IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Fiorani Rinaldo e Fiocchi Vittorio, imputati del reato di cui agli artt. 81 del c.p., 71 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, in Genova il 20 maggio 1990; Rilevato che la difesa dell'imputato Fiorani ha chiesto nel corso della discussione in sede dibattimentale, nel caso di condanna dell'assistito, la riduzione della pena di un terzo prevista dall'art. 442 del c.p.p. per il giudizio abbreviato; Rilevato che tale richiesta muove dal rilievo che l'imputato Fiorani, dopo avere ricevuto la notificazione del decreto di giudizio immediato, ha presentato tempestiva richiesta di giudizio abbreviato, rispetto alla quale il dissenso del p.m. espresso in data 8 ottobre 1990 (al quale ha fatto seguito la conseguente reiezione della richiesta da pare del g.i.p.) non sarebbe giustificato; Ritenuto che la disciplina del giudizio abbreviato "ordinario" (cioe' che non si inserisca in un processo, assoggettato all'abrogato c.p.p. ed alle norme transitorie del nuovo e che non si innesti su un processo direttissimo assoggettato al nuovo c.p.p., ipotesi sulle quali la Corte costituzionale e' gia' intervenuta con le decisioni che si richiameranno in seguito) non consente di individuare i parametri su cui deve fondarsi il consenso o il dissenso del p.m., non impone allo stesso di enunciare le ragioni del suo dissenso rispetto alla richiesta di giudizio abbreviato, rende per cio' irrilevante l'eventuale indicazione di tali motivi e non consente al giudice del dibattimento di primo grado, nel caso in cui ritenga non corretto il dissenso del p.m., di applicare dopo la chiusura del dibattimento la riduzione di un terzo della pena prevista dall'art. 442.2 del c.p.p. a favore dell'imputato; O S S E R V A Non e' manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione la questione di costituzionalita': a) dell'art. 438.1 del c.p.p. nella parte in cui non indica le ragioni sulla base delle quali il p.m. puo' negare il suo consenso alla richiesta di giudizio abbreviato proposta dall'imputato, non prevede che il p.m., quando non consente alla richiesta debba enunciare le ragioni del suo dissenso, e b) dell'art. 442.2 del c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice del dibattimento di primo grado, allorche' dopo la chiusura del dibattimento ritenga ingiustificato il dissenso del p.m. sulla richiesta di giudizio abbreviato, debba applicare all'imputato la riduzione di pena ivi prevista. La stessa Corte costituzionale e' gia' intervenuta per due volte con pronunce di accoglimento in relazione alle ipotesi di giudizio abbreviato in regime c.d. transitorio o che si innesti in un giudizio direttissimo: 1) la sentenza n. 66/1990 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del d.-l. n. 271/1989 - riguardante la disciplina transitoria del giudizio abbreviato - nella parte in cui non prevede che il p.m., in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando a dibattimento concluso ritenga ingiustificato, il dissenso del p.m. possa applicare all'imputato la riduzione di pena prevista dall'art. 442.2 del c.p.p.; 2) la sentenza n. 183/1990 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 452, secondo comma, del c.p.p. nella parte in cui non prevede che il p.m., quando non consente alla richiesta di trasformazione del giudizio direttissimo in guidizio abbreviato, debba enunciare le ragioni del suo dissenso e non prevede che il giudice, quando, a giudizio direttissimo concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del p.m., possa aplicare all'imputato la riduzione di pena prevista dall'art. 442.2 del c.p.p. In entrambe le decisioni della Corte costituzionale e' stato rilevato che la diversita' di regime tra il giudizio abbreviato e il "patteggiamento sulla pena" di cui agli artt. 444 e segg. del c.p.p., agli effetti della sindacabilita' da parte del giudice del dissenso del p.m. e delle conseguenze sulla pena, non trovano ragionevole giustificazione nel fatto che il giudizio abbreviato muove da un accordo sul rito mentre il "patteggiamento" si fonda su un accordo sul merito; le conseguenze sulla misura della pena mettono in rilievo come il consenso o dissenso del p.m. di fronte alla richiesta di giudizio abbreviato e' destinato a produrre rilevanti effetti anche sul merito della decisione, piu' in particolare sull'entita' della pena in caso di condanna. Se il dissenso in ipotesi ingiustificato del p.m. di fronte ad una richiesta di giudizio abbreviato e' destinato a produrre i suoi effetti sul rito, impedendo che si proceda a giudizio abbreviato - il che non sembra sollevare problemi di compatibilita' con la Costituzione - ben diverse sono le valutazioni che si impongono con riguardo alle conseguenze di tale rifiuto sul merito della decisione. Le norme sul giudizio abbreviato presentano infatti evidenti profili di contrasto sia con i canoni di ragionevolezza desumibili dall'art. 3 della Costituzione, in relazione al diverso regime previsto per il "patteggiamento dall'art. 448.1 del c.p.p. (che prevede che il giudice dopo la chiusura del dibattimento di primo grado applichi la pena richiesta dall'imputato, allorche' ritenga ingiustificato il dissenso del p.m. e congrua la pena richiesta dall'imputato) e sia con il principio per cui la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24, secondo comma, della Costituzione), poiche' privano l'imputato - la cui richiesta di giudizio abbreviato sia stata respinta per effetto di un ingiustificato dissenso del p.m. - di qualsiasi possibilita' di difendersi facendo valere il suo alla riduzione di pena connessa al giudizio abbreviato e di ottenere tale riduzione dal giudice di dibattimento di primo grado (precisazione doverosa, a seguito di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella recente ordinanza n. 568 del 12 dicembre 1990) dopo la chiusura del dibattimento. Non manifestamente infondata, quindi, appare la questione di legittimita' costituzionale delle norme in discussione. Sicuramente rilevante nel presente giudizio appare la questione di costituzionalita' della disciplina del giudizio abbreviato prevista dalle norme stesse, che si solleva d'ufficio: l'imputato Fiorani venne infatti arrestato in flagranza del reato contestatogli e rese piena confessione dell'addebito davanti al g.i.p. (come e' stato accertato in sede di esame del fascicolo del p.m., dopo la chiusura del dibattimento, al fine di valutare la rilevanza della questione): appare evidente che: 1) se il p.m. fosse stato tenuto a motivare il suo dissenso secondo parametri predeterminati (presumibilmente inerenti alla definibilita' del processo allo stato degli atti, secondo quanto si desume indirettamente dall'art. 440.1 del c.p.p. e dalle richiamate decisioni della Corte costituzionale) rispetto alla richiesta di giudizio abbreviato proposta dal Fiorani e 2) se, questo tribunale avesse il potere di sindacare il dissenso del p.m. in relazione al rispetto dei parametri medesimi, potrebbe in questa fase successiva alla chiusura del dibattimento, ritenendo non giustificato il dissenso del p.m. rispetto alla richiesta - poiche' il processo nei confronti dell'imputato Fiorani, stante il suo arresto in flagranza e la sua confessione, poteva essere definito dal g.i.p. allo stato degli atti - applicare sulla pena che in sede di decisione dovesse infliggere al Fiorani in caso di sua condanna la riduzione di cui all'art. 442.2 del c.p.p. Ne' varrebbe osservare che il giudice del dibattimento di primo grado non avrebbe modo di accertare attraverso l'esame del fascicolo del p.m. se il dissenso del p.m. sulla richiesta di giudizio abbreviato sia stato giustificato o meno in relazione al parametro della definibilita' del processo allo stato degli atti da parte del g.i.p.; in contrario si deve osservare che il giudice del dibattimento di primo grado ben potrebbe, dopo la chiusura del dibattimento ed al limitato fine di effettuare tale accertamento, acquisire il fascicolo del p.m. ed esaminarlo. Vi sono comunque altri casi previsti dal c.p.p. del 1988 in cui il giudice del dibattimento prende visione del fascicolo del p.m., ai fini predeterminati (ad es. a fronte di una richiesta di patteggiamento, art. 135 d.a. del c.p.p., o nel procedimento incidentale di convalida e di applicazione di misura cautelare previsto dall'art. 449.1 e, ancora, in ogni caso in cui debba provvedere su una richiesta di misura cautelare).