IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letta l'ordinanza n. 11 dell'8 gennaio 1991-10 gennaio 1991 emessa al riguardo dalla Corte costituzionale declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ancona con ordinanza 23 marzo 1990 statuizione pervenuta presso la cancelleria di detto giudice per le indagini preliminari il 21 gennaio 1991; Atteso che con ordinanza in identica data 23 febbraio 1991 e' stata fissata l'udienza preliminare; Poiche' tuttavia nella concreta fattispecie la relativa problematica giuridica non puo' dirsi esaurita, stante, sempre in sede di cit. ordinanza della consulta, la contestuale declaratoria di manifesta inammissibilita' della ulteriore questione sollevata dal giudice per le indagini preliminari con ordinanza integrativa 27 marzo 1990, in quanto, ad avviso dell'adita Corte, redatta in un momento in cui il processo era gia' stato sospeso, cio' anche se l'estensore del provvedimento aveva chiarito trattarsi appunto non di modifica della tematica ma di mera motivazione integrativa; Poiche' comunque la consulta si e' detta implicitamente disponibile a riesaminare la questione ove formalmente proposta con ritualita' e comunque sotto il profilo di nuove ulteriori argomentazioni in diritto; Dovendosi preliminarmente ricapitolare la precedente motivazione della Corte in materia di art. 423 del nuovo codice di procedura penale riguardo al secondo comma; Preso atto che la consulta ha ritenuto, sotto questo profilo, non violati gli artt. 24, 27 e 112 della Costituzione, dal momento che il pubblico ministero, quando nel corso dell'udienza preliminare (o motu propris o su impulso della parte civile come nel caso in esame) risulti a carico dell'imputato un fatto nuovo che configuri un reato perseguibile d'ufficio, trovasi facoltizzato all'opzione fra l'esercizio di azione penale separata, successiva al procedimento in corso, e la nuova ulteriore contestazione nell'ambito del gia' corrente giudizio, con conseguente trattazione unitaria delle rispettive imputazioni, ed in quanto il subordinare a detto consenso la possibilita' di nuove contestazioni nel corso della menzionata udienza tende ad evitare un concreto pregiudizio al diritto di difesa dell'imputato derivante, sempre ad avviso del legislatore e della stessa consulta, dalla inaspettata contestazione di fatti nuovi non enunciati in sede di originaria richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio ex artt. 416 e segg. del nuovo codice di procedura penale, quel rinvio a giudizio meramente "tecnico", autentico esercizio dell'azione penale verso soggetto che soltanto ora diviene "imputato" (prima solo assoggettato alle indagini preliminari) finalizzato alla udienza preliminare, all'esito della quale il pubblico ministero ex artt. 326 e 358 del codice di procedura penale non e' vincolato a richiedere il rinvio a giudizio in sede dibattimentale; Poiche' tuttavia detta impostazione, ad avviso dello scrivente, riconosce implicitamente trattarsi per il pubblico ministero di scelta non autentica, di soluzione "forzata", anche perche' di fatto, molto difficilmente, il pubblico ministero si vedra' prestato il consenso da parte dell'imputato, intravvedendosi altrettanto difficilmente un autentico interesse, in capo all'imputato, a consentire in tal senso, ragion per cui l'applicazione in concreto dell'art. 423, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale si presenta a priori quantomai rara, se non addirittura impossibile; Dovendosi a tal punto, in sede di approfondita motivazione, ripercorrere l'"iter" logico ed ermeneutico di tutta la norma 423, onde meglio cogliere le significative differenze fra i due commi; Poiche' il primo comma del cit. art. consente che, allorche' si sia instaurato rituale contraddittorio processuale fra le parti (pubblico ministero, imputato ed eventualmente anche la parte civile), l'imputazione possa essere integrata e modificata quando, nel corso della stessa udienza preliminare, il fatto venga a risultare, s'intende ad avviso del pubblico ministero titolare dell'azione penale, differente da come originariamente descritto in sede di capo d'imputazione ovvero emerga al riguardo apposita circostanza aggravante o si presenti infine un fatto nuovo inteso come reato commesso ex art. 12, lett. b), del codice di procedura penale; (in tal caso la relativa contestazione viene effettuata nei confronti dell'imputato presente o in sua assenza al difensore che lo rappresenta); Stante l'esattezza della interpretazione che consente la praticabilita' di integrazioni e modifiche allorche', pur in assenza di fatti autenticamente nuovi occasionalmente emersi nel corso dell'udienza stessa, il pubblico ministero rilevi difetti e manchevolezze relativamente all'imputazione formulata in precedenza, terminando il primo comma a questo punto; Intravvedendosi quindi radicale innovazione nel secondo comma, come gia' descritto e commentato, tenendosi conto che detto fatto "nuovo" puo' essere anch'esso emerso nel corso dell'udienza preliminare come pure essere stato acquisito nel corso delle indagini preliminari senza che, per una qualsiasi ragione, abbia dato luogo ad apposita formulazione di accusa; Dovendosi rilevare, quale minimo comune denominatore intercorrente fra le due ipotesi, la mancata previsione legislativa di un termine a difesa a fronte delle nuove contestazioni, il che peraltro assume rilievo sostanziale soltanto con riguardo alle ipotesi di cui al primo comma, atteso che in detta casistica, a differenza di quella contenuta nel comma successivo, l'imputato e' tenuto solamente a prendere atto di tali diversamente qualificate imputazioni (in quanto non autenticamente nuove), senza alcuna possibilita' di rifiuto, non prevedendo la norma in alcun modo un suo consenso o del suo difensore; Ritenendosi che dette limitazioni, di cui al primo comma, non lasciano impreparato e sprovveduto l'imputato, stante la gia' detta e ribadita carenza di sostanziale novita'; Ritenuto altesi' che, quanto alla seconda ipotesi, la concessione di un termine, anche congruo, a difesa, in favore dell'imputato "sprovveduto", avvierebbe alla novita' processuale, concretizzando il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, senza appunto sacrificarlo e senza al contrario neppure sacrificare il diritto di difesa della controparte pubblica (pubblico ministero) che si vede di fatto ritardata e procrastinata l'azione penale, con danno per l'economia processuale e la celerita' del giudizio, violandosi in tal modo anche l'art. 97 della Carta costituzionale sul buon funzionamento e sull'efficiente organizzazione della pubblica amministrazione della giustizia, venendo la detta azione penale differita nel tempo; poiche' a maggior ragione, in questa concreta fattispecie, i fatti nuovi si aggiungono ad altri fatti, e quindi come tali consentono anche e soprattutto allo stesso giudicante di avere una visione e conoscenza completa del fenomeno processuale, impregiudicata ovviamente ogni autonoma valutazione nel merito della questione, evitandosi il dannoso frazionamento dei capi d'accusa, e quindi della stessa posizione processuale dell'imputato, il quale oltretutto si vedrebbe processato una sola volta e potrebbe difendersi con maggiore prontezza e soprattutto coerenza, cio' a prescindere dalla sua contingente presa di posizione, che rispecchia ad ogni effetto l'infelice formulazione riduttiva del cit. secondo comma, senza quindi alcuna sostanziale lesione del suo diritto di difesa; Poiche' del resto l'art. 24 della Costituzione garantisce la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, e non puo' certo esserne escluso il pubblico ministero parte pubblica nel senso processuale del termine, titolare delle indagini preliminari ex artt. 326 e 358 del nuovo codice di procedura penale, anche se parte piu' qualificata delle altre perche' "imparziale" in quanto facente parte a tutti gli effetti dell'ordinamento giudiziario, cio' in quanto detto soggetto compie, nell'ambito delle proprie attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, non essendo egli giudice ma rimanendo magistrato che, oltre a compiere ogni attivita' necessaria ai fini indicati nell'art. 326, svolge altresi' accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini; Posto che quindi da una diversa formulazione dell'art. 423, secondo comma, il pubblico ministero non sarebbe vincolato a richiedere il rinvio a giudizio in sede dibattimentale, evidenziando la normativa che lo riguarda (i detti 326 e 358) la natura ordinamentale, giudiziaria e pubblica, dell'istituto e della funzione; Poiche' oltretutto il gia' detto frazionamento dell'esercizio effettivo dell'azione penale condurrebbe inevitabilmente non soltanto ad una pluralita' di pronunce giudiziali ma ad una diversita' e contraddittorieta' dei giudicati, di contro ad una diversita' meramente formale delle singole imputazioni, tuttavia riconducibili geneticamente ad un'unica denuncia delle parti lese, ad un unico contesto ambientale; Posto che l'art. 24 della Costituzione non riguarda il bene protetto solo sotto il profilo passivo ma anche attivo-propulsivo; Poiche' deve salvaguardarsi anche l'esigenza della connessione di procedimenti allorche' una persona sia imputata di piu' reati (art. 12, lett. c), nuovo codice di procedura penale), che in tal modo viene sacrificata dalla vincolante formulazione del 423, secondo comma; Equivalendo il detto comma ad una separazione "informale" nell'ambito di un identico processo, al di fuori quindi dell'art. 18 che contempla la separazione di "processi" e non nel detto ambito (dato da un processo unico che viene forzatamente separato e scisso in una pluralita' processuale); Poiche' da ultimo si appalesa violato anche l'art. 101, secondo comma, della Costituzione ("i giudici sono soggetti soltanto alla legge") facendosi dipendere l'operato del giudice per le indagini preliminari dalla discrezionalita' di una parte (l'imputato) essendo si' equo che il giudice autorizzi la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta (non essendo egli titolare dell'azione penale), non altrettanta equa l'aggiunta inderogabile del consenso della parte privata; Poiche' infine la rimozioine degli eccessi "garantisti e formalisti" di cui al 423, secondo comma, potrebbe trovare corretta soluzione tecnica nell'introduzione, anche in sede di udienza preliminare, di un meccanismo del tipo di quello di cui all'art. 519, primo comma, del codice di procedura penale, valido in sede dibattimentale, che a sua volta richiama per esplicito i casi previsti dagli artt. 516, 517 e 518, secondo comma, stesso codice;