Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  nei  confronti
 della  regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della
 giunta  regionale  in  carica,  avverso   la   delibera   legislativa
 riapprovata  dal  consiglio regionale il 26 febbraio 1991, comunicata
 al  Commissario  del  Governo  il  28  febbraio   1991,   e   recante
 "disposizioni   applicative  di  istituti  normativi  concernenti  il
 personale delle unita' sanitarie locali".
    Con telegramma 17 novembre 1990 il Governo ha rinviato la delibera
 legislativa poi riapprovata, con rilievo relativo all'art. 3, secondo
 comma, di essa.
    Il secondo comma, teste' menzionato contrasta con l'art.  6  dello
 statuto speciale della regione integrato dagli
 artt.  1,  terzo  comma,  e  47, quarto comma, della legge statale 23
 dicembre 1978, n. 833, e dall'art. 47 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.
 761. Giova premettere che non e' in  discussione  il  carattere  sono
 "attuativo"  della  competenza  legislativa  regionale  concretamente
 esercitata;  in  tal   senso   esplicitamente   la   relazione   alla
 deliberazione  sub  judice,  ove  si  legge  tra l'altro: "Dall'esame
 dell'ormai consolidata giurisprudenza costituzionale  le  commissioni
 sono pervenute alla conclusione che "alla materia oggetto di esame si
 applicano  non i limiti previsti dall'art. 5 dello statuto, ma quelli
 previsti dall'art. 6, concernente le materie per le  quali  le  leggi
 dello  Stato  attribuiscono alla regione la facolta' di emanare norme
 di attuazione".
    La  controversia  concerne  dunque  soltanto   la   compatibilita'
 dell'art. 3 secondo comma anzidetto con lart. 47 del citato d.lgs. n.
 761/1979,  e  cioe' se le ultime parole di detto articolo "situazioni
 previste da particolari disposizioni di  legge"  debbano  leggersi  -
 come  sostiene  l'odierno  ricorrente  - congiuntamente con le parole
 "secondo la vigente normativa per gli impiegati civili dello  Stato",
 e  quindi  con  esclusione  di  integrazioni ad opera dei legislatori
 regionali, od invece - come ha reputato la regione in occasione della
 riapprovazione  -  possano  costituire  la  base  normativa  per  una
 disposizione regionale emesa in forza si competenza "attuativa".
    La prima interpretazione, sostenuta dal ricorrente, appare esatta,
 in  quanto  conforme ai generli criteri di ermeneutica (cfr. art. 12,
 primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale) ed in quanto
 una norma con ratio simile  a  quella  ora  censurata  era  contenuta
 nell'art.  39  del  d.P.R.  27  marzo  1969,  n.  130, e non e' stata
 riprodotta nell'ordinamento attualmente in vigore.