ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria) convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516 promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 9 novembre 1990 dal Tribunale di Verbania nel procedimento penale a carico di Morrica Annachiara, iscritta la n. 40 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale dell'anno 1991; 2) ordinanza emessa l'8 novembre 1990 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Rodio Marcello, iscritta la n. 53 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1991 il giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Tribunale di Verbania, con ordinanza del 9 novembre 1991, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 101, secondo comma, e da 70 a 82 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, "nella parte in cui prevede come elemento costitutivo del reato de quo l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichiarazione"; e che un'analoga questione ha sollevato anche il Tribunale di Torino con ordinanza dell'8 ottobre 1990, denunciando, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, lo stesso art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui prevede nell'applicazione concreta interpretazioni in contrasto e tali da creare disparita' di trattamento; e che in entrambi i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata "palesemente non fondata a meno che non sopravvenga ragione per restituire gli atti al giudice a quo"; Considerato che le ordinanze sollevano questioni analoghe e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti; che, con sentenza n. 35 del 1991, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nella parte in cui non prevede che la dissimulazione di conponenti positivi o la simulazione di componenti negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose; e che, pur essendosi, con l'art. 6 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83, sostituito l'intero art. 4 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, converito in legge 7 agosto 1982, n. 516 - cosi' da modificare anche la stessa normativa oggetto di censura (v. lettera f del primo comma del nuovo testo) - poiche' l'art. 7 del decreto-legge 16 marzo 1991, n. 83, non contempla l'efficacia retroattiva della disciplina di cui all'art. 6 e, quindi, non deroga, in proposito, all'art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, l'abrogazione della norma impugnata non comporta la restituzione degli atti ai giudici remittenti per una nuova valutazione della rilevanza (cfr., ancora - ma con riferimento all'identica prescrizione contenuta nell'art. 7 del decreto-legge 14 gennaio 1991, n. 7, non convertito in legge - sentenza n. 35 del 1991); che pertanto, la questione qui proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (v. ordinanza n. 85 del 1991); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;