IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale
 iscritto al n. 227/1990 il giudice per le indagini preliminari contro
 Antolini  Gianluca,  nato  a  S. Severino M. il 24 febbraio 1957, ivi
 residente in via S.  Valerio  n.  37,  imputato  del  delitto  p.e.p.
 dell'art.   71   della   legge  n.  685/1975,  poiche'  illecitamente
 acquistava e deteneva, fuori delle ipotesi previste dagli articoli 72
 e 72- bis della legge citata, grammi 1,533 di hashish:
       A) senza essere consumatore abituale;
       B) di quantita' superiore alla quantita' di assunzione abituale
 nelle 24/h, per quanto detto sub A);
       C) di quantita' superiore al  limite  quantitativo  massimo  di
 principio attivo previsto dalla legge (mg. 61 di
 D-9-THC).
    In S. Severino M. il 29 luglio 1990.
    All'esito  dell'odierna  udienza  preliminare reputa il giudicante
 sussistere sospetto di incostituzionalita' della norma incriminatrice
 di cui al capo d'imputazione (ora art.  73  del  t.u.  approvato  con
 d.P.R.  9  ottobre  1990,  n.  309),  nonche' degli artt. 75 e 78 del
 medesimo testo unico.
    Occorre,  invero,  considerare   che   il   meccanismo   normativo
 attraverso  il  quale  il  legislatore  intende  porre  il  punto  di
 discrimine tra  fatti  penalmente  rilevanti  e  fatti  di  esclusiva
 incidenza  amministrativa  (quali  rispettivamente  individuati negli
 artt. 73  e  75  del  testo  unico)  poggia  sulla  nozione  di  dose
 giornaliera  media  che  -  sebbene posta dalla legge - non da questa
 viene  in  concreto  individuata  e  determinata;  nel   che   appare
 compendiarsi una violazione della riserva di legge in materia penale,
 quale prescritta dall'art. 25 della Costituzione.
    Appare  evidente  che  la  fonte  primaria esibisca, nella specie,
 tutte le caratteristiche della normazione penale in  bianco,  il  cui
 essenziale  limite deve essere colto nella sufficiente specificazione
 dei presupposti, dei caratteri  e  del  contenuto  dei  provvedimenti
 dell'autorita'  amministrativa affinche' il reato sia "tassativamente
 determinato  in   tutti   i   suoi   elementi   costitutivi"   (Corte
 costituzionale    n.    492/1987),   da   cio'   dovendosi   desumere
 l'impossibilita', per l'atto amministrativo,  di  incidere  in  alcun
 modo sui contenuti essenziali e predeterminati dell'illecito penale.
    Donde,  per  ulteriore  conseguenza, l'impossibilita' che la fonte
 secondaria  sia  abilitata  -  dalla  primaria  -  a  dare  contenuti
 specificanti  di quel che devesi ritenere penalmente rilevante (Corte
 costituzionale n. 282/1990).
    Orbene, ritiene il giudicante che a tali indirizzi non  rispondano
 ne'  l'art.  75  ne'  l'art.  78 del testo unico, dalla cui combinata
 lettura emerge l'insussistenza di alcun  criterio  -  di  sufficiente
 specificazione e determinatezza - circa la quantificazione della dose
 media  giornaliera,  che  viene,  di fatto, lasciata al provvedimento
 amministrativo, e quindi alla fonte di secondo grado.
    In particolare cio' devesi  ritenere  a  proposito  dell'art.  78,
 primo comma, del testo unico, ove nessun criterio predeterminato - di
 carattere  scientifico o almeno giuridico - viene posto a fondamento,
 indirizzo  e  limite  invalicabile  dell'atto   amministrativo,   ben
 diversamente da quanto, ad esempio, disposto dall'art. 12 della legge
 n. 685/1975 (ora art. 14 del testo unico) in materia di tabelle.
    Si aggiunga a cio' che la stessa nozione di dose media giornaliera
 appare  nulla  piu'  che  un  enunciato, i cui contenuti non sembrano
 certo potersi cogliere per via di serie, e  soprattutto  consolidate,
 cognizioni  scientifiche  che  possano  fondatamente  e pacificamente
 supportare il discrimine tra illecito penale e non.
    Ond'e' conseguenziale ritenere che, non avendo la  fonte  primaria
 recepito o comunque richiamato nozioni di tal fatta, la sua delega al
 provvedimento amministrativo e' totale e dismissoria, essendo rimesso
 esclusivamente  all'autorita' amministrativa il potere di individuare
 - non si con quali criteri prefissati - il limite quantitativo al  di
 la' del quale si versa in illiceita' penale.
    Depongono  nel  senso  di questa interpretazione gli stessi lavori
 preparatori,   ove   effettivamente   trovasi   menzione    di    una
 "responsabilita'   amministrativa   e  politica  del  Ministro  della
 Sanita'" nella determinazione della dose media  giornaliera  (Senato,
 seduta del 12 giugno 1990, p. 22 del resoconto stenografico).
    E   in  tali  sensi  appare  esser  ispirato  proprio  il  decreto
 ministeriale n. 186 del 12 luglio 1990, il cui art.  3  si  limita  a
 porre  -  merce'  il  richiamo  alle  tabelle  allegate  -  i  limiti
 quantitativi massimi di principio attivo, ma non si premura certo  di
 dar  conto  dei  parametri  e  dei  criteri  adottati, e peraltro non
 preventivamente fissati dalla legge.
    Di sicuro non ovviano a tale carenza le brevissime  e  ininfluenti
 (ai fini di cui e' discorso) note esplicative annesse alle tabelle.
    Di  qui il dubbio che le richiamate norme del testo unico palesino
 contrasto con l'art. 25 della Costituzione, nella parte  in  cui  non
 determinano  i  criteri  e i parametri che l'autorita' amministrativa
 deve seguire nella determinazione della dose media giornaliera.
    Non altrimenti superabile, del resto, appare il sospetto  de  quo,
 dovendosi,   ad   esempio,  escludere  che  possa  darsi  ipotesi  di
 disapplicazione  del  decreto  ministeriale,  sia  perche'  non  pare
 ricorrere    alcuna    delle    figure    tipiche    o   sintomatiche
 dell'illegittimita'  amministrativa,  sia  perche'  non  potrebbe  la
 discrezionalita'   del   giudice   sostituirsi   a  quella  (tecnica)
 dell'amministrazione.
    Palese appare  la  rilevanza  della  questione  nella  fattispecie
 concreta, avuto riguardo alla contestazione mossa all'imputato.
    Di  qui  la  necessita'  che  della  questione - che il giudicante
 solleva d'ufficio - sia investita la Corte costituzionale.