IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso in appello n.
 60/88 proposta dal questore di  Ragusa  pro-tempore  e  il  Ministero
 dell'interno,  in  persona  del Ministro pro-tempore, rappresentati e
 difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso  i
 cui  uffici in via Alcide De Gasperi, 81, sono per legge domiciliati,
 contro Pampallona Giacomo rappresentato e difeso dagli avv.ti Giacomo
 Vespo e Umberto Speciale ed elettivamente domiciliato in Palermo, via
 Sciuti, 91/L presso lo studio del secondo, per  l'annullamento  della
 sentenza  del  t.a.r.  per  la  Sicilia,  prima  sezione  staccata di
 Catania, n. 1407/87  avente  per  oggetto:  destituzione  di  diritto
 dall'amministrazione della pubblica sicurezza;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio degli avv.ti G. Vespo e
 U. Speciale per Pampallona Giacomo;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Vista la propria ordinanza 29 dicembre 1989, n. 504,  con  cui  e'
 stata disposta la rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Vista  l'ordinanza  31  luglio  1990,  n.  403,  con  cui la Corte
 costituzionale ha restituito gli atti a questo consiglio;
    Udita alla pubblica udienza del 20 dicembre 1990 la relazione  del
 consigliere  Salvatore  Giacchetti  e  uditi,  altresi', l'avvocatura
 dello Stato per il questore di Ragusa e per il Ministero dell'interno
 e gli avv.ti Erminia  Esposito  Vincitori  ed  Ignazio  Scardina,  su
 delega dell'avv. Umberto Speciale, per Pampallona Giacomo;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Il  sig.  Giacomo  Pampallona,  agente  della  Polizia  di  Stato,
 impugnava dinanzi al t.a.r.s.:
      1) il decreto n. 800/23239 del 29 gennaio  1985,  col  quale  il
 capo  della Polizia ne disponeva la destituzione di diritto - a norma
 dell'art. 8, primo comma, lett. b), del d.P.R. 25  ottobre  1981,  n.
 737  -  a  seguito  di  condanna  penale,  passata  in giudicato, che
 comportava l'interdizione dai pubblici uffici per  la  durata  di  un
 anno;
      2) il verbale in data 1› febbraio 1985, col quale la questura di
 Catania gli comunicava il suddetto provvedimento.
    Deduceva,  in  particolare,  l'illegittimita'  costituzionale  del
 citato  art.  8  per  violazione  del  principio  di   ragionevolezza
 discendente dall'art. 3 della Costituzione.
    Il  t.a.r.,  sezione staccata di Catania, con sentenza 21 novembre
 1987, n. 1407:
       a)  rilevava  che  il  suddetto  art.  8,  che   prevedeva   la
 destituzione   di   diritto   nel   caso   di   condanna   importante
 l'interdizione "anche temporanea"  dai  pubblici  uffici,  era  stato
 modificato  dall'art.  11  della  legge  10 ottobre 1986, n. 668, che
 prevede detta  destituzione  nel  caso  di  condanna  importante  "la
 interdizione perpetua" dagli uffici stessi;
       b)  riteneva la nuova normativa retroattivamente applicabile ai
 provvedimenti di destituzione ancora sub iudice, ai sensi dell'art. 2
 del cod. pen., dell'art. 12, secondo comma,  delle  disp.  prel.  del
 cod. civ., e dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione;
       c)  riteneva pertanto di dover rilevare il vizio di invalidita'
 sopravvenuta dei provvedimenti impugnati; e cio' d'ufficio, in quanto
 tale profilo - non contenuto, ovviamente, nel ricorso introduttivo  -
 non  era  stato  formulato  in  un motivo aggiunto ma in una semplice
 memoria non notificata;
       d)   accoglieva   pertanto   il   ricorso    per    l'esclusiva
 considerazione  sub  c),  dichiarando assorbiti i motivi proposti con
 l'atto introduttivo, tra i quali  l'indicato  vizio  di  legittimita'
 costituzionale.
    La sentenza veniva appellata dall'amministrazione, che deduceva in
 particolare  che  il  primo giudice avrebbe accolto un motivo che non
 era stato dedotto,  e  che  comunque  era  infondato,  in  quanto  il
 principio  di  retroattivita'  della norma piu' favorevole, posto dal
 t.a.r. a fondamento della sua decisione,  si  riferirebbe  alle  sole
 norme  incriminatrici  penali e non troverebbe quindi applicazione in
 materia amministrativa.
    Il  Pampallona  si costituiva in appello, contestando puntualmente
 le censure dell'appellante.
    Questo consiglio, con ordinanza 29 dicembre 1989, n. 504:
       a) riteneva fondato l'appello dell'amministrazione,  in  quanto
 il  primo  giudice  aveva rilevato d'ufficio un vizio di legittimita'
 che non era stato formulato dal ricorrente;
       b) prendeva  quindi  in  esame  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  del  citato art. 8, lett. b), gia' assorbita in primo
 grado e riproposta in appello; e, ritenutala rilevante  ai  fini  del
 decidere  e  non  manifestamente  infondata,  rimetteva gli atti alla
 Corte costituzionale, sospendendo il giudizio.
    La Corte costituzionale, con ordinanza 31 luglio 1990, n. 403,  ha
 restituito gli atti a questo consiglio, rilevando che successivamente
 all'ordinanza  n.  504/1989  e'  stata promulgata la legge 7 febbraio
 1990, n. 19, che all'art. 10 ha dettato  una  nuova  disciplina  alla
 materia  de  qua; e che pertanto si rende necessario un riesame della
 rilevanza della questione alla stregua dello ius superveniens.
    A seguito di cio' questo Consiglio ha nuovamente preso la causa in
 decisione.
                             D I R I T T O
    Ritiene il collegio che, nella particolare fattispecie  in  esame,
 la  successiva  promulgazione  della legge 7 febbraio 1990, n. 19, la
 quale all'art. 10 dispone che i pubblici dipendenti  gia'  destituiti
 di diritto siano riammessi in servizio ove ad essi non venga inflitta
 la  sanzione  disciplinare  della destituzione, non abbia fatto venir
 meno la rilevanza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata  con  l'ordinanza  29  dicembre  1989,  n.  504, e relativa
 all'art. 8, primo comma, lett. b), del d.P.R.  25  ottobre  1981,  n.
 737.
    Ed    infatti    l'eventuale    declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale del citato art.  8  condurrebbe  all'annullamento,  da
 parte di questo consiglio, del provvedimento di destituzione irrogato
 il   29   gennaio   1985   al  Pampallona,  con  conseguente  diritto
 dell'interessato ad un'integrale  ricostruzione  ex  tunc  della  sua
 carriera sotto il profilo sia giuridico che economico.
    Invece  la  riammissione  in  servizio ai sensi dell'art. 10 della
 legge n. 19/1990  determina  la  reintegrazione  nel  ruolo  "con  la
 qualifica,   il   livello  e  l'anzianita'  posseduti  alla  data  di
 cessazione  del  servizio",  opera  cioe'  con  effetto  ex  nunc;  e
 pertanto,  atteso  il  lungo  tempo trascorso nel caso in esame dalla
 data del provvedimento di destituzione, e' molto meno favorevole  per
 il  Pampallona,  che  conserva  quindi l'interesse a vedere decisa la
 questione di legittimita' costituzionale sollevata con l'ordinanza n.
 504/1989.
    Gi atti vanno pertanto restituiti alla Corte costituzionale.