IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2478/90 proposto dal dott. Gerolamo Minici, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Di Gioia, presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, piazza Mazzini n. 27, contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, il Ministero del tesoro in persona del Ministro pro-tempore e l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti dello Stato, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, per: 1) l'annullamento del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia, direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali n. 4744/5 del 31 marzo 1990, con il quale nei confronti del ricorrente e' stato disposto il recupero della somma di L. 36.611.162 sulla indennita' di buonuscita; 2) l'annullamento del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia in data 31 luglio 1989 con il quale, in erronea esecuzione delle decisioni della prima sezione del t.a.r. del Lazio n. 603 del 4 luglio 1984 e della quarta sezione del Consiglio di Stato in s.g. n. 166/1989, da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente a titolo di differenze di stipendio per il periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983, rivalutazione monetaria ed interessi, dall'altro e' stato disposto il recupero delle somme stesse ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984; 3) la declaratoria del diritto del ricorrente ad ottenere la conservazione degli aumenti periodici figurativi attribuiti dalle decisioni n. 603/1984 e n. 166/1989 ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e di quiescenza; 4) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva delle somme dovute per differenze di stipendio in base alle decisioni n. 603/1984 e n. 166/1989 al lordo di ritenute a favore del fondo pensioni; 5) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle predette differenze degli interessi sulle predette differenze stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla data dell'effettiva corresponsione di tali differenze stipendiali e computati con riferimento agli importi dovuti al lordo sia delle ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute; 6) la declaratoria del diritto ad ottenere il computo dell'indennita' integrativa speciale ai fini della determinazione dell'indennita' di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria ed interessi per il ritardo nella liquidazione della stessa indennita'; 7) la declaratoria del diritto ad ottenere la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento economico spettantegli in virtu' delle sentenze n. 603/1984 e n. 166/1989 con condanna delle amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle maggiori somme dovute, oltre rivalutazione monetaria ed interessi calcolati secondo i criteri suesposti; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni in- timate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 5 dicembre 1991 la relazione del consigliere Franco Bianchi e uditi, altresi', l'avv. Di Gioia per il ricorrente e l'avv. dello Stato Linda per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso (n. 2478 del 1990) notificato il 12 luglio 1990 il dott. Gerolamo Minici ha adito questo tribunale per ottenere: 1) l'annullamento del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia - direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali n. 4744/5 del 31 marzo 1990, con il quale nei confronti del ricorrente e' stato disposto il recupero della somma di L. 36.611.162 sulla indennita' di buonuscita; 2) l'annullamento del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia in data 20 luglio 1989 con il quale, in erronea esecuzione delle decisioni della prima sezione del t.a.r. del Lazio n. 599 del 4 luglio 1984 e della quarta sezione del Consiglio di Stato in s.g. n. 166/1989, da un lato sono state determinate le somme dovute al ricorrente a titolo di differenze di stipendio per il periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983, rivalutazione monetaria ed interessi, dall'altro e' stato disposto il recupero delle somme stesse ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984; 3) la declaratoria del diritto del ricorrente ad ottenere la conservazione degli aumenti periodici figurativi attribuiti dalle decisioni n. 603/1984 e n. 166/1989 ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto e di quiescenza; 4) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva delle somme dovute per differenze di stipendio in base alle decisioni n. 603/1984 e n. 166/1989 al lordo di ritenute a favore del fondo pensioni; 5) la declaratoria del diritto ad ottenere l'attribuzione definitiva della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle predette differenze degli interessi sulle predette differenze stipendiali calcolati sulla base degli indici I.STAT. fino alla data dell'effettiva corresponsione di tali differenze stipendiali e computati con riferimento agli importi dovuti al lordo sia delle ritenute fiscali che di quelle previdenziali ed esenti essi stessi da tali ritenute; 6) la declaratoria del diritto ad ottenere il computo dell'indennita' integrativa speciale ai fini della determinazione dell'indennita' di buonuscita, nonche' della rivalutazione monetaria ed interessi per il ritardo nella liquidazione della stessa indennita'; 7) la declaratoria del diritto ad ottenere la riliquidazione dell'indennita' di buonuscita in base al nuovo trattamento economico spettantegli in virtu' delle sentenze n. 603/1984 e n. 166/1989 con condanna delle amministrazioni al pagamento in favore del ricorrente delle maggiori somme dovute, oltre rivalutazione monetaria ed interessi calcolati secondo i criteri suesposti. Premette il ricorrente - magistrato dell'ordine giudiziario - di aver ottenuto con sentenza del t.a.r. del Lazio 4 luglio 1984, n. 603, passata in giudizio per effetto della decisione del Consiglio di Stato, quarta sezione, 13 marzo 1989, n. 166, che ha dichiarato irricevibile per tardivita' il relativo atto di appello, la declaratoria del diritto ad ottenere l'applicazione della disciplina degli aumenti periodici di stipendio prevista per i magistrati della Corte dei conti dell'art. 5 del d.P.R. n. 1080/1970 e dalle norme ivi richiamate, con conseguente condanna dell'amministrazione al pagamento delle maggiori somme dovute, comprensive di interessi e rivalutazione monetaria. Collocato a riposo, per limiti di eta', il 1º marzo 1990, attendeva l'esecuzione del predetto giudicato al contrario, il Ministero di grazia e giustizia, dopo aver rideterminato il trattamento economico, per il periodo 1º gennaio 197930 giugno 1983, dovuto al ricorrente in applicazione del predetto giudicato, ha disposto il recupero sull'indennita' di buonuscita della somma di L. 30.011.162 e tale titolo attribuitogli. L'operato dell'amministrazione e' ritenuto illegittimo per i seguenti motivi: I) violazione dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere per illogicita', errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione. L'art. 10, secondo comma, legge n. 425/1984, nella parte in cui prevede che gli importi erogati ai magistrati in esecuzione di provvedimenti giudiziali passati in giudicato, del tipo di quello reso nei confronti del ricorrente, rimangono attribuiti a titolo personale e sono riassorbiti con la normale progressione economica ed inoltre, se necessario, operando le conseguenti detrazioni a conguaglio a carico dell'indennita' di buonuscita, si applica solo ai giudicati formatesi anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 425/1984 citata e non anche a quelli successivi; II) violazione dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984 e dei principi generali vigenti in materia. Eccesso di potere, per illogicita', errata valutazione di presupposti, difetto di motivazione. Illegittimita' derivata. La norma richiamata in epigrafe prevede il riassorbimento e non gia' il recupero delle somme erogate ai predetti titoli, sicche' non poteva nella specie, l'amministrazione disporre l'integrale recupero delle somme corrisposte al ricorrente in esecuzione del citato giudicato. Il recupero potrebbe in ogni caso riguardare le sole differenze stipendiali corrisposte e non anche la rivalutazione monetaria e gli interessi i quali costituiscono elementi accessori aventi mera funzione di conservazione del valore delle somme dovute rispetto al momento dell'effittiva corresponsione; III) violazione dell'art. 1 della legge n. 324/1959 in relazione agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 ed all'art. 22 della legge n. 16/1975, dovendo l'amministrazione determinare l'indennita' di buonuscita spettante al ricorrente computando anche l'indennita' integrativa speciale ed inoltre la rivalutazione monetaria e gli interessi. Per questi motivi l'istante ha chiesto al tribunale di volere, previa adozione di idonei provvedimenti cautelari, annullare i provvedimenti impugnati ed accogliere le pretese economiche specificate in epigrafe, con tutte le conseguenze di legge, anche in ordine alle spese, competenze ed onorari. Con successiva memoria, il ricorrente ha illustrato ulteriormente tutti i motivi di ricorso, rilevando in subordine che il recupero poteva semmai riguardare le differenze stipendiali corrisposte, ma non gia' la rivalutazione monetaria e gli interessi ed inoltre il recupero doveva riferirsi agli importi erogati al ricorrente al netto delle ritenute fiscali e contributive e non gia' come illegittimamente disposto, al lordo di tale ritenute. Per resistere all'impugnativa, si sono costituiti in giudizio le intimate amministrazioni le quali hanno confrontato i motivi di ricorso, di cui hanno chiesto il rigetto con ogni conseguenziale pronuncia anche in ordine alle spese. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 1990 dopo la discussione orale, la causa e' stata assunta in decisione. D I R I T T O Sono oggetto del giudizio - fra l'altro - i provvedimenti (specificato nella relazione in fatto) con i quali il Ministero di grazia e giustizia e l'E.N.P.A.S. hanno disposto ed effettuato il recupero sull'indennita' di buonuscita (corrisposta al ricorrente, collocato a riposo per limiti di eta' il 1º marzo 1990 della somma di L. 36.611.162 attribuitagli in esecuzione del giudicato (nascente dalla decisione del t.a.r. del Lazio, prima sezione, del 4 luglio 1984, n. 603, e del Consiglio di Stato, quarta sezione, del 13 marzo 1989, n. 166, che aveva dichiarato applicabile - in favore di tutti i magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato - la disciplina degli aumenti periodici di stipendio originariamente prevista per i soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 del d.P.R. n. 1080/1970. Il recupero di cui alla controversia - relativo alle somme spettanti in applicazione del predetto giudicato per il periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983 - e' stato disposto ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, recante disposizioni sul trattamento economico dei magistrati. E' pregiudiziale ad ogni altra pronuncia la questione di costituzionalita' che il collegio - d'ufficio - intende sollevare nei riguardi della predetta norma, la cui conformita' alla Costituzione appare seriamente sospetta, avuto riguardo, in particolare, agli artt. 3, 24, 25, 70, 101, 102, 103 e 113. E' noto che la questione di che trattasi non e' nuova, avendo la Corte costituzionale, su plurime ordinanze di remissione dei tribunali amministrativi regionali, specificamente esaminato (con sentenza n. 413 del 7 aprile 1988) la norma di cui all'art. 10, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, ritenendola conforme a tutti i parametri costituzionali sopra richiamati, in riferimento ai quali e' giudici a quibus avevano sollevato la questione. Con una prospettazione volta ad evidenziare nuove implicazioni derivanti dall'applicazione della predetta norma, la sezione ritiene ora di dover riproporre la questione di costituzionalita', persistendo aspetti non ancora esaustivamente esplorati circa l'effettiva portata dispostiva della norma. Come e' noto, antecedentemente alla legge n. 425/1984, recante disposizioni in ordine al trattamento economico dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e procuratori dello Stato si era formato un orientamento giurisprudenziale dei giudici amministrativi di primo grado e del Consiglio di Stato (cfr. per tutte, la decisione dell'Ap. 16 dicembre 1983, n. 27) che, ispirato alla unitarieta' ed uniformita' del trattamento economico delle categorie magistratuali e di quelle equiparate, aveva - in sostanza - riconosciuto in favore di tutti i magistrati indistintamente, la spettanza della speciale indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, originariamente attribuita, secondo il dettato letterale della norma, ai soli magistrati ordinari ed esteso inoltre ugualmente a tutte le categorie, la disciplina degli aumenti periodici di stipendio dettata per i soli magistrati della Corte dei conti dall'art. 5 del d.P.R. n. 1080/1970. L'anzidetto quadro normativo - univocamente interpretato dalla giurisprudenza nel senso teste' ricordato - si e' modificato con l'emanazione della legge n. 425/1984 il cui art. 1, primo comma, (con valore di interpretazione autentica) chiarisce che la speciale indennita' ex legge n. 27/1981 compete, antecedentemente al 1º gennaio 1983 - data dalla quale ne viene disposta l'estensione a tutti - solo ai magistrati dell'ordine giudiziario. Il secondo comma dello stesso art. 1 (anch'essa norma interpretativa) afferma a sua volta che i particolari criteri di calcolo degli aumenti per anzianita' originariamente previsti per i soli magistrati della Corte dei conti, debbono essere in effetti applicati solo a questi ultimi. Tale criterio di calcolo viene, tuttavia abolito (art. 3) anche per i predetti magistrati contabili, a decorrere dal 1º luglio 1983 e sostituiti, per tutti, con un nuovo criterio di progressione economica, articolato in otto classi biennali del 6% ed in successivi aumenti biennali del 2,50%. Della legittimita' costituzionale di queste norme interpretative, e' stata nuovamente investita la Corte, sospettandosi, da parte dei giudici remittenti, della conformita' di un intervento di interpretazione autentica, diretto ad imporre, in giudizi pendenti, una soluzione contrastante con i precedenti giurisprudenziali e sfavorevoli ad una uniformita' di trattamento retributivo fra tutte le categorie magistratuali ed equiparate (Consiglio di Stato, quarta sezione, 4 febbraio 1988, n. 22; t.a.r. Brescia 14 novembre 1987, n. 987). Siffata questione di illegittimita' costituzionale - tuttora pendente - e' scaturita, in sostanza, da una pronuncia di incostituzionalita' emessa dalla Corte, dell'art. 10, primo comma, della legge n. 425/1984 il quale, disponendo l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge stessa, precludeva, con cio' violando l'art. 24 della Costituzione, al giudice di merito di pronunciarsi sulle controversie relative al trattamento economico dei magistrati, cosi' come prefissato dalle ricordate norme interpreta- tive del diritto previgente (Corte costituzionale 10 aprile 1987, n. 123). Sull'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984 - che interessa il presente giudizio - necessita ora soffermarsi. La norma in questione recita testualmente: "Gli importi a qualsiasi titolo erogati o da erogare al personale previsto dall'art. 3 della presente legge in esecuzione di provvedimenti giudiziari passati in giudicato, rimangono attribuiti a titolo personale e sono riassorbiti con la normale progressione economica e nelle funzioni ed inoltre, se necessario, operando le conseguenti detrazioni a conguaglio a carico dell'indennita' di buonuscita". Nella pronuncia della Corte, soprarichiamata (n. 413/1988) si legge che in tale norma ".. .. .. non e' configurabile ne' lo svuotamento del contenuto economico del giudicato, ne' l'impiego della funzione legislativa per invadere l'ambito riservato dalla Costituzione all'attivita' giudiziaria, in quanto la norma stessa, funzionale alla generale finalita' perequativa perseguita dalla legge n. 425/1984 per tutti i magistrati, mira ad eliminare, con il meccanismo della gradualita' temporale proprio del riassorbimento nella progressione economica, esiti privilegiati di trattamento economico riproduttivo di disparita' non tollerabili nel quadro di intenti costituzionali legittimi della volonta' legislativa". Un approfondimento della questione deve muovere dalla situazione reale prefigurata dalla stessa legge n. 425/1984 sul trattamento economico dei magistrati, cosi' come risultante in vigore, dopo le pronunce correttive della Corte costituzionale. Il trattamento economico dettato per tutti i magistrati sulla base di un nuovo meccanismo retributivo e' in vigore dal 1º luglio 1983. Messo a raffronto con quello previgente, determinato, in ipotesi, anche a seguito di provvedimenti giudiziali passati in giudicato, e' ipotizzabile che esso risulti inferiore o superiore a quest'ultimo. Nessuna implicazione lesiva si verifica, per entrambi i casi, per l'interessato il quale dal 1º luglio 1983, ha comunque diritto di conservare il trattamento precedente piu' vantaggioso sotto forma di assegno personale pensionabile e riassorbibile con la normale progressione economica pari alla differenza fra le due retribuzioni. L'art. 8 della legge n. 425/1984 citata assicura, infatti, tale esito conservativo attraverso lo strumento tipico del "riassorbimento", che consiste nel mantenere il trattamento economico raggiunto piu' elevato di quello stabilito da una disciplina sopravvenuta, con il congelamento della progressione economica fino al momento in cui gli incrementi retributivi determinano la parificazione dei due trattamenti. Di talche', per il periodo successivo al 1º luglio 1983, l'eventuale provvedimento giudiziale che abbia, in ipotesi, concorso a determinare un maggior trattamento economico viene salvaguardato nei suoi effetti sostanziali, che continuano a prodursi per l'interessato grazie al riassorbimento ( ex art. 8 cit.). Altrettanto non puo' dirsi per il periodo precedente al 1º luglio 1983, vale a dire per il periodo che va dal 1º gennaio 1979 a tale data, cui si riferiscono i giudicati di cui trattasi, in quanto l'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984, dettato espressamente per tale lasso temporale, impone che gli importi a qualsiasi titolo erogati in esecuzione di giudicati, siano riassorbiti con la normale progressione di carriera o nelle funzioni, operando le conseguenziali detrazioni anche a carico dell'indennita' di buonuscita. Gli effetti di tale norma, letta nel combinato disposto dall'art. 8 citato, appaiono profondamente diversificati a seconda che il giudicato abbia determinato al 1º luglio 1983 una retribuzione maggiore o inferiore rispetto a quella (nuova) derivante dalla legge n. 424/1984. Nel primo caso, l'interessato, per il periodo posteriore al 1º luglio 1983, fruisce di tutti gli effetti favorevoli del giudicato, conservando l'assegno ad personam, finanzhe a fini pensinistici - se necessario - mentre, contraddittoriamente, per il periodo ante 1º luglio 1983, gli importi percepiti ex giudicato dovranno essere interamente recuperati anche a carico dell'indennita' di buonuscita. Nel caso di trattamento economico ex giudicato inferiore a quello ex legge n. 425/1984 - come nel caso dell'attuale ricorrente - non e' applicabile l'art. 8, perche' non vi e' l'esigenza di attribuire all'interessato, per il periodo posteriore al 1º luglio 1983, l'assegno ad personam, ma soltanto l'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984, attraverso il recupero delle somme corrisposte, utilizzando sia il meccanismo del riassorbimento con la normale progressione economica e nelle funzioni, sia il recupero vero e proprio a carico dell'indennita' di buonuscita. E' agevole scorgere, nell'effettiva portata precettiva della norma succitata un sostanziale e completo svuotamento del giudicato correlato alla circostanza che, laddove quest'ultimo abbia attribuito un trattamento economico risultante al 1º luglio 1983 inferiore a quello determinato ex legge n. 425/1984, nessun assegno personale ( ex art. 8) va riconosciuto all'interessato che e' tenuto, tuttavia ( ex art. 10, secondo comma) a restituire con il sistema del riassorbimento e della detrazione sull'indennita' di buonuscita le somme percepite ex giudicato. Invero, non e' agevole nemmeno comprendere come, nella specie, possa operare lo stesso meccanismo del riassorbimento (previsto dalla predetta norma) il quale, come e' noto, e' volto a mantenere un trattamento economico piu' elevato di quello stabilito da una disciplina sopravvenuta con il congelamento della progressione economica fino al momento in cui gli incrementi retributivi determinano la parificazione dei due trattamenti. Ma nella specie, non ricorre tale presupposto e ciononostante l'art. 10, secondo comma, citato vuole che le somme corrisposte " ex giudicato", siano "riassorbite". Non e' nemmeno agevole scorgere la finalita' perequativa di detta norma che, anzi, appare nella sua concreta applicazione, tale da operare concretamente in misura diversificata a seconda delle ipotesi verificabili, incidendo, conseguentemente, altrettanto in misura diversificata, sul giudicato di cui trattasi, al quale e' consentito in taluni casi di spiegare i propri effetti, laddove (ex art. 8 citato) si consente all'interessato di continuare a fruire, anche a fini pensionistici, di un trattamento economico piu' favorevole, mentre in altri lo si svuota completamente, laddove ( ex art. 10, secondo comma, citato) si prescrive il recupero che comunque deve avvenirre, delle somme corrisposte fino al 1º luglio 1983. In questo senso e' stata applicata - come non poteva non farsi - la disposizione di cui all'art. 10, secondo comma, della legge n. 425/1984, in quanto l'amministrazione, edotta che l'interessato, " ex giugdicato", come sopra precisato, aveva percepito importi retributivi a titolo di scatti di anzianita' ritenuti spettanti, ha recuperato sulla indennita' di buonuscita del ricorrente la somma di L. 32.816.710 corrispostagli per il periodo 1º luglio 197930 giugno 1983. Nella specie, lo svuotamento totale del giudicato e' in re ipsa, avendo l'interessato dovuto restituire tutto il conseguito. La salvaguardia del giudicato, del diritto di difesa e della stessa funzione giurisdizionale, limiti invalicabili per qualsiasi intervento che voglia risultare conforme ai dettami costituzionali contenuti negli artt. 24, 25, 101, 102, 103 e 113 della Costituzione - come ha sempre riconosciuto il giudice delle leggi - mentre appare osservata dal disposto dell'art. 8 della legge regionale n. 425/1984 che ha fatto uso, secondo uno schema tipico del pubblico impiego, del solo "riassorbimento", appare invece disattesa - con conseguente violazione di tutti i paremetri costituzionali sopra ricordati, oltre che dello stesso art. 3 della Costituzione, da parte dell'art. 10, secondo comma, della stessa legge che - almeno in taluni casi comporta irreversibilmente la totale restituzione di somme attribuite nel periodo 1º gennaio 1979-30 giugno 1983, consentendo all'amministrazione di operare un equivalente recupero sulla indennita' di buonuscita. Per le considerazioni esposte, le delineate questioni vanno rimesse alla Corte costituzionale, restando sospeso il giudizio, con riserva di ogni ulteriore statuizione all'esito della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'.