IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA
    Ha  pronunciato,  all'udienza  del  20  maggio  1991,  la seguente
 ordinanza.
    1. - In data 11 aprile 1991 il militare Francavillese Marco,  nato
 a  Pescara  il  2 maggio 1971 ed ivi residente in via E. de Amicis n.
 53, condannato con sentenza 5 febbraio 1991 del tribunale militare di
 Roma (irrevocabile il 7 aprile 1991) alla pena  di  mesi  quattro  di
 reclusione  militare per il reato di rifiuto del servizio militare di
 leva (art. 8 della legge n.  772/1972), ha presentato, tramite il suo
 difensore di fiducia avv.  Roberto Lorenzini, al procuratore militare
 della Repubblica presso il predetto tribunale istanza di  affidamento
 in  prova di cui alla Legge n. 167/1983 ancor prima dell'inizio della
 detenzione. Con provvedimento  in  data  15  aprile  1991  il  citato
 procuratore, ritenendo nella specie applicabile la disciplina dettata
 dall'art.  47  della legge 26 luglio 1975, n. 354, quale modificato a
 seguito della sentenza della Corte  costituzionale  n.  569/1989,  ha
 sospeso  l'emissione  dell'ordine  di esecuzione di pena a carico del
 condannato  e  ha  disposto  la  trasmissione  degli  atti  a  questo
 tribunale militare di sorveglianza.
    2.  -  Diversamente  da quanto opinato dal procuratore militare di
 Roma, il tribunale ritiene che  nella  fattispecie  l'art.  47  della
 legge n. 354/1975 non possa trovare applicazione; ed invero sembra in
 proposito  appena il caso di rilevare che l'istituto dell'affidamento
 in prova del condannato dall'autorita' giudiziaria  militare  risulta
 autonomamente  disciplinato  con  la speciale normativa dettata dalla
 legge  29  aprile  1983,   n.   167,   che   tra   l'altro,   prevede
 indefettibilimente,  per l'adozione del provvedimento, l'osservazione
 per almeno un mese nello stabilimento militare di pena (art. 2, primo
 comma, della legge ult. cit.). Consegue da quanto  precede  che  alla
 stregua della vigente normativa l'istanza inoltrata dal Francavillese
 dovrebbe  dichiararsi  inammissibile  per difetto delle condizioni di
 legge.
    3. - Peraltro, prima di pervenire alla  sopraindicata  conclusione
 il   tribunale   ritiene   di   dover  considerare  rilevante  e  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 proposta   dal  difensore  dell'instante  in  via  subordinata  nelle
 conclusioni finali e, quindi, di dover prospettare il dubbio circa la
 conformita' dell'art. 2, primo comma, della legge  n.  167/1983  agli
 artt.  3  e  27, terzo comma, della Costituzione. In proposito appare
 illuminante la motivazione delle citata sentenza 13-22 dicembre 1989,
 n.  569,  con  la  quale  la  Corte  costituzionale   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  47,  terzo  comma, della
 legge n. 354/1975 cosi' come modificato dall'art. 11 della  legge  10
 ottobre  1986,  n.  663,  nella  parte  in cui non prevede che, anche
 indipendentemente dalla detenzione  per  espiazione  di  pena  o  per
 custodia cautelare il condannato possa essere ammesso all'affidamento
 in  prova al servizio sociale se, in presenza delle altre condizioni,
 abbia serbato un comportamento tale da consentire il giudizio di  cui
 al precedente secondo comma dello stesso articolo.
    Nella  sopraindicata  decisione  si legge che nel corso degli anni
 l'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale, cosi'  come
 introdotto dall'art. 47 della legge n. 354/1975, ha subito numerose e
 rilevanti   modificazioni   che  ne  hanno  attenuato  gli  originari
 caratteri provocando una sostanziale trasformazione della sua  stessa
 natura.  Ed  invero,  ha  soggiunto  la  Corte,  a parte le modifiche
 intervenute in ordine alla soppressione di talune preclusioni  (artt.
 4  della  legge  12  gennaio 1977, n. 1, e 7 della legge 13 settembre
 1982, n. 646), gia' con l'art. 4- bis, inserito nel decreto legge  22
 aprile  1985,  n.  144,  al  momento della conversione nella legge 21
 giugno 1985, n. 297, il periodo di osservazione  venne  diminuito  da
 tre  a  un  mese,  e  con  l'art.  4-  ter,  pure inserito in sede di
 conversione, venne formulato l'art. 47- bis della legge  n.  354/1975
 che, consentendo al tossicodipendente o alcool-dipendente, che avesse
 gia'  in corso un programma di recupero, di chiedere l'affidamento in
 prova senza osservazione in carcere, ha sconvolto la stessa filosofia
 dell'istituto privandolo del suo carattere originario, che lo  voleva
 riservato  ai  detenuti  in  espiazione  carceraria. Ma, ha osservato
 ancora la Corte, fu, infine, l'art. 11 della legge 10  ottobre  1986,
 n.  663,  che  riformando  totalmente il testo dell'art. 47, porto' a
 termine l'opera di progressiva  demolizione  attribuendo  alla  linea
 generale  dell'istituto  una  natura  ibrida  e  contraddittoria.  Ed
 infatti, mentre i primi due commi del nuovo art.  47  mantenevano  in
 sostanza  integro  l'originario  istituto,  riservato  ai detenuti in
 espiazione   carceraria   della   pena,   i   due   commi  successivi
 introducevano una nuova specie  di  affidamento,  che  prescinde  del
 tutto   dall'osservazione   in  carcere  e  la  sposta,  invece,  sul
 comportamento  tenuto  dal  condannato  nel   periodo   di   liberta'
 successivo  ad una eventuale custodia cautelare, di qualsiasi durata.
 A questo punto, prosegue la sentenza della Corte,  deve  evidenziarsi
 che  la  nuova  formulazione dell'art. 47, terzo comma ha dato vita a
 gravissimi problemi; ed invero, se il periodo di  custodia  cautelare
 non  serve  all'osservazione  che viene spostata su quello successivo
 della liberta', e se, per questo, non occorre nemmeno  piu'  che  sia
 rispettato   il  termine  di  almeno  un  mese  stabilito  dal  comma
 precedente appare oscuro il significato di questa condizione  che  si
 pone  come  inutile  presupposto  della  grave deroga alla disciplina
 generale, rimasta ferma nei primi due commi.
    Una deroga che fa dell'affidamento  previsto  nei  commi  terzo  e
 intermedio,  dopo una custodia cautelare, anche di brevissima durata,
 abbia  tenuto  un  comportamento  tale  da  consentire  un   giudizio
 prognostico  favorevole  in  termini  rieducativi.  Ma,  ha avvertito
 ancora la Corte, l'elemento della custodia  cautelare,  che  dovrebbe
 giustificare il diverso e sfavorevole trattamento riservato a chi non
 ha  avuto  la  ventura di incorrervi, e' privo di significato ai fini
 del  giudizio  di   idoneita'   del   soggetto   alla   rieducazione,
 specialmente  quando  si  tratti  di  un  periodo  brevissimo; il che
 significa che e' anche privo di significato in termini  di  art.  27,
 terzo comma, della Costituzione. Ed invero, a parte la considerazione
 che  la  custodia  cautelare  puo' dipendere da varie e imprevedibili
 circostanze (art.  274, lettera a), b) e c) del c.p.p.) deve comunque
 rilevarsi che poiche' le misure cautelari coercitive  possono  essere
 applicate soltanto quando si proceda per delitti per i quali la legge
 prevede  la  pena  dell'ergastolo  o  della  reclusione superiore nel
 massimo a tre anni, l'affidamento finirebbe per  essere  riservato  a
 coloro  che,  avendo  commesso  reati  piu' gravi o avendo dimostrato
 maggiore pericolosita', sono stati sottoposti alle  misure  predette.
 Ma,  si legge ancora nella decisione, sembra, difficile sostenere che
 questi posseggano maggiore idoneita' alla rieducazione rispetto a chi
 non abbia sperimentato la custodia cautelare. Ne consegue, ad  avviso
 della   Corte,   che   l'unico   elemento   significativo  rimasto  a
 contraddistinguere la disciplina comune  dell'affidamento,  vuoi  del
 detenuto  in espiazione, vuoi del condannato ancora in liberta', vuoi
 del condannato  tossico  o  alcooldipendente  e'  l'osservazione  del
 comportamento  ai  fin  del  giudizio  prognostico  di  idoneita' del
 soggetto alla rieducazione: osservazione che il legislatore ha  ormai
 riconosciuto  poter  utilmente  avvenire  tanto  durante l'espiazione
 carceraria della pena (47, secondo comma), quanto  in  liberta'  (47,
 terzo  comma, e 47- bis). Pertanto, conclude la sentenza, il punto di
 discrimine incentrato su una custodia cautelare, anche di  brevissima
 durata,  per  ammettere o escludere l'affidamento di chi non si trovi
 in espiazione di pena, si presenta incompatibile con  i  principi  di
 cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
    4. - Esposto tutto quanto al punto che precede con l'ampiezza resa
 necessaria  dall'importanza  della  questione  trattata,  osserva  il
 tribunale che la speciale normativa dettata  dalla  legge  29  aprile
 1983,  n.  167,  e'  stata introdotta proprio al fine di estendere al
 condannato   dell'autorita'    giudiziaria    militare,    con    gli
 indispensabili  adattamenti  richiesti  dalla  particolare  finalita'
 della pena militare, l'istituto previsto dall'art. 47 della legge  n.
 354/1975.   Tale   speciale  normativa,  peraltro,  se  si  prescinde
 dall'adeguamento della durata  dell'osservazione  nello  stabilimento
 militare  di  pena  (ridotta da tre mesi a un mese dell'art. 1, n. 1,
 della legge 23 dicembre  1986,  n.  897,  in  conformita'  di  quanto
 disposto per l'affidamento al servizio sociale dell'art. 4- bis della
 legge  21  giugno  1985,  n.  297),  e'  rimasta  del  tutto estranea
 all'evoluzione dell'istituto comune, culminata con  la  dichiarazione
 di  incostituzionalita'  dell'art.  47,  terzo  comma, della legge n.
 354/1975.
    Si e' in tal modo venuta a creare,  ad  avviso  del  collegio  una
 irragionevole  ed  ingiustificata  disparita' di trattamento in danno
 del cittadino alle armi. Ed infatti, se e' vero che  nella  legge  n.
 167/1983 appare pienamente giustificata l'esistenza di norme speciali
 dirette  a  realizzare gli indispensabili adattamenti richiesti dalla
 specialita' degli organi giudiziari militari  e  del  diritto  penale
 militare,  nonche'  dalla  necessita' di distinguere a seconda che il
 condannato abbia terminato oppure  no  il  periodo  della  ferma  (ad
 esempio  le  disposizioni di cui agli artt. 4, 3, 8 e 9 in materia di
 competenza, di modalita' per l'affidamento,  di  legittimazione  alla
 richiesta  del  beneficio, di comunicazione all'autorita' di pubblica
 sicurezza), e' altrettanto vero, ad avviso del  tribunale,  che  tali
 esigenze di specialita' non possono ragionevolmente spingersi fino al
 punto  di  porre  nel  nulla  un  principio  di valenza assolutamente
 generale   (l'equivalente,   cioe',   tra   l'osservazione    durante
 l'espiazione  carceraria  e  l'osservazione  in  liberta')  che,  pur
 affermato  dalla  Corte  costituzionale  relativamente   all'istituto
 comune,  sembra  dover  valere,  per evidenti ragioni di eguaglianza,
 anche in ordine all'istituto speciale. Ne' pare al tribunale  che  la
 indefettibile  osservazione  intramurale  possa  essere  giustificata
 dalla  peculiare  configurazione  dell'istituto  dell'affidamento  in
 prova  del condannato militare che prevede che lo stesso sia affidato
 non gia' al servizio sociale (per essere  da  questo  controllato  ed
 aiutato  a  superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale)
 ma a un comando o ente militare, ovvero o un ufficio o ente  pubblico
 non  militare  per  la  prestazione  di  un  determinato servizio. Ed
 invero, sembra in proposito al collegio che, pure in presenza di tale
 particolare configurazione  dell'istituto,  sufficienti  ad  adeguati
 elementi  di  valutazione  possano  trarsi, ai fini dell'adozione del
 provvedimento, dalle informazioni degli organi  di  polizia  e  dalle
 risultanze   delle   visite   attitudinali  eseguite  all'atto  della
 selezione. Oltre che con l'art. 3 della  Costituzione,  il  tribunale
 ritiene,  infine,  che  l'art.  2, primo comma, della legge 29 aprile
 1983, n. 167, confligga anche con l'art. 27,  terzo  comma,  perche',
 prevedendo indefettibilmente l'osservazione intramurale per almeno un
 mese,  viene,  in sostanza, ad eludere la finalita' rieducativa delle
 pene detentive e in particolare di quelle meno gravi.
    La rilevanza della prospettata questione appare evidente  perche',
 ove  si  ritenesse  indispensabile  l'osservazione nello stabilimento
 militare di pena, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile.