ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 n. 7, del  decreto-legge  10  luglio  1982,  n.  429  (Norme  per  la
 repressione  della  evasione  in materia di imposte sui redditi e sul
 valore aggiunto e per agevolare  la  definizione  delle  pendenze  in
 materia  tributaria),  convertito  in  legge  7  agosto 1982, n. 516,
 promosso con ordinanza emessa l'8  novembre  1990  dal  Tribunale  di
 Torino  nel  processo  penale a carico di Gorra Dario, iscritta al n.
 128 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 maggio 1991 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza dell'8 novembre
 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo  comma,
 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  dell'art. 4, primo
 comma, n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito  in
 legge   7   agosto   1982,  n.  516,  nella  parte  in  cui,  secondo
 l'interpretazione  delle  Sezioni  Unite  penali   della   Corte   di
 cassazione,    "non    sono   necessari   ulteriori   elementi,   per
 l'integrazione della  menzionata  fattispecie  penale,  oltre  quelli
 palesemente  richiesti  dalla  norma,  ossia la semplice omissione di
 indicazione dei componenti positivi di reddito in taluno  degli  atti
 indicati nell'art. 4 n. 7";
      e  che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  chiedendo  "che  la  questione sia dichiarata palesemente non
 fondata, a meno che si ravvisi ragione per  restituire  gli  atti  al
 giudice a quo";
    Considerato  che,  con  sentenza  n.  35 del 1991, questa Corte ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo  comma,
 n. 7, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7
 agosto  1982,  n.  516,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  la
 dissimulazione di componenti positivi o la simulazione di  componenti
 negativi del reddito debba concretarsi in forme artificiose;
      e  che,  pur  essendosi, con l'art. 6 del decreto-legge 16 marzo
 1991, n. 83, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  maggio
 1991,  n. 154, sostituito l'intero art. 4 del decreto-legge 10 luglio
 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516  -  cosi'  da
 modificare anche la stessa normativa oggetto di censura (v. lettera f
 del  primo  comma  del  nuovo  testo)  -  poiche' l'art. 7 del citato
 decreto-legge n. 83 del 1991, non contempla  l'efficacia  retroattiva
 della  disciplina  di  cui  all'art.  6  e,  quindi,  non  deroga, in
 proposito,  all'art.  20  della  legge  7   gennaio   1929,   n.   4,
 l'abrogazione  della  norma  impugnata  non  comporta la restituzione
 degli atti al giudice rimettente  per  una  nuova  valutazione  della
 rilevanza   (cfr.,   ancora   -   ma   con  riferimento  all'identica
 prescrizione contenuta nell'art. 7 del decreto-legge 14 gennaio 1991,
 n. 7, non convertito in legge - sentenza n. 35 del 1991);
      che,  pertanto, la questione qui proposta deve essere dichiarata
 manifestamente inammissibile (v. ordinanze n. 85 del 1991, n. 149 del
 1991 e n. 155 del 1991);
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.