IL TRIBUNALE Il pretore di Firenze, decidendo su ricorso proposto da Mecacci Vittoria, titolare di due pensioni, entrambe integrate al minimo, con sentenza 21-28 novembre 1990 condannava l'Istituto nazionale della previdenza sociale "pagare alla ricorrente la pensione cat. SO n. 254308 nell'importo cristallizzato al 30 settembre 1983" sulla considerazione che "cristillizzazione prevista dal settimo comma (dell'art. 6 della legge n. 638/1983) si applichi ad ogni ipotesi di cessazione del diritto all'integrazione e non solo a quella per superamento del limite di reddito di cui al sesto comma, e cioe' dopo il 1 ottobre 1983". L'I.N.P.S. impugnava la decisione sostenendo che la nuova normativa esclude il diritto alla "cristallizzazione", nel caso della integrazione al minimo di due pensioni. La soluzione del contrasto interpretativo influisce, all'evidenza, sulla presente contesa. La ricordata legge n. 638/1983 riconosce, come del resto tutta la normativa precedente, il diritto alla integrazione al minimo per una sola pensione, e, nel caso di cessazione di tale diritto per superamento del limite di reddito, al settimo comma dell'art. 6 prevede la conservazione dell'importo erogato fino al suo riassorbimento per effetto della perequazione automatica, di cui al comma quinto dello stesso articolo. La disposizione e' dettata per l'unico caso di integrazione al minimo previsto dalla stessa legge, e non per quello di duplice integrazione, non contemplata dal legislatore, e venuta ad esistenza soltanto con la sentenza n. 314/1985 della Corte costituzionale. Il giudice di legittimita' si e' pronunciato con le sentenze nn. 5720/89 e 3749/90 affermando, con la prima, che "l'art. 6 del d.-l. n. 463/1983, convertito, con modificazioni, nella legge n. 638/1983 ha dettato un generale regime di integrazione al minimo per l'ipotesi del cumulo di piu' pensioni, sicche' risulta legittima la soppressione del diritto all'integrazione al minimo per il periodo successivo all'entrata in vigore della normativa indicata (1 ottobre 1983); e', tuttavia, fatta salva la corresponsione dell'integrazione, nella misura pagata al 30 settembre 1983, fino al suo riassorbimento conseguente alla rivalutazione automatica della pensione-base, in conformita' di quanto dispone il settimo comma dell'art. 6 del d.-l. n. 463/83", e dettando, con la seconda, il seguente principio: "Dopo il 1 ottobre 1983 il diritto alla doppia integrazione al minimo delle pensioni aventi decorrenza anteriore cessa solo per effetto del superamento del limite reddituale". Le motivazioni poste a base delle due sentenze non sembrano, a giudizio di questo Tribunale, persuasiva, e tali, comunque, da costituire "diritto vivente". Con la prima decisione la suprema Corte ritiene di rinvenire nella stessa legge n. 638/1983 il principio della doppia "cristallizzazione", principio che il legislatore ha dettato, come si e' detto, per l'unico caso di integrazione che ha inteso regolare, non essendosi mai posto nel corso dell'iter formativo della legge, il problema di una integrazione plurima. Neppure la lettura coordinata delle norme inducono in tale conclusione, poiche' si ripete il tutto ruota intorno a un'unica integrazione. Ne' la disposizione del comma settimo dell'art. 6, ove non si potesse riferire alla ipotesi della duplice integrazione, sarebbe inutiliter data, perche' trova il suo chiaro punto di riferimento nel caso di perdita del diritto alla integrazione per effetto del superamento del limite di reddito. Con la sentenza 5 maggio 1990, n. 3749, i giudici del diritto vanno addirittura al di la' della cristallizzazione, affermando il diritto alla doppia integrazione al minimo anche per il periodo successivo al 1 ottobre 1983, il che' sembra potersi sicuramente escludere contenendo la nuova legge esplicito riferimento ad una sola ipotesi di integrazione. In un tale contesto il tribunale non ritiene di poter accogliere la domanda proposta da Mecacci Vittoria, intesa ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla "cristallizzazione" del trattamento pensionistico in godimento al 30 settembre 1983, data di cessazione del diritto alla seconda integrazione al minimo. Cio' comporta, pero', questione, non manifestamente infondata, di legittimita' costituzionale della nuova normativa, specie del comma settimo dell'art. 6 del d.-l. n. 463/1987, convertito, con modificazioni, nella legge n. 638/1983, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione. Non si vede, infatti, la ragione della diversita' di trattamento tra titolari di una sola pensione integrata al minimo e titolari di due pensioni, pur'esse integrate al minimo, ove si consideri che la ratio che indotto i legislatori a sancire con il settimo comma dell'art. 6, il diritto alla c.d. cristallizzazione, con riferimento ad una sola integrazione, dovrebbe essere comune ad entrambi i casi. Essendo noto che i trattamenti pensionistici sono destinati a soddisfare primarie esigenze della vita quotidiana dei titolari e delle loro famiglie, il legislatore ha inteso evitare un brusco e drastico ridimensionamento del reddito del pensionato, con le immancabili gravi conseguenze sul tenore di vita suo e della famiglia. E del resto e' lo stesso Giudice delle leggi che, con la sentenza n. 822/1988, nell'escludere che il potere del legislatore di modificare l'ordinamento delle pensioni possa essere assolutamente discrezionale, afferma che non e' consentita "una modifica normativa che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro o addirittura quando sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiori in misura notevole e in maniera definitiva il trattamento pensionistico gia' attribuito dalla normativa precedente con grave irrimediabile sacrificio delle legittime aspettative nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione del rapporto".