IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Letta  la  richiesta  del  p.m.,  pervenuta il 12 dicembre 1990, di
 rinvio a giudizio ex artt. 416 e segg. del  nuovo  c.p.p.,  cioe'  in
 senso  tecnico  finalizzato alla udienza preliminare, premesso che in
 detta sede ed in detto contesto il p.m. ha autenticamente  esercitato
 ex  art.  405  del c.p.p. l'azione penale nei confronti della persona
 sottoposta alle indagini preliminari, che quindi si e' trasformata in
 autentico imputato; dovendosi a tal punto, sulla base  della  lettura
 degli atti processuali, sollevare d'ufficio (iussu iudicis) questione
 di    legittimita'    costituzionale    dell'art.   418   (fissazione
 dell'udienaza  preliminare)  laddove  prevede  la  stessa  come  atto
 dovuto-meccanismo   incoercibile  inderogabile  senza  consentire  al
 giudicante alcuna forma di effettivo controllo giurisdizionale  sulla
 scelta  del  rito, scelta effettuata dal p.m., magistrato a tutti gli
 effetti  facenti parte dell'ordinamento giudiziario e non funzionario
 della p.a. inquadrato nel potere esecutivo, tuttavia  non  giudicante
 ma  requirente,  in  violazione  dell'art.  101, secondo comma, della
 Costituzione ("i giudici sono soggetti soltanto alla legge"),  mentre
 nella  specie  soggiacciono ad altra autorita' giudiziaria ordinaria,
 pur nell'autonomia (ovvia e lapalissiana) della decisione nel merito;
 poiche'  l'eccesso  di  disponibilita'   del   processo   accusatorio
 (l'attuale)  pregiudica  la  terzieta' del giudice vincolandolo ad un
 rito che egli puo' non condividere come nella  concreta  fattispecie,
 ove la prova al contrario e' da ritenersi evidente ex art. 455, n. 1,
 del nuovo c.p.p., e fra l'altro, ove il processo non fosse stato gia'
 parzialmente istruito con il vecchio rito, uno degli attuali imputati
 e'  gia'  stato interrogato sul fatto (v. ff. 139-142 del 22 febbraio
 1989 interrogatorio del Fontanella da parte della p.g. e  quindi  ben
 avrebbe  potuto  essere  interrogato ex novo formalmente (stavolta da
 parte del p.m.) e lo stesso si  sarebbe  potuto  fare  nei  confronti
 dell'attuale coimputato Gigli;
    Poiche'   l'evidenza  si  riscontra  oggettivamente  dalla  stessa
 dettagliata analiticita' dei fatti come descritti in sede di rapporto
 della p.g. e di allegato p.v. di constatazione,  ragion  per  cui  la
 scelta  del giudizio immediatato sembra essere ben piu' conferente al
 caso in esame che non quella della udienza preliminare, che  dovrebbe
 non  intasarsi  qualitativamente  e  quantitativamente, ed essere non
 punto di passaggio  obbligato  verso  il  dibattimento  (con  il  che
 diverrebbe   inutile)   bensi'   filtro   selettore   di   deflazione
 dibattimentale;
    Poiche'  oltretutto  il  giudizio  immediato  si  traduce  in   un
 meccanismo   di   sfoltimento  insieme  con  gli  altri  procedimenti
 speciali, di per se' raccordabile e raccordato, con riferimento  alle
 valutazioni  del  p.m.  in  ordine  al  modus procedendi, al giudizio
 direttissimo, ragion per  cui  ove  l'organo  della  pubblica  accusa
 rinuncia  alla pretesa del giudizio direttissimo (stante la mancanza,
 ritenuta, della condizione di evidenza probatoria) residua pur sempre
 il giudizio immediato ove le indagini possono essere  compiute  nello
 spazio di gg. 90 (si rifletta sulle rispettive date: 21 febbraio 1990
 iscrizione  del  procedimento  nel  registro  notizie  di  reato  - 6
 dicembre 1990 chiusura delle indagini preliminari);
    Poiche' il detto rito si  colloca  a  meta'  strada  fra  giudizio
 direttissimo e procedimento ordinario;
    Essendo  la  questione  rilevante nel corrente giudizio, stante le
 sopradette argomentazioni in fatto e diritto;
    Poiche' del resto solo in astratto il rito  immediato  si  colloca
 sullo  stesso  piano  dell'istruzione sommaria di cui al vecchio rito
 (stante la comune "evidenza della prova") mentre in concreto vige  al
 riguardo la differenza che nell'istruzione sommaria il passaggio alla
 fase    del   dibattimento   era   rimesso   all'esclusiva   volonta'
 discrezionale del p.m. tramite richiesta di citazione a giudizio  cui
 faceva  seguito, come atto dovuto, il decreto di citazione a giudizio
 emesso dal presidente del tribunale) laddove  nell'attuale  procedura
 occorre  l'esplicita  statuizione del g.i.p. in forma di decreto, non
 automatico ma fondato su una  valutazione-delibazione  da  parte  del
 giudice  circa  la accoglibilita' o meno della richiesta (v. art. 455
 stesso cod.;  o  accoglimento  o  restituzione  degli  atti  al  p.m.
 nell'ipotesi di rigetto);
    Poiche'   l'incongruenza   dell'art.   417   risiede  anche  nella
 disparita' di trattamento con il detto art. 455, e quindi  mentre  il
 g.i.p.  puo' rigettare il giudizio immediato trovasi invece vincolato
 al rito orginario, con violazione quindi degli artt. 2, 3 e 97  della
 Costituzione  (sul  buon andamento della p.a. - amministrazione della
 giustizia  e  sull'organizzazione  dei   pubblici   uffici,   violato
 dall'intasamento dei processi);