LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di appello della sentenza del 20 giugno 1986 del tribunale ordinario di Crotone, con la quale Gatto Matteo e' stato condannato alle pene della reclusione in anni sei, della interdizione perpetua dai pubblici uffici, della integrazione legale, nonche' al risarcimento dei danni in favore della parte civile per il delitto di cui all'art. 19, primo e sesto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194; Sentiti, in esito alla discussione finale, nell'odierno dibattimento, il p.m. e le parti private; Esaminati gli atti di causa e valutate le prove; Rilevato che il reato, ascritto all'appellante imputato, e' estinto per prescrizione, maturata il 25 ottobre 1990; Reputato che la prova si appalesa insufficiente sul punto che l'imputato abbia commesso il fatto; Considerato che, pertanto, nel concorso tra la formula assolutoria (art. 530, secondo comma, del c.p.p. in relazione all'art. 254 delle disp. trans. del c.p.p.) e quella di proscioglimento per estinzione del reato (art. 531 del c.p.p. in relazione all'art. 254 delle disp. trans. del c.p.p.) prevale quest'ultima a' termini dell'art. 129, secondo comma, del c.p.p. (152 cpv. del c.p.p. 1930) in relazione all'art. 254 delle disp. trans. del c.p.p. (cosi': Cass., sez. IV, 2 marzo 1990, n. 2753, massima n. 183511 in archivio penale c.e.d. Cassazione); Considerato che la precitata norma del secondo comma dell'art. 129 del c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di assoluzione anche quando e' insufficiente o e' contraddittoria la prova che fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso o che il fatto costituisce reato, si appalesa affatto irragionevole e vulneratrice del principio di eguaglianza, fissato dall'art. 3 della Costituzione, in quanto il mero concorso accidentale di una causa di estinzione del reato rende deteriore la posizione dell'imputato, il quale, se il reato non fosse estinto, fruirebbe, invece, ceteris paribus, della piu' favorevole formula assolutoria, ai sensi del secondo comma dell'art. 530 del c.p.p.; Considerato che l'irragionevolezza della disposizione de qua vieppiu' si appalesa, quando - come nel caso di specie - essendo stata pronunciata, in primo grado, condanna al risarcimento dei danni, cagionati dal reato, in favore della parte civile, il giudice di appello deve esaminare, comunque, il merito della impugnazione, a' termini dell'art. 578 del c.p.p. in relazione all'art. 245 delle disp. trans. del c.p.p., con la conseguenza che, pur in esito all'accertamento della insufficienza della prova, sarebbe preclusa la pronuncia della sentenza di assoluzione; Ritenuto che la prospettata questione di legittimita' costituzionale si prospetta: a) rilevante, in quanto la norma sospettata di incostituzionalita' concerne la formula della sentenza che questa corte deve pronuciare nel presente giudizio; b) non manifestamente infondata per le considerazioni in precedenza enunciate;