IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza di legittimita' costituzionale. La questione di legittimita' costituzionale proposta dal p.m. nel presente procedimento penale a carico di Distaso Giuseppe, imputato del reato di cui all'art. 648, secondo comma, del c.p., commesso in Firenze il 5 marzo 1990 in danno del cittadino senegalese Diop Mor, attualmente irreperibile nel territorio dello Stato italiano, trae origine dall'impossibilita' di esaminare l'agente di polizia giudiziaria che ricevette la denuncia della parte offesa, su contenuto delle dichiarazioni rese dallo stesso, stante il divieto contenuto nell'art. 194, quarto comma, del c.p.p. Come e' noto, la disposizione citata non consente agli organi di p.g. di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni, in deroga al principio, enunciato nel comma precedente, secondo il quale la testimonianza indiretta e' ammessa qualora l'esame del testimone de relato divenga impossibile per morte, infermita' od irreperibilita'. Il divieto in parola impedisce di dimostrare l'accusa nei procedimenti come quelli in oggetto, in cui l'unico elemento probatorio e' costituito dalle dichiarazioni della parte offesa, trasfuse o meno in una denuncia, e queste non siano piu' assumibili per fatti sopravvenuti. La denuncia infatti non puo' essere acquisita al fascicolo del dibattimento perche' e' in quest'ultimo che deve formarsi la prova, attraverso l'esame incrociato dei testi e delle parti. Il principio dell'oralita' e della immediatezza della formazione della prova nel dibattimento costituisce il cardine della riforma del processo penale, sul quale e' superfluo soffermarsi. Ne' puo' ritenersi che, essendo l'atto assunto dalla p.g. divenuto irrepetibile, possa essere inserito ab initio nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 431, primo comma, lettera b) del c.p.p. L'irripetibilita' cui si riferisce l'articolo in parola e' infatti quella intrinseca, derivante dalla natura dell'atto compiuto. D'altro canto, i verbali delle dichiarazioni rese dalla p.g. da testimoni non possono essere lette nel dibattimento, ai sensi dell'art. 514, primo comma, del c.p.p. e neppure, in casi analoghi a quello in esame, e' ovviamente utilizzabile il meccanismo della contestazione, previsto dall'art. 500, quarto comma, del c.p.p. per l'acquisibilita' al fascicolo del dibattimento delle sole dichiarazioni testimoniali rese sul luogo e nell'immediatezza del fatto. Infine, non e' stata estesa anche agli atti assunti dalla p.g., divenuti irripetibili per fatti sopravvenuti, la possibilita' di lettura sancita dall'art. 512 del c.p.p. per gli atti del p.m. e del giudice nell'udienza preliminare. Da questo complesso di disposizioni deriva, come gia' sottolineato, la impossibilita' di fornire alcuna prova nei casi in cui la testimonianza della parte offesa, gia' assunta dalla p.g., non sia piu' attuabile per morte, infermita' od irreperibilita' della stessa. A tale inconveniente potrebbe ovviarsi qualora fosse ammessa la testimonianza indiretta degli agenti ed ufficiali della p.g., cosi' come e' ammessa dei testi "ordinari". Del resto il disfavore, direi quasi la diffidenza, con cui il legislatore ha disciplinato la testimonianza dei soggetti deputati al compimento delle indagini preliminari, non appare giustificabile alla luce del principio costituzionale di uguaglianza, posto che anche essi prestano giuramento e sono incriminabili per il reato di falsa testimonianza. Ne' appare condivisibile l'implicita valutazione di non attendibilita' delle dichiarazioni rese dagli organi di p.g. in quanto portatori di un interesse alla condanna. Cio' infatti contrasta con la natura pubblica delle funzioni dagli stessi svolte sotto la direzione del p.m., il quale, a norma dell'art. 358 del c.p.p., deve accertare anche fatti e circostanze a favore della persona, sottoposta alle indagini. Non si ritiene quindi che la differente qualificazione del "soggetto testimone" giustifichi la diversa disciplina dettata in tema di testimonianza indiretta, non corrispondendo a quei criteri di ragionevolezza e non arbitrarieta' che la Corte costituzionale ha piu' volte indicato come necessari per differenziare posizioni omogenee. La questione pertanto e' fondata ed e' altresi' rilevante nel procedimento in corso.