LA CORTE D'APPELLO
    Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura la seguente ordinanza
 alla udienza camerale del 26 febbraio 1991;
    Visti  gli  atti  a  carico di Micolic Marco, Alams Guci, Andriska
 Lanza, Dimovic Katica, giudicati con sentenza  31  ottobre  1990  del
 pretore  di  Spoleto,  pronunciata  con  rito abbreviato ed impugnata
 dagli imputati, dal difensore e dal procuratore della  Repubblica  di
 Spoleto;
    Attesa  la  eccezione  di incostituzionalita' dell'art. 443, terzo
 comma, del  c.p.p.  1988,  sollevata  dal  procuratore  generale  con
 riferimento agli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione, per violazione
 della parita' processuale tra le parti;
    Udito il difensore;
    Ritenuto che l'eccezione sollevata non e' manifestamente infondata
 ed e' rilevante ai fini del decidere;
    Considerato  infatti,  come  questa  Corte  ha  gia'  rilevato con
 precedente ordinanza del 21 dicembre 1990, emessa  nei  confronti  di
 Afzali  Abbas,  che  l'art.  443,  terzo comma, del c.p.p. prevede il
 "p.m. non puo' proporre appello contro le  sentenze  di  condanna"  e
 quindi non consente al p.m. di proporre ne' una istanza di reformatio
 in  pejus  della  pena  e nemmeno una istanza di reformatio in melius
 della sentenza stessa, ipostesi questa in concreto ben configurabile,
 specie con riferimento a sopraggiunta abolizione di reato;
    Ritenuto che ai sensi dell'art. 2 della legge delega il nuovo rito
 deve garantire la "partecipazione della accusa e della difesa su basi
 di parita' in ogni stato e grado del procedimento";
    Ritenuto che detta parita' non appare rispettata in  concreto  per
 la  esclusione  della  facolta'  di  appello,  in  caso  di condanna,
 circoscritta da una sola delle parti in giudizio;
    Ritenuto che la  lesione  della  parita'  processuale  non  sembra
 giustificabile  nemmeno  con il carattere speciale e semplificato del
 rito, che assicura solo un  procedimento  rapido  e  un  giudizio  da
 formulare  "allo  stato  degli  atti" e sopratutto con la diminuzione
 automatica e predeterminata della pena;
    Ritenuto pero' che sulla giusta pena da  irrogarsi  da  parte  del
 giudice nessun vincolo deriva dalla accettazione del rito abbreviato,
 spettando  la determinazione di questa esclusivamente al giudice e di
 conseguenza  anche  al  giudice  dell'impugnazione,  in  ipotesi   di
 doglianza  di  una  delle  parti che ritenga iniqua la pena stessa in
 concreto irrogata;
    Ritenuto inoltre che il p.m. ha interesse alla irrogazione di  una
 pena giusta ai sensi dell'art. 27 della Costituzione;
    Ritenuto  che  l'eccezione proposta e' anche in concreto rilevante
 ai fini della decisione, non potendo altrimenti questa Corte  entrare
 nel merito della impugnazione proposta dal p.m.;
    Tanto  fino ad ora premesso, ritenuto che l'art. 443, terzo comma,
 del  c.p.p.  appare  in  contrasto  con  gli  artt.  3  e  27   della
 Costituzione;
    Ritenuto che allo stato processuale non appare piu' indispensabile
 mantenere  la  custodia  cautelare in carcere del Micolic, potendo le
 finalita' cautelari essere garantite dagli arresti domiciliari;
    Ritenuto   parimenti  che  la  misura  degli  arresti  domiciliari
 gravante sulle coimputate puo' essere  validamente  sostituito  dalla
 imposizione dell'obbligo di residenza e di presentarsi tutti i giorni
 alle  ore  11  dinanzi al comando stazione carabinieri competente per
 territorio;