ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennita' di accompagnamento agli  invalidi
 civili   totalmente  inabili),  promosso  con  ordinanza  emessa  l'8
 novembre 1990  dal  Tribunale  di  Brescia  nel  procedimento  civile
 vertente tra Foiadelli Tarcisio e Ministero dell'interno, iscritta al
 n.  755  del  registro  ordinanze  1990  e  pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n.  3,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1991;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  20 marzo 1991 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
                           Ritenuto in fatto
    Nel corso di un giudizio di appello in cui le parti,  in  qualita'
 di  tutori  dei  figli  inabili,  avevano proposto gravame avverso la
 sentenza del Pretore che aveva loro negato  il  diritto  a  percepire
 l'indennita'  di  accompagnamento,  essendo  gli  invalidi  in parola
 ricoverati  in istituto (con retta a totale carico di ente pubblico),
 il Tribunale di Brescia, con ordinanza  emessa  in  data  8  novembre
 1990,   ha   sollevato,   in  relazione  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
 della legge 11 febbraio 1980, n. 18.
    Osserva  il  giudice  a quo come dagli atti di causa risulti che i
 figli degli appellanti restano affidati alla famiglia dalle ore 15 di
 ogni venerdi' alle ore 9 di ogni lunedi', nonche' in occasione  delle
 vacanze  natalizie,  pasquali  ed  estive "per un totale di circa 154
 giorni all'anno".
    Trattandosi quindi  di  "degenza  non  continuativa",  non  appare
 giustificata  la  totale esclusione dell'indennita' d'accompagnamento
 che la norma impugnata sancirebbe, appunto, per gli  invalidi  civili
 gratuitamente ricoverati in istituti.
    L'omessa  previsione  di  un'indennita' proporzionata ai giorni di
 ricovero - che il Tribunale ritiene non possa riconoscersi neppure in
 via  interpretativa  -  sarebbe  creativa  di   una   disparita'   di
 trattamento  tra  chi  e' ricoverato in modo ininterrotto e chi, come
 nella specie, resta per certi periodi a carico della famiglia.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  di   Brescia   dubita   della   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  1  della  legge  11  febbraio  1980, n. 18
 (Indennita'  di  accompagnamento  agli  invalidi  civili   totalmente
 inabili),   nella   parte   in   cui,   nell'escludere   il   diritto
 all'indennita' in argomento per i soggetti  ricoverati  gratuitamente
 in  istituto, non prevede la possibilita' di un'erogazione frazionata
 dell'indennita' stessa in relazione ai periodi di mancato ricovero.
    Gli invalidi che per qualche  tempo  si  trovino  a  carico  delle
 famiglie  risulterebbero,  secondo  la  prospettazione, ingiustamente
 discriminati rispetto a coloro che non interrompono mai il  ricovero,
 con  conseguente,  ipotizzato  vulnus  della garanzia dell'assistenza
 sociale.
    2. - La questione e' infondata.
    La norma impugnata preclude, nell'ultimo comma, la  corresponsione
 dell'indennita'   di  accompagnamento  agli  "invalidi  civili  gravi
 ricoverati gratuitamente in istituto".
    La stessa disposizione, al primo comma, ed ancor meglio  l'art.  1
 della  successiva  legge  21  novembre  1988,  n.  508 (recante norme
 integrative in materia), chiariscono come l'indennita' spetti,  oltre
 che   ai   ciechi   assoluti,   ai   cittadini   totalmente   inabili
 impossibilitati a  deambulare  senza  il  permanente  ausilio  di  un
 accompagnatore   ovvero  abbisognevoli  di  continua  assistenza  non
 essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
    Come si evince dai Lavori  parlamentari  (cfr.  Atti  Senato  VIII
 Legislatura  -  8  gennaio  1980) la ratio della denunziata normativa
 risiede  proprio  nell'offrire  un'alternativa  al   ricovero   degli
 invalidi  gravi,  "un aiuto alle famiglie che vogliono tenere in casa
 il loro familiare duramente colpito".
    Cio' premesso, e' evidente come la norma si  proponga  di  evitare
 una   duplicazione   dell'onere   a   carico  dello  Stato  allorche'
 l'invalido, ricoverato in via permanente, si  assenti  saltuariamente
 dal luogo di degenza.
    Non    sarebbe    razionale    ipotizzare    la    frazionabilita'
 dell'indennita',  assicurandola  anche  per   un   lasso   di   tempo
 addirittura  giornaliero  o  comunque inferiore al periodo mensile di
 pagamento: ne conseguirebbe  che  di  essa  verrebbe  a  giovarsi  un
 soggetto  al  quale,  contemporaneamente,  l'istituzione  ospedaliera
 assicura  la  disponibilita'  del  ricovero  e  di  un   posto   solo
 momentaneamente non occupato.
    Diverso  e'  il caso in cui l'allontanamento dall'istituto avvenga
 per  periodi  uguali  o  superiori   al   mese,   consentendo   cosi'
 all'amministrazione  onerata  di sospendere il pagamento delle rette,
 in  coincidenza  con  la  possibilita'  per  l'ente  ospedaliero   di
 utilizzare diversamente il posto-letto.
    In   tale  ipotesi,  venendo  meno  una  erogazione  dello  Stato,
 l'invalido puo' ben far valere  il  proprio  diritto  all'indennita',
 come  del  resto  e' confermato dalla prassi amministrativa che offre
 valido argomento interpretativo nel senso ora indicato. Le  circolari
 in  materia  del Ministero dell'interno, infatti, oltre a limitare la
 nozione  di  ricovero  ai  soli  casi  di  lunga  degenza  e  terapie
 riabilitative  (con  esclusione  cioe'  di  situazioni  contingenti),
 consentono di ottenere, a domanda, il pagamento della provvidenza  de
 qua per i mesi di (documentata) interruzione del ricovero.