IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Riunito in camera di consiglio; O S S E R V A In data 15 marzo 1991 il g.i.p. disponeva nei confronti di Spina Alfredo, nato a Napoli il 19 luglio 1974, la convalida dell'arresto per il reato di tentata rapina e rapina aggravata in Napoli il 12 marzo 1991 e la misura della custodia cautelare cosi' come richiesta "in via esclusiva" dal p.m.m., non comparso, e che aveva depositato in cancelleria la richiesta predetta. Proponeva il difensore del minore istanza di riesame deducendo, tra l'altro, la illegittimita' costituzionale degli artt. 291, comma 1-bis, e 391, terzo comma, del c.p.p. per violazione degli artt. 101, 24 e 76 della Costituzione. In sede di riesame, questo Tribunale, dichiara non manifestamente infondata e rilevante per il procedimento in corso relativo a Spina Alfredo la questione di legittimita' costituzionale cosi' come dedotta dalla difesa e di ufficio solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 291, comma 1-bis, in relazione all'art. 23 del c.p.p.m. per violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione. Ed invero l'art. 291, comma 1-bis, nel prevedere che il giudice puo' disporre misure meno gravi solo se il p.m.m. non ha espressamente richiesta di provvedere esclusivamente in ordine alle misure indicate, impedisce al giudice di valutare, autonomamente, quale misura e' idonea e proporizionale al caso di specie. Il giudice puo', in altri termini, o applicare l'unica ed esclusiva misura richiesta dal p.m.m. o non applicarne alcuna, rimettendo il minore in liberta'. Cio' puo' essere pregiudizievole sia all'interesse del minore sia a quello della collettivita' in quanto la misura cautelare richiesta potrebbe rivelarsi troppo afflittiva per il minore, il quale potrebbe avere bisogno di sostegno e di controllo che altre misure previste sarebbero idonee a fornire, e la eventuale rimessione in liberta' comprometterebbe gli interessi della collettivita' alla cui tutela le misure cautelari sono direttamente preordinate. Da cio' deriva il contrasto della norma in esame con l'art. 3/I della Costituzione in quanto costringe il giudice a trattare uniformemente situazioni diverse, nel senso che per non rimettere in liberta' minori, che appaiono comunque bisognevoli di sostegni da una parte e in grado di commettere ulteriori reati dall'altra (ai sensi dell'art. 274 del c.p.p.), applica misure corrispondenti a situzioni diverse e non proporzionate ai casi in esame. La norma citata appare inoltre in contrasto sia con l'art. 3/II che con l'art. 31/II della Costituzione poiche', sia che il giudice rimetta in liberta' il minore sia che applichi una misura sproporzionata, non pone in essere i presupposti per favorire il pieno sviluppo della persona umana e anziche' proteggere la gioventu' puo' creare situazioni sostanzialmente pregiudizievoli e puo' privare il minore del vantaggio che l'applicazione di una misura cautelare appropriata gli arrecherebbe. La norma in esame contrasta anche con l'art. 24/II poiche' limita l'esercizio del diritto di difesa intaccando il principio del contraddittorio. Ed invero il difensore deve limitarsi a chiedere o la remissione in liberta' del suo assistito o riportarsi alle richieste del p.m.m. essendo inutile evidenziare l'opportunita' della applicazione di altre misure in relazione ai principi di proporzionalita' di cui all'art. 275 del c.p.p. e di residualita' propri del sistema processuale minorile. Anche l'art. 101 della Costituzione appare nella sua sostanza violato in quanto l'art. 291, primo comma, costringe il giudice o ad applicare una misura non proporzionata o non applicarne alcuna, nonostante la accertata necessita', lo spinga inevitabilmente ad una motivazione parziale e sotto il profilo irragionevole obbligandolo a motivare un provvedimento diverso da quello che egli reputa idoneo al caso concreto. Anche l'art. 391/III, nella parte in cui consente al p.m.m. di non comparire alla udienza di convalida, puo' ritenersi in contrasto con la Costituzione agli artt. 76 e 24. Viola l'art. 76 per eccesso di delega. La legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81, all'art. 2, primo comma, n. 2, e 3, aveva vincolato il Governo ad emanare un codice di procedura penale che prevedesse "l'adozione del metodo orale, partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato e grado del procedimento". La modifica introdotta dall'art. 391/III sembra contrastare con tale principio e criterio direttivo in quanto, presentando il p.m.m. richieste scritte in una udienza di convalida e di successiva erogazione di misura cautelare, non rispetta il principio della oralita'. Inoltre la richiesta scritta presentata in via esclusiva lede anche il principio di parita' tra difesa e accusa limitando, come gia' evidenziato precedentemente sotto altro profilo, l'esercizio del diritto di difesa. E' proprio per tale motivo che l'articolo in esame contrasta anche l'art. 24 della Costituzione, soprattutto nel procedimento minorile. Invero in tale procedimento la eventuale misura da irrogare viene "costruita" proprio nella udienza di convalida nella quale devono essere presenti, e non solo formalmente, i genitori ed i servizi sociali e che deve costituire comunque un momento di approfondimento della personalita' e della vita del minore. Escludere la partecipazione del p.m.m. e cristallizzare le sue richieste ad un momento precedente tale approfondimento significa ledere il diritto del minore ad avere un provvedimento idoneo e corrispondente alla reale situazione ed alle esigenze emerse nel corso dell'udienza alle quali situazioni ed esigenze il difensore farebbe riferimento. Dichiarata rilevante la questione di legittimita' costituzionale va ordinata la sospensione del presente procedimento nei confronti di Spina Alfredo; ne consegue la immediata rimessione in liberta' dello stesso se non detenuto per altro. Gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale.