le direttive e gli atti di indirizzo previsti dall'art. 21 del d.lgs. n. 322/1989 e di competenza del comitato di indirizzo e di coordinamento dell'informazione statistica, non potevano essere intesi come riferiti all'organizzazione amministrativa o, alla distribuzione del personale negli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome, e cio' perche' "questa materia rientra a pieno titolo nelle competenze regionali". E' ben vero che nel punto ricordato la Corte si riferiva all'indirizzo e al coordinamento "tecnico" e non a quello politico- amministrativo. E tuttavia le conclusioni cui la decisione e' pervenuta, in riferimento all'aspetto che qui rileva, sembra possano trasferirsi anche all'indirizzo politico-amministrativo, tenuto conto delle finalita' che con questo possono legittimamente perseguirsi. 4. - Neppure sembra potersi giustificare l'inquadramento dell'ufficio regionale di statistica nell'ambito organizzativo della presidenza della giunta regionale alle dirette dipendenze del presidente della gunta medesima, con il riferimento all'art. 121, ultimo comma, della Costituzione per il quale il presidente della giunta dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla regione, conformandosi alle istruzioni del governo centrale. Nella fattispecie in esame, infatti, ci si trova in presenza - come ha confermato la Corte - di un "potere implicito" delle regioni, senza alcuna delega statale, sicche' anche sotto questo profilo non si vede come potrebbe giustificarsi una ingerenza statale nell'ordinamento dei relativi uffici regionali. 5. - Infine, anche la lett. b) dell'art. 5 del d.P.C.M. 10 gennaio 1991, non puo' andar esente da censure, sotto il profilo della competenza, ponendo a carico della regione oneri finanziari senza indicarne la competenza e, in piu', prescrivendo modalita' organizzative, di gestione e di spesa, che sono in contrasto con la vigente normativa in materia di contabilita' regionale, e cosi' in particolare con la legge 19 maggo 1976, n. 335, ancora una volta in violazione delle competenze riconosciute alle regioni.