IL PRETORE Esaminati gli atti; O S S E R V A Agostino Arca e' stato citato a giudizio dinanzi a questo pretore con decreto di citazione emesso in data 30 luglio 1990 dal procuratore della Repubblica presso questa pretura circondariale per rispondere del reato p.p. dall'art. 116 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, commesso in Livorno il 30 ottobre 1989. Risulta dagli atti che questo stesso magistrato, quale giudice per le indagini preliminari, ha respinto, con provvedimento in data 27 marzo 1990, una richiesta di emissione di decreto penale di condanna nei confronti di Agostino Arca, per il medesimo fatto, configurando nei fatti elementi tali da far apparire inadeguata la pena richiesta e da imporre la configurazione dell'ipotesi grave prevista dalla medesima norma incriminatrice. Al dibattimento, nell'udienza del 14 novembre 1990, rilevate le circostanze sopra esposte, il p.m. ha chiesto di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale vigente; il difensore si e' associato. Questo pretore ritiene che debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale della ricordata norma dell'art. 34 del c.p.p. vigente, che, nel prevedere i casi di incompatibilita' con l'ufficio di giudice, non comprende ta gli stessi l'ipotesi e ricorrente nel caso concreto. In particolare, la questione di legittimita' costituzionale si pone in relazione alla violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, per essere state violate le direttive n. 67 e n. 103 dell'art. 2 della legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81. Si deve notare che la prima delle ricordate direttive prevede il divieto di esercitare le funzioni del giudice del dibattimento per chi abbia svolto in precedenza nello stesso procedimento funzioni di p.m. o di giudice che ha emesso uno dei provvedimenti indicati nei nn. 44, 46 e 52 della stessa legge delega, all'art. 2, e prevede inoltre il divieto di esercitare le funzioni di giudice in altro grado per il magistrato che ha gia' preso parte allo stesso procedimento giudicando nel merito o svolgendo funzioni di p.m. La seconda delle direttive citate invece, nel disciplinare il processo davanti al pretore, prevede la distinzione delle funzioni di p.m. e di giudice, nella tutela del principio di terzieta' del giudice, conformemente a quanto gia' ritenuto dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 268/1986. Cio' posto si deve concludere, a giudizio di questo pretore, che la situazione ricorrente nel presente giudizio, pur non essendo prevista quale causa di incompatibilita' dalla ricordata norma dell'art. 34 del c.p.p., e' del tutto assimilabile alle ipotesi previste dalla stessa norma, ricorrendo in proposito le medesime ragioni giustificative. Il regime delle incompatibilita' previste dalla legge delega appare ispirato alla esigenza di evitare che possa svolgere funzioni di giudice in una diversa e successiva fase del procedimento chi abbia in precedenza svolta attivita' che abbiano comportato la manifestazione di una valutazione di merito sui fatti oggetto dell'imputazione, o addirittura la partecipazione allo stesso meccanismo d'impulso dell'azione penale. Si aggiunga inoltre che, in omaggio al gia' accennato principio della terzieta' del giudice, e' stato specificamente previsto, nel nuovo sistema processuale, che il giudice della fase dibattimentale non debba conoscere gli atti delle indagini preliminari. Nel caso concreto, in effetti, il giudice della fase dibattimentale ha gia' espresso una valutazione di merito sulla imputazione formulata dal p.m. ai fini della richiesta di decreto penale di condanna, sia in relazione alla adeguatezza della pena richiesta dal p.m. sia in relazione alla configurazione dell'ipotesi grave del reato contestato. Si tratta di una situazione certamente non diversa, sotto il profilo sostanziale, da quelle disciplinate dall'art. 34, secondo comma, del c.p.p., ed in particolare da quella relativa alla incompatibilita' con le funzioni giudicanti del giudice che ha emesso il decreto penale di condanna. Anche nel caso in questione, infatti, il giudice ha espresso una valutazione di merito sull'imputazione formulata dal p.m., che appare incompatibilita' con una successiva attivita' di giudicante, ed ha avuto piena conoscenza degli atti delle indagini preliminari, che non concorrono invece, se non in parte, alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Il dubbio sulla legittimita' costituzionale della norma richiamata appare rafforzato dalla recente pronunzia della Corte costituzionale n. 496 del 15-26 ottobre 1990 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p., anche se in relazione ad una distinta ipotesi di incompatibilita', considerando che la pronuncia appare fondata su ragioni giustificatrici che sembrano almeno in parte applicabili anche alla ipotesi in questione. La questione di legittimita' costituzionale, cosi' evidenziati i motivi della sua non manifesta infondatezza, appare rilevante, in quanto, se accolta, comporterebbe l'incompatibilita' di questo pre- tore quale giudice del dibattimento.