LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Aghina Giampiero, residente a Stressa, fraz. Someraro, via Molini n. 1, avvero ufficio imposte dirette di Roma; Letti gli atti; Sentiti il rag. Vittorio Di Pietro Maria per il ricorrente e il dott. Francesco Pinzino per l'ufficio ii.dd. di Arona; Udito il relatore Marziano Cavazzoni; RITENUTO IN FATTO L'ufficio imposte dirette di Arona, dopo aver rettificato per il periodo di imposte 1983 la dichiarazione della "PI.EM. di Lazzaro Emilio e Aghina Giampiero S.n.c.", gia' con sede in Baveno, (reddito dichiarato L. 10.909.000, reddito accertato L. 42.378.000), ha notificato, in data 9 novembre 1989, ad Aghina Giampiero, socio al 50% della anzidetta societa', altro e diverso avviso di accertamento con il quale, ai fini Irpef e in applicazione dell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973, ha elevato il reddito di partecipazione del socio da L. 5.454.000 a L. 21.189.000; Sia la societa' sia il socio hanno proposto ricorso contro il rispettivo avviso di accertamento. Il ricorso della societa' e' stato respinto da altra sezione di questa commissione tributaria (dec. n. 1631/90, depositata il 7 novembre 1990), ma la relativa non e' ancora difinitiva perche' contro la stessa pende il giudizio di appello davanti alla commissione tributaria di secondo grado di Novara. Il ricorso del socio e' oggetto del presente giudizio. Il ricorrente Aghina Giampiero ha chiesto, in via pregiudiziale, la sospensione del giudizio fino alla definizione della causa promossa dalla pi.em. S.n.c. e, nel merito, l'annullamento dell'atto impugnato o la riduzione del reddito accertato e, all'udienza del 21 gennaio 1991, il difensore, rag. Vittorio Dipietromaria, ha insistito per la sospensione del giudizio, in quanto, ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973, il reddito di partecipazione del socio e' subordinato alla determinazione del reddito della societa'; L'ufficio imposte dirette di Arona non resisteva al ricorso con deduzioni scritte e, all'udienza, non si opponeva alla sospensione del giudizio. La decisione del ricorso deve essere proceduta, a parere di questo collegio, da un giudizio di legittimita' costituzionale; Questo collegio deve osservare che la sospensione del processo tributario non e' prevista o regolata dalle norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), ne' dalle norme contenute nel libro primo del codice di procedura civile alle quali rinvia l'art. 39, primo comma, del citato d.P.R. n. 636/1972; La sospensione e' prevista, invece, dagli artt. 295 e seguenti del codice di procedura civile che, secondo l'orientamento largamente diffuso in dottrina e in giurisprudenza, non possono trovare applicazione nel processo tributario; Ma, nella fattispecie in esame, la sospensione del processo non solo e' opportuna, e' addirittura necessaria, perche' la decisione del presente ricorso dipende totalmente dalla definizione della causa promossa della Pi.Em. S.n.c., causa che attualmente trovasi in grado di appello davanti alla commissione tributaria di secondo grado di Novara; Stabilisce, infatti, l'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973, sostanzialmente riprodotto nell'art. 5 del d.P.R. n. 917/1986 (t.u. imposte sui redditi), che "I redditi delle societa' semplici, in nome collettivo.. .. .. sono imputati a ciascuna socio, indipedentemente dall'effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili"; Questo collegio non ignora ne' sottovaluta che l'applicazione al processo tributaria dalla norma di cui all'art. 295 del c.p.c. (sospensione necessaria) potrebbe comportare un enorme ritardo nella riscossione delle imposte sui redditi di partecipazione in societa' di persona. E' noto, infatti, che i tempi per la definizione delle controversie tributarie, per le quali sono previsti ben quattro gradi di giudizio, sono eccessivamente lunghi. Ma questo collegio deve evidenziare che la mancata sospensione del processo, come questo in esame, avente per oggetto un avviso di accertamento concernente redditi di partecipazione in societa' di persone, non solo puo' dar luogo a giudicati contraddittori, ma e' incompatabile con la disposizione di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973, per la quale l'accertamento dei redditi a carico della societa' di persone spiega automatica efficacia ai fini dell'Irpef dovura dai soci; Ne', a parere di questo collegio, puo' essere condivisa la prassi seguita da alcune commissioni tributaria che, in fattispecie analoghe alla presente, determinano i redditi di partecipazione in societa' di persone "in conseguenza del reddito che sara' definitivamente accertato a carico della societa'"; Trattasi di decisioni in bianco, giuridicamente aberranti, peraltro incompatibili con il sistema tributario che, all'art. 15, secondo comma, del d.P.R. n. 602/1973, prevede l'iscrizione a titolo provvisorio nei ruoli dopo la decisione della commissione tributaria di primo grado, fino alla concorrenza dei due terzi dell'imposta corrispondente all'imponibile o al maggior imponibile deciso dalla commissione stessa. Deve rilevarsi, per maggiore complettezza della questione, che, probalbilmente, questa deprecabile situazione di incertezza non sissisterebbe se gli uffici delle imposte dirette, invece, di emettere destinti avvisi di accertamento (uno a carico della societa' ai fini dell'Ilor e altri a carico dei soci ai fini dell'Irpef o dell'Irpeg), procedessero alla rettifica delle dichiarazioni delle societa' indicate nell'art. 5 del d.P.R. n. 597/1973 con un "unico atto", ai fini dell'Ilor dovuta dalle societa' e ai fini dell'Irpef e dell'Irpeg dovute dai singoli soci (cosi' come sembra prescrivere la disposizione di cui all'art. 40, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600); Questo "rimedio", pero', potrebbe porre problemi di non facile soluzione nel caso in cui la societa' e i soci (o alcuni soci) non avessero il domicilio fiscale nello stesso distretto e nella stessa circoscrizione (art. 31, secondo comma, del d.P.R. n. 600/1973). Per le argomentazioni esposte l'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 636/72, in quanto non prevede l'applicabilita' davanti alle commissioni tributarie della norma di cui all'art. 295 (sospensione necessaria) del codice di procedura civile, potrebbe essere illegittimo in relazione all'art. 3 (principio di razionalita') e all'art. 97, primo comma, (principio del buon andamento della pubblica amministrazione, applicabile anche alla giurisdizione) della Costituzione. Trattasi di questione che, oltre ad essere "non manifestamente infondata", e' anche "rilevante" ai fini della definizione del presente giudizio, in quanto se l'art. 39, primo comma, del d.P.R. n. 636/1972, nella parte in cui non prevede l'applicabilita' dell'art. 295 del c.p.c. al procedimento davanti alle commissioni tributarie, fosse illegittimo, il presente giudizio, come richiesto dal ricorrente, dovrebbe essere sospeso fino alla definizione della controversia concernente la Pi.Em. S.n.c. e l'ufficio delle imposte dirette di Arona.