ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1, comma
 secondo; 5, commi primo, secondo, quinto e settimo; 7,  comma  terzo;
 8,  comma  primo, lettere a), b) e c) ; 9 e 10 della legge 15 gennaio
 1991, n. 30, recante "Disciplina della riproduzione animale" promosso
 con ricorsi delle Province autonome di Trento e  Bolzano,  notificati
 il  27  febbraio  1991,  depositati  in  Cancelleria  il 1› e 5 marzo
 successivi ed iscritti ai nn. 13 e 14 del registro ricorsi 1991.
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 7 maggio 1991 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi l'avvocato Sergio Panunzio  per  le  Province  di  Trento  e
 Bolzano  e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato  il  27  febbraio  1991  la  Provincia
 autonoma   di   Trento   ha   sollevato   questione  di  legittimita'
 costituzionale nei confronti degli artt. 1, secondo comma; 5,  primo,
 secondo,  quinto  e  settimo  comma;  7, terzo comma; 8, primo comma,
 lettere a), b) e c); 9 e 10 della  legge  15  gennaio  1991,  n.  30,
 recante "Disciplina della riproduzione animale", per violazione degli
 artt.  8,  n.  21,  9,  n.  10,  e  16  dello Statuto speciale per il
 Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670),  delle  relative
 norme  di  attuazione (in particolare del d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526) e dell'art. 3 della Costituzione.
    Espone la Provincia ricorrente che la legge n.  30  del  1991,  al
 fine   di   dare   attuazione  a  non  meglio  specificate  direttive
 comunitarie, oltre a regolare l'ordinamento e  la  tenuta  dei  libri
 genealogici  nazionali  relativi  alle varie specie animali - oggetto
 che viene riconosciuto di indiscussa competenza statale - ha  dettato
 altresi'  norme di dettaglio in materia di riproduzione animale. Tali
 norme - a giudizio della ricorrente  -  risulterebbero  lesive  della
 competenza   legislativa  primaria  della  Provincia  in  materia  di
 patrimonio zootecnico, nonche' di quella concorrente  in  materia  di
 igiene  e  sanita',  in  quanto la normativa comunitaria del settore,
 alla quale la legge fa riferimento  generico,  sarebbe  precipuamente
 rivolta  a  regolare  gli  scambi intracomunitari dei riproduttori di
 razza pura, senza riguardare, se non in via del tutto  indiretta,  la
 disciplina   in   senso   stretto  della  riproduzione  animale.  Non
 sussisterebbe,  pertanto,  secondo  la  ricorrente,  un  vincolo   di
 carattere   comunitario   idoneo   a   legittimare   l'ingerenza  del
 legislatore  nazionale  in  una  materia  riservata  alla  competenza
 provinciale.  Tanto  piu'  che non e' rilevabile una inerzia da parte
 della Provincia, che ha gia' da tempo posto  in  essere  una  propria
 normativa  in  tale  materia (leggi prov. 28 dicembre 1984, n. 16, 20
 novembre 1987, n.  27  e  14  febbraio  1991,  n.  5;  delib.  Giunta
 Provinciale 29 gennaio 1988, n. 377).
    In  ordine agli specifici motivi del ricorso, la ricorrente espone
 che l'art. 1, secondo comma, della legge n.  30,  stabilendo  che  le
 disposizioni  della  stessa  legge,  "nei  limiti  in  cui attuino la
 normativa comunitaria", costituiscono norme fondamentali  di  riforma
 economico-sociale  della  Repubblica, sarebbe in contrasto con l'art.
 8, n. 21, dello Statuto del Trentino-Alto Adige e  con  le  norme  di
 attuazione  di  cui  al  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526, in quanto
 precostituirebbe un'unica modalita'  di  attuazione  della  normativa
 comunitaria, anziche' rimettere alla Provincia l'autonomo adeguamento
 della  propria  legislazione  alla legislazione statale di attuazione
 delle norme comunitarie (v. art. 7 del d.P.R. n. 526),  determinando,
 altresi',  un  improprio  intervento  statale  di carattere generale,
 destinato   ad   imporsi   su   tutta   la   legislazione   speciale,
 indipendentemente   dall'accertamento   di   una   inattivita'  della
 Provincia tale da comportare l'inadempimento di  obblighi  comunitari
 (v.  art.  8  del  d.P.R.  n.  526).  Inoltre, la stessa disposizione
 sarebbe irrazionale e arbitraria - e  pertanto  in  contrasto  con  i
 principi   costituzionali   in   materia  di  competenza  provinciale
 esclusiva e con  l'art.  3  della  Costituzione  -  dal  momento  che
 verrebbe  a equiparare in modo generico imprecisate norme comunitarie
 a norme fondamentali di riforma economico-sociale  rendendo  equivoca
 ed indeterminata la statuizione normativa.
    Osserva  ancora  la  Provincia  che  l'art.  5  della  legge n. 30
 stabilisce i requisiti di  idoneita'  degli  animali  destinati  alla
 riproduzione, sia naturale che artificiale (primo comma); prevede che
 le Provincie autonome, sentito il Ministero dell'agricoltura, possano
 autorizzare deroghe alla normativa di cui al primo comma "in presenza
 di   specifiche   esigenze   zootecniche   locali"  (secondo  comma);
 stabilisce particolari limiti per la fecondazione delle specie equina
 e suina (quinto comma); dispone che le  manipolazioni  del  materiale
 riproduttivo  e  la  fecondazione  degli  equini  siano effettuate in
 centri  appositamente  autorizzati  dal  Ministero   dell'agricoltura
 (settimo  comma).  Osserva,  inoltre,  la  Provincia che quest'ultima
 disposizione, per un difetto di coordinamento, risulta riprodotta con
 identica formulazione anche all'art. 7,  terzo  comma.  Tutte  queste
 disposizioni  -  a  giudizio  della  ricorrente  - qualora fossero da
 ritenersi   applicabili   nel   territorio   provinciale,   sarebbero
 costituzionalmente  illegittime per contrasto con gli artt. 8, n. 21,
 9, n. 10, e 16 dello Statuto regionale e con le norme  di  attuazione
 di  cui  al  d.P.R. n. 526 del 1987, in quanto: a) interverrebbero in
 materie di competenza legislativa primaria della  Provincia  e  nelle
 quali  e'  gia'  operante una normativa provinciale; b) non avrebbero
 carattere di normativa di principio bensi' di disciplina  concreta  e
 di  dettaglio;  c)  non potrebbero essere ritenute attuative di norme
 comunitarie,  perche'  non  vi  sarebbero  direttive  o   regolamenti
 comunitari che trattano questi aspetti; d) anche qualora, in denegata
 ipotesi,  vi fossero norme comunitarie in materia, la loro attuazione
 spetterebbe comunque alla Provincia.
    Analoghe  argomentazioni  vengono  svolte  dalla  ricorrente   per
 contestare,  in  riferimento  agli  stessi parametri sopra citati, la
 legittimita' dell'art. 8, primo comma, lettere a),  b)  e  c),  della
 legge  impugnata,  che  prevede  che il Ministro dell'agricoltura, di
 concerto con quello della sanita' e sentita la Conferenza  permanente
 per  i  rapporti  tra  Stato,  Regioni  e Province autonome, emani un
 regolamento di esecuzione (in ordine all'istituzione ed all'esercizio
 delle  stazioni  di  monta  e  degli  impianti  per   l'inseminazione
 artificiale;  ai  requisiti  sanitari  dei  riproduttori  che vi sono
 ammessi; ai requisiti sanitari per la trattazione  del  materiale  di
 riproduzione;  alla  certificazione  degli  interventi fecondativi ed
 alla raccolta ed elaborazione dei dati sulla  riproduzione  animale),
 nonche'  degli  artt.  9  e  10,  che  stabiliscono  alcune  sanzioni
 amministrative e ne disciplinano la procedura.
    2. - Con ricorso di identico contenuto, notificato il 27  febbraio
 1991  anche  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  - che, peraltro, a
 differenza della Provincia di Trento,  non  ha  sinora  adottato  una
 propria  disciplina  in  tema  di riproduzione animale - ha sollevato
 analoghe questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento  ai
 medesimi parametri.
    3.  -Si  e'  costituito  in  entrambi  i giudizi il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato, per chiedere che le sollevate questioni siano
 dichiarate non fondate.
    In  ordine  all'art.  1,  secondo  comma,  della  legge impugnata,
 l'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che,   indipendentemente   dalla
 qualificazione  delle  norme  in  oggetto quali norme fondamentali di
 riforma  economico-sociale,  le  disposizioni  di  attuazione   della
 normativa   comunitaria  rientrano  nella  categoria  degli  obblighi
 internazionali il cui rispetto costituisce  limite  della  competenza
 primaria,  ai  sensi  dell'art.  4  dello  Statuto regionale. Osserva
 inoltre l'Avvocatura che l'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987, preved-
 endo  il  potere-dovere  della  Provincia  di  dare  attuazione  alle
 direttive  comunitarie,  non  impedisce  al  legislatore nazionale di
 provvedere in ordine all'adempimento degli obblighi comunitari, cosi'
 come l'art. 8 dello stesso d.P.R., prevedendo un  potere  sostitutivo
 governativo  in  caso di inerzia della Provincia, non limita in alcun
 modo la funzione legislativa del Parlamento.
    Sui motivi del ricorso riferiti agli artt.  5  e  7,  l'Avvocatura
 osserva   che   l'art.   5,  secondo  comma,  della  legge  impugnata
 determinerebbe  una  forma  di  leale  cooperazione,   essenzialmente
 tecnica,  tra  Stato e Province autonome, non contrastante con l'art.
 8, n. 21, dello Statuto, mentre non sarebbero  rilevabili  specifiche
 doglianze nei riguardi dei commi primo, quinto e settimo dello stesso
 art.  5,  nonche'  del  comma  terzo  dell'art.  7. Per quest'ultimo,
 l'Avvocatura osserva  altresi'  che  la  duplicazione  di  testo  non
 costituisce di per se' ragione di illegittimita' costituzionale.
    Sull'art.  8, l'Avvocatura dello Stato obbietta che il regolamento
 di esecuzione previsto in tale norma rappresenta pur sempre  -  se  e
 quando  sara'  emanato - una fonte secondaria, non idonea ad incidere
 su eventuali preesistenti disposizioni legislative provinciali.
    Infine,  l'Avvocatura  contesta  la   presenza   di   profili   di
 illegittimita'  nelle  disposizioni  degli  artt.  9 e 10 della legge
 impugnata.
    4. - In  prossimita'  dell'udienza  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
 presentato una memoria dove, dopo aver richiamato dettagliatamente le
 numerose  direttive e decisioni comunitarie intervenute in materia di
 disciplina  della  riproduzione  animale  e  di  tenuta   dei   libri
 genealogici  delle  diverse  specie  animali,  si  approfondiscono le
 ragioni difensive gia' espresse negli atti di  costituzione  inerenti
 ai due ricorsi.
                        Considerato in diritto
    1. - I due ricorsi proposti dalle Province autonome di Trento e di
 Bolzano   investono   le   stesse   norme   in  relazione  a  profili
 d'illegittimita' costituzionale in larga parte coincidenti. I giudizi
 relativi  vanno,  pertanto,  riuniti  per  essere  decisi  con  unica
 pronuncia.
    2.  -  La  legge 15 gennaio 1991, n. 30, recante "Disciplina della
 riproduzione animale" e' stata adottata, ai sensi dell'art. 117 della
 Costituzione, come legge-quadro al fine di individuare, in attuazione
 delle direttive comunitarie, "i  principi  fondamentali  relativi  al
 settore  della  riproduzione  animale",  facendo  salve  le  funzioni
 trasferite in materia alle Regioni (art. 1, primo comma).
    Per la definizione di tale disciplina la  legge  in  questione  ha
 regolato  i  libri  genealogici  ed  i requisiti anagrafici nonche' i
 controlli relativi alle attitudini produttive delle  varie  specie  e
 razze  di  bestiame  di  interesse  zootecnico (capo I); ha formulato
 alcune  norme in tema di riproduzione animale, naturale e artificiale
 (capo II); ha disposto una serie di sanzioni amministrative regolando
 il procedimento per la loro applicazione (capo III).
    Di tale legge, le Province autonome di Trento  e  Bolzano,  con  i
 ricorsi di cui e' causa, impugnano:
       a)  l'art. 1, secondo comma, dove si stabilisce che, nei limiti
 in cui attuino la normativa comunitaria, le disposizioni della  legge
 in  esame  costituiscono,  per le Regioni a Statuto speciale e per le
 Province autonome, norme fondamentali di riforma economica e sociale;
       b) gli artt. 5, primo, secondo, quinto e settimo  comma,  e  7,
 terzo   comma,   dove  vengono  posti  limiti  e  condizioni  per  la
 riproduzione di determinate specie animali;
       c) l'art. 8, primo comma, lettere a), b) e c), che  attribuisce
 al  Ministro  dell'agricoltura,  di  concerto  con  il Ministro della
 sanita',  un  potere  regolamentare  di  esecuzione   in   ordine   a
 particolari attivita' connesse alla riproduzione animale;
       d)  gli  artt.  9  e  10,  dove  si  prevedono  alcune sanzioni
 amministrative e si regola la procedura per la loro applicazione.
    La disposizione di  cui  sub  a)  viene  contestata  in  relazione
 all'art.  8,  n.  21,  dello  Statuto  speciale, agli artt. 7 e 8 del
 d.P.R. n. 526 del 1987 ed all'art. 3 della Costituzione, per il fatto
 di  aver  spogliato  le  Province  della  possibilita'   di   attuare
 immediatamente,  nelle  materie di competenza esclusiva, le direttive
 comunitarie,  ponendo  altresi'  una  disciplina   irragionevole   ed
 arbitraria per la sua genericita' ed indeterminatezza.
    Le  disposizioni  sub b), c) e d) vengono impugnate per violazione
 degli artt. 8, n. 21, 9, n. 10, e 16 dello Statuto speciale  e  delle
 relative  norme  di  attuazione,  in  quanto  destinate a porre norme
 ritenute di dettaglio,  non  attuative  di  normative  comunitarie  e
 comunque  lesive  della  competenza provinciale di cui all'art. 7 del
 d.P.R. n. 526 del 1987.
    La Provincia di Trento - che  da  tempo  dispone  di  una  propria
 normazione  in  tema  di  riproduzione animale - contesta altresi' la
 sovrapposizione della disciplina statale a quella  provinciale,  gia'
 operante  in materia riservata alla competenza esclusiva della stessa
 Provincia.
    3. - La questione relativa all'art. 1, secondo comma, della  legge
 in esame risulta fondata.
    Questa  Corte,  in piu' occasioni, ha avuto modo di precisare come
 la  qualificazione  delle  disposizioni  di  una  legge  quali  norme
 fondamentali   di  riforma  economico-sociale  non  possa  discendere
 soltanto dalla definizione adottata dal legislatore, ma debba trovare
 "puntuale  rispondenza  nella  natura  effettiva  delle  disposizioni
 interessate,  quale  si desume dal loro contenuto normativo, dal loro
 oggetto, dal loro scopo o dalla loro incidenza nei confronti di altre
 norme dell'ordinamento  o  dei  rapporti  sociali  disciplinati"  (v.
 sentt.  n.  85  del  1990  e  n.  1033  del  1988,  con richiami alla
 giurisprudenza  precedente),  assumendo  a  questo  fine  particolare
 valore  il  carattere riformatore della disciplina, l'incidenza della
 stessa in settori di rilevante  importanza  per  la  vita  economico-
 sociale,  la formulazione limitata all'enunciazione delle sole "norme
 fondamentali" connesse ad un interesse unitario dello Stato.
    Tali caratteri non ricorrono nei contenuti espressi dalla legge in
 esame,  che, operando in attuazione di direttive comunitarie da tempo
 in vigore e in parte gia' attuate, ha posto  una  disciplina  diretta
 non  tanto a innovare quanto a razionalizzare l'aspetto normativo del
 settore della riproduzione animale, attraverso la posizione non  solo
 di  disposizioni  di  principio,  ma  anche di vincoli specifici e di
 disposizioni di dettaglio. Ne' il fatto di aver riferito la natura di
 norme fondamentali di riforma economico-sociale alle sole  norme  che
 attuino  la normativa comunitaria puo' essere tale da giustificare (a
 parte ogni  rilievo  sulla  assoluta  indeterminatezza  del  richiamo
 operato)  la  legittimita'  della disposizione impugnata, dal momento
 che le leggi statali di attuazione della  normativa  comunitaria  non
 possono  essere  di  per  se'  assimilate  -  indipendentemente dalla
 considerazione dei particolari contenuti della disciplina di volta in
 volta adottata - a leggi di riforma economico-sociale.
    In realta', occorre riconoscere che, nell'adottare la  definizione
 espressa  dalla  norma in contestazione, il legislatore non ha inteso
 tanto qualificare i contenuti  della  disciplina  posta  in  tema  di
 riproduzione  animale,  quanto  imporre  nei confronti della sfera di
 competenza esclusiva regionale e provinciale  un  vincolo  aggiuntivo
 rispetto  a  quello  naturalmente  connesso  all'oggetto della stessa
 disciplina e riferibile al "rispetto degli obblighi internazionali".
    Disponendo in questi termini il legislatore statale ha,  peraltro,
 adottato una tecnica normativa del tutto impropria e irrazionale, che
 ha  forzato  il  quadro  dei limiti costituzionali predisposti per le
 competenze legislative degli enti  territoriali  dotati  di  speciale
 autonomia,  apportando,  di  conseguenza,  una  lesione - piu' che al
 potere di attuazione delle direttive comunitarie spettante alle Prov-
 ince autonome ai sensi dell'art. 7 del d.P.R. n. 526 del 1987 (potere
 che, nelle materie di competenza esclusiva, concorre pur  sempre  con
 quello  statale)  - alla competenza primaria delle stesse Province in
 tema di "patrimonio zootecnico" (art. 8, n. 21, d.P.R. n.    670  del
 1972).
    4.  -  Il  disconoscimento  della natura di "norme fondamentali di
 riforma economico-sociale" nei  confronti  delle  disposizioni  poste
 dalla  legge  n.  30 del 1991 non puo', d'altro canto, determinare la
 conseguenza  di  rendere  inefficace  l'intero  complesso   di   tali
 disposizioni  nei  confronti  delle  competenze legislative esclusive
 assegnate dallo Statuto speciale del  Trentino-Alto  Adige  alle  due
 Province  ricorrenti.  La  legge  in  questione  resta,  infatti, pur
 sempre, nel  suo  nucleo  preminente,  una  legge  di  attuazione  di
 direttive  comunitarie e, come tale, destinata ad operare come limite
 nei confronti delle competenze  regionali  e  provinciali  di  natura
 esclusiva, ove risulti correlata al rispetto di obblighi di carattere
 internazionale  derivanti  dal  Trattato  istitutivo della C.E.E. (v.
 sentt. nn. 81 e 86 del 1979). Ma il limite, in  questo  caso,  potra'
 discendere  soltanto  da  quelle disposizioni della legge statale che
 risultino direttamente attuative della normativa comunitaria e  nella
 misura  in  cui  le  stesse si presentino necessarie al perseguimento
 della finalita' attuativa (v. sent. 632 del 1988, par. 4).
    Ora, per quanto concerne  le  Province  ricorrenti,  la  base  del
 rapporto   tra   disciplina   statale   di  attuazione  e  competenze
 provinciali esclusive va ricercata nella norma espressa  dall'art.  7
 del  d.P.R.  19  novembre 1987, n. 526, secondo cui, nelle materie di
 competenza esclusiva, le Province di Trento e  Bolzano  possono  dare
 immediata attuazione alle direttive comunitarie "salvo adeguarsi, nei
 limiti  previsti  dallo  Statuto  speciale,  alle  leggi  statali  di
 attuazione" di tali direttive.
    La disciplina espressa in questo articolo (dove si e' ripetuta  la
 formula  gia'  adottata  dall'art.  13 della legge 16 aprile 1987, n.
 183) ha trovato successivamente una conferma piu' generale  nell'art.
 9,  primo  e terzo comma, della legge 9 marzo 1989, n. 86, in tema di
 competenze delle Regioni e delle Province autonome nello  svolgimento
 delle  procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. E lo stesso
 art. 9, al quarto comma, ha anche previsto che, in  mancanza  di  una
 disciplina   attuativa  ad  opera  delle  Regioni  e  delle  Province
 autonome, si applichino, in via suppletiva, nelle stesse  materie  di
 competenza    esclusiva,   "tutte   le   disposizioni   dettate   per
 l'adempimento degli obblighi comunitari dalla legge dello Stato".
    Alla luce della disciplina richiamata, i  criteri  da  seguire  ai
 fini  della  soluzione  della controversia relativa alle disposizioni
 espresse negli artt. 5, 7, 8, 9 e  10  della  legge  n.  30  possono,
 dunque,  riassumersi  nei  termini  seguenti:  che  nelle  materie di
 competenza esclusiva spetta alle Province autonome il potere di  dare
 attuazione   immediata   (e   cioe'  indipendentemente  dalla  previa
 emanazione di una disciplina statale) alle direttive comunitarie; che
 in tali materie la legislazione provinciale a tal fine  adottata  non
 esclude il successivo intervento di leggi statali dirette allo stesso
 fine;   che,  sempre  con  riferimento  alle  materie  di  competenza
 esclusiva, il sopravvenire di leggi statali di  attuazione  comporta,
 per  il legislatore provinciale che abbia gia' provveduto, un vincolo
 di adeguamento "nei limiti  previsti  dallo  Statuto  speciale";  che
 nelle stesse materie, ove il legislatore provinciale non abbia ancora
 provveduto e finche' non provveda, la legge statale di attuazione op-
 era  in  via  suppletiva e nella integralita' delle sue disposizioni,
 quand'anche venga a superare i limiti posti  dallo  Statuto  speciale
 per la legislazione esclusiva.
    5.  -  Sulla  scorta  dei  criteri ora richiamati, le questioni di
 legittimita' costituzionale sollevate dai due ricorsi  nei  confronti
 degli  artt.  5,  primo,  secondo,  quinto  e settimo comma; 7, terzo
 comma; 9 e 10 della legge n. 30 del 1991 si prospettano infondate nei
 termini che verranno di seguito precisati.
    In proposito,  va  innanzitutto  rilevato  che  il  settore  della
 riproduzione  animale  ha formato oggetto di un'ampia normativa degli
 organi comunitari: in particolare, vanno ricordate le  direttive  del
 Consiglio  n.  504 del 1977 e n. 328 del 1987, sulla riproduzione dei
 bovini di razza pura; n. 661 del 1988, sulla riproduzione  suina;  n.
 361  del  1989, sulla riproduzione ovina e caprina di razza pura; nn.
 427 e 428 del 1990, sulla riproduzione equina.
    Questa normativa comunitaria, anche se  prevalentemente  orientata
 verso  il  fine della libera circolazione nell'ambito della Comunita'
 degli animali e del materiale destinati alla riproduzione, ha assunto
 tra i propri obbiettivi fondamentali il controllo sulla qualita'  dei
 soggetti  riproduttori  delle  diverse  specie  e razze: controllo da
 attuare  attraverso  l'iscrizione  degli  animali   impegnati   nella
 riproduzione  in  appositi libri, registri, schedari o altri supporti
 informativi,  destinati  a   documentare   le   caratteristiche,   le
 ascendenze e le attitudini riproduttive dei soggetti iscritti.
    Sotto  questo  profilo,  la  disciplina  posta  dall'art. 5, primo
 comma, della legge in esame - nel prevedere l'obbligo  di  iscrizione
 nei  libri  genealogici o nei registri anagrafici dei soggetti maschi
 delle  diverse  specie  impiegati  nella   riproduzione   -   risulta
 espressiva  di  un  principio  di carattere generale desumibile dalla
 stessa normativa comunitaria e direttamente correlato all'adempimento
 di obblighi comunitari gravanti sullo Stato in  conseguenza  di  tale
 normativa:  di talche' da tale disciplina non puo' non farsi derivare
 un limite di ordine generale suscettibile di vincolare  (pur  con  la
 deroga espressa nel secondo comma dello stesso articolo, che attenua,
 in  relazione  a  specifiche esigenze locali, il rigore del principio
 stesso) anche la competenza esclusiva delle Regioni e delle  Province
 a  speciale  autonomia, che, nell'adottare la propria legislazione in
 materia, saranno tenute ad "adeguarsi" alla  disciplina  posta  dalla
 norma in esame.
    A  diverse  conclusioni  si  puo',  invece,  giungere  per  quanto
 concerne le disposizioni formulate  nell'art.  5,  quinto  e  settimo
 comma,   nell'art.  7,  terzo  comma  (che  e'  meramente  ripetitivo
 dell'art. 5, settimo comma), e negli artt. 9 e 10,  i  cui  contenuti
 non  si  presentano  ne' espressivi di principi di carattere generale
 ne' attuativi di specifici obblighi assunti in sede  comunitaria.  Di
 conseguenza,  tali  disposizioni  -  almeno  allo stato attuale della
 normativa comunitaria - non appaiono suscettibili di determinare, con
 riferimento ai limiti previsti dallo Statuto speciale, un obbligo  di
 "adeguamento"  a  carico  delle  Province  ricorrenti,  in  relazione
 all'esercizio della competenza esclusiva  in  materia  di  patrimonio
 zootecnico, nel cui ambito va ricompreso anche il potere di delineare
 e  sanzionare  le fattispecie costituenti illecito amministrativo (v.
 sentt. n. 1034 del 1988; n. 729 del 1988; n. 192 del 1987; n. 97  del
 1987; n. 62 del 1979).
    In concreto, le disposizioni in questione potranno operare, in via
 suppletiva,  soltanto nell'ambito della Provincia di Bolzano, che non
 ha sinora adottato una propria legislazione in tema  di  riproduzione
 animale, restando, invece, salva la diversa disciplina gia' adottata,
 sugli stessi oggetti, dalla Provincia di Trento.
    6.  - Va, infine, dichiarata l'inammissibilita' della questione di
 legittimita' costituzionale prospettata nei  confronti  dell'art.  8,
 primo  comma,  lettere  a),  b)  e  c),  dove  si  prevede  un potere
 regolamentare  del  Ministro  dell'agricoltura  -  da  esercitare  di
 concerto  con  il  Ministro della sanita' - in tema di istituzione ed
 esercizio delle stazioni di  monta  naturale  e  degli  impianti  per
 l'inseminazione artificiale, dei requisiti sanitari per il prelievo e
 l'impiego   del   materiale   di   riproduzione,   nonche'   per   la
 certificazione degli interventi fecondativi.
    Tale disposizione, limitandosi a conferire all'organo ministeriale
 una  potesta'  normativa  di  rango  secondario  (nelle   forme   del
 regolamento  esecutivo),  non  appare  di  per  se' idonea a produrre
 effetti lesivi nei confronti di una competenza, quale quella in  tema
 di   patrimonio   zootecnico,  spettante  alle  Province  ricorrenti,
 suscettibile di esprimersi attraverso la posizione di norme che,  per
 la  loro  stessa  natura  primaria,  sono,  comunque,  destinate, nel
 settore in esame, a risultare prevalenti.