ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  secondo
 comma,  della  legge  8  marzo  1968,  n. 152 (Nuove norme in materia
 previdenziale per il personale degli enti locali),  promossi  con  le
 seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 23 novembre 1990 dal Pretore di Bologna
 nel procedimento civile vertente  tra  Moschetta  Paolo  ed  altra  e
 l'I.N.A.D.E.L.,  iscritta  al  n.  189  del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
      2)  ordinanza  emessa  il 5 novembre 1990 dal Pretore di Bologna
 nel  procedimento  civile  vertente   tra   Della   Casa   Marika   e
 l'I.N.A.D.E.L.,  iscritta  al  n.  206  del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  14,  prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di Moschetta Paolo e Lucia, di
 Della Casa Marika e dell'I.N.A.D.E.L.;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1991 il Giudice  relatore
 Francesco Greco;
    Udito  l'avv. Felice Assennato per Moschetta Paolo e Lucia e Della
 Casa Marika;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel procedimento promosso  da  Paolo  e  Lucia  Moschetta  nei
 confronti  dell'I.N.A.D.E.L.,  per  sentir dichiarare il loro diritto
 (quali nipoti superstiti ed unici eredi legittimi di Luigi  Diolaiti,
 iscritto al detto Istituto e deceduto, senza testamento, in attivita'
 di  servizio, il 10 novembre 1989) di ottenere l'erogazione, in forma
 indiretta,   dell'indennita'   premio   di   servizio   maturata   da
 quest'ultimo,  il  Pretore  di Bologna (con ordinanza del 23 novembre
 1990, R.O. n. 189 del 1991), accogliendo l'eccezione formulata  dagli
 stessi  attori, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, secondo comma, della legge 8  marzo  1968,  n.  152,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione, nella parte in cui non
 prevede  che,  in  caso  di  morte  del  titolare  del  diritto  alla
 menzionata indennita', questa, in mancanza di altri superstiti aventi
 titolo  o  di eredi testamentari, sia devoluta ai nipoti, quali eredi
 ex lege dello stesso titolare.
    Il giudice a quo ha ritenuto  la  rilevanza  della  questione,  in
 considerazione  del  contenuto  della  domanda e dell'impedimento, da
 parte della disposizione censurata, all'accoglimento della stessa ed,
 inoltre, la sua non manifesta infondatezza.
    Ha osservato che:
      l'attuale testo dell'art. 3 della  legge  n.  152  del  1968,  a
 seguito  della parziale declaratoria di illegittimita' costituzionale
 con sentenza di questa Corte n. 471 del 1989, prevede la possibilita'
 di disporre per testamento dell'indennita' premio  di  servizio,  nel
 caso  in cui manchino superstiti tutelati in via principale (e cioe',
 il coniuge o, in difetto, i figli minorenni in  concorso  con  quelli
 maggiorenni,  inabili  a  proficuo  lavoro,  nullatenenti ed a carico
 dell'iscritto; nonche', per effetto delle sentenze di  questa  stessa
 Corte nn. 115 del 1979, 110 del 1981 e 821 del 1988, i collaterali ed
 i  genitori  ultrasessantenni, che versino nelle condizioni ora indi-
 cate);
      tuttavia, non prevede la sua devoluzione secondo le norme  della
 successione legittima, in difetto di disposizioni del de cuius;
      l'assenza  di siffatta previsione discrimina gli eredi legittimi
 dell'iscritto  all'I.N.A.D.E.L.  rispetto  a  quelli  del  lavoratore
 privato,  per  i  quali  l'art.  2122  del  codice civile stabilisce,
 invece, la possibilita' della suddetta devoluzione dell'indennita' di
 anzianita'; la discriminazione e' priva  di  giustificazione  per  le
 medesime  ragioni  che  hanno gia' indotto questa Corte, con la sopra
 citata sentenza, ad estendere all'indennita' premio  di  servizio  la
 regola della disponibilita' per testamento.
    2. - Identica questione e' stata sollevata dallo stesso Pretore di
 Bologna  con  ordinanza  del  5  novembre  1990, pervenuta alla Corte
 successivamente (R.O. n.  206  del  1991),  nel  procedimento  civile
 promosso,  con  uguale  domanda,  da  Marika Della Casa nei confronti
 dell'I.N.A.D.E.L.
    3.  -  Entrambe le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate,
 sono state altresi' pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
    3.1. - Nei giudizi davanti alla Corte si sono costituite le  parti
 private;  in  quello introdotto con l'ordinanza n. 189 del 1991 si e'
 costituito anche I.N.A.D.E.L..
    4. - La difesa delle parti private ha concluso per  la  fondatezza
 della   questione,   sottolineando   che  l'accoglimento  della  tesi
 dell'illegittimita' della disposizione  censurata  appare,  in  buona
 sostanza,  un  mero  corollario  delle statuizioni di cui alla citata
 sentenza n. 471 del 1989.
    4.1. - Di tenore opposto  sono  le  conclusioni  rassegnate  dalla
 difesa  I.N.A.D.E.L.,  che ha sottolineato la mancanza di omogeneita'
 delle situazioni poste a  raffronto,  sull'assunto  che  l'indennita'
 premio  di  servizio,  a  differenza del trattamento di fine rapporto
 dovuto  ai  lavoratori  privati,  ha  finalita'   essenzialmente   ed
 esclusivamente  previdenziali,  in  ragione  delle  quali puo' essere
 legittimamente   assoggettata   a   condizioni   che   ne    limitino
 l'erogazione,  in  modo diversificato rispetto a quanto stabilito per
 il detto trattamento.
                         Considerato in diritto
   1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 3, secondo  comma,
 della  legge 8 marzo 1968, n. 152, nella parte in cui non prevede che
 possano avere diritto, quali eredi ex lege, alla indennita' premio di
 servizio,   in   mancanza   di   altri   superstiti   aventi   titolo
 all'attribuzione in forma indiretta o di eredi testamentari, i nipoti
 del  dipendente  iscritto  all'I.N.A.D.E.L.  deceduto in attivita' di
 servizio,  violi  l'art.  3  della  Costituzione,  per  il  deteriore
 trattamento  che,  in  tal  modo,  determina  in  danno  della teste'
 menzionata categoria di soggetti, rispetto agli eredi  legittimi  del
 lavoratore  subordinato  privato,  ai  quali  l'art.  2122 del codice
 civile consente siffatta successione, con riguardo al trattamento  di
 fine rapporto maturato dal loro dante causa.
    2.  -  I  due  giudizi,  siccome  prospettano la stessa questione,
 possono essere riuniti e decisi con un unico provvedimento.
    3. - La questione e' fondata.
    Si e' gia' ritenuto (Corte cost., sent. n. 471 del  1989)  che  la
 indennita'  premio di servizio ha subito una radicale evoluzione, sia
 per effetto della nuova legislazione (specie dell'art. 22 della legge
 29 ottobre 1987, n. 440, di conversione del decreto-legge n. 359  del
 1987),  sia  per  effetto dei numerosi interventi di questa Corte (in
 ispecie, sent. n. 208 del 1986 e n. 763 del 1988). La si deve, ormai,
 considerare un trattamento di fine rapporto ed,  in  particolare,  un
 diritto del lavoratore da lui conseguito durante la prestazione della
 sua attivita' lavorativa, della quale e' frutto.
    La  sua  natura  e'  mista  e  cioe'  retributiva, assistenziale e
 previdenziale;  in  altri  termini,  e'  retributiva   con   funzione
 previdenziale.
    3.1.   -  Con  la  norma  impugnata  il  legislatore  ha  tutelato
 l'interesse di coloro che, per essere integrati nel nucleo  familiare
 del  dipendente,  dalla  retribuzione  che  egli percepiva durante il
 rapporto di impiego, ricevevano un sostentamento, del quale, dopo  la
 sua  morte,  sono  rimasti  privi  in tutto o in parte. Essi sono: la
 vedova non separata legalmente per sentenza passata  in  giudicato  e
 pronunciata  per  di  lei  colpa  oppure,  nel  caso  di  morte della
 iscritta, il vedovo non separato legalmente per sentenza  passata  in
 giudicato  e pronunciata per di lui colpa; la prole (figli legittimi,
 legittimati,  naturali,  riconosciuti  o  giudizialmente  dichiarati,
 affiliati  o adottivi, sempre che il relativo atto sia avvenuto prima
 della cessazione dal servizio dell'iscritto) minorenne e, in concorso
 con essa, la prole maggiorenne  permanentemente  inabile  a  proficuo
 lavoro,  nullatenente e a carico dell'iscritto alla data del decesso;
 le orfane che siano  nubili  o  vedove;  i  superstiti  dell'iscritto
 cessato  dal  servizio  senza  diritto  a pensione, deceduto entro il
 triennio dalla data della detta cessazione; i collaterali; i genitori
 ultrasessantenni inabili a proficuo lavoro, nullatenenti ed a  carico
 dell'iscritto.
    La  detta indennita', siccome entra nel patrimonio del dipendente,
 nel caso  in  cui  manchino  le  suddette  persone  tutelate  in  via
 principale, puo' essere oggetto di successione e, come si e' ritenuto
 (Corte   cost.,  sent.  n.  471  del  1989),  anche  di  disposizione
 testamentaria, a somiglianza di quanto avviene, per effetto dell'art.
 2122 del codice civile (Corte  cost.,  sent.  n.  8  del  1972),  per
 l'indennita' di fine rapporto.
    3.2.  -  Per  quanto  innanzi  affermato,  sempre  nel caso in cui
 vengono a mancare le dette persone,  trovano  anche  applicazione  le
 regole  della  successione  ex  lege,  sempre  alla stessa stregua di
 quanto l'art. 2122, terzo comma, del codice  civile  dispone  per  la
 suddetta indennita'.