IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Letti gli atti e sciogliendo la riserva;
    Ritenuto che la prospettazione attorea, in seno alla quale si  de-
 duce  un  rapporto  enfiteutico  risultante  a data antecedente al 28
 ottobre 1941, pur se contestata  dalla  concedente,  non  ha  trovato
 alcun  valido e concreto elemento di contrasto, per cui, nell'attuale
 fase di summaria cognitio deve ritenersi che  la  fattispecie  ricada
 sotto  la disciplina prevista dall'art. 1 della legge n. 607/1966 per
 i rapporti di antica costituzione;
    Ritenuto, pertanto, che, essendo stata  richiesta  l'affrancazione
 del  fondo,  occorre, ai sensi della citata norma, far riferimento al
 canone enfiteutico determinato sulla base del r.d. (questo  calcolato
 a mente della legge 29 giugno 1939, n. 976, e rivalutato ai sensi del
 d.lgs.  del C.P.S. 12 maggio 1947, n. 356, e, cioe', moltiplicato per
 dodici) nonche' con riferimento alla qualifica  catastale  risultante
 alla   data  del  30  giugno  1939,  siccome  stabilito  dalla  Corte
 costituzionale con sentenza n. 37/1969;
    Ritenuto che il capitale di affranco si ottiene moltiplicando  per
 un  coefficente  fisso  il  canone  come  sopra  calcolato  e risulta
 cristallizzato al 1947;
    Considerato che, seppure il diritto del concedente non appaia piu'
 particolarmente  meritevole  di  tutela, giusta quanto ritenuto dalla
 Corte costituzionale con le pronuncie emesse in materia, per cui  non
 e'  ipotizzabile  un  ulteriore incremento del canone (e, quindi, del
 capitale di affranco) al di  la'  dei  limiti  fissati  con  l'ultimo
 aggiornamento  del  1947,  non  puo',  tuttavia,  prescindersi  dalla
 "attualizzazione" del valore come sopra cristallizzato;
    Ritenuto  che,  in  difetto  di  un  congegno   rivalutativo   che
 restituisca  al  capitale di affranco il potere remunerativo che esso
 aveva   alla   data   del   12   maggio   1947,   il    corrispettivo
 dell'affrancazione  si  risolverebbe  in  una  prestazione  meramente
 simbolica avuto riguardo all'enorme variazione del potere  d'acquisto
 della  moneta  e comporterebbe, pertanto, un'espropriazione, di fatto
 senza indennizzo, del diritto del concedente;
    Ritenuto che siffatta conseguenza apapre inaccettabile  alla  luce
 degli  artt.  3  (stante  l'evidente  disparita'  di  trattamento tra
 concedente  ed  enfiteuta,  nonche'  tra  gli  stessi  concedenti  in
 relazione  all'epoca  in  cui  sia  stata  esercitato  il  diritto di
 affrancazione)  e  42,  terzo   comma   (stante   la   "simbolicita'"
 dell'indennizzo)della   Costituzione   e   neppure   giustificata  da
 finalita'  pubbliche  (in  effetti  il  diritto  d'affrancazione  dei
 residui  fondi  enfiteutici  viene  ormai  quasi  sempre azionato dai
 successori  dell'originario  utilista,  non   piu'   interessati   al
 razionale  sfruttamento  del suolo - quasi sempre lasciato incolto -,
 ma all'acquisizione a prezzo infimo di una proprieta' fondiaria);
    Ritenuto,  in  conclusione,  che,  alla  stregua  delle  superiori
 considerazioni,  la  normativa  in  esame  appare  in contrasto con i
 richiamati articoli della  Costituzione  laddove  non  prevede  alcun
 congegno   rivalutativo   che,   pur  senza  incrementare  il  potere
 remunerativo del capitale d'affranco, siccome fissato  al  12  maggio
 1947, ne conservi il valore indennitario che esso aveva alla predetta
 data;
    Ritenuta  la  rilevanza  della  questione, dovendo, il giudicante,
 determinare il valore di affrancazione sulla scorta dell'art. 1 della
 legge 22 luglio 1966, n.  607,  dettato  per  le  enfiteusi  rustiche
 costituite prima del 28 ottobre 1941;