LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 779699 del registro di segreteria, proposta da Lozito  Maria,  classe
 1928,  elettivamente  domiciliata presso l'avv. Cesare Crosta avverso
 il decreto n. 2363747 del 19 febbraio 1969 del Ministro del tesoro;
    Uditi alla pubblica udienza del giorno 19 ottobre 1990 il relatore
 nella  persona  del  consigliere  Giuseppe Borrelli, il difensore del
 ricorrente avvocato Cesare  Crosta,  nonche'  il  pubblico  ministero
 nella persona del vice procuratore generale Edoardo Andreucci.
                               F A T T O
    Col   decreto  in  epigrafe  il  Ministro  del  tesoro  ha  negato
 trattamento pensionistico alla suindicata Lozito Maria in quanto,  ai
 sensi  dell'art.  44,  ultimo  comma,  della  legge  n.  313/1968, il
 matrimonio da questa contratto il 17 giugno 1946 con l'  ex  militare
 Bassi Giacomo, deceduto poi il 6 gennaio 1947 per "TBC polmonare", e'
 durato  meno  di  una anno e non sono nati figli (cfr. certificato di
 matrimonio, certificato di morte e attestazione relative alla mancata
 nascita di figli, acquisiti in atti).
    Risulta dagli atti che il defunto Bassi, chiamato  alle  armi  nel
 settembre  1942,  il  19 dicembre 1942 fu ricoverato a Palo del Colle
 per  "orchite  sinistra",  si  sbando'  l'8  settembre   1943   senza
 riprendere effettivo servizio.
    Il  29  novembre 1946 avanzo' domanda pensionistica di guerra, che
 venne pero' respinta con decreto n. 19304150  del  30  gennaio  1961.
 Tale decreto venne tempestivamente impugnato da Bassi Vincenzo, padre
 dell'  ex  militare  nel  frattempo deceduto, e questa stessa sezione
 prima giurisdizione speciale per le pensioni di guerra, con decisione
 n. 245430 del 21  giugno  1968,  accolse  il  gravame,  statuendo  la
 dipendenza  da  causa di servizio di guerra dell'infermita' specifica
 polmonare che il 6 gennaio 1947 trasse a morte il Bassi Giacomo (cfr.
 certificato necroscopico in atti).
    In esecuzione di detta decisione, il  Ministero  del  tesoro,  con
 decreto  n. 3602226 del 19 febbraio 1969, liquido' pensione vitalizia
 in favore del ricorrente Bassi Vincenzo  e,  alla  morte  di  costui,
 avvenuta  il  7 novembre 1968, la direzione provinciale del tesoro di
 Bari, con proprio decreto n. 13764  del  20  ottobre  1970,  concesse
 trattamento  pensionistico  alla collaterale del defunto ex militare,
 Bassi Maria Teresa.
    Nel frattempo e cioe' il 10 ottobre 1968, la Lozito Maria,  vedova
 dell' ex militare, aveva avanzato domanda pensionistica, che e' stata
 respinta co decreto ora all'esame.
    Il  procuratore  generale,  con conclusioni scritte del 6 febbraio
 1989, ha chiesto il rigetto del ricorso.
    Alla pubblica udienza del 19  ottobre  1990,  il  difensore  della
 ricorrente,  richiamati  i  principi  contenuti  nella sentenza della
 Corte costituzionale n. 123/1990,  ha  chiesto,  in  via  principale,
 l'accoglimento  del  ricorso, e, in subordine, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale dell'ultimo comma dell'art.  44  della
 legge  n.  313/1968,  nella  parte  in  cui  tale  norma subordina la
 concessione del trattamento pensionistico di guerra in  favore  delle
 vedove  alla  condizione  che il matrimonio non sia durato meno di un
 anno e non sia nota prole, per violazione degli  artt.  3,  29  e  31
 della Costituzione.
    Il  pubblico  ministero  ha  sottolineato  la  diversita'  tra  la
 disciplina della  pensionistica  di  guerra  e  la  disciplina  della
 pensionistica   civile,   e   pur   non  opponendosi  alla  richiesta
 subordinata avanzata dal  difensore,  ha  confermato  le  conclusioni
 scritte di rigetto.
                             D I R I T T O
    L'art.  44,  ultimo  comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, sul
 riordinamento   della   legislazione   pensionistica    di    guerra,
 espressamente  richiamato  nel  decreto in epigrafe ed applicabile ai
 fini della pronuncia relativa al presente giudizio, dispone  che  "la
 vedova  ha  altresi'  diritto  alla  pensione  di  guerra  quando  il
 matrimonio, in qualunque tempo contratto, sia durato non meno  di  un
 anno ovvero sia nata prole ancorche' postuma".
    Tale  disposizioni  ripete  nella  sostanza  analoghe prescrizioni
 contenute in altre norme della legislazione pensionistica  di  guerra
 (art.  58,  ultimo  comma,  e  art. 69, ultima parte, del primo comma
 della legge n. 648/1950, art. 59, primo comma, della  medesima  legge
 n. 313/1968, art. 40, terzo comma, e art. 51, primo comma, del d.P.R.
 23  dicembre 1978, n. 915), da cui si ricava il principio secondo cui
 il diritto  della  vedova  di  guerra  a  conseguire  il  trattamento
 pensionistico  (indiretto  o  di  reversibilita') e' subordinato alla
 condizione che il matrimonio non sia durato meno di un anno e non sia
 nata prole.
    Ad  avviso  di  questo  collegio  e'  fondato  il  dubbio  che  la
 disposizione  di  cui  all'ultimo  comma  dell'art. 44 della legge n.
 313/1968 (e le altre di contenuto sostanzialmente  analogo),  per  la
 parte  in  cui subordina la concessione del trattamento pensionistico
 in  favore  delle  vedove  di  guerra  alla  suindicata  durata   del
 matrimonio, sia viziata da illegittimita' costituzionale in relazione
 agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione.
    Devesi   premettere  che  la  sezione  non  ignora  che  la  Corte
 costituzionale con la sentenza n. 2 del 23 gennaio 1980 (nella  quale
 vengono richiamati principi gia' richiamati nella precedente sentenza
 n.  3  del 16 gennaio 1975) ha dichiarato non fondata la questione di
 legittimita' costituzionale dei citati artt. 58 e 69 della  legge  n.
 648/1950 nonche' dell'art. 44 della legge n. 313/1968, proprio per la
 parte  in  cui  tali  norme  prevedono  la  esclusione  del diritto a
 pensione da parte delle vedove il cui matrimonio sia durato  meno  di
 un anno.
    Tuttavia,   non   puo'   non   osservarsi   che  la  stessa  Corte
 costituzionale, con  la  sentenza  n.  123  del  16  marzo  1990,  ha
 dichiarato  la illegittimita' costituzionale, per l'assorbente motivo
 della violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 81,  terzo
 comma,  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (testo unico delle norme
 sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari  dello
 Stato),  nonche'  dell'art.  6,  sesto comma, della legge 22 novembre
 1962,  n.  1646  (modifiche  agli  ordinamenti  degli   istituti   di
 previdenza  presso  il  Ministero del tesoro) e dell'art. 10, settimo
 comma, della legge 6 agosto 1967, n. 699 (disciplina dell'ente "Fondo
 trattamento  quiscenza  e  assegni  straordinari  al  personale   del
 lotto"),  nella  parte  in  cui  tali norme precludono alle vedove il
 diritto  di  conseguire  il  trattamento  pensionistico   quando   il
 matrimonio sia durato meno di due anni.
    Ha  osservato la Corte che nella societa' attuale, con il crescere
 dell'eta' media, sempre piu' il rapporto coniugale e' contratto nella
 generalita' dei casi, da persone in  eta'  avanzata  quale  fonte  di
 reciproco conforto per affrontare, nelle migliori condizioni di vita,
 le quotidiane esigenze.
    Ed  invero,  con  la  richiamata  sentenza  n. 123/1990 sono stati
 caducati i "frammenti" di quelle  norme  che  anziche'  tutelare,  in
 astratto,   la   normalita'   dei   casi  del  vincolo  matrimoniale,
 costituzionalmente protetto e contratto con  consapevole  assenso  di
 entrambi i coniugi, erano dirette invece ad impedire il perseguimento
 di fini abnormi e fraudolenti "per i quali, la' dove in effetti posti
 in essere, diversamente dovrebbero trovarsi le remore opportune". Non
 sembra  dubbio  al  collegio che i suindicati principi possano essere
 estesi anche alle richiamate norme dell'ordinamento pensionistico  di
 guerra, nelle quali non e' dato rinvenire una ratio diversa da quella
 insita  nelle  norme  che  sono state caducate col citato giudizio di
 legittimita' costituzionale.
    Ed infatti,  anche  nell'ordinamento  de  quo  ,  la  ratio  della
 limitazione  di cui si discute deve ricercarsi (come peraltro risulta
 anche  dalla  ricordata  sentenza  costituzionale  n.  2/1980)  nella
 necessita'  di  evitare  iniziative  "maliziose  e  fraudolente"  per
 l'erario e per il pensionato, cosicche' il mero decorso del  tempo  -
 fissato  in  un  anno  - per il riconoscimento del diritto a pensione
 delle vedove di guerra, con un irrazionale collegamento unicamente ad
 accadimenti   futuri   e   imprevedibili,    appare    al    collegio
 discriminatorio  ex art. 3 della Costituzione, con negativa incidenza
 sui valori inerenti alla compagine familiare, protetti dagli artt. 29
 e 31 della Costituzione.
    Tale limitazione appare tanto piu' irrazionale nel caso  all'esame
 ove  si  consideri che il defunto ex militare Bassi Giacomo, all'atto
 della celebrazione del matrimonio non era  nemmeno  in  godimento  di
 trattamento pensionistico di guerra, che produsse la relativa domanda
 soltanto  alcuni  mesi  dopo  la  celebrazione del matrimonio, che in
 relazione alla domanda fu emanata pronuncia negativa da  parte  della
 competente   amministrazione   e   che  il  richiesto  diritto  venne
 giudizialmente riconosciuto (in favore del padre) soltanto nel giugno
 1968, con la richiamata decisione  di  questa  stessa  sezione  prima
 giurisdizionale speciale.
    Infine,   non   sembra   ultroneo   ricordare   che  l'ordinamento
 pensionistico di guerra' riconosce il diritto a  pensione  in  favore
 delle donne "assimilate" alle vedove, allorquando queste, in presenza
 di  mandato  di  procura  (art. 55 della legge n. 648/1950 cosi' come
 modificato dall'art. 12 della legge n. 1240/1961 art. 42 della  legge
 n.  313/1968 e art. 37 del d.P.R. n. 195/1978), ovvero in presenza di
 avvenute  pubblicazioni  matrimoniali  (cfr.  sentenza  della   Corte
 costituzionale  n.  5/1986  e  art.  20  della  sopravvenuta legge n.
 656/1986) ed, ancora, in caso di accertata e  documentata  convivenza
 preesistente (art. 42 della legge n. 313/1968 e art. 37 del d.P.R. n.
 915/1978  citati), non abbiano potuto poi contrarre matrimonio per la
 intervenuta morte in guerra dello sposo.
    Osservato che le norme citate, a parere del collegio, mediante  il
 sistema  di  "assimilazione",  hanno  reso  del  tutto  identiche  ed
 omogenee, per i  fini  pensionistici,  le  situazioni  relative  alle
 vedove  e alle assimilate, si rileva che l'attuale ordinamento, da un
 lato riconosce il diritto a pensione di guerra in favore di donne che
 versavano semplicemente in condizione di poter  contrarre  matrimonio
 (sia  pure con un margine di accentuata probabilita') con militari in
 servizio di guerra, mentre dall'altro, sulla base di una  presunzione
 assoluta di malizia o di frode, nega il medesimo diritto in favore di
 chi ha effettivamente contratto matrimonio se questo, valido comunque
 a  tutti gli altri effetti, sia durato meno di un anno e non sia nata
 prole.
    Se puo' opporsi  che  il  matrimonio  delle  assimilate  e'  stato
 impedito  dal  tragico, sopravvenuto evento del decesso in guerra del
 promesso  sposo,  non  puo'  tuttavia  non  essere   considerata   la
 circostanza  che  la  procura  a  contrarre  matrimonio,  le avvenute
 pubblicazioni matrimoniali ovvero l'accertata convivenza preesistente
 alla chiamata in servizio di guerra se, da una  parte,  costituiscono
 seri e validi elementi di un futuro, probabile matrimonio, dall'altra
 non  forniscono l'assoluta certezza che questo, al di la' del tragico
 evento della sopravvenuta morte del militare in servizio, si  sarebbe
 comunque realizzato.
    Pur  consapevole  della  diversita'  delle situazioni a confronto,
 osserva la sezione che l'ordinamento vigente  mentre  per  le  assim-
 ilate,  ai fini pensionistici, privilegia la presunzione di un futuro
 matrimonio, al contrario, per il caso che ne  occupa,  discrimina  la
 donna  che  ha  effettivamente contratto matrimonio per il solo fatto
 che esso ha avuto durata inferiore ad un anno e non e' nata prole.
    In relazione  poi  alla  rilevanza  della  questione  il  collegio
 osserva  che  il  presente  giudizio verte proprio sulla applicazione
 della disposizione di cui al citato  art.  44,  ultimo  comma,  della
 legge n. 313/1968 e non puo' essere quindi definito indipendentemente
 dalla soluzione della prospettata questione.