IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel processo iscritto al n.
 76/90 r.g. Trib.  contro  Ricco'  Gianfranco  Giuseppe,  Iori  Carla,
 Tirelli  Goffredo, Sergi Salvatore, Panighetti Emma Fiorenza, Lusetti
 Ivanna, Crotti  Anna  Maria,  Bonacini  Claudio,  Montanarini  Carlo,
 Bedeschi  Riccardo,  Motti  Adrasto, Mora Guido, Spaggiari Franco, Di
 Grazia Mario, Bassoli Mirto,  Leonelli  Dolores,  Bedogni  Antonella,
 Casaletti   Romeo,  Bertani  Giuseppe,  Montagnani  Mauro,  Manicardi
 Vittorio e Ruggeri Savio, imputati del reato p. e p. dagli artt. 110,
 610,  339  cpv. del c.p. perche', in concorso tra di loro e con altri
 non identificati (e pertanto in oltre  dieci  persone),  durante  una
 manifestazione  sindacale, tenendosi sotto braccio e comunque facendo
 muro con i lori corpi davanti all'accesso  dello  stabilimento  della
 S.p.a.  Max  Mara,  nonche'  manifestando  espressamente  con gesti e
 parole,  l'intenzione  di  non   fare   entrare   nessuno   nell'area
 dell'anzidetto   stabilimento   e  opponendosi  di  fatto  anche  con
 spintonamenti e pressioni fisiche a chi tentava di entrare, agendo in
 particolare il Ricco' Gianfranco e  Iori  Carla  come  organizzatori,
 impedivano  con  violenza  e  minaccia  ai dipendenti e al presidente
 dell'anzidetta S.p.a. Max Mara, nonche' a quanti altri  cercarono  di
 fatto di entrare, l'ingresso dello stabilimento. Reggio Emilia, addi'
 25 settembre 1987.
    L'art.  3,  primo  comma, n. 25, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75,
 stabilisce l'esclusione dell'amnistia, emanata con detto decreto, del
 delitto di  violenza  privata  nelle  ipotesi  aggravate  secondo  il
 combinato  disposto  dal  capoverso  dell'art.  610 e del primo comma
 dell'art. 339 del c.p.
    Per questa esclusione e'  stata  necessaria  una  specifica  norma
 perche',  data la pena edittale e date le regole dell'art. 4 di detto
 d.P.R., il reato di violenza privata,  anche  se  aggravato,  sarebbe
 rientrato nell'amnistia. Detta esclusione viene a riguardare il reato
 di  violenza  privata,  ascritto  agli imputati, per la contestazione
 relativa al numero delle persone che usarono la violenza, cioe' di un
 aggravante prevista dal  predetto  combinato  disposto  (la  menzione
 nell'imputazione  del  capoverso dell'art. 339 del c.p., cioe' di una
 disposizione che non puo'  riguardare  la  violenza  privata,  e'  un
 evidente   errore,   ma   l'aggravante   delle   piu'  persone  nella
 configurazione compatibile rimane contestata in fatto).
    Il d.P.R. n. 75/1990, con l'art. 1,  primo  comma,  lett.  f),  ha
 incluso  nell'amnistia  un reato, che non vi sarebbe rientrato per la
 pena edittale, cioe' quello di "blocco stradale" previsto dall'art. 1
 del d.lgs. 22 gennaio 1948,  n.  66,  quando  tale  reato  sia  stato
 commesso  a  causa  e  in  occasione di manifestazioni sindacali o in
 conseguenza di talune altre evenienze collettive.
    L'inclusione comprende anche  l'ipotesi  aggravata  dal  numero  o
 dalla riunione delle persone.
    Il reato di violenza privata, ascritto agli imputati, fu commesso,
 secondo  le  risultanze, per l'attuazione di uno sciopero, per cui si
 puo' senz'altro dire che esso fu commesso in occasione ed a causa  di
 una  manifestazione  sindacale  (di cio' da atto l'imputazione quando
 specifica che  il  reato  fu  commesso  "durante  una  manifestazione
 sindacale").
    La  difesta  degli  imputati  ha  sostenuto che l'inclusione nella
 amnistia del reato di blocco stradale,  anche  aggravato  dal  numero
 delle persone, commesso a causa ed in occasione di una manifestazione
 sindacale, e l'esclusione dalla stessa amnistia del reato di violenza
 privata  aggravato dal numero delle persone, anche se commesso per la
 predetta causa e nella predetta occasione, realizza una disparita' di
 trattamento non consentita  dalla  discrezionalita'  legislativa,  in
 quanto  assolutamente  irrazionale  ed  immotivata,  ed ha sostenuto,
 quindi,  che  la  predetta  esclusione  contrasta  col  principio  di
 eguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione.
    Il   tribunale  ritiene  la  questione  di  costituzionalita'  non
 manifestamente infondata e,  constatato  che  il  giudizio  non  puo'
 essere  definiti  indipendentemente  dalla  risoluzione di essa, deve
 provvedere a norma dell'art. 23 della l.c. n. 1/1953.
    Le norme poste in discussione sono l'art. 3, primo comma,  n.  25,
 del  d.P.R.  12  aprile  1990, n. 75, e l'art. 3, primo comma, n. 25,
 della legge 11 aprile 1990, n. 73,  detto  il  rapporto  che  secondo
 l'art. 79 della Costituzione intercorre fra dette norme.
    Ovviamente  non  si  discute  della legittimita' costituzionale di
 tali norme nell'intera loro portata, che' e',  appunto,  l'esclusione
 dall'aministia  di tutte le fattispecie di violenza privata aggravate
 secondo il combinato disposto dall'art. 510, capoverso,  e  dell'art.
 339,  primo  comma,  del  c.p., ma si discute solo della legittimita'
 costituzionale di tali norme nella parte in cui  esse  regolano,  con
 l'esclusione  dalla amnistia, fattispecie che, come quella attribuita
 agli imputati, hanno in  comune  con  altre,  invece,  incluse  nella
 stessa  amnistia  a  norma  dell'art.  1,  primo comma, lett. f), del
 d.P.R. n. 75/1990, sia  gli  elementi  strutturali  sia  la  causa  e
 l'occasione, costituite da una manifestazione sindacale.
    Detto  primo comma lett. f), lascia nell'esclusione dall'amnistia,
 determinata dalla pena edittale, le fattispecie  di  blocco  stradale
 aggravate  secondo talune ipotesi previste dell'art. 1, ultimo comma,
 del d.lgs. n. 66/1948 e cioe' commesse usando  violenza  o  minaccia,
 anche se causate o occasionate da manifestazioni sindacali o da altre
 evenienze collettive.
    Cio'  potrebbe  fare  apparire  che  ogni  fattispecie di violenza
 privata abbia elementi strutturali in comune non con  le  fattispecie
 di blocco stradale incluse nella amnistia bensi' con quelle escluse.
    Tali  elementi  strutturali comuni sarebbero proprio la violenza o
 la minaccia, che sono nel reato previsto dall'art.  610  del  c.p.  i
 fattori  dell'altrui  costringimento  a  fare,  tollerare od omettere
 qualche cosa.
    Senonche' la condotta degli imputati, descritta nella imputazione,
 si sarebbe sostanziata principalmente nel  "tenersi  sotto  braccio",
 nel  "fare  muro  con i loro corpi", nel "manifestare l'intenzione di
 non fare entrare nessuno".
    Questi comportamenti nell'ambito del reato di blocco stradale  non
 integrerebbero  l'aggravante  dell'uso  della  violenza o minaccia ma
 darebbero luogo solo al reato semplice, del  quale  sono  considerate
 condotte tipiche l'ostruire o l'ingombrare la strada.
    A  tale  proposito  si  consideri che il tenersi sotto braccio, il
 fare muro con le proprie persone, il manifestare l'intenzione di  non
 consentire   il   passaggio   sono   le   condotte   con   le   quali
 ordinariariamente e frequentemente una  folla  di  scioperanti  o  di
 manifestanti  impedisce  ed  ostacola  la circolazione su una strada,
 cioe' persegue il fine tipico del reato di blocco stradale e, quindi,
 tale reato commette.
    Se quei comportamenti dovessero ritenersi in se stessi violenti  o
 minacciosi,   l'amnistia   voluta   specificamente   a  vantaggio  di
 scioperanti o manifestanti, autori di reati di blocco  stradale,  non
 avrebbe che improbabili applicazioni, perche' quasi sempre quei reati
 sarebbero   corredati   di  aggravanti,  per  le  quali  rimarrebbero
 nell'esclusione di essa.
    Con  riferimento  al  reato  di violenza privata la Cassazione con
 conformi decisioni, che determinano il "diritto vivente", ha ritenuto
 che nel caso di costringimento consistito  nel  far  si'  che  taluno
 rinunci  a raggiungere il luogo, cui e' diretto, bastino ad integrare
 detto reato condotte di mera ostruzione del percorso.
    In tal senso e' stata la sentenza del 1ยบ marzo  1979,  Filippi  ed
 altri,  (in  Foro It. 1979, II, 405), secondo la quale "corrispondono
 del reato di  violenza  privata  gli  scioperanti  che,  attuando  il
 cosiddetto picchettaggio, manifestino la ferma intenzione di impedire
 a  chiunque  l'accesso  nello  stabilimento,  avvalendosi, al fine di
 ostruire materialmente  il  cancello  di  ingresso,  non  solo  della
 barriera  formata dai loro corpi, ma anche di un'automobile sistemata
 in funzione di ostacolo fisso". Ed  ancora  piu'  puntualmente  nello
 stesso  senso  la  sentenza del 24 marzo 1987, Batter (in Cass. pen.,
 1988, 2087) secondo la quale "sussiste il  delitto  consumato  e  non
 tentato  di  violenza  privata nel caso in cui i soggetti agenti, nel
 corso di una manifestazione pacifista, ostacolino - sdraiandosi con i
 loro corpi sulla  sede  stradale  -  l'accesso  ad  uno  stabilimento
 militare,  attraverso  l'ingresso  principale,  degli  automezzi allo
 stesso diretti".
    Nella sostanza  la  Cassazione  ha  ritenuto  quello  di  violenza
 privata un reato "a condotta libera", nel quale il carattere violento
 o   minaccioso   della  condotta  stessa  non  risulta  da  connotati
 intrinseci ma  si  desume  dalla  idoneita'  a  determinare  l'altrui
 costringimento a fare, tollerare od omettere qualcosa.
    Agli  effetti della rilevanza della questione di costituzionalita'
 in  esame,  va  osservato  che  agli  imputati  si  contestano  anche
 "spintonamenti"  e "pressioni fisiche", che potrebbero costituire uso
 di violenza esplicita, cioe',  condotte  assimilabili  a  quelle  che
 integrano,  se  usate  al  fine  di  impedire  o ostacolare la libera
 circolazione su un strada, fattispecie di blocco  stradale  aggravate
 dell'uso di violenza o minaccia, non rientranti nella amnistia, anche
 se consumate a causa e in occasione di manifestazioni sindacali.
    A ben vedere, pero', pur nella sua approssimazione, l'imputazione,
 con  la  quale agli imputati si contesta in effetti una molteplicita'
 di analoghi reati di violenza privata (tanti quante  sarebbero  state
 le  persone  impedite  ad entrare nello stabilimento industriale) non
 dice che tutti i reati furono commessi con spintonamenti e  pressioni
 fisiche  (questi  poterono  eventualmente  subirli  solo  coloro, non
 identificabili, che tentarono fisicamente di forzare il blocco) ma fa
 ritenere che una serie  di  quei  reati  fu  consumata  con  la  sola
 condotta di "ostruzione".
    La  decisione  sulla  questione  di  costituzionalita',  nel senso
 voluto dalla difesa, valrebbe, quindi,  a  definire  il  processo  in
 ordine a tutti i reati consumati con quest'ultima sola condotta.
    La  stessa  decisione,  inoltre,  servirebbe  alla definizione del
 processo anche per i casi in cui l'uso di spintonamenti  e  pressioni
 fisiche restasse non provato.
    Si   rende   ora  necessario,  seguendo  anche  la  traccia  della
 giurisprudenza della Corte costituzionale in ordine  all'applicazione
 del principio di eguaglianza, sancito nell'art. 3 della Costituzione,
 procedere  ad un raffronto tra le fattispecie, quale prima precisata,
 in  esame  nel  giudizio  penale,  e  quella  di   blocco   stradale,
 considerata  nell'art.  1,  primo  comma,  lett.  f),  del  d.P.R. n.
 75/1990,  per  stabilire  se  siano  fattispecie  omogenee  e  se  il
 trattamento  opposto,  che  hanno  rispetto  alla amnistia, resti non
 sorretto da alcuna ragionevole giustificazione.
    La Corte costituzionale, quando sono state portate  al  suo  esame
 questioni  basate  sulla  violazione  del  principio  di  eguaglianza
 nell'ambito di un provvedimento di amnistia, non ha mai  escluso  che
 detto  principio  estenda i suoi effetti anche agli atti legislativi,
 che trovano presupposto nell'art. 79  della  Costituzione,  ed  anche
 quando  ha deciso in modo negativo le questioni concrete, lo ha fatto
 solo per avere ravvisato disomogeneita' fra le  fattispecie  trattate
 in  modo  diverso  nonche' specifico fondamento razionale del diverso
 trattamento.
    Dalle sentenze della Corte costituzionale si desume, inoltre,  che
 i  provvedimenti  di  concessione  di amnistia, pur costituendo in se
 stessi deroghe al principio di eguaglianza (deroghe legittime, pero',
 secondo una norma della Costituzione, cioe' secondo il gia' ricordato
 art.  79)  devono  non  violare  al  proprio  interno  quello  stesso
 principio.  Corollario  di cio' e' che il ripristino dell'eguaglianza
 va realizzato non mediante  l'eliminazione  di  casi  di  concessione
 dell'amnistia, bensi' mediante l'estensione del trattamento di favore
 alle fattispecie irrazionalmente discriminate.
    Tutto  cio' ha trovato enunciazione ed applicazione in particolare
 nella sentenza n. 4/1974.
    Va qui pure ricordato che in altre sentenze  la  stessa  Corte  ha
 ritenuto  legittima,  perche' razionale, la differenza di trattamento
 (nel senso dell'amnistia concessa ad uno ed esclusa per altro) quando
 i reati presentino differenze strutturali e teleologiche,  risuntanti
 anche dall'essere previsti in titoli diversi e dall'essere puniti con
 pene diverse.
    Cio'  offre  lo  spunto  per  mettere  nel  dovuto  rilievo che la
 questione in esame ha connotazioni sue particolari.
    Non si tratta, infatti, di una delle questioni solitamente  decise
 in   senso   negativo,   perche',   appunto  riguardanti  il  diverso
 trattamento di reati diversi e come tali mai, in effetti, tra di loro
 intrinsecamente omogenei.
    Nella questione  in  esame  acquista,  invece,  specifico  rilievo
 giuridico  un elemento, non interno alle fattispecie di reato (tra le
 quali,  peraltro,  si  vedra'  come   sussistono   strette   analogie
 strutturali  e  teleologiche),  l'elemento  cioe'  mediante  il quale
 vengono,  rispetto  alle  consimili,   selezionate   le   fattispecie
 amnistiate.  La  previsione di amnistia, contenuta nell'art. 1, primo
 comma, lett. f), del d.P.R. n. 75/1990 e nella  corrispondente  norma
 della  legge  di  delegazione,  giuridicizza l'elemento relativo alla
 causa ed all'occasione del reato, cioe'  il  fatto  di  essere  stato
 questo  commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o
 in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni  di
 pubblici  servizi  o  a  problemi abitativi: le fattispecie di blocco
 stradale amnistiate sono quelle in cui ricorre il predetto  ulteriore
 elemento.
    Cio' crea una sostanziale differenza tra la previsione di amnistia
 contenuta  nel  predetto  art.  1, primo comma, lett. f), e la stessa
 previsione relativa sia ai reati  individuati  in  base  al  criterio
 generale   del   limite   di   pena   edittale  sia  ad  altri  reati
 specificamente individuati.
    Infatti,  mentre  in  genere  il  provvedimento  di  amnistia  non
 dichiara le ragioni per cui l'amnistia stessa viene  concessa  e  per
 cui  certi  reati  vengono  inclusi  ed  altri  esclusi, cosicche' e'
 rimessa all'interprete, che a cio' interessato, l'indagine su  quelle
 ragioni,  nel  caso  delle  fattispecie amnistiate di blocco stradale
 l'elemento di individuazione di esse, prima ricordato,  assume  anche
 il  senso  di  una esplicita dichiarazione del motivo del trattamento
 preferenziale, motivo che riceve ulteriore precisazione in  relazione
 al tipo di quelle fattispecie.
    Si  vuole  dire  che,  siccome  non tutte le fattispecie di blocco
 stradale sono state incluse nell'amnistia ma solo quelle commesse  da
 scioperanti  e  manifestanti,  per  motivi  di  apprezzabile  rilievo
 sociale, risulta chiaro che nel trattamento  preferenziale  ha  avuto
 specifico  rilievo il contesto nel quale i soggetti hanno agito, e si
 vuole anche dire che, siccome non tutti i reati, sia pure con  uguale
 limite  di  pena  edittale,  commessi  da quegli stessi soggetti sono
 stati inclusi nell'amnistia, risulta chiaro che il blocco stradale vi
 e' stato incluso quale  tipico  reato  collettivo  di  scioperanti  e
 manifestanti.
    Cio'  equivale  a  dire  che nella inclusione nell'aministia hanno
 avuto rilievo la qualita'  dei  soggetti  ed  il  movente  del  reato
 nonche'  il  tipo  di  condotta,  ma  non ha avuto rilievo il tipo di
 interesse leso dal reato.
    Cogliere questo  comporta  che  per  la  verifica  della  coerenza
 interna  del  provvedimento  di  amnistia,  sotto  il  profilo  delle
 implicazioni derivanti dalla  inclusione  di  talune  fattispecie  di
 blocco   stradale,  e  per  stabilire  se  una  certa  disparita'  di
 trattamento abbia fondamento, si debbano considerare,  nel  confronto
 fra  le  fattispecie  diversamente  trattate,  gli elementi che hanno
 determinato quell'inclusione e che sono stati prima individuati.
    Non pare, invece, che  altri  elementi  significativi  vengano  in
 rilevo,  a  meno  che  non si giunga a dire che fattispecie di blocco
 stradale e fattispecie di violenza privata  possano  essere  trattate
 diversamente,  nonostante le une siano l'immagine allo specchio delle
 altre, solo per la diversa denominazione.
    Ora, se conseguentemente con le premesse  svolte,  si  esamina  la
 fattispecie  del  processo  penale e la si compara a quella di blocco
 stradale inclusa nella amnistia, si rileva  identita'  di  situazione
 soggettiva,  cioe' il trattarsi di partecipanti ad una manifestazione
 sindacale, identita' di movente, cioe' l'agire per  motivi  sindacali
 collettivi,  identita' di condotta, cioe' l'avere ingombrato una area
 di  passaggio,  ed  infine  identita'  di  risultato,  cioe'  l'avere
 impedito a piu' persone di andare verso la propria destinazione.
    Per  un  paradosso  gli imputati si trovano a non rispondere di un
 reato di blocco stradale, ora amnistiato, solo perche'  non  si  sono
 schierati   di   traverso   alla   strada   in   modo   da   impedire
 indiscriminatamente  il  transito,  ma  si  sono  schierati  in   una
 posizione  parallela  alla strada stessa in modo da intercettare solo
 coloro che fossero, provenendo da essa, diretti allo stabilimento.
    Questa  considerazione  puo'  essere  sviluppata  in  altre   piu'
 tecniche.
    Quello  di blocco stradale e' stato definito un reato di pericolo,
 in  quanto,  per  la  sua  consumazione  basta  che  l'impedimento  o
 l'ostacolo alla libera circolazione siano nell'intenzione dell'agente
 e  che  questo  abbia posto in essere atti idonei, mentre non occorre
 che in concreto taluno sia rimasto impedito od ostacolato.
    Ma,   ovviamente,   vi   sono  concrete  fattispecie  nelle  quali
 l'impedimento o l'ostacolo non sono rimasti fatti potenziali ma  sono
 divenuti eventi concreti.
    In  questi casi il reato di blocco stradale funziona rispetto alla
 violenza privata come previsione speciale ed assorbe  l'altro  reato,
 del quale pure sussistono gli elementi costitutivi.
    Cio'  significa  che,  se  anche  quella  di  blocco  stradale  e'
 fattispecie  criminosa  che  investe  un  interesse   pubblico,   che
 trascende la tutela dei singoli, essa non esclude tale tutela ma anzi
 la ingloba.
    Il  blocco stradale non e', quindi, reato eterogeneo rispetto alla
 violenza privata ma e' fattispecie  che  assomma  la  funzione  della
 previsione  punitiva della violenza privata con una propria ulteriore
 funzione (di qui il piu' grave trattamento punitivo).
    A questo punto, dopo aver verificato l'omogeneita'  strutturale  e
 teleologica,  e  dopo  avere  constatato che la fattispecie di blocco
 stradale tutela anche la liberta'  dei  singoli  nella  circolazione,
 risulta  chiaro  che  le  differenze tra la fattispecie ascritta agli
 imputati e  quelle  amnistiate  di  blocco  stradale  sono  puramente
 nominali  e che le uniche differenze di sostanza stanno nel fatto che
 quelle fattispecie amnistiate sono piu' gravi in quanto lesive di  un
 ulteriore interesse pubblico.
    Il  meccanismo  normativo  interno  al  d.P.R.  n. 75/1990 ed alla
 relativa   legge   di   delegazione,   che   lascia   nell'esclusione
 dall'amnistia i reati ascritti agli imputati, puo' ritenersi, quindi,
 del  tutto irrazionale ed immotivato e da' luogo ad una disparita' di
 trattamento   in   violazione   del   principio   costituzionale   di
 eguaglianza.
    Ma,  prima di concludere, va detto che la disparita' in questione,
 pur essendo nella volonta' della legge in senso oggettivo, non sembra
 riportabile  ad  una  volonta'  esistente  durante  il   procedimento
 formativo  della  legge stessa e sembra, invece, riferibile a fattori
 casuali.
    La predetta disparita' compare nel d.P.R. n. 75/1990,  mentre  non
 vi era in precedenti provvedimenti di amnistia.
    Infatti,  nel d.P.R. n. 332/1966, in base a speciale previsione, i
 reati di violenza privata e  di  blocco  stradale,  anche  aggravati,
 erano stati accomunati nell'inclusione nell'amnistia "se commessi per
 motivi ed in occasione di manifestazioni sindacali".
    Nel  d.P.R.  n. 283/1970, col cui art. 1 fu concessa una tipica ed
 estesa  amnistia  per  i  reati  collettivi  o  connessi  con  eventi
 collettivi,  i  reati  di  violenza  privata,  anche aggravati, erano
 ricompresi in base alla pena  edittale,  mentre  i  reati  di  blocco
 stradale erano ricompresi per specifica previsione.
    L'accostamento  dei  predetti reati, anche se aggravati dal numero
 delle persone, e l'equiparazione nel trattamento si e' avuto ove quei
 reati  fossero  stati  commessi  "a  causa   ed   in   occasione   di
 manifestazioni  sindacali"  ed  in  conseguenza  di  altre  evenienze
 collettive nel d.P.R. di amnistia n. 744/1981.
    Analoga situazione normativa si e'  ancora  avuta  col  d.P.R.  n.
 865/1986.
    Tutto  lascia  pensare  che nel d.P.R. n. 75/1990 e nella relativa
 legge di delega il predetto accostamento non  si  sia  ripetuto  solo
 perche',  a  differenza  che  in  decreti  di clemenza precedenti, la
 violenza privata e' risultata ricompresa  nell'amnistia  in  base  al
 criterio della pena edittale.
    Senonche'  nell'ultimo  d.P.R.  e'  stata disposta, con apposita e
 necessaria norma, l'esclusione  dall'amnistia  delle  fattispecie  di
 violenza  privata  aggravate secondo il combinato disposto degli art.
 610, capoverso, e 339, primo comma, del c.p.
    Verosimilmente e' sfuggito che l'esclusione, cosi' come formulata,
 finiva per riguardare anche le violenze private commesse a causa o in
 occasione di manifestazioni  sindacali  o  in  conseguenza  di  altre
 evenienze  collettive,  in quanto tali reati implicano normalmente il
 concorso di piu' persone riunite.
    Violenze private e blocchi stradali sono alternativamente i  reati
 in  cui  si  converte  una  tipica attivita' sindacale, designata col
 termine "picchettaggio".
    I partecipanti a quell'attivita' di solito sono  consapevoli  solo
 del  fine  sindacale  che  essi  perseguono,  mentre  trascurano  gli
 elementi che determinano la consumazione dell'uno o dell'altro  reato
 (fra cui anche in sede giudiziaria spesso non e' facile distinguere).
    L'avere  il  d.P.R.  n.  75/1990,  sulla  traccia  dei precedenti,
 rinnovato la previsione relativa alle fattispecie di blocco stradale,
 ha  fatto  si  che,  ai  fini  della  stessa  amnistia,  la  causa  o
 l'occasione   costituite  da  manifestazioni  sindacali  o  da  altre
 evenienze collettive  siano  in  relazione  al  blocco  stradale  gli
 elementi  che  determinano l'inclusione nell'amnistia ed in relazione
 alla violenza privata gli elementi che,  traducendosi  nel  corso  di
 piu' persone riunite, determinano l'esclusione.
    Cio'  nonostante  tutti  i  caratteri  di  omogeneita' giuridica e
 fattuale fra le fattispecie prima evidenziati.
    Le precedenti amnistie accomunavano nel trattamento  preferenziale
 fattispecie  di  blocco  stradale  e  fattispecie di violenza privata
 originate dalla medesima causa o occasione, senza enucleare da quelle
 di violenza privata le sole che avessero omogeneita' strutturale  con
 quelle di blocco stradale.
    In  concreto,  pero',  il dato d'esperienza era che nella amnistia
 finivano per rientrare, qualificati come violenze private, i fatti di
 "picchettaggio", quelli cioe' piu' simili ai fatti che potevano  dare
 luogo ad imputazioni di blocco stradale.
    D'altra   parte,  piuttosto  difficoltosa  sarebbe  risultata  una
 previsione  normativa   che   dovesse   fare   sottosclassifiche   di
 fattispecie di violenza privata.
    Nell'ambito  della  questione  di costituzionalita', qui trattata,
 quella  non  facile  determinazione  delle  fattispecie  di  violenza
 privata, omogenee rispetto alle fattispecie di blocco stradale, si e'
 resa  necessaria  ed,  ove lo ritenga, potra' la Corte farne migliore
 determinazione che nel dispositivo di questa ordinanza.