LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto della
 regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della giunta
 regionale pro-tempore elettivamente domiciliato in Roma, via Giovanni
 Nicotera, 29, c/o  l'avv.  Rinaldo  Ricci,  rappresentata,  e  difesa
 dall'avv. Gaspare Pacia, giusta del. margine del ricorso, ricorrente,
 contro  il  Ministero  delle  finanze,  in  persona del Ministro pro-
 tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei  Portoghesi,  12,
 presso l'Avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta e difende
 ope  legis,  controricorrente, e contro il Ministero dei trasporti ed
 aviazione civile - Ente Ferrovie dello Stato, intimati, e sul secondo
 ricorso n.  8610/86  proposto  dall'Ente  Ferrovie  dello  Stato,  in
 persona del presidente pro-tempore elettivamente domiciliato in Roma,
 via  dei Portoghesi, 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato che
 lo rappresenta e difende ope legis, contror.    e  ric.  incidentale,
 contro la regione Friuli-Venezia Giulia, intimata;
    Avverso la sentenza della c.a. di Trieste del 25 febbraio 1986;
    Udita la relazione svolta dal cons. Baldassarre;
    Udito per il ricorrente l'avv. G. Facia;
    Udito per il resistente l'avv. Favara;
    Udito  il  p.m.  dott. Fabrizio Amirante che ha concluso chiedendo
 l'accoglimento del  ricorso  principale  e  il  rigetto  del  ricorso
 incidentale;
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  sentenza  del  27  marzo  1984  il  tribunale  di Trieste, in
 accoglimento  della  domanda  proposta  il  19  febbraio  1982,   nei
 confronti dei Ministeri delle finanze e dei trasporti - azienda delle
 Ferrovie dello Stato, dalla regione Friuli-Venezia Giulia, dichiarava
 che  i  beni  immobili destinati all'esercizio della soppressa strada
 ferrata Trieste Campo Marzio - S. Elia - Confine appartenevano,  alla
 data  del  16  febbraio 1963, al patrimonio disponibile dello Stato e
 dovevano essere trasferiti alla regione istante dal 1› gennaio  1965,
 ai  sensi  dell'art.  1, primo comma, del d.P.R.  31 ottobre 1967, n.
 1401.
    La corte d'appello, con la sentenza ora  gravata  per  cassazione,
 accoglieva   l'impugnazione   delle  amministrazioni  dello  Stato  e
 rigettava, quindi, la domanda, ritenendo  che  i  beni  in  questione
 rientrassero  nella categoria dei beni indisponibili per destinazione
 (art. 826 del cod. civ.); che la disposizione legislativa che avrebbe
 potuto dichiarare la dimissione dei beni dall'uso stabilito, non  era
 individuabile  nel  d.P.R.  25  agoso 1961, n. 1018, con il quale era
 stata ordinata soltanto  la  soppressione  della  linea  ferroviaria,
 senza  provvedere  in merito ai terreni ed ai relitti ferroviari; che
 persistevano, infatti,  le  garanzie  previste  dalla  legge  per  la
 vendita  di  tali  beni,  nonche'  i  vincoli  sulle somme ricavabili
 dall'alienazione, da  utilizzare  solo  per  il  potenziamento  degli
 impianti  del  servizio  ferroviario ex art. 46 della legge 27 luglio
 1967, n. 668.
    Per la cassazione della  sentenza  d'appello  ricorre  la  regione
 anche nei confronti dell'Ente Ferrovie dello Stato, con quattro mezzi
 d'annullamento, illustrati da memoria.
    L'Amministrzione  delle  finanze resiste con controricorso, mentre
 l'Ente Ferrovie dello Stato  propone  anche  due  motivi  di  ricorso
 incidentale condizionato.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    La  ricorrente  regione  Friuli-Venezia Giulia censura la sentenza
 impugnata per i seguenti motivi:
    1. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 828 del cod.  civ.,
 in quanto il d.P.R. 25 agosto 1961, n. 1018, aveva prodotto l'effetto
 di  dismettere i beni controversi (i quali, per altro, facevano parte
 in precedenza del demanio statale, ai sensi dell'art.  822  del  cod.
 civ.,    non   del   patrimonio   disponibile)   dalla   destinazione
 pubblicistica, avendo dichiarato lo smantellamento e la  soppressione
 della linea ferroviaria.
    2.  - Violazione dei principi in materia di sdemanializzazione dei
 beni demaniali, perche' una strada ferrata al momento  in  cui  viene
 smantellata  perde i requisiti della demanialita' e passa a far parte
 del patrimonio disponibile.
    3. - Violazione dei principi in tema di  qualificazione  dei  beni
 pubblici,  non  essendo  configurabile un concetto d'indisponibilita'
 non riferito al bene da qualificare, ma per saltum all'impiegato  del
 suo prezzo di vendita.
    4.  -  Mancata  applicazione  del d.P.R. 31 ottobre 1987, n. 1401,
 nella  parte  in  cui  include  nell'elenco   annesso,   quali   beni
 disponibili statali, trasferiti alla regione, tutti gli altri relitti
 ferroviari   esistenti   nel   territorio   regionale,  fornendo  una
 interpretazione autentica con la  "legge  rinforzata"  di  attuazione
 dell'art. 56 dello statuto di autonomia.
    L'Avvocatura   generale   dello  Stato,  nell'interesse  dell'ente
 ferroviario, dopo avere contrastato le ragioni poste a  sostegno  del
 ricorso  principale,  eccepisce,  in  via d'impugnazione incidentale,
 che, a norma dell'art. 57 dello  statuto  Friuli-Venezia  Giulia,  la
 determinazione  dei  beni  trasferiti  alla regione deve avvenire per
 atto legislativo e non anche per atto amministrativo o per  sentenza;
 e  da  cio'  trae  la  conseguenza della improponibilita' dell'azione
 proposta  dalla  regione,  in  quanto  la  domanda  urterebbe  contro
 l'intervenuta   decadenza  dalla  possibilita'  di  proporre  ricorso
 "diretto" alla Corte costituzionale avverso il d.P.R. n. 1401/1967.
    Il motivo di ricorso incidentale, pur non essendo suscettibile  di
 accoglimento  nei  termini  in cui e' prospettato, introduce tuttavia
 una questione di costituzionalita'  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata.
    L'art. 1 del d.P.R. 31 ottobre 1967, n. 1401, contenente "norme di
 attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia
 per  il  trasferimento  alla  regione  di  beni immobili patrimoniali
 indisponibili", stabilisce che sono trasferiti alla predetta regione,
 con effetto dal 1›  gennaio  1965,  e  vanno  a  far  parte  del  suo
 patrimonio disponibile:
       a)   i   beni   immobili   patrimoniali  dello  Stato  indicati
 nell'elenco annesso;
       b) gli altri beni immobili, situati nel  territorio  regionale,
 l'appartenenza  dei  quali al patrimonio disponibile dello Stato, con
 riferimento alla data  del  16  febbraio  1963,  venga  in  prosieguo
 accertata  con provvedimento giurisdizionale ovvero con provvedimento
 dell'autorita'  amministrativa  a  norma  dell'art.  829  del  codice
 civile.
    L'ammissibilita',  in  forza della norma di attuazione di cui alla
 citata  lett.  b),  di  conseguire  mediante  (tra  l'altro)   azione
 giudiziaria  l'acquisizione  di  altri  beni,  oltre  quelli indicati
 nell'elenco, esclude che la regione, ritenendo di avvalersi  di  tale
 norma,  dovesse promuovere giudizio di legittimita' costituzionale in
 via  principale  per  sentir  includere  nell'elenco  i beni ritenuti
 acquisibili mediante sentenza: a meno che non ritenesse  essa  stessa
 (e  l'eccezione e' implicata invece nel mezzo di ricorso incidentale)
 affetta da vizio di costituzionalita' la disposizione della lett.  b)
 citata.
    Poiche'  l'azione  della  regione  ricorrente  e' fondata, in modo
 ineludibile, sull'applicazione di questa disposizione, della quale e'
 chiara e non controversa la portata precettiva, e gli  altri  profili
 di  censura,  attinenti  alla  appartenenza  dei  beni  richiesti  al
 patrimonio disponibile dello Stato, risultano meritevoli  di  attenta
 considerazione  in  prospettiva  di  accoglimento, la soluzione della
 questione di legittimita' deve ritenersi rilevante ed  essenziale  ai
 fini della decisione della causa, con riguardo alla parte della norma
 che  consente  di  indicare  i  beni  da  trasferire alla regione con
 provvedimento giurisdizionale.
    In tali limiti - posto che e' estraneo alla presente  controversia
 il  profilo  riguardante  l'ammissibilita' di individuazione dei beni
 con  atto  amministrativo  -  la  questione  non  e'   manifestamente
 infondata,  in  relazione agli artt. 56, 57 e 65 del suddetto statuto
 speciale, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1.
    Per il combinato disposto dagli artt. 56 e 57 sono trasferiti alla
 regione i beni immobili patrimoniali dello Stato, che si trovano  nel
 territorio  della regione, disponibili alla data di entrata in vigore
 dello statuto (16  febbraio  1963),  e  sono  demandati  a  norme  di
 attuazione dello stesso statuto la indicazione dei beni predetti e le
 modalita'  per  la  loro  consegna  alla  regione;  mentre  l'art. 65
 definisce  la  natura  e  le  forme  delle   norme   di   attuazione,
 individuandole,  in via generale ed esclusiva, in decreti legislativi
 da emettere dopo aver  sentita  una  commissione  peritetica  di  sei
 membri, nominati tre dal Governo della Repubblica e tre dal consiglio
 regionale.
    Si  tratta  di  norme,  del  tutto distinte, oltre che dalle leggi
 regionali, dagli altri  provvedimenti  legislativi  dello  Stato,  le
 quali  in  ragione  della loro speciale forza precettiva, non possono
 essere modificate o integrate nemmeno da leggi ordinarie,  trovandosi
 queste, nella gerarchia delle fonti, in posizione subordinata.
    Le  norme  di  attuazione  degli  statuti regionali, che da queste
 leggi costituzionali sono individuate e disciplinate, non possono - a
 meno che non sia lo stesso statuto che le  prevede  a  consentirlo  -
 delegare i poteri di attuazione degli statuti medesimi a diversi atti
 normativi,    che   acquisirebbero,   in   contrasto   col   precetto
 costituzionale, la superiore ed esclusiva funzione legislativa.
    Difatti la competenza conferita agli appositi decreti  legislativi
 di  attuazione statutaria rispetto alle regioni a statuto speciale e'
 separata e riservata rispetto a  quella  che  scaturisce  dalla  VIII
 disposizione  di  att.  della  Costituzione  rispetto  alle regioni a
 statuto ordinario; e vanno quindi rigorosamente rispettate le  proce-
 dure   speciali   dettate   per  ogni  singolo  statuto  (cfr.  Corte
 costituzionale sentenza 22 dicembre 1980, n. 180).  La  natura  e  la
 funzione  propria  di tali decreti delimitano, d'altra parte, il loro
 contenuto pecettivo ed escludono che questo possa  discostarsi  dalle
 attribuzioni  delegate  (v.  Corte  costituzionale 18 luglio 1984, n.
 212).
    L'art.  57  citato  (che  avrebbe  potuto  direttamente  prevedere
 criteri generali per la individuazione dei beni  da  trasferire  alla
 regione ovvero rimettere al legislatore ex art. 65 la formulazione di
 siffatti  criteri)  ha  delegato  invece  alle norme di attuazione la
 immediata determinazione  dei  beni  e,  quindi,  l'accertamento  dei
 necessari presupposti di fatto di cui all'art. 56.
    L'attribuzione al giudice (ovvero all'autorita' amministrativa) di
 un  potere sostitutivo di quello assegnato dalla norma costituzionale
 statutaria allo speciale atto  legislativo  (legge  rinforzata  dello
 Stato)  giustifica  un  serio  dubbio  di legittimita' costituzionale
 della norma che la prevede.
    Ricorrono, per tanto, i presupposti per investire della  questione
 la  Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 133 della Costituzione e
 dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1.