LA CORTE DEI CONTI
    Uditi  nella pubblica udienza del 28 settembre 1990 il consigliere
 relatore dott. Claudio De Rose e il pubblico ministero in persona del
 vice procuratore generale dott. Luciano Coccoli.
    Visto il ricorso n. 126262 prodotto dal  sig.  Franci  Alfredo  e,
 dopo  il  suo decesso in data 30 ottobre 1989, riassunto dalla figlia
 Franci Vera, residente in Firenze, via Borgo S. Lorenzo n. 9;
    Visti gli atti e i documenti tutti della causa;
    Ritenuto che il  ricorrente,  cui  e'  subentrato  l'avente  causa
 sig.ra  Franci  Vera,  era  vedovo  della  pensionata  ex  insegnante
 elementare sig.ra Moretti Emma, deceduta il 4 giugno 1956, e  che  il
 suo  ricorso  mira  ad  ottenere  la  liquidazione  della pensione di
 riversibilita'  non  con  la  decorrenza  del   18   dicembre   1977,
 attribuitagli  dalla  direzione  provinciale del tesoro di Grosseto e
 corrispondente alla data di entrata in vigore della legge 9  dicembre
 1977,  n. 903, sulla parita' tra uomini e donne in materia di lavoro,
 bensi' dal giorno successivo al decesso della de cuius, avvenuto il 4
 giugno 1956;
      che tale piu' favorevole decorrenza la parte ricorrente richiede
 evidentemente riferendosi a quanto previsto  dall'art.  191,  secondo
 comma,  del  d.P.R.  29  dicembre  1973, n. 1092 (t.u. delle leggi in
 materia di pensioni statali);
      che,  peraltro,  di  detta  norma  possono   incondizionatamente
 beneficiare  solo  i  soggetti  svincolati dall'onere della domanda e
 tale non e', allo stato dell'ordinamento, il vedovo della  pensionata
 poiche'  egli soggiace alle norme sulla liquidazione a domanda di cui
 al terzo comma dell'art. 160 del t.u. citato con effetti ex tunc solo
 in caso di presentazione dell'istanza entro il  biennio  dalla  morte
 della dante causa;
      che  da  tale  onere  e'  stata sollevata, invece, la vedova del
 pensionato per effetto del primo comma dello stesso art. 160, il  che
 si  concreta  in  una  palese  disparita' di trattamento in quanto il
 vedovo, a differenza della vedova, e' tuttora esposto al  rischio  di
 perdite  rilevanti  automaticamente  conseguenti  al  fatto  che egli
 presenti la domanda oltre il biennio dal  decesso  del  coniuge,  con
 cio'  incorrendo nella decorrenza della pensione dal primo giorno dal
 mese  successivo  a  quello  dell'istanza,  in  virtu'  della   norma
 contenuta  nell'art. 191, terzo comma, del t.u. citato, i cui effetti
 nel caso del Franci (la sua  domanda  pensionistica  e'  in  data  25
 luglio  1980) sono stati mitigati, solo parzialmente, dall'ammissione
 al godimento del beneficio dalla data  di  entrata  in  vigore  della
 citata legge n. 903/1977 sulla parita' uomo-donna;
      che,  alla  luce  di  tale  legge  e  delle sentenze della Corte
 costituzionale n. 6 del 25-30 gennaio 1980 e n. 214
 del 12 luglio 1984 (in virtu' delle quali le posizioni pensionistiche
 del vedovo e della vedova del pensionato sono  state  sostanzialmente
 equiparate),  la  rilevata  disparita'  di  trattamento si rivela del
 tutto ingiustificata;
      che,   di   conseguenza,  si  profila  come  non  manifestamente
 infondata la questione di legittimita' costituzionale, per  contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione, del richiamato comma primo dell'art.
 160  del t.u. n. 1092/1973 per la parte in cui non assimila il vedovo
 della pensionata  alla  vedova  del  pensionato  agli  effetti  della
 liquidazione  della  pensione  di riversibilita' e in particolare non
 prevede  anche  per  il  vedovo  la  liquidazione   del   trattamento
 d'ufficio,  cioe'  senza  alcun  onere di domanda, a decorrere dal 1›
 giugno 1974, data di entrata in vigore del testo unico del 1973;
      che palese e' la rilevanza della questione prospettata  ai  fini
 della  decisione del merito della causa, perche' dal suo accoglimento
 deriverebbe per la parte ricorrente una decorrenza del trattamento di
 riversibilita' certamente piu' favorevole di quella del  18  dicembre
 1977, attribuita dall'Amministrazione al sig. Franci;
      che,  tuttavia,  per effetto della questione come sopra proposta
 la decorrenza stessa non potrebbe che  essere  fissata,  come  si  e'
 detto,  al  1›  giugno 1974, per cui l'istanza giudiziale della parte
 ricorrente rimarrebbe pur sempre insoddisfatta per il periodo che  va
 dal  decesso della de cuius (4 giugno 1956) alla suddetta data del 1›
 giugno 1974;
      che con riferimento a tale periodo, anteriore  alla  entrata  in
 vigore  del testo unico del 1973, la situazione giuridica della parte
 ricorrente va considerata alla luce delle disposizioni transitorie di
 cui agli artt. 256 e 257 dello stesso  testo  unico,  trattandosi  di
 situazione  non  definita  e  non coperta da provvedimento emanato in
 base alla disciplina preesistente;
      che, peraltro, nei riguardi della  situazione  medesima  non  e'
 possibile   ammettere,  allo  stato,  la  retroattivita'  di  effetti
 consentita dall'art. 256 citato, a causa della mancata presentazione,
 da parte del Franci, della domanda pensionistica entro il 31 dicembre
 1958, ai sensi dell'art. 20 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (alla
 quale espressamente si richiama  l'art.  256  a  fini  di  disciplina
 intertemporale);
      che  indubbiamente  alle  stesse  conseguenze  negative  sarebbe
 andata incontro anche la vedova  di  un  pensionato  che  non  avesse
 presentato  la  domanda  nei termini allora anche a lei incombenti in
 base alla citata legge n. 46/1958, ma tale uniformita' di trattamento
 e' solo apparentemente equa e fondata in quanto non tiene  conto  del
 fatto che il vedovo, a differenza della vedova, poteva trovarsi nella
 condizione  (verificatasi  appunto nel caso del Franci) di non essere
 in grado di  presentare  la  domanda  qualora  non  in  possesso  dei
 requisiti  -  inabilita'  a  proficuo lavoro ed essere stato a carico
 della de cuius - allora a lui richiesti (e poi rimossi  dalla  citata
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  6/1980)  mentre lo stesso
 impedimento  non  poteva   verificarsi   per   la   vedova,   poiche'
 quest'ultima  non era tenuta al possesso di alcun requisito, e dunque
 aveva ab initio la piena disponibilita' della facolta' di domanda con
 incondizionata possibilita' di evitare le conseguenze negative di una
 presentazione tardiva dell'istanza;
      che pertanto, in relazione a detta  uniformita'  di  trattamento
 negli  effetti  prescrizionali  da  mancata  o  tardiva  domanda,  di
 situazioni soggettive per il resto disciplinate  in  modo  del  tutto
 difforme  e  sperequato soprattutto quanto ai presupposti sostanziali
 per la presentazione della  domanda  stessa,  si  profila  violazione
 dell'art. 3 della Costituzione da parte delle suindicate disposizioni
 transitorie  di  cui  agli artt. 256 e 257 del t.u. n. 1092/1973, per
 non aver  previsto  -  l'una  nel  disciplinare  la  possibilita'  di
 definizione retroattiva delle situazioni ancora pendenti alla data di
 entrata  in  vigore  del  t.u.  stesso,  l'altra  nel disciplinare le
 modalita' di tale definizione - la cessazione della unitarieta' degli
 effetti  prescrizionali  comminati  dall'ordinamento  ai  fini  della
 decorrenza  della  pensione di riversibilita', esonerandone il vedovo
 di una pensionata deceduta anteriormente al 1› giugno 1974,  che,  in
 quanto  non  inabile e non a carico della de cuius alla data di morte
 di quest'ultima, si fosse trovato nella giuridica impossibilita',  in
 base   alla  disciplina  previgente,  di  presentare  la  domanda  di
 riversibilita' entro i termini piu' favorevoli (nella specie entro il
 31 dicembre 1958);
      che la questione, oltre  che  non  manifestamente  infondata  si
 appalesa, per i motivi esposti rilevante agli effetti della pronuncia
 da  rendere  sulla  richiesta  di  piu'  favorevole  decorrenza della
 pensione di riversibilita', formulata dalla parte ricorrente;
     che, tuttavia,  per  effetto  dell'accoglimento  della  questione
 teste'  formulata la parte ricorrente potrebbe ottenere la decorrenza
 non gia' come richiede, dalla data di morte della de cuius (4  giugno
 1956)  bensi' solo dal 1› gennaio 1958, posto che tale data e' quella
 indicata  dall'art.  256  come  limite  massimo   della   definizione
 retroattiva  di  situazioni  pendenti  relative  a  diritti che, come
 quello del vedovo della pensionata, siano  stati  introdotti  per  la
 prima volta dalla legge n. 46/1958;
      che  anche  in  ordine  a tale ulteriore limitazione della piena
 retroattivita' del  diritto  del  vedovo  si  profila  disparita'  di
 trattamento  rispetto  alla  vedova del pensionato, dal momento che a
 quest'ultima erano gia' assicurati,  sin  dalla  normativa  anteriore
 alla   legge   n.   46/1958   tanto   il  diritto  alla  pensione  di
 riversibilita' quanto il suo decorrere dal  giorno  successivo  della
 morte  del  coniuge  qualora  richiesta  entro il biennio dalla morte
 stessa (art. 179 del t.u. delle pensioni 21 febbraio 1985, n.  70,  e
 art. 22 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20);
      che  cio'  appare  in  contrasto con la sostanziale parita' che,
 secondo quanto affermato  dalla  Corte  costituzionale  nelle  citate
 sentenze  n.  6/1980  e n. 214/1984, va assicurata alle due posizioni
 pensionistiche,  ed  appare  altresi'  di  ostacolo  all'applicazione
 integrale  dell'affermazione  totalmente  retroattiva del diritto del
 vedovo alla pensione di riversibilita', sancita dalla prima delle due
 richiamate sentenze;
      che peraltro  e'  non  manifestamente  infondata  e  palesamente
 rilevante   ai   fini  del  decidere  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione,  delle
 norme  dove  la rilevata disparita' di trattamento tuttora si annida,
 vale a dire del citato art. 256 del t.u. n. 1092/1973 e dell'art.  11
 della  legge  9  dicembre  1977,  n. 903; il primo nella parte in cui
 ostacola  il  secondo  nella  parte  in   cui   non   garantisce   la
 possibilita',  per  il vedovo di pensionata deceduta anteriormente al
 1› gennaio 1958, di beneficiare della pensione  non  gia'  da  questa
 ultima  data  bensi' dal giorno successivo alla morte della de cuius,
 alla pari di quanto previsto per una vedova di pensionato;
      che,  in  conclusione,  le questioni come sopra proposte (e che,
 per taluni versi, sono analoghe a quelle proposte nel caso del vedovo
 di una dipendente deceduta in servizio, discusso alla stessa pubblica
 udienza  del  28   settembre   1990)   vanno   rimesse   alla   Corte
 costituzionale  perche'  le  risolva, con sospensione del giudizio di
 merito fino alla pronunzia della Corte stessa;