IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Cerisano Luca, nato il 26 luglio 1965 a Cagliari, atto di nascita n. 2836, residente a Udine in via E. Frusch n. 4, celibe, licenza media inferiore, incensurato; sergente maggiore in s.p.e. nel quinto battaglione genio pionieri "Bolsena" in Udine, libero, imputato di peculato militare (art. 215 del c.p.m.p.) perche', serg. magg. s.p.e. nel quinto battaglione genio pionieri "Bolsena" in Udine, il 2 maggio 1989, verso le ore 21,30, essendo incaricato di funzioni di comando in qualita' di comandante nel nucleo di vigilanza all'area addestrativa di Picchi di Pertegada avendo per ragioni del suo servizio il possesso dell'ACM 80 targato E.I. 041/BV, lo distraeva a profitto proprio e di altri recandosi con esso in localita' Lignano Sabbiadoro ove si tratteneva fino a oltre mezzanotte. FATTO E DIRITTO A conclusione del giudizio abbreviato, cui si e' proceduto a norma dell'art. 247 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), il pubblico ministero ha eccepito l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1 della legge 11 aprile 1990, n. 73, e 1 del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, in relazione all'art. 3 della Costituzione. La difesa si e' associata. E' emerso che il 3 maggio 1989 il sergente Cerisano Luca, comandante del nucleo di vigilanza nell'area addestrativa di Picchi di Pertegada, ha impiegato per finalita' private del tutto estranee al servizio il camion ACM 80 targato E.I. 041/BV, in suo possesso per ragione del comando di cui era investito. Dopo l'indebita utilizzazione, protrattosi per non piu' di qualche ora nella percorrenza dal distaccamento sito a Lignano Sabbiadoro e poi nel detto centro abitato, lo stesso sottufficiale ha disposto il rientro nell'area addestrativa del camion, che in tal modo veniva restituito alla sua normale destinazione di servizio. Con questa modalita' si e' realizzato il peculato militare nella forma, cui si riferisce il capo di imputazione, della distrazione a profitto proprio; o anche (dato il rapporto di genere a specie intercorrente tra l'appropriazione e la distrazione) della temporanea appropriazione. L'eccezione prospettata dal pubblico ministero muove dalla premessa che con la legge 26 aprile 1990, n. 86 (modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) si e' riordinato il reato comune di peculato (art. 314 del c.p.), senza pero' provvedere al corrispondente reato di peculato militare: nel secondo comma dell'art. 314 ora si prevede il peculato d'uso come figura minore solamente rispetto alla fattispecie di peculato delineato nel primo comma, mentre rimane inalterata la comprensivita' della norma incriminatrice dell'art. 215 del c.p.m.p., riguardante ogni forma di appropriazione e di distrazione, anche temporanea o d'uso, e seguita, come e' avvenuto nella specie, dall'immediata restituzione della cosa. Le conseguenze sono evidenti: mentre il pubblico ufficiale e incaricato di un pubblico servizio, che ponga in essere un peculato d'uso, attualmente e' soggetto alla pena da sei mesi a tre anni di reclusione, sensibilmente piu' severo (la reclusione militare da due a dieci anni) rimane il trattamento sanzionatorio cui, come avviene nella specie, e' soggetto il corrispondente funzionario militare ("incaricato di funzioni amministrative o di comando"), che ponga in essere un peculato militare d'uso. La Corte costituzionale con la sentenza n. 473/1990 ha gia' escluso che tale differente regolamentazione costituisca una violazione del principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione), che essa possa, in vece del legislatore, rimuovere. Ma ora il problema in relazione al principio di uguaglianza si ripropone ai limitati fini dell'applicazione dell'amnistia disposta con il citato d.P.R. a seguito della citata legge di delegazione. E' chiaro, infatti, che il peculato d'uso ora configurato dall'art. 314, secondo comma, del c.p., essendo - come del resto il furto d'uso - un titolo autonomo di reato rispetto a quello delineato nel primo comma, rientra nel beneficio, al quale invece e' sicuramente estraneo il peculato militare d'uso, ancor oggi compreso (e sin quando il legislatore non riterra' di dover provvedere al riguardo) nella generica norma incriminatrice dell'art. 215 del c.p.m.p. La differente regolamentazione rappresenta, come la stessa Corte costituzionale ha afffermato con la succitata sentenza, una violazione del principio costituzionale di uguaglianza, in considerazione della sostanziale identita', gia' riconosciuta dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 14/1974, tra peculato comune e peculato militare. Questo tribunale, pertanto, ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 della legge 11 aprile 1990, n. 73, e 1 del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, nella parte in cui non prevedono l'applicazione dell'amnistia per il delitto di peculato miliare previsto dall'art. 215 del c.p.m.p., quando questo si realizzi nella forma del peculato d'uso come configurato dall'art. 314, secondo comma, del c.p., in relazione all'art. 3 della Costituzione.