IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel processo iscritto al n. 76/90 r.g. Trib. contro Ricco' Gianfranco Giuseppe, Iori Carla, Tirelli Goffredo, Sergi Salvatore, Panighetti Emma Fiorenza, Lusetti Ivanna, Crotti Anna Maria, Bonacini Claudio, Montanarini Carlo, Bedeschi Riccardo, Motti Adrasto, Mora Guido, Spaggiari Franco, Di Grazia Mario, Bassoli Mirto, Leonelli Dolores, Bedogni Antonella, Casaletti Romeo, Bertani Giuseppe, Montagnani Mauro, Manicardi Vittorio e Ruggeri Savio, imputati del reato p. e p. dagli artt. 110, 610, 339 cpv. del c.p. perche', in concorso tra di loro e con altri non identificati (e pertanto in oltre dieci persone), durante una manifestazione sindacale, tenendosi sotto braccio e comunque facendo muro con i lori corpi davanti all'accesso dello stabilimento della S.p.a. Max Mara, nonche' manifestando espressamente con gesti e parole, l'intenzione di non fare entrare nessuno nell'area dell'anzidetto stabilimento e opponendosi di fatto anche con spintonamenti e pressioni fisiche a chi tentava di entrare, agendo in particolare il Ricco' Gianfranco e Iori Carla come organizzatori, impedivano con violenza e minaccia ai dipendenti e al presidente dell'anzidetta S.p.a. Max Mara, nonche' a quanti altri cercarono di fatto di entrare, l'ingresso dello stabilimento. Reggio Emilia, addi' 25 settembre 1987. L'art. 3, primo comma, n. 25, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, stabilisce l'esclusione dell'amnistia, emanata con detto decreto, del delitto di violenza privata nelle ipotesi aggravate secondo il combinato disposto dal capoverso dell'art. 610 e del primo comma dell'art. 339 del c.p. Per questa esclusione e' stata necessaria una specifica norma perche', data la pena edittale e date le regole dell'art. 4 di detto d.P.R., il reato di violenza privata, anche se aggravato, sarebbe rientrato nell'amnistia. Detta esclusione viene a riguardare il reato di violenza privata, ascritto agli imputati, per la contestazione relativa al numero delle persone che usarono la violenza, cioe' di un aggravante prevista dal predetto combinato disposto (la menzione nell'imputazione del capoverso dell'art. 339 del c.p., cioe' di una disposizione che non puo' riguardare la violenza privata, e' un evidente errore, ma l'aggravante delle piu' persone nella configurazione compatibile rimane contestata in fatto). Il d.P.R. n. 75/1990, con l'art. 1, primo comma, lett. f), ha incluso nell'amnistia un reato, che non vi sarebbe rientrato per la pena edittale, cioe' quello di "blocco stradale" previsto dall'art. 1 del d.lgs. 22 gennaio 1948, n. 66, quando tale reato sia stato commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di talune altre evenienze collettive. L'inclusione comprende anche l'ipotesi aggravata dal numero o dalla riunione delle persone. Il reato di violenza privata, ascritto agli imputati, fu commesso, secondo le risultanze, per l'attuazione di uno sciopero, per cui si puo' senz'altro dire che esso fu commesso in occasione ed a causa di una manifestazione sindacale (di cio' da atto l'imputazione quando specifica che il reato fu commesso "durante una manifestazione sindacale"). La difesta degli imputati ha sostenuto che l'inclusione nella amnistia del reato di blocco stradale, anche aggravato dal numero delle persone, commesso a causa ed in occasione di una manifestazione sindacale, e l'esclusione dalla stessa amnistia del reato di violenza privata aggravato dal numero delle persone, anche se commesso per la predetta causa e nella predetta occasione, realizza una disparita' di trattamento non consentita dalla discrezionalita' legislativa, in quanto assolutamente irrazionale ed immotivata, ed ha sostenuto, quindi, che la predetta esclusione contrasta col principio di eguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione. Il tribunale ritiene la questione di costituzionalita' non manifestamente infondata e, constatato che il giudizio non puo' essere definiti indipendentemente dalla risoluzione di essa, deve provvedere a norma dell'art. 23 della l.c. n. 1/1953. Le norme poste in discussione sono l'art. 3, primo comma, n. 25, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, e l'art. 3, primo comma, n. 25, della legge 11 aprile 1990, n. 73, detto il rapporto che secondo l'art. 79 della Costituzione intercorre fra dette norme. Ovviamente non si discute della legittimita' costituzionale di tali norme nell'intera loro portata, che' e', appunto, l'esclusione dall'aministia di tutte le fattispecie di violenza privata aggravate secondo il combinato disposto dall'art. 510, capoverso, e dell'art. 339, primo comma, del c.p., ma si discute solo della legittimita' costituzionale di tali norme nella parte in cui esse regolano, con l'esclusione dalla amnistia, fattispecie che, come quella attribuita agli imputati, hanno in comune con altre, invece, incluse nella stessa amnistia a norma dell'art. 1, primo comma, lett. f), del d.P.R. n. 75/1990, sia gli elementi strutturali sia la causa e l'occasione, costituite da una manifestazione sindacale. Detto primo comma lett. f), lascia nell'esclusione dall'amnistia, determinata dalla pena edittale, le fattispecie di blocco stradale aggravate secondo talune ipotesi previste dell'art. 1, ultimo comma, del d.lgs. n. 66/1948 e cioe' commesse usando violenza o minaccia, anche se causate o occasionate da manifestazioni sindacali o da altre evenienze collettive. Cio' potrebbe fare apparire che ogni fattispecie di violenza privata abbia elementi strutturali in comune non con le fattispecie di blocco stradale incluse nella amnistia bensi' con quelle escluse. Tali elementi strutturali comuni sarebbero proprio la violenza o la minaccia, che sono nel reato previsto dall'art. 610 del c.p. i fattori dell'altrui costringimento a fare, tollerare od omettere qualche cosa. Senonche' la condotta degli imputati, descritta nella imputazione, si sarebbe sostanziata principalmente nel "tenersi sotto braccio", nel "fare muro con i loro corpi", nel "manifestare l'intenzione di non fare entrare nessuno". Questi comportamenti nell'ambito del reato di blocco stradale non integrerebbero l'aggravante dell'uso della violenza o minaccia ma darebbero luogo solo al reato semplice, del quale sono considerate condotte tipiche l'ostruire o l'ingombrare la strada. A tale proposito si consideri che il tenersi sotto braccio, il fare muro con le proprie persone, il manifestare l'intenzione di non consentire il passaggio sono le condotte con le quali ordinariariamente e frequentemente una folla di scioperanti o di manifestanti impedisce ed ostacola la circolazione su una strada, cioe' persegue il fine tipico del reato di blocco stradale e, quindi, tale reato commette. Se quei comportamenti dovessero ritenersi in se stessi violenti o minacciosi, l'amnistia voluta specificamente a vantaggio di scioperanti o manifestanti, autori di reati di blocco stradale, non avrebbe che improbabili applicazioni, perche' quasi sempre quei reati sarebbero corredati di aggravanti, per le quali rimarrebbero nell'esclusione di essa. Con riferimento al reato di violenza privata la Cassazione con conformi decisioni, che determinano il "diritto vivente", ha ritenuto che nel caso di costringimento consistito nel far si' che taluno rinunci a raggiungere il luogo, cui e' diretto, bastino ad integrare detto reato condotte di mera ostruzione del percorso. In tal senso e' stata la sentenza del 1ยบ marzo 1979, Filippi ed altri, (in Foro It. 1979, II, 405), secondo la quale "corrispondono del reato di violenza privata gli scioperanti che, attuando il cosiddetto picchettaggio, manifestino la ferma intenzione di impedire a chiunque l'accesso nello stabilimento, avvalendosi, al fine di ostruire materialmente il cancello di ingresso, non solo della barriera formata dai loro corpi, ma anche di un'automobile sistemata in funzione di ostacolo fisso". Ed ancora piu' puntualmente nello stesso senso la sentenza del 24 marzo 1987, Batter (in Cass. pen., 1988, 2087) secondo la quale "sussiste il delitto consumato e non tentato di violenza privata nel caso in cui i soggetti agenti, nel corso di una manifestazione pacifista, ostacolino - sdraiandosi con i loro corpi sulla sede stradale - l'accesso ad uno stabilimento militare, attraverso l'ingresso principale, degli automezzi allo stesso diretti". Nella sostanza la Cassazione ha ritenuto quello di violenza privata un reato "a condotta libera", nel quale il carattere violento o minaccioso della condotta stessa non risulta da connotati intrinseci ma si desume dalla idoneita' a determinare l'altrui costringimento a fare, tollerare od omettere qualcosa. Agli effetti della rilevanza della questione di costituzionalita' in esame, va osservato che agli imputati si contestano anche "spintonamenti" e "pressioni fisiche", che potrebbero costituire uso di violenza esplicita, cioe', condotte assimilabili a quelle che integrano, se usate al fine di impedire o ostacolare la libera circolazione su un strada, fattispecie di blocco stradale aggravate dell'uso di violenza o minaccia, non rientranti nella amnistia, anche se consumate a causa e in occasione di manifestazioni sindacali. A ben vedere, pero', pur nella sua approssimazione, l'imputazione, con la quale agli imputati si contesta in effetti una molteplicita' di analoghi reati di violenza privata (tanti quante sarebbero state le persone impedite ad entrare nello stabilimento industriale) non dice che tutti i reati furono commessi con spintonamenti e pressioni fisiche (questi poterono eventualmente subirli solo coloro, non identificabili, che tentarono fisicamente di forzare il blocco) ma fa ritenere che una serie di quei reati fu consumata con la sola condotta di "ostruzione". La decisione sulla questione di costituzionalita', nel senso voluto dalla difesa, valrebbe, quindi, a definire il processo in ordine a tutti i reati consumati con quest'ultima sola condotta. La stessa decisione, inoltre, servirebbe alla definizione del processo anche per i casi in cui l'uso di spintonamenti e pressioni fisiche restasse non provato. Si rende ora necessario, seguendo anche la traccia della giurisprudenza della Corte costituzionale in ordine all'applicazione del principio di eguaglianza, sancito nell'art. 3 della Costituzione, procedere ad un raffronto tra le fattispecie, quale prima precisata, in esame nel giudizio penale, e quella di blocco stradale, considerata nell'art. 1, primo comma, lett. f), del d.P.R. n. 75/1990, per stabilire se siano fattispecie omogenee e se il trattamento opposto, che hanno rispetto alla amnistia, resti non sorretto da alcuna ragionevole giustificazione. La Corte costituzionale, quando sono state portate al suo esame questioni basate sulla violazione del principio di eguaglianza nell'ambito di un provvedimento di amnistia, non ha mai escluso che detto principio estenda i suoi effetti anche agli atti legislativi, che trovano presupposto nell'art. 79 della Costituzione, ed anche quando ha deciso in modo negativo le questioni concrete, lo ha fatto solo per avere ravvisato disomogeneita' fra le fattispecie trattate in modo diverso nonche' specifico fondamento razionale del diverso trattamento. Dalle sentenze della Corte costituzionale si desume, inoltre, che i provvedimenti di concessione di amnistia, pur costituendo in se stessi deroghe al principio di eguaglianza (deroghe legittime, pero', secondo una norma della Costituzione, cioe' secondo il gia' ricordato art. 79) devono non violare al proprio interno quello stesso principio. Corollario di cio' e' che il ripristino dell'eguaglianza va realizzato non mediante l'eliminazione di casi di concessione dell'amnistia, bensi' mediante l'estensione del trattamento di favore alle fattispecie irrazionalmente discriminate. Tutto cio' ha trovato enunciazione ed applicazione in particolare nella sentenza n. 4/1974. Va qui pure ricordato che in altre sentenze la stessa Corte ha ritenuto legittima, perche' razionale, la differenza di trattamento (nel senso dell'amnistia concessa ad uno ed esclusa per altro) quando i reati presentino differenze strutturali e teleologiche, risuntanti anche dall'essere previsti in titoli diversi e dall'essere puniti con pene diverse. Cio' offre lo spunto per mettere nel dovuto rilievo che la questione in esame ha connotazioni sue particolari. Non si tratta, infatti, di una delle questioni solitamente decise in senso negativo, perche', appunto riguardanti il diverso trattamento di reati diversi e come tali mai, in effetti, tra di loro intrinsecamente omogenei. Nella questione in esame acquista, invece, specifico rilievo giuridico un elemento, non interno alle fattispecie di reato (tra le quali, peraltro, si vedra' come sussistono strette analogie strutturali e teleologiche), l'elemento cioe' mediante il quale vengono, rispetto alle consimili, selezionate le fattispecie amnistiate. La previsione di amnistia, contenuta nell'art. 1, primo comma, lett. f), del d.P.R. n. 75/1990 e nella corrispondente norma della legge di delegazione, giuridicizza l'elemento relativo alla causa ed all'occasione del reato, cioe' il fatto di essere stato questo commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi: le fattispecie di blocco stradale amnistiate sono quelle in cui ricorre il predetto ulteriore elemento. Cio' crea una sostanziale differenza tra la previsione di amnistia contenuta nel predetto art. 1, primo comma, lett. f), e la stessa previsione relativa sia ai reati individuati in base al criterio generale del limite di pena edittale sia ad altri reati specificamente individuati. Infatti, mentre in genere il provvedimento di amnistia non dichiara le ragioni per cui l'amnistia stessa viene concessa e per cui certi reati vengono inclusi ed altri esclusi, cosicche' e' rimessa all'interprete, che a cio' interessato, l'indagine su quelle ragioni, nel caso delle fattispecie amnistiate di blocco stradale l'elemento di individuazione di esse, prima ricordato, assume anche il senso di una esplicita dichiarazione del motivo del trattamento preferenziale, motivo che riceve ulteriore precisazione in relazione al tipo di quelle fattispecie. Si vuole dire che, siccome non tutte le fattispecie di blocco stradale sono state incluse nell'amnistia ma solo quelle commesse da scioperanti e manifestanti, per motivi di apprezzabile rilievo sociale, risulta chiaro che nel trattamento preferenziale ha avuto specifico rilievo il contesto nel quale i soggetti hanno agito, e si vuole anche dire che, siccome non tutti i reati, sia pure con uguale limite di pena edittale, commessi da quegli stessi soggetti sono stati inclusi nell'amnistia, risulta chiaro che il blocco stradale vi e' stato incluso quale tipico reato collettivo di scioperanti e manifestanti. Cio' equivale a dire che nella inclusione nell'aministia hanno avuto rilievo la qualita' dei soggetti ed il movente del reato nonche' il tipo di condotta, ma non ha avuto rilievo il tipo di interesse leso dal reato. Cogliere questo comporta che per la verifica della coerenza interna del provvedimento di amnistia, sotto il profilo delle implicazioni derivanti dalla inclusione di talune fattispecie di blocco stradale, e per stabilire se una certa disparita' di trattamento abbia fondamento, si debbano considerare, nel confronto fra le fattispecie diversamente trattate, gli elementi che hanno determinato quell'inclusione e che sono stati prima individuati. Non pare, invece, che altri elementi significativi vengano in rilevo, a meno che non si giunga a dire che fattispecie di blocco stradale e fattispecie di violenza privata possano essere trattate diversamente, nonostante le une siano l'immagine allo specchio delle altre, solo per la diversa denominazione. Ora, se conseguentemente con le premesse svolte, si esamina la fattispecie del processo penale e la si compara a quella di blocco stradale inclusa nella amnistia, si rileva identita' di situazione soggettiva, cioe' il trattarsi di partecipanti ad una manifestazione sindacale, identita' di movente, cioe' l'agire per motivi sindacali collettivi, identita' di condotta, cioe' l'avere ingombrato una area di passaggio, ed infine identita' di risultato, cioe' l'avere impedito a piu' persone di andare verso la propria destinazione. Per un paradosso gli imputati si trovano a non rispondere di un reato di blocco stradale, ora amnistiato, solo perche' non si sono schierati di traverso alla strada in modo da impedire indiscriminatamente il transito, ma si sono schierati in una posizione parallela alla strada stessa in modo da intercettare solo coloro che fossero, provenendo da essa, diretti allo stabilimento. Questa considerazione puo' essere sviluppata in altre piu' tecniche. Quello di blocco stradale e' stato definito un reato di pericolo, in quanto, per la sua consumazione basta che l'impedimento o l'ostacolo alla libera circolazione siano nell'intenzione dell'agente e che questo abbia posto in essere atti idonei, mentre non occorre che in concreto taluno sia rimasto impedito od ostacolato. Ma, ovviamente, vi sono concrete fattispecie nelle quali l'impedimento o l'ostacolo non sono rimasti fatti potenziali ma sono divenuti eventi concreti. In questi casi il reato di blocco stradale funziona rispetto alla violenza privata come previsione speciale ed assorbe l'altro reato, del quale pure sussistono gli elementi costitutivi. Cio' significa che, se anche quella di blocco stradale e' fattispecie criminosa che investe un interesse pubblico, che trascende la tutela dei singoli, essa non esclude tale tutela ma anzi la ingloba. Il blocco stradale non e', quindi, reato eterogeneo rispetto alla violenza privata ma e' fattispecie che assomma la funzione della previsione punitiva della violenza privata con una propria ulteriore funzione (di qui il piu' grave trattamento punitivo). A questo punto, dopo aver verificato l'omogeneita' strutturale e teleologica, e dopo avere constatato che la fattispecie di blocco stradale tutela anche la liberta' dei singoli nella circolazione, risulta chiaro che le differenze tra la fattispecie ascritta agli imputati e quelle amnistiate di blocco stradale sono puramente nominali e che le uniche differenze di sostanza stanno nel fatto che quelle fattispecie amnistiate sono piu' gravi in quanto lesive di un ulteriore interesse pubblico. Il meccanismo normativo interno al d.P.R. n. 75/1990 ed alla relativa legge di delegazione, che lascia nell'esclusione dall'amnistia i reati ascritti agli imputati, puo' ritenersi, quindi, del tutto irrazionale ed immotivato e da' luogo ad una disparita' di trattamento in violazione del principio costituzionale di eguaglianza. Ma, prima di concludere, va detto che la disparita' in questione, pur essendo nella volonta' della legge in senso oggettivo, non sembra riportabile ad una volonta' esistente durante il procedimento formativo della legge stessa e sembra, invece, riferibile a fattori casuali. La predetta disparita' compare nel d.P.R. n. 75/1990, mentre non vi era in precedenti provvedimenti di amnistia. Infatti, nel d.P.R. n. 332/1966, in base a speciale previsione, i reati di violenza privata e di blocco stradale, anche aggravati, erano stati accomunati nell'inclusione nell'amnistia "se commessi per motivi ed in occasione di manifestazioni sindacali". Nel d.P.R. n. 283/1970, col cui art. 1 fu concessa una tipica ed estesa amnistia per i reati collettivi o connessi con eventi collettivi, i reati di violenza privata, anche aggravati, erano ricompresi in base alla pena edittale, mentre i reati di blocco stradale erano ricompresi per specifica previsione. L'accostamento dei predetti reati, anche se aggravati dal numero delle persone, e l'equiparazione nel trattamento si e' avuto ove quei reati fossero stati commessi "a causa ed in occasione di manifestazioni sindacali" ed in conseguenza di altre evenienze collettive nel d.P.R. di amnistia n. 744/1981. Analoga situazione normativa si e' ancora avuta col d.P.R. n. 865/1986. Tutto lascia pensare che nel d.P.R. n. 75/1990 e nella relativa legge di delega il predetto accostamento non si sia ripetuto solo perche', a differenza che in decreti di clemenza precedenti, la violenza privata e' risultata ricompresa nell'amnistia in base al criterio della pena edittale. Senonche' nell'ultimo d.P.R. e' stata disposta, con apposita e necessaria norma, l'esclusione dall'amnistia delle fattispecie di violenza privata aggravate secondo il combinato disposto degli art. 610, capoverso, e 339, primo comma, del c.p. Verosimilmente e' sfuggito che l'esclusione, cosi' come formulata, finiva per riguardare anche le violenze private commesse a causa o in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di altre evenienze collettive, in quanto tali reati implicano normalmente il concorso di piu' persone riunite. Violenze private e blocchi stradali sono alternativamente i reati in cui si converte una tipica attivita' sindacale, designata col termine "picchettaggio". I partecipanti a quell'attivita' di solito sono consapevoli solo del fine sindacale che essi perseguono, mentre trascurano gli elementi che determinano la consumazione dell'uno o dell'altro reato (fra cui anche in sede giudiziaria spesso non e' facile distinguere). L'avere il d.P.R. n. 75/1990, sulla traccia dei precedenti, rinnovato la previsione relativa alle fattispecie di blocco stradale, ha fatto si che, ai fini della stessa amnistia, la causa o l'occasione costituite da manifestazioni sindacali o da altre evenienze collettive siano in relazione al blocco stradale gli elementi che determinano l'inclusione nell'amnistia ed in relazione alla violenza privata gli elementi che, traducendosi nel corso di piu' persone riunite, determinano l'esclusione. Cio' nonostante tutti i caratteri di omogeneita' giuridica e fattuale fra le fattispecie prima evidenziati. Le precedenti amnistie accomunavano nel trattamento preferenziale fattispecie di blocco stradale e fattispecie di violenza privata originate dalla medesima causa o occasione, senza enucleare da quelle di violenza privata le sole che avessero omogeneita' strutturale con quelle di blocco stradale. In concreto, pero', il dato d'esperienza era che nella amnistia finivano per rientrare, qualificati come violenze private, i fatti di "picchettaggio", quelli cioe' piu' simili ai fatti che potevano dare luogo ad imputazioni di blocco stradale. D'altra parte, piuttosto difficoltosa sarebbe risultata una previsione normativa che dovesse fare sottosclassifiche di fattispecie di violenza privata. Nell'ambito della questione di costituzionalita', qui trattata, quella non facile determinazione delle fattispecie di violenza privata, omogenee rispetto alle fattispecie di blocco stradale, si e' resa necessaria ed, ove lo ritenga, potra' la Corte farne migliore determinazione che nel dispositivo di questa ordinanza.