Ricorre  la  regione  autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le
 presidente della giunta regionale, avv. Giovanni Bondaz,  autorizzato
 dalla  giunta  regionale  con  delibera  n.  3220  del 29 marzo 1991,
 rappresentato e difeso dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, in forza di
 procura per atto notar Ottavio Bastrenti di Aosta 8 aprile 1991, rep.
 n. 13747, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona
 dell'on.le Presidente del Consiglio pro-tempore  domiciliato  per  la
 carica  in  Roma,  Palazzo  Chigi,  e  per  legge presso l'Avvocatura
 generale dello Stato in Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12,  per  la
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della legge 8 marzo
 1991, n. 81 (legge quadro per la professione  di  maestro  di  sci  e
 ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di
 guida  alpina),  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 64, parte
 prima, del 16 marzo 1991.
    La regione autonoma Valle d'Aosta, come in epigrafe  rappresentata
 e difesa, espone quanto segue.
     1.  - Lo statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta (legge
 costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4) all'art. 2, primo comma, lett.
 u), attribuisce alla regione  la  potesta'  legislativa  primaria  in
 materia di ordinamento delle guide, scuole di sci e portatori alpini.
 Inoltre,  ai  sensi  della lett. r) del medesimo art. 2, primo comma,
 dello statuto  regionale,  alla  regione  e'  riservata  la  potesta'
 legislativa in tema di istruzione tecnico-professionale.
    La  regione  ha  in effetti provveduto a disciplinare le scuole di
 sci e la formazione dei maestri di sci: la materia  in  questione  e'
 attualmente regolata dalla legge regionale 19 dicembre 1986, n. 59.
    Sulla medesima materia viene ora ad incidere il recente intervento
 legislativo  statale  (legge  8  marzo  1991, n. 81), che in numerosi
 punti si pone in contrasto con la  regolamentazione  regionale  della
 materia.
    Si osserva fra l'altro che:
      l'art.  5  della  legge statale si pone in constrasto con l'art.
 12, quinto comma, della legge regionale  n.  59/1986,  che  reca  una
 diversa  disciplina  delle  condizioni per il trasferimento in pianta
 stabile di maestri di sci provenienti da altre  regioni  o  da  altri
 Stati.  (In  particolare  si  prevede  la  frequenza  di  un corso di
 formazione  volto  a  sopperire   all'esigenza   di   garantire   una
 preparazione   del   maestro   in  ordine  alle  caratteristiche  del
 territorio regionale, esigenza imprenscindibile anche per  la  tutela
 dell'incolumita'  dei maestri e della loro clientela). L'art. 5 della
 legge n. 81/1991 si pone altresi' in contrasto con l'art.  16,  primo
 comma,  lett. f), della legge regionale n. 59/1986 che, in attuazione
 del principio del bilinguismo (di cui al titolo sesto  dello  statuto
 regionale)   richiede   la   dimostrazione   della   conoscenza   sia
 dell'italiano  che  del  francese  (che,  del  resto,  per  una  tale
 attivita',  in  una  zona  caratterizzata  da  una  forte presenza di
 appartenenti al gruppo linguistico francese, si pone  anch'essa  come
 condizione di sicurezza);
      l'art.  6 della legge statale, nel prevedere le modalita' per la
 formazione e l'abilitazione dei maestri di sci, si pone in contrasto,
 oltre che con le competenze regionali in materia di ordinamento delle
 scuole di sci, anche con quelle in  materia  di  istruzione  tecnico-
 professionale (di cui allo statuto della Valle, art. 2, lett.  r);
      l'art.  7,  si pone anch'esso in contrasto con l'art. 2, lettere
 r) e u), in quanto,  sotto  la  rubrica  "materie  di  insegnamento",
 prevede una durata minima dei corsi per l'abilitazione pari ad almeno
 novanta giorni effettivi, che, oltre ad essere ingiustificata sul pi-
 ano tecnico, non ha corrispondenza nella legge regionale;
      l'art.  8  della  legge  statale  (competenze  della Federazione
 italiana sport invernali) incide sull'autonomia della  regione  nella
 definizione  dei  contenuti  dei  corsi secondo modalita' che tengano
 conto della realta' montana locale;
      l'art.  13 della legge statale (collegi regionali dei maestri di
 sci) prevede l'istituzione di un organismo a  livello  regionale  che
 viene  a  sovrapporsi  all'Associazione valdostana maestri di sci, di
 cui agli artt. 27 e 28 della l.r. n. 59/1986;
      l'art. 18 della legge statale amplia il concetto  di  "esercizio
 abusivo  della  professione"  rispetto  a  quello posto dalla l.r. n.
 59/1986, ed  introduce  un'infondata  ed  illogica  equiparazione  al
 maestro  di  sci  dell'accompagnatore  (sia  pure  soltanto in quanto
 retribuito), equiparazione che porta conseguenzialmente al divieto di
 esercizio di tale attivita', in quanto non svolta da maestri di sci.
    Occorre annotare, che all'art. 22, primo comma, la  legge  statale
 n.  81/1991,  senza  porre distinzione alcuna rispetto alle regioni a
 statuto speciale, prevede l'adeguamento della normativa  regionale  a
 quella  da  essa  posta  nel termine di un anno. Al secondo comma del
 medesimo art. 22 viene espressamente previsto che anche nelle regioni
 a statuto speciale  dotate  di  competenza  legislativa  primaria  in
 materia  di  ordinamento  della  professione  di  maestro  di  sci, i
 programmi  dei  corsi  ed  i  criteri  per  le  prove  di  esame  per
 l'abilitazione tecnico-didattico-culturale sono definiti dagli organi
 regionali  ai  sensi  dell'art. 7 e dell'art. 9, secondo comma, della
 stessa legge n. 81/1991.
    Piu' in generale, anche li' dove non  si  pone  in  antinomia  con
 essa,  la  legge  statale  si sovrappone ingiustificatamente a quella
 regionale.
    2. - Tale essendo il contenuto della legge 8 marzo  1991,  n.  81,
 essa si manifesta illegittima, in quanto indebitamente invasiva delle
 attribuzioni  della  regione  autonoma  Valle d'Aosta, con violazione
 dello statuto  di  quest'ultima  (il  quale  statuto  possiede  rango
 costituzionale), oltre che dell'art. 116 della Costituzione.
    Deve  puntualizzarsi  che, come codesta ecc.ma Corte ha gia' avuto
 modo di affermare con la sentenza 29 marzo  1961,  n.  13  (in  Giur.
 cost.,  1961,  13),  la riserva alla competenza legislativa regionale
 dell'ordinamento delle guide, scuole di sci e dei  portatori  alpini,
 nella  formula  usata  dall'art.  2, lett. u) dello statuto regionale
 della  Valle  d'Aosta  "appare  comprensiva  di  tutta   la   materia
 riguardante l'organizzazione ed il funzionamento di questo settore di
 attivita',  cosi' connaturato alle tradizioni ed agli interessi della
 Valle". Su tale assunto, con la  medesima  sentenza,  codesta  ecc.ma
 Corte  ha  ritenuto  che  la  regione  Valle d'Aosta ha "il potere di
 regolare con sua  legge  tutto  l'ordinamento  delle  professioni  di
 guida,  portatore  e  maestro  di  sci,  compresa  la  disciplina del
 relativo esercizio".
    Giova ancora osservare che, ai sensi del teste' richiamato art.  2
 dello  statuto  regionale,  i  soli  limiti  alla  potesta' normativa
 primaria della Valle vanno ricercati nella necessita'  di  un'armonia
 della  norma  regionale  con la Costituzione della Repubblica e con i
 principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, nel  rispetto  degli
 obblighi  internazionali  e  degli interessi nazionali, nonche' delle
 norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
    Occorre in particolare  ricordare  come  il  limite  dei  principi
 fondamentali  contenuto  nello  statuto  di autonomia speciale non va
 confuso con quello piu' ampio dei "principi fondamentali delle  leggi
 dello  Stato",  che  afferiscono  a  ciascuna  materia  di competenza
 regionale ai sensi dell'art.  117  della  Costituzione  per  le  sole
 regioni  a  statuto  ordinario  (cfr.  in tal senso Martines, Diritto
 costituzionale,  Milano,  1986, 796. Nel senso che tale ultimo limite
 non si applica alle regioni a statuto speciale v., fra l'altro, Corte
 costituzionale, 3 marzo 1982, n. 50, in Giur. cost.,  1982,  I,  542;
 Corte costituzionale, 26 luglio 1979, n. 86).
    3.  -  L'intestazione  della  legge (che si auto-qualifica "legge-
 quadro") lascia supporre che il legislatore statale abbia ritenuto in
 qualche maniera di  potersi  richiamare  al  vincolo  statutario  dei
 principi  teste'  richiamato  per  affermare  la  legittimita'  della
 compressione  dell'autonomia  legislativa  delle  regioni  a  statuto
 speciale   aventi   competenza  normativa  primaria  sulla  specifica
 materia.
    Un siffatto tentativo non sembra possa essere condiviso  dato  che
 in effetti non sembrano riconoscibili nella disciplina legislativa in
 questione   gli   estremi   dei  principi  generali  dell'ordinamento
 giuridico ne' di norme fondamentali delle riforme economico-sociali.
    E' stato chiarito dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte che
 la portata di una norma (e quindi il  suo  inquadramento  nell'ambito
 delle  norme  che  recano  i  principi  fondamentali) non puo' essere
 valutata alla stregua della sua auto-qualificazione (in tali termini,
 v. in dottrina, da ultimo Masciocchi, La regione,  Milano,  1990,  p.
 58).  Cosi', nella sentenza relativa alla vicenda concernente la c.d.
 legge-quadro  sul  pubblico  impiego,   codesta   ecc.ma   Corte   ha
 espressamente  rilevato  che: "la natura di riforma economico-sociale
 di una normativa non puo' essere determinata  dalla  sola  apodittica
 affermazione del legislatore e.. .. .. deve invece ricercarsi
  nell'oggetto   della  normativa,  nella  sua  motivazione  politico-
 sociale, nel suo scopo, nel suo contenuto,  nella  modificazione  che
 essa  apporta  nei  rapporti economico-sociali". E sulla base di tale
 premessa, ha concluso che in ogni caso nemmeno una riforma economico-
 sociale puo' integralmente estromettere le regioni dalle  materie  di
 loro competenza (Corte costituzionale, 25 luglio 1984, n. 219).
    D'altro  canto, anche riguardo al piu' esteso limite dei "principi
 fondamentali stabiliti dalle  leggi  dello  Stato",  vigente  per  le
 regioni   a   statuto   ordinario   ai   sensi  dell'art.  117  della
 Costituzione, codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di evidenziare  come
 essi  non  possano  comportare l'esclusione di singoli settori di una
 materia di competenza  legislativa  regionale,  ma  debbano  attenere
 soltanto  al  modo  di  esercizio di questa (Corte costituzionale, 26
 maggio 1981, n. 70).
    In ogni caso, poi, anche a  voler  in  denegata  ipotesi  ritenere
 applicabile  il  dettato  dell'art.  117  della Costituzione, come e'
 stato evidenziato dalla piu' autorevole dottrina costituzionalistica,
 a  vincolare  le  regioni  nell'esercizio  della  propria  competenza
 normativa  primaria  possono  essere soltanto le "norme fondamentali"
 (ossia i "principi") e non anche le  "norme  di  dettaglio"  che  pur
 fossero  inserite nella medesima legge formale. Ne consegue che nelle
 materie di competenza  primaria  non  puo'  comunque  esservi  totale
 riassorbimento  della  potesta' regionale da parte dello Stato (v. in
 tal  senso  Crisafulli,  Lezioni  di  diritto   costituzionale,   II,
 L'ordinamento  costituzionale  italiano (Le fonti normative), Padova,
 1984, pp.  117-118;  Martines,  Diritto  costituzionale,  cit.,  797;
 Paladin, Diritto regionale, Padova, 1985, 88).
    Nel caso di specie, invece come si e' evidenziato in premessa, con
 la  legge  che  con  il  presente  atto  si impugna, la regione Valle
 d'Aosta e' stata espropriata persino della potesta' di determinare il
 contenuto  della  normativa  di  dettaglio,  che  appare  rigidamente
 predeterminato dalla legge impugnata.
    Deve  infine  contestarsi  che  la  legge  statale in questione, a
 prescindere dal suo contenuto, che risulta, come si e' avuto modo  di
 rilevare, esuberante rispetto al limite della normativa di principio,
 venga  effettivamente  ad  incidere  su  interessi che si configurino
 nettamente come  insuscettibili  di  frazionamento  o  localizzazione
 territoriale  che,  in  presenza  della  guarentigia  di  uno statuto
 speciale, legittimano lo Stato ad intervenire (v. in tal senso  Corte
 costituzionale, 15 dicembre 1983, n. 340). E' anzi vero, come ha gia'
 riconosciuto  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale con la ricordata
 sentenza 29 marzo 1961, n.  13,  che  si  tratta  in  realta'  di  un
 "settore  di  attivita'..  ..  ..  connaturato alle tradizioni e agli
 interessi della Valle".