LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso prodotto da
 Battaglia Gianfranca,  residente  in  Omegna,  via  Comoli,  n.  132,
 avverso l'intendenza di finanza di Novara;
    Letti gli atti;
    Sentita la ricorrente;
    Udito il relatore Mario Piscitello;
                           RITENUTO IN FATTO
    Battaglia Gianfranca, residente in Omegna, premesso che in data 12
 giugno  1990  aveva  presentato  istanza di rimborso di L. 30.000 per
 IRPEF 1989 all'Intendenza di finanza di Novara senza ricevere  alcuna
 risposta,  in  data  10  ottobre  1990  proponeva  ricorso  a  questa
 commissione tributaria.
    La ricorrente, dopo  aver  affermato  di  "essere  contraria  alla
 follia  degli  armamenti,  che  espone  l'intera umanita' al pericolo
 dell'autodistruzione e condanna a morte ogni anno decine  di  milioni
 di  persone,  sterminate  dalla  fame; di essere contraria in maniera
 assoluta ad ogni  guerra  e  quindi  ad  ogni  sua  preparazione;  di
 giudicare  non  solo  inutile alla difesa, ma addirittura attentatore
 della pace il militarismo sempre crescente, anche in uno  Stato  come
 l'Italia,  che  -  stando  all'art. 2 della Costituzione - ripudia la
 guerra..  ..  ..  come  mezzo  di  risoluzione   delle   controversie
 internazionali;..  ..  ..  di  dissociarsi  totalmente dalla politica
 omicida e suicida  dei  governanti",  dichiarava  di  aver  praticato
 l'obiezione  fiscale  e  di aver versato al "Movimento non violento",
 via Milano n. 65,' Brescia, L. 30.000, delle quali chiede il rimborso
 all'amministrazione finanziaria.
    La ricorrente eccepiva l'illegittimita' costituzionale delle norme
 tributarie  che  "obbligano il contribuente a versare quella parte di
 imposta  che  certamente  (vedasi  Bilancio   dello   Stato)   verra'
 utilizzata  per  costruire e conservare armi omicide e criminose" per
 violazione degli artt. 2, 11, 13, 19 e 21 della Costituzione.
    L'intendenza  di  finanza  di  Novara  resisteva  al  ricorso  con
 deduzioni  scritte  con le quali eccepiva l'incompetenza territoriale
 di questa commissione tributaria  e  sosteneva  la  competenza  della
 commissione tributaria di primo grado di Novara.
    1.  -  L'Intendenza  di finanza di Novara eccepisce l'incompetenza
 per territorio di questa commissione tributaria a decidere il ricorso
 proposto  da  Battaglia  Gianfranca,  la  quale,   invece,   in   via
 pregiudiziale solleva una questione di legittimita' costituzionale.
    Questo  collegio o i suoi componenti, pero', non possono essere o,
 quanto meno, non possono apparire obiettivi e imparziali perche',  se
 accolgono  l'eccezione di incompetenza, ricevono, in base all'art. 12
 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636,  un  certo  compenso,  mentre  se
 respongono  l'eccezione  di  incompetenza e sollevano la questione di
 legittimita' costituzionale avanzata dalla  ricorrente  non  ricevono
 alcun compenso.
    Nella  fattispecie  in  esame  e  in  altre fattispecie analoghe i
 giudici tributari si trovano in una situazione di "non indipendenza",
 incompatibile con i principi costituzionali.
    La Corte  costituzionale,  infatti,  ha  affermato  (Sentenze  nn.
 128/1974  e  60/1969)  e  anche recentemente riaffermato (Sentenza n.
 18/1989) che "Il principio dell'indipendenza  e'  volto  a  garantire
 l'imparzialita'  del  giudice,  assicurandogli  una  posizione  super
 partes che escluda qualsiasi, anche indiretto, interesse  alla  causa
 da  decidere.  A tal fine la legge deve garantire l'assenza, in ugual
 modo, di aspettative di vantaggi  e  di  situazioni  di  pregiudizio,
 preordinando  gli  strumenti  atti  a  tutelare  l'obiettivita' della
 decisione".
    Ma come puo' essere (o apparire) imparziale il giudice e obiettiva
 la sua decisione se al giudice viene (o  non  viene)  corrisposto  un
 certo compenso a seconda della decisione che emette?
    Ai  componenti  delle commissioni tributarie di primo e di secondo
 grado (ma non ai componenti della commissione  tributaria  centrale),
 in  base  all'art.  12  del  d.P.R.  26  ottobre  1972, n. 636, viene
 corrisposto un certo compenso per ogni ricorso deciso, ma  non  viene
 corrisposto  alcun  compenso  quando  essi, d'ufficio o su istanza di
 parte, sollevano una questione di legittimita' costituzionale.
    La "retribuzione a cottimo" non puo' non far sorgere  nei  giudici
 un interesse personale a decidere e a decidere subito, magari in modo
 sommario,  il  maggior  numero di ricorsi, con la conseguenza che chi
 giudica puo' trovarsi spesso nella situazione di non poter essere  (o
 se si preferisce, di non poter apparire) obiettivo e imparziale.
    Questo  collegio  si  trova  in  una situazione di disagio perche'
 l'accoglimento    dell'eccezione    di     incompetenza     sollevata
 dall'intendenza   di  finanza  di  Novara  potrebbe  far  sorgere  il
 "fondato" sospetto che i componenti del  collegio  hanno  emesso  una
 decisione  di  incompetenza  per  conseguire un immediato e personale
 vantaggio economico.
    Per evitare questo sospetto o, comunque, illazioni poco piacevoli,
 nella  fattispecie  in  esame  e in fattispecie analoghe, a parere di
 questo collegio, e'  opportuno  e  forse  doveroso  non  emettere  la
 decisione  "vantaggiosa"  per i giudici, ma trasmettere gli atti alla
 Corte costituzione perche' il giudice delle leggi  possa  pronunciare
 sulla  legittimita'  della  norma che regola il trattamento economico
 dei giudici tributari (art. 12 d.P.R. n. 636/1972) e sulle  eccezioni
 delle parti in causa.
    Pertanto,   questo   collegio   sottopone  all'esame  della  Corte
 costituzionale l'art. 12,  primo  e  secondo  comma,  del  d.P.R.  26
 ottobre  1972,  n. 636, in relazione agli artt. 3 (razionalita'), 97,
 primo comma, (buon andamento e imparzialita'  della  amministrazione,
 anche  dell'amministrazione  della  giustizia),  101,  secondo comma,
 (soggezione del giudice soltanto alla legge) e  108,  secondo  comma,
 (indipendenza   dei   giudici  delle  giurisdizioni  speciali)  della
 Costituzione.
    L'anzidetta questione, per le  argomentazioni  esposte,  a  questo
 collegio appare "non manifestamente infondata".
    Sulla  "rilevanza"  della questione, il giudice a quo non puo' che
 ripetere le stesse considerazioni di questa  Corte  che,  in  diverse
 occasioni (cfr Corte costituzionale 24 ottobre 1982, n. 196; 4 luglio
 1977, n. 125; 15 maggio 1974, n. 128), ha esplicitamente ritenuto che
 debbono  ritenersi  influenti sul giudizio anche le norme che pur non
 essendo direttamente applicabili nel giudizio a quo,  attengono  allo
 status  del  giudice, alla sua composizione, nonche' in generale alle
 garanzie e ai doveri  che  riguardano  il  suo  operare.  L'eventuale
 incostituzionalita'  di tali norme e' destinata a influire su ciascun
 processo pendente davanti al giudice del quale regolano lo status, la
 composizione, le garanzie e  i  doveri:  in  sintesi,  la  protezione
 dell'esercizio della funzione nella quale i doveri si accompagnano ai
 diritti.
    Questo  collegio  non ignora che la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 12 del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  636,
 potrebbe  far  venir  meno  per  i  giudici tributari il diritto a un
 qualsiasi compenso,  almeno  fino  ad  una  diversa  regolamentazione
 legislativa  della  materia,  tuttavia  ritiene  preferibile  correre
 questo "rischio", piuttosto che mantenere un sistema retributivo  che
 "vizia" o puo' viziare le decisioni delle commissioni tributarie.
    2.  -  La  decisione  sulla domanda di rimborso Irpef, oggetto del
 ricorso  in  esame,  deve  essere  preceduta  dalla  soluzione  della
 questione  di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente,
 la quale eccepisce l'illegittimita'  del  d.P.R.  n.  917/1986  (t.u.
 imposte   sui  redditi),  in  quanto  le  norme  del  citato  decreto
 "obbligano il contribuente a versare  quella  parte  di  imposta  che
 "certamente"  verra'  utilizzata  per  costruire  e  conservare  armi
 omicide  e  criminose",  per  violazione  degli  artt.   2   (diritti
 inviolabili  dell'uomo),  11  (ripudio  della  guerra),  13 (liberta'
 personale), 19 (liberta' religiosa) e 21 (liberta' di  manifestazione
 del proprio pensiero) della Costituzione.
    Trattasi   di   questione   che  questo  collegio,  richiamate  le
 considerazioni esposte sulla precedente questione di  legittimita'  e
 considerata l'assoluta mancanza di pronunce sulla materia della Corte
 costituzionale,   ritiene  "non  manifestamente  infondata"  e  anche
 rilevante, perche' se  le  impugnate  norme  fossero  illegittime  la
 domanda di rimborso dovrebbe essere accolta.
    Infine,  appare  opportuno  evidenziare che la questione sollevata
 dalla ricorrente, la quale pone, per la prima volta, all'esame di  un
 organo giurisdizionale anche il modo in cui lo Stato spende il denaro
 pubblico,  e'  divenuta  di  drammatica  attualita'  in  seguito alla
 partecipazione  dell'Italia  alla   nota   "operazione   di   polizia
 internazionale" contro l'Iraq.
    E'   auspicabile  che  la  Corte  costituzionale,  in  un  momento
 particolarmente travagliato per la coscienza dei  cittadini  e  degli
 uomini  politici,  voglia  cogliere  anche  questa  occasione, magari
 superando  non  insuperabili  formalismi  giuridici,   per   un   suo
 autorevole  intervento  a  difesa  della  Costituzione o delle nostre
 Istituzioni (governo e parlamento) che, a parere del  (Rappresentante
 dell'unita' nazionale", sarebbero state ingiustamente criticate.
    E  in  proposito  non  si  possono  non  riportare  i  brani  piu'
 importanti di un appello (contro la guerra, le ragioni del  diritto),
 sottoscritto,  tra gli altri, da non pochi magistrati i quali, "senza
 dimettersi dalla  magistratura",  hanno  osato  manifestare  il  loro
 pensiero sulla partecipazione dell'Italia alla guerra.
    ".. .. .. La guerra viola innanzitutto la Carta dell'ONU, la quale
 si  apre con il solenne impegno di "salvare le future generazioni dal
 flagello della guerra" e indica, fin dal suo primo articolo, il  fine
 primario  di  "mantenere  la pace e la sicurezza internazionale" e di
 "conseguire con mezzi pacifici la composizione o la  soluzione  delle
 controversie  internazionali"..  ..  ..  Ancor  piu'  palesemente  la
 partecipazione  del  nostro  Paese  alla  guerra  e'  contraria  alla
 Costituzione   italiana  la  quale  -  come  quelle  di  altri  Paesi
 occidentali che coerentemente non sono entrati in questa guerra -  e'
 ispirata  agli  stessi principi della Carta dell'ONU. La maggioranza,
 nascondendosi dietro una misera truffa delle parole, non ha votato la
 guerra, che la Costituzione le impedisce  di  votare,  ma  "l'impiego
 della missione militare del Golfo per la attuazione della risoluzione
 678":  una  simile  reticenza  verbale  non  muta  la  sostanza della
 decisione. E' stato cosi' calpestato uno  dei  principi  fondamentali
 della  nostra  Costituzione  che nessuna maggioranza e nessun accordo
 internazionale possono alterare".