ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  418, comma
 primo, e 419, commi quinto e sesto, del codice di  procedura  penale,
 promossi  con  le  seguenti  ordinanze:  1)  ordinanza  emessa  il 14
 dicembre 1990 dal Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Ancona  nel procedimento penale a carico di Zamporlini
 Ivano, iscritta al n. 168 del registro ordinanze  1991  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale
 dell'anno  1991;  2) ordinanza emessa il 14 dicembre 1990 dal Giudice
 per le  indagini  preliminari  presso  il  tribunale  di  Ancona  nel
 procedimento  penale  a carico di Banchetti Sauro, iscritta al n. 169
 del registro ordinanze 1991 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 12, prima serie speciale dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  maggio  1991  il  Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
                               RITENUTO
     A) che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
 di  Ancona,  al quale il pubblico ministero aveva inoltrato richiesta
 di rinvio a giudizio di Banchetti Sauro ai sensi  dell'art.  416  del
 codice  di  procedura penale, ritenendo che nella fattispecie sarebbe
 stato  piu'  opportuno,  stante  l'evidenza  della  prova,  e  previo
 interrogatorio  dell'imputato  entro  90  giorni  dall'iscrizione nel
 registro della notizia di reato, il ricorso, da  parte  del  pubblico
 ministero,  al giudizio immediato ex art. 453 del codice di procedura
 penale, ha sollevato, con ordinanza emessa il 14 dicembre 1990  (R.O.
 n.   169/1991),   questione   di   legittimita'   costituzionale,  in
 riferimento  agli  artt.  2,3,97  e   101,   secondo   comma,   della
 Costituzione,  degli  artt.  418,  primo comma, e 419, commi quinto e
 sesto, del codice di procedura penale.
      che, in particolare, il giudice a quo sottopone  a  censura:  a)
 l'art.  418,  primo  comma,  in  quanto  rende obbligatoria l'udienza
 preliminare, inibendo al Giudice per  le  indagini  preliminari  ogni
 forma  di  controllo  sulla  scelta  del  rito  da parte di autorita'
 giudiziaria non giudicante ma requirente, mentre al contrario  l'art.
 455  del  codice  di procedura penale consente allo stesso Giudice di
 rigettare la richiesta di giudizio immediato  avanzata  dal  pubblico
 ministero; b) l'art. 419, commi quinto e sesto, in quanto subordinano
 il    rifiuto    dell'udienza   preliminare   alla   discrezionalita'
 dell'imputato;
      che,  ad  avviso   del   giudice   remittente,   le   suindicate
 disposizioni   contrastano   con   il   principio  di  eguaglianza  e
 determinano, inoltre, una macroscopica anomalia, che si traduce in un
 "intasamento  qualitativo-quantitativo   dell'udienza   preliminare",
 cosi'   ridotta  a  "meccanismo  rituale  obbligato,  mero  punto  di
 passaggio per un pressoche' inevitabile rinvio  a  giudizio  in  sede
 dibattimentale,  cessando di essere il filtro selettore di deflazione
 dibattimentale";
     B) che analoghe questioni  lo  stesso  Giudice  per  le  indagini
 preliminari  ha  sollevato  con ordinanza emessa il 14 dicembre 1990,
 nel procedimento  penale  a  carico  di  Zamporlini  Ivano  (R.O.  n.
 168/1991),  motivando con riferimento alle "specifiche causali di cui
 alle allegate ordinanze";
      che e' intervenuto in entrambi gli incidenti il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato dall'Avvocatura dello Stato,
 chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
                              CONSIDERATO
      1) che quanto alle  questioni  sub  B,  poiche'  l'ordinanza  e'
 motivata,  in punto di non manifesta infondatezza e di rilevanza, per
 relationem,  mediante  rinvio  ad  altri  provvedimenti,  esse  vanno
 dichiarate   manifestamente   inammissibili,   secondo   la  costante
 giurisprudenza di questa Corte (ordd. nn. 148, 466 e 521 del 1989);
      2) che la questione  concernente  l'art.  419,  quinto  e  sesto
 comma,  sollevata con l'ordinanza n. 169/1991, del pari va dichiarata
 manifestamente inammissibile, per difetto di  rilevanza,  atteso  che
 non  risulta  dall'ordinanza che nel giudizio a quo l'imputato avesse
 rinunciato all'udienza preliminare e richiesto il giudizio immediato;
      3) che, circa la questione concernente l'art. 418, primo  comma,
 sollevata  anch'essa  con  l'ordinanza  n.  169/1991,  la denuncia di
 violazione dell'art. 2 della Costituzione non e' sorretta  da  alcuna
 motivazione;
      che la denuncia di violazione del principio di eguaglianza (art.
 3  della  Costituzione)  sembra  essere  posta,  da  un  lato, fra la
 mancanza di poteri del giudice rispetto alla richiesta  del  pubblico
 ministero  di  rinvio  a  giudizio,  previa udienza preliminare (come
 previsto dall'impugnato art. 418, primo  comma),  e  la  mancanza  di
 poteri  dello  stesso  giudice  rispetto  alla  richiesta di giudizio
 immediato  da  parte  dell'imputato,  previa   rinuncia   all'udienza
 preliminare  (art.  419, quinto e sesto comma), e, da altro lato, fra
 la vincolativita' della richiesta del pubblico ministero di rinvio  a
 giudizio,  previa  udienza  preliminare (art. 418, primo comma), e la
 sindacabilita', da parte del giudice, della  richiesta  del  pubblico
 ministero di giudizio immediato (art. 455);
      che  sotto  entrambi  i  profili ora indicati l'ordinanza pone a
 raffronto situazioni fra loro non comparabili;
      che, invero,  l'udienza  preliminare,  in  quanto  vaglio  sulla
 sostenibilita'  dell'accusa,  e' oggetto di una garanzia preordinata,
 in coerenza  con  il  modello  accusatorio  del  processo,  a  favore
 dell'imputato   (la   garanzia  che  non  sia  sottoposto  ad  accuse
 insostenibili) sicche' si giustifica che l'attuazione della  garanzia
 si  ponga  come regola e che, pertanto, la richiesta di rinvio a tale
 udienza da parte  del  pubblico  ministero  non  sia  subordinata  al
 concorso  di specifici requisiti, il cui avveramento sia sottoposto a
 controllo del giudice (artt. 416 e 418, primo comma);
      che, peraltro, della garanzia  l'imputato,  e  solo  esso,  puo'
 disporre  rinunziandovi  (e  chiedendo  il giudizio immediato), nella
 quale  ipotesi  (art.  419,  quinto  e  sesto   comma)   la   mancata
 sottoposizione della richiesta a specifici requisiti e la correlativa
 mancanza  di  controlli  da  parte  del giudice trova giustificazione
 nella cennata  disponibilita'  della  garanzia  e  non  da'  luogo  a
 contraddittorieta' alcuna con la disciplina dettata dagli artt. 416 e
 418, primo comma, per la sopra indicata ipotesi;
      che  la  richiesta  di  giudizio immediato da parte del pubblico
 ministero (artt. 453, 454 e  455),  che  e'  l'esatto  opposto  della
 richiesta   dell'imputato   ex   art.  419,  quinto  e  sesto  comma,
 presentandosi come postulazione  di  deroga  alla  garanzia  (udienza
 preliminare)  preordinata  a favore dell'imputato, ragionevolmente e'
 sottoposta al concorso  di  specifici  presupposti  (in  primo  luogo
 l'evidenza  della  prova),  anche qui senza contraddittorieta' alcuna
 con la disciplina della contrapposta ipotesi;
      che, in ogni caso, la scelta del rito, di cui qui si tratta,  e'
 rimessa,  sempre in coerenza con il modello accusatorio del processo,
 alle parti, cioe', a  seconda  dei  casi,  al  pubblico  ministero  o
 all'imputato,  o  ad  entrambi  e non anche al giudice, cui spetta il
 controllo dei presupposti la' dove e nei limiti  in  cui  essi  sono,
 come  indicato  nelle  varie  ipotesi  dianzi  esaminate,  richiesti,
 laddove il potere del giudice di disporre il  giudizio  immediato  in
 ragione   della   ravvisata  evidenza  della  prova  importerebbe  il
 sostituirsi del giudice alle parti nella scelta stessa;
      che le norme impugnate, e le ragioni cui esse si inspirano  come
 sopra  individuate,  non  urtano contro l'art. 97 della Costituzione,
 anche la' dove non riescono a realizzare in  concreto  la  deflazione
 dei  dibattimenti  (in  quanto il cennato precetto non impone ad ogni
 costo tale deflazione,  che  d'altronde  e'  fine  solo  eventuale  e
 indiretto  dell'udienza  preliminare),  ne'  tanto meno contro l'art.
 101,  secondo  comma,  della  Costituzione,  il  quale  non   esclude
 presupposti  rimessi  all'iniziativa  delle parti del giudizio penale
 ne' impone l'unicita' del rito o la riserva al giudice  della  scelta
 fra  riti alternativi, scelta che rappresenta punto di equilibrio fra
 azione del pubblico ministero e difesa dell'imputato (cfr.  Relazione
 al progetto preliminare, p. 104);
      che,   pertanto,   la  questione  va  dichiarata  manifestamente
 infondata.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.