IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    La S.p.a. Lloyd Triestino di navigazione, societa' di  navigazione
 marittima,  ha  contestato  con  lettera  17  ottobre 1989 al proprio
 dipendente Cuomo Gaetano, marittimo con qualifica di cambusiere,  una
 serie  di addebiti disciplinari e, contestualmente, ne ha disposto la
 cancellazione dal turno particolare e la risoluzione del rapporto  in
 tronco.
    Il  Cuomo  ha  impugnato  l'atto  di risoluzione del rapporto, con
 ricorso  depositato  il  28  settembre   1990,   lamentando,   previa
 qualificazione  dello  stesso  come  licenziamento  disciplinare,  la
 lesione dei diritti di difesa di cui al secondo e terzo  comma  dello
 statuto,   e   cioe'   la   mancanza   di   preventiva  contestazione
 dell'addebito e del  termine  a  difesa,  da  considerarsi,  dopo  le
 sentenze  della  Corte  costituzionale  nn. 204/1982 e 427/1989, come
 principi dell'ordinamentodi rilievo costituzionale.
    La S.p.a. Lloys Triestino, ritualmente costitita, ha eccepito  che
 i  principi  dello  statuto sono applicabili ex art. 35, terzo comma,
 alle  imprese  di  navigazione  per  il   personale   navigante   non
 direttamente,   ma   solo   attraverso   la   mediazione  contrattual
 collettiva, e che questa assicura, nel caso di specie, il diritto  di
 difesa in via successiva (art. 92, punti 9 e 10 del c.c.n.l.28 luglio
 1988  per  l'imbarco degli equipaggi delle navi da carico superiori a
 500 t.s.l. delle societa' di  navigazione  Italia,  Lloyd  Triestino,
 Adriatica e Tirrenia).
    Concesso  termine  per  memorie,  discussa  oralmente,  il pretore
 solleva  d'ufficio,  con  la   presente   ordinanza,   questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge n.
 300/1970  nella  parte in cui non dispone l'applicabilita' diretta al
 personale navigante dell'art. 7, primo, secondo e  terzo  comma,  per
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per i seguenti motivi.
    Il  provvedimento  della  S.p.a. Lloyd Triestino di cui si discute
 costituisce  licenziamento  disciplinare,  sia  per  le   motivazioni
 disciplinari  del  recesso,  si a per il riferimento, contenuto nella
 lettera 17 ottobre 1989, alle norme  contrattuali  che  prevedono  la
 cancellazione  dal turno particolare come sanzione disciplinare (art.
 14, lett. c), del c.c.n.l. 28 luglio 1988 citato).
    E'  pacifico  che  in  materia  disciplinare  il   principio   del
 contraddittorio,  il  quale si articola nella conoscenza previa delle
 norme   disciplinari,    nella    contestazione    dell'addebito    e
 nell'esercizio   del   diritto   di  difesa,  costituiscono  principi
 indefettibili dell'ordinamento che, come tali, si applicano anche  al
 lavoro  nautico,  e  di  cui  l'art.  7  dello statuto ed altre norme
 similari costituiscono applicazione specifica (Corte  costituzionale,
 sentenze nn. 204/1982 e 427/1989; Cass. 23 settembre 1986, n. 5732 in
 Foro  it.  1987, I, 2619; Cass. 16 dicembre 1987, n. 8399, ivi, 1988,
 I, 792). Il punctum decisionis della presente causa e' in primo luogo
 l'ampiezza  di  tale  principio,  e  piu'  in   particolare   se   la
 possibilita'  di  difesa debba essere anteriore all'irrogazione della
 sanzione, o possa essere successiva, e  quindi  se  la  contestazione
 dell'addebito  debba  essere  preventiva,  o possa essere contestuale
 all'irrogazione della sanzione; in secondo luogo, quid juris  ove  il
 contratto collettivo non faccia applicazione del principio di diritto
 come individuato.
    Ora, l'ordinamento penale conosce modelli processuali monitori nei
 quali  la difesa e' eventuale e successiva all'irrogazione della pena
 (artt. 459 e segg. del nuovo c.p.p.). Ma la materia  disciplinare  e'
 governata    direttamente    da   principi   suoi   propri   ispirati
 all'ordinamento penale e non mutuati tralaticiamente da esso. In essa
 e' consacrata, sia nel rapporto privato, sia in  quello  di  pubblico
 impiego,  la  necessita'  di distinguere i due momenti essenziali del
 procedimento disciplinare, la contestazione preventiva  dell'addebito
 e  la  possibilita'  di  difesa  prima che la sanzione venga irrogata
 (art. 7 dello statuto per il rapporto  di  lavoro  privato,  art.  22
 della legge 29 marzo 1983, n. 93 per il pubblico impiego in generale;
 art.  15  della  legge  11  luglio  1978,  n.  382, per la disciplina
 militare -  "Nessuna  sanzione  disciplinare  di  corpo  puo'  essere
 inflitta  senza  contestazione degli addebiti e senza che siano state
 sentite  e  vagliate  le   giustificazioni   addotte   dal   militare
 interessato" -, artt. 13 e 14 del d.P.R. 27 ottobre 1981, n. 737, sul
 personale di pubblica sicurezza - "Ogni sanzione deve essere inflitta
 previa  contestazione degli addebiti e dopo che siano state sentite e
 vagliate le giustificazioni dell'interessato".  Del  resto  la  Corte
 costituzionale   ha  ritenuto  (sentenze  nn.  204/1982  e  427/1989)
 costituire elemento  essenziale  del  principio  del  contraddittorio
 anche ed in particolare il secondo comma dell'art. 7, secondo cui "il
 datore  di  lavoro non puo' adottare alcun provvedimento disciplinare
 nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato
 l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa",  restando  viceversa
 affidata  alla  specificita'  del procedimento disciplinare la misura
 dell'intervallo temporale di cui al quinto comma.
    Si deve pertanto ritenere principio generale  dell'ordinamento  la
 necessita' del carattere preventivo della contestazione disciplinare.
    Ora,  mentre  i  vari  contratti collettivi dell'armamento privato
 (c.c.n.l. 28 luglio 1988 per navi da carico superiori a 3000  t.s.l.,
 c.c.n.l.  navi  da crociera e passeggeri 26 marzo 1985) prevedono che
 "per le sanzioni piu' gravi del rimprovero scritto si  dovra',  prima
 dell'applicazione della sanzione stessa, procedere alla contestazione
 dell'addebito  e  dell'audizione  a  difesa  del marittimo" (art. 13,
 punto  3),  analoga  disposizione  non  si  ritrova   nei   contratti
 collettivi  dell'armamento  pubblico (c.c.n.l. impiegati ed operai 13
 aprile 1985, c.c.n.l. 28 luglio 1988 citato applicabile  al  rapporto
 oggetto della presente controversia - art. 14). Analoga diversita' si
 ritrova  nella  giurisprudenza  di  legittimita',  in  cui  Cass.  n.
 5732/1986 cit. afferma la necessita' del carattere  preventivo  della
 contestazione,  e  Cass.  n.  8399/1987  cit.  la  nega. Ne' potrebbe
 ovviarsi con pronuncia di merito, che faccia diretta applicazione dei
 principi dell'ordinamento, al di la' della mediazione  dell'art.  35,
 terzo  comma,  ostandovi  proprio  tale  norma, che a tale mediazione
 obbliga. Siffatte "coraggiose ma discutibili" pronunce di merito sono
 in  primo  luogo  istituzionalmente  inidonee  ad  elidere  il   nodo
 normativo   fonte   di   tale   disparita',  come  l'analoga  vicenda
 giurisprudenziale culminata nella sentenza della Corte costituzionale
 n. 96/1987, di accoglimento e non interpretativa di  rigetto,  docet;
 in  secondo  luogo  suscettibili  di  accentuare quella disparita' di
 trattamento di cui ci si duole.
    In verita' la confusione applicativa,  come  gia'  rilevato  nella
 sentenza  della  Corte  costituzionale  3  aprile 1987, n. 96, deriva
 dall'inadeguatezza dello strumento normativo adottato  nell'art.  35,
 terzo  comma,  suscettibile  di  ulteriori  censure,  avanzate  dalla
 dottrina, sotto il profilo della sua idoneita' ad assicurare  diritti
 soggettivi  essenziali.  Le  considerazioni  circa  il  risultato non
 appagante di tale strumentazione normativa non costituiscono  rilievi
 di  mero  fatto,  ma  attengono,  come  in  quella  pronuncia  (Corte
 costituzionale n. 96/1987 cit. punti 10,  11  e  12)  alla  identita'
 delle norme disciplinanti, in quella fattispecie il licenziamento dei
 marittimi, in questa il loro procedimento disciplinare. Il rilievo
 poi,   secondo  cui  "la  sostanziale  omogeneita'  delle  situazioni
 afferenti  ai  lavoratori  comuni  ed   a   quelli   nautici   impone
 l'uniformita' delle discipline, nella mancanza di fondate ragioni per
 differenziarle"  (Corte costituzionale sentenza n. 96/1987 cit. punto
 9) come in quella fattispecie ha condotto alla diretta applicabilita'
 al personale marittimo della legge n. 604/1966 e dell'art.  18  dello
 statuto,  cosi'  in questa costituisce definitivo motivo per ritenere
 non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970,
 n.  300,  nella  parte in cui non consente l'immediata applicabilita'
 anche al personale navigante dipendente da imprese di navigazione del
 primo, secondo e terzo comma,  art.  7,  della  legge  medesima,  per
 violazione  dell'art.  3  della Costituzione, in raffronto agli altri
 lavoratori privati.