IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza all'udienza del 20 febbraio 1990, fissata per la celebrazione con il rito abbreviato del procedimento penale n. 4604/90 g.i.p. (n. 21/61/A/90 r.g. notizia di reato) nei confronti di Lombardi Salvatore, per il reato di furto, avvenuto in Lesina il 4 marzo 1990. Premesso che: il pubblico ministero presso la pretura circondariale di Lucera ha citato in giudizio per il dibattimento Lombardi Salvatore per il reato previsto dagli artt. 624 del c.p. commesso in Lesina ai danni di D'Apote Michele nel marzo 1990, prestando preventivamente il consenso per il rito abbreviato; l'imputato ha tempestivamente proposto la definizione del processo con il rito abbreviato e gli atti sono stati trasmessi a questo g.i.p. per l'udienza del 5 dicembre 1990, ove questo giudice ha rilevato l'omissione della citazione alla parte offesa, restituendo gli atti al p.m. affinche' provvedesse in tal senso; all'odierna udienza sono comparsi l'imputato ed il suo difensore, mentre e' rimasta assente la persona offesa, ritualmente citata. Ritenuto che gli atti dell'indagine preliminari non appaiono idonei alla definizione del processo in questa sede poiche' non appaiono raccolti tutti gli elementi di prova prospettatisi nelle indagini, in particolare non sono state sentite due persone che appaiono essere informate dei fatti (tali Cara e Pegoli, il primo citato a dibattimento in qualita' di teste) e soprattutto non e' mai stata sentita la persona offesa, la cui audizione si prospettava - e si prospetta tuttora - necessaria ai fini di verificare l'idoneita' accusatoria degli elementi raccolti - in relazione special modo alle circostanze evidenziate nelle memorie depositate dal difensore dell'imputato il 24 marzo 1990 (autorizzazione data dal D'Apote al Lombardi al prelievo dei pali in cemento costituente parte di recinzione realizzate dallo stesso Lombardi) - quanto meno in ordine alla fattispecie di reato contestato. Atteso che alla deliberazione circa la non definibilita' allo stato degli atti del processo consegue ai sensi dell'art. 562 del c.p.p. la restituzione degli atti al p.m. e la contestuale ed immediata citazione dell'imputato per il dibattimento, quindi la spoliazione di questo giudice del processo. Ritenuto che tale norma presenta, nel suo automatismo, profili di illegittimita' costituzionale in quanto: non consente a questo giudice di indicare gli atti che dovrebbero essere acquisiti al fine di completare gli elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio ai sensi dell'art. 125 del c.p.p.d.cit. e imporne l'acquisizione prima della citazione per il dibattimento, che invece viene lasciata alla discrezionalita' del p.m., ed alla eventualita' della loro inutilizzazione, nel caso dell'art. 407, terzo comma, del c.p.p.; impone la celebrazione di un dibattimento che potrebbe rivelarsi inutile, e comunque non sorretto da idonei elementi accusatori, ove soltanto fossero acquisiti preventivamente ad esso quegli elementi favorevoli all'imputato che si siano prospettati nella fase delle indagini preliminari, compromettendo peraltro la funzione deflattiva del dibattimento assegnata al rito alternativo; priva l'imputato della possibilita' di fruire della riduzione di pena in caso di condanna, e comunque di reiterare l'istanza per il giudizio abbreviato. Tutto cio' si presenta irragionevolmente difforme dalla disciplina del rito abbreviato per i reati di competenza del tribunale. Le norme dettate dagli artt. 438 e seg. del c.p.p. prevedono infatti la possibilita' di presentare la richiesta di rito abbreviato nel corso dell'udienza preliminare fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p., vale a dire anche successivamente alle indicazioni di nuovi temi da parte del g.u.p. ed alle richieste probatorie delle parti, fino al momento in cui sia acquisito il quadro di tutti gli elementi probatori che si prospettano nel giudizio. Inoltre la disciplina del rito per il tribunale consente di reiterare, giusta l'art. 440, terzo comma, del c.p.p. la richiesta di rito abbreviato davanti allo stesso giudice dell'udienza preliminare anche dopo l'acquisizione di nuovi elementi probatori. Le disposizioni contenute nell'art. 562 del c.p.p. non consentono di applicare nessuna delle norme sopra esaminate, ai sensi dell'art. 549 del c.p.p., proprio perche' incompatibili con esse, e non per la mancanza di un'udienza preliminare nel processo pretorile, giacche' comunque alcune delle norme ad essa relative sono applicabili in virtu' del richiamo agli artt. 420 del c.c. operato dall'art. 561, primo comma, del c.p.p., bensi' proprio per l'automatismo di cui si discute. Le predette norme dell'art. 562, primo e secondo comma, in particolare appaiono a questo giudice in contrasto: con gli artt. 3 e 24 della Costituzione per la disparita' di trattamento tra imputati, in ragione soltanto della diversa competenza degli organi giudiziari davanti a cui sono chiamati per rispondere di reati, in quanto non consentono all'imputato citato davanti al g.i.p. di pretura di ritirare l'istanza di rito abbreviato, e gli impediscono di indicare elementi probatori acquisibili, imponendogli la scelta tra l'eventualita' del beneficio della riduzione di pena e la immutabilita' dello "stato degli atti", che invece non si pone, quanto meno come alternativa netta, per l'imputato citato per reato devoluto alla competenza del giudice dell'udienza preliminare del tribunale; con gli artt. 3 e 107, terzo comma, della Costituzione perche', privando il g.i.p. di pretura del potere di indicare temi nuovi ed acquisire informazioni e le prove previste dall'art. 422 del c.p.p., nel corso dell'udienza fissata per il rito abbreviato o in altra udienza, si traduce in una distinzione tra magistrati relazionata non alle funzioni - che rimangono identiche - ma alla diversa competenza; con l'art. 107, terzo comma, della Costituzione perche', sottraendo il p.m. presso la pretura al controllo sullo stato degli atti utili sia per il rito abbreviato che per il dibattimento, cui invece e', per il combinato disposto degli artt. 439, 440, 421 e 422, sottoposto il p.m. presso il tribunale, ne differenzia le posizioni non in ragione delle funzioni ma della competenza; con gli artt. 3 e 112 della Costituzione poiche', impedendo il controllo sullo stato reale degli atti e sull'idoneita' accusatoria degli stessi per il dibattimento, vanifica l'effettivita' della obbligatorieta' dell'azione penale per il p.m. presso la pretura; con l'art. 76 della Costituzione in quanto il principio della "massima semplificazione" del processo pretoriale di cui al par. 103) della legge delega, pur comportando la mancanza dell'udienza preliminare, non avrebbe potuto sottrarre i diritti delle parti e i poteri del giudice previsti invece nel corrispondente rito del tribunale. La questione, oltre che non manifestamente infondata, appare rilevante per le definizioni del presente procedimento, poiche' lo stesso scrisse chiuso con l'ordinanza di restituzione degli atti e questo giudice ne verrebbe definitivamente privato.