LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  emesso la seguente decisione sul ricorso prodotto dalla S.p.a.
 Arrital cucine  gia'  S.n.c.  di  Fontanafredda  (Pordenone)  avverso
 accertamento   dell'ufficio   imposte   dirette   di   Pordenone   ed
 accertamento dell'ufficio I.V.A. di Pordenone;
    Letti gli atti;
    Sentiti per l'ufficio il  dott.  Merisi  Pierantonio  e  il  dott.
 Barbolla Leonardo, per la societa' ricorrente il dott. Vallin Sergio,
 il rag. Lavina G. Pietro e Gava Giustino;
    Udito il relatore Favot rag. Emilio;
                           RITENUTO IN FATTO
    Ad  opera della guardia di finanza di Pordenone aveva inizio il 26
 gennaio 1988, una verifica fiscale a carico della "Arrital  cucine  -
 S.p.a." (gia' Arrital cucine di Citron Mario & C. S.n.c.) con sede in
 Fontanafredda,  via  Casut  n.  55,  esercente  la  produzione  ed il
 commercio di mobili per  cucine,  al  fine  di  controllare  l'esatto
 adempimento  delle  disposizioni  in materia di imposta sui redditi e
 sul valore aggiunto.
    I militari eseguivano, contemporaneamente all'accesso  nei  locali
 della  ditta, un'ispezione nelle abitazioni dei soci amministratori e
 di alcuni dipendenti, giuste autorizzazioni in data 24 gennaio  1988,
 rilasciate dal sostituto procuratore della Repubblica di Pordenone.
    In  tal modo veniva reperita documentazione ritenuta riconducibile
 all'attivita' della societa' soggetta a verifica.
    Constatata l'esistenza di tale documentazione, costituita anche da
 estratti conto di istituti bancari, libretti  di  deposito  bancario,
 comunicazioni  di  acquisto  titoli,  e  simili, veniva autorizzata a
 disposta, sempre da parte del sostituto procuratore della  Repubblica
 di  Pordenone,  una  indagine bancaria nel corso della quale venivano
 acquisiti  dati  ricollegabili  alla  documentazione  rinvenuta   nei
 domicili delle persone sottoposte a perquisizione domiciliare e posta
 sotto sequestro una cassetta di sicurezza.
    L'uso,  anche  ai  fini fiscali, del predetto materiale di origine
 bancaria  veniva  autorizzato,  con   ulteriore   provvedimento   del
 sostituto  procuratore  della  Repubblica  di  Pordenone,  in data 10
 novembre 1989. In seguito ad esso e' stato redatto  precesso  verbale
 di   constatazione  sottoscritto  anche  dalla  parte,  in  segno  di
 comunicazione-notifica, in data 28 novembre 1989.
    In tale p.v. di constatazione avevano ampio rilievo istruttorio le
 acquisizioni di dati  bancari,  ottenuti  nell'ambito  delle  cennate
 attivita'  di  polizia  giudiziaria,  dei quali era stata autorizzata
 l'utilizzazione a fini fiscali dalla medesima autorita' giudiziaria.
    Si   procedeva   indi   alla   notifica  dei  relativi  avvisi  di
 accertamento nei confronti della societa' per I.V.A. ed  I.LO.R.:  in
 data  29  dicembre  1989  (in  relazione  al solo anno 1984) da parte
 dell'ufficio I.V.A. e in data 18 dicembre 1989  (per  l'anno  1983  e
 1984) da parte dell'ufficio imposte dirette.
    Gli   atti   impositivi  erano  ritualmente  opposti  con  ricorsi
 depositati rispettivamente in data 23 febbraio  1990  e  in  data  12
 febbraio 1990.
    La   societa'   ricorrente,   gia'   nell'ambito  dei  ricorsi  e,
 successivamente, subito dopo l'apertura del  dibattimento,  formulava
 eccezione  di  incostituzionalita'  in  relazione  agli  artt. 63 del
 d.P.R. n. 633/1972 e 33 del d.P.R. n. 600/1973.
                             O S S E R V A
    L'eccezione   di   incostituzionalita'   sollevata   dalla   parte
 ricorrente all'odierna udienza, preliminarmente alle altre questioni,
 si riporta sostanzialmente ad analoga eccezione sollevata nell'ambito
 dei  ricorsi  relativi  ai  procedimenti  nn. 398, 397 e 499, i quali
 vengono riuniti per evidenti ragioni di connessione.
    La proposta eccezione di incostituzionalita', inoltre,  si  rivela
 nella  sostanza  identica,  sia  in  riferimento a quanto nei ricorsi
 prospettato, sia in riferimento alla  esposizione  orale  che  ne  e'
 stata  fatta  nelle fasi preliminari del dibattimento, pur, in questa
 sede, con maggiori precisazioni e con maggiore esattezza.
    Le disposizioni di legge asseritamente viziate  costituzionalmente
 sono   state   indicate  espressamente  anche  con  riferimento  alla
 disposizione della Costituzione  che  si  assume  violata,  ai  sensi
 dell'art. 23, lettere a) e b), della legge n. 87/1953.
    Il  presente  giudizio,  infine,  non  e'  suscettibile  di essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  eccepita, dato il pregnante rilievo che
 avrebbero, ai fini del decidere,  le  acquisizioni  bancarie  che  si
 lamentano   ottenute   tramite   l'utilizzo   di  una  normativa  non
 costituzionalmente legittima.
    Tutto  cio'  premesso  la  commissione  valuta  la  questione   di
 costituzionalita'   non  manifestamente  infondata  per  le  seguenti
 considerazioni.
    L'eccezione pone la questione di costituzionalita' in  riferimento
 all'art. 63 del d.P.R. n. 633/1972 in relazione anche alla previsione
 di cui all'art. 51- bis dello stesso decreto.
    Analogo  problema  ed  analoga  impostazione  sono  poste,  e sono
 comunque da porsi, per l'art. 33 del d.P.R. n. 600/1973  in  rapporto
 alla previsione dell'art. 35 del medesimo decreto.
    L'art. 51- bis soprarichiamato, e' stato emanato nell'ambito della
 legge  di  delega per la riforma tributaria n. 825/1971 ed in stretta
 aderenza a quanto previsto all'art. 10, punto 12) della legge stessa.
    Il punto 12) prevede ".. .. .. l'introduzione, limitata a  ipotesi
 di  particolare gravita', di deroghe al segreto bancario nei rapporti
 con l'amministrazione  finanziaria,  tassativamente  determinate  nel
 contenuto e nei presupposti".
    Il  richiamato  art.  51-  bis  enuncia  e  realizza,  appunto, il
 generale dettato della legge delega sul piano della norma concreta  e
 positiva.
    Si  deve  comunque  concludere che il segreto bancario ha trovato,
 nell'ambito della riforma tributaria, un suo riconoscimento specifico
 per quanto concerne i rapporti con  l'amministrazione  finanziaria  e
 dunque  per  quanto  relativo,  su  di  un  piano  generale,  ad ogni
 attivita' ispettiva e di verifica da essa posta in essere.
    Il "segreto bancario", nelle piu'  svariate  occasioni  richiamato
 quale  astratto  concetto  attinente  spesso  l'auspicio,  o il dover
 essere, assume pertanto  qui  valore  di  norma  ed  una  sua  esatta
 connotazione  positiva e sistematica (perche' previsto dalla legge di
 delega).
    Le deroghe ad esso, precisate nei concetti dalla legge  di  delega
 gia'  indicata,  trovano  concreta attuazione normativa nell'art. 51-
 bis del decreto I.V.A. che costituisce, come gia' detto,  l'esercizio
 concreto, su tale piano, delle attivita' normative delegate.
    Non  v'e' dubbio che il citato art. 51- bis si ponga in termini di
 assoluta coerenza rispetto alla legge di delega.
    Analogamente e' da dirsi per quanto riguarda l'art. 35 del  d.P.R.
 n. 600/1973.
    Successivamente   all'emanazione   del   d.P.R.  n.  633/1972,  e'
 intervenuto il d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, che con il proprio art.
 7, ha modificato l'art. 63 dello stesso d.P.R. n. 633/1972.
    In tale sua rinnovata stesura, il predetto art. 63 prevede che  la
 guardia  di  finanza  cooperi  con gli uffici dell'imposta sul valore
 aggiunto per l'acquisizione ed il reperimento degli elementi utili ai
 fini dell'accertamento e per la repressione delle violazioni.
    Prevede, inoltre, che "Essa, previa autorizzazione  dell'autorita'
 giudiziaria  in  relazione  alle  norme  che  disciplinano il segreto
 istruttorio, utilizza e  trasmette  agli  uffici  documenti,  dati  e
 notizie  acquisiti  nei  confronti  dell'imputato  nell'esercizio dei
 poteri e facolta' di polizia giudiziaria e valutaria".
    Sullo stesso piano vanno svolte le considerazioni  che  riguardano
 il  d.P.R.  n.  600/1973  ed  il  suo  art.  33,  il  quale  contiene
 un'identica previsione in virtu' delle modifiche  ad  esso  apportate
 dal gia' citato d.P.R. n. 463/1982.
    Una  valutazione  letterale dell'art. 63 del d.P.R. n. 633/1972 (e
 cosi'  dell'art.  33  del  d.P.R.  n.  600/1973)  evidenzia  come  la
 possibilita' di trasmettere i dati e le notizie acquisiti nell'ambito
 di  attivita'  di  polizia  giudiziaria  siano  generali e quindi non
 vincolati a limite alcuno che non sia costituito  dall'autorizzazione
 dell'autorita'    giudiziaria   (autorizzazione   che   ha   riguardo
 all'eventuale  opportunita'   di   mantenere   integro   il   segreto
 istruttorio e che dunque non ha nulla a che vedere con considerazioni
 di indole tributaria).
    Ne  discenderebbe  che  i  dati e le notizie bancarie in tale modo
 ottenute, sarebbero svincolate dai criteri generali posti dalla legge
 di  delega  essendo  senz'altro  e  completamente   utilizzabili,   a
 prescindere  da  ogni classificazione di gravita' e quindi, in ultima
 analisi, da ogni limite che deriverebbe un eccesso rispetto ai limiti
 della delega stessa.
    Cio' porrebbe l'art. 63 del d.P.R. n. 633/1972, nella sua  attuale
 formulazione,  in violazione degli artt. 76 e 77 della norma primaria
 costituzionale, vertendosi appunto nell'ipotesi di eccesso di  delega
 da parte dell'autorita' delegata nei confronti di quella delegante.
    In  altri termini l'attivita' di ispezione bancaria, rigorosamente
 limitata dall'art. 51- bis del d.P.R. n. 633/1972 in ossequio ad  una
 fondamentale  disposizione  della  legge  di  delega,  sarebbe invece
 avulsa  da  ogni  limite,  che  non  sia  quello   gia'   evidenziato
 dall'autorizzazione  dell'autorita'  giudiziaria, per quanto concerne
 l'art. 63 del decreto succitato  e  le  attivita'  da  esso  previste
 (ancora  una  volta va detto che identica considerazione va fatta per
 l'art. 33 del d.P.R. n. 600/1973).
    E' notorio che l'interpretazione della  citata  normativa  avviene
 nei  modi  piu'  difformi  da  parte  delle  commissioni  tributarie,
 ritenendo alcune che fra i due articoli non esista alcun  sostanziale
 collegamento, sul presupposto che quanto acquisito nell'ambito di una
 attivita'  di  polizia  giudiziaria non incontri nessun limite se non
 quelli connaturati all'essenza di tale attivita' (con  conseguente  e
 totale  sganciamento  dai  principi  e  dalle limitazioni posti dalla
 legge di delega sulla riforma tributaria in argomento).
    Secondo tale linea interpretativa, la legge di delega non  sarebbe
 suscettibile  di  condizionare  in  alcun  modo,  nel senso predetto,
 l'attivita' di polizia giudiziaria  nelle  sue  interconnessioni  con
 l'attivita' di verifica e di accertamento tributari.
    Viene  pero'  da  considerare  che,  in  tal  modo, possono venire
 acquisiti dall'autorita' finanziaria dati e notizie,  di  tipo  anche
 bancario,  senza  che di fatto le limitazioni alla deroga del segreto
 bancario, contenute nella legge di delega e  nell'art.  51-  bis  del
 d.P.R.  n. 633/1972, che ne costituisce diretta promanazione, vengano
 rispettate e trovino quindi concreta applicazione.
    Un'altra    linea    interpretativa    considera     trasmissibili
 all'autorita'  finanziaria  solo  quei dati e quelle notizie che, pur
 acquisiti nell'ambito di una attivita'  di  polizia  giudiziale,  non
 riguardino pero' notizie bancarie.
    Tale  tesi  non appare tuttavia appagante, perche' anzitutto priva
 di un  supporto  emeneutico  letterale  consistente  ed  inoltre  una
 limitazione  siffatta,  anche  da  un  punto  di  vista  sistematico,
 verrebbe ad escludere proprio quel tipo di  acquisizioni  che,  anche
 sul piano dell'evoluzione storica dei rapporti commerciali, e' venuto
 ad  acquistare  maggior  valenza  e sul quale vi e' piu' approfondita
 attenzione.
    La diversita' totale delle cennate impostazioni e' evidente, cosi'
 come sono evidenti le conseguenze di ordine  pratico  che  discendono
 sul  piano  della  prova  legittimamente utilizzabile nell'ambito del
 processo tributario.
    E' sotto  tali  profili  che  la  censura  di  incostituzionalita'
 rivolta  agli  artt.  63  del  d.P.R. n. 633/1972 e 33 del d.P.R.  n.
 600/1973, nella loro attuale formulazione,  non  pare  manifestamente
 infondata.
    Tutto cio', si badi bene, rimanendo sul piano della considerazione
 del  tessuto  normativo  di  tipo  puramente  fiscale, e senza quindi
 addentrarsi a  considerare  i  problemi  connessi  all'autorizzazione
 dell'autorita'  giudiziaria,  ai  suoi limiti, alla sua specificita',
 alla sua impugnabilita', alla sua motivazione  etc.  (cfr.,  ad  es.,
 Cass., sezione terza penale, n. 4413 del 27 novembre 1989, dep. il 26
 gennaio 1990).
    Tali  considerazioni, pur rilevantissime, esorbitano infatti dagli
 stretti limiti del problema affrontato con la presente ordinanza.
    Nel  caso esaminato pare comunque non condividibile l'impostazione
 concettuale che si da' al problema tradizionalmente: quale cioe'  sia
 la  portata  dell'art.  63  del  d.P.R.  n.  633/1972 anche nelle sue
 relazioni con l'art. 51- bis del medesimo  provvedimento  legislativo
 (e,  correlativamente,  dell'art. 33 del d.P.R. 600/1973 in relazione
 all'art. 35).
    Una tale impostazione trascura infatti di esaminare se  una  certa
 interpretazione di tali articoli li renda compatibili, o meno, con la
 legge  di  delega  e,  dunque, se essi, letti in un certo modo, siano
 costituzionalmente legittimi o se, invece, le direttive ed  i  limiti
 contenuti  nella  legge di delega siano state disattese e superate in
 conseguenza di una certa interpretazione che a tali norme si  ritenga
 di dare.
    Pare  necessario  dunque,  in  ultima  analisi,  che  la  Corte si
 pronunci  sull'interpretazione  costituzionalmente  legittima   delle
 cennate norme, ove una ve ne sia.
    Da  ultimo  va rilevato che e' recentemente intervenuto il d.-l. 4
 gennaio 1991, n. 2, del 4 gennaio 1991,  il  quale  ha  ulteriormente
 modificato   il  testo  dell'art.  63  e  dell'art.  33,  secondo  la
 previsione di cui all'art. 5 di tale provvedimento.
   Pur non essendo tale normativa ovviamente applicabile ai fatti  per
 cui e' processo, e' interessante notare come tale nuova norma estenda
 l'ammissibilita'   delle   comunicazioni   dei   dati   all'Autorita'
 finanziaria ".. .. .. anche al di fuori dei casi di  deroga  previsti
 dall'art. 51- bis" (e dall'art. 35).
    Dunque  l'innovazione  normativa parrebbe ammettere che l'art. 63,
 come precedentemente formulato (ed il 33  del  d.P.R.  n.  600/1973),
 esorbitassero  dalla delega e necessitassero quindi di una successiva
 legittimazione.
    Tutto  cio'  acquista  ora  un  rilevante  valore   interpretativo
 costituito da un comportamento a posteriori del legislatore.
    E'  tuttavia  possibile  che ulteriori problemi si porranno per il
 fatto che la nuova fonte normativa e' un decreto-legge  (percio'  non
 ritenuto vincolato dalla legge di delega) che va ad incidere su di un
 corpus  costituito  da decreti delegati che fanno capo ad un'organica
 legge di delega.
    Non giova ancora sottolineare come i presenti procedimenti riuniti
 non possano essere definiti senza la  soluzione  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  prospettata,  essendo  gran  parte  del
 materiale probatorio rappresentato proprio da dati e notizie  bancari
 acquisiti al processo attraverso l'utilizzo degli artt. 63 del d.P.R.
 n.  633/1972 e 33 del d.P.R. n. 600/1973, e rivestendo tale materiale
 di provenienza bancaria assoluto rilievo ai fini del decidere.