IL PRETORE
    Letti  gli  atti  del  procedimento  n. 3021/1991 r.g. a carico di
 Cuzzolin Irene imputata del reato previsto e punito dall'art. 26  del
 d.P.R.  10  settembre  1982, n. 915, per avere, nella sua qualita' di
 titolare della ditta individuale di pulitura a  secco  "International
 1000"   di   Cuzzolin   Irene,   corrente   in  Codroipo,  effettuato
 un'attivita' di stoccaggio provvisorio dei  fanghi  residui  prodotti
 dall'attivita'  menzionata, da considerarsi rifiuto tossico e nocivo,
 in assenza della prescritta autorizzazione di  cui  all'art.  16  del
 d.P.R. n. 915/1982. In Codroipo fino al 24 gennaio 1991.
    Vista  l'odierna  richiesta  del p.m. che insta per il giudizio di
 costituzionalita' e alla quale il difensore della  prevenuta  non  si
 oppone;
    Letto  l'art.  7,  primo  e secondo comma della legge regionale 28
 agosto 1989, n. 23, laddove recita: "in via  eccezionale  coloro  che
 hanno  presentato  denuncia  di  ammasso  temporaneo (con riferimento
 ovviamente ai rifiuti tossici e nocivi) in base all'art.  15,  quinto
 comma della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30, sono autorizzati
 a  proseguire nell'attivita' predetta.. .. .... sempre che presentino
 domanda di autorizzazione ai sensi del primo comma dell'art. 2  entro
 sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in  vigore della presente legge"
 precisando altresi' che "la prosecuzione  dell'attivita'  di  ammasso
 temporaneo   e'  consentita  sino  alla  data  del  provvedimento  di
 concessione o diniego dell'autorizzazione e comunque non oltre il  31
 dicembre  1990"  (termine successivamente prorogato al 30 aprile 1991
 in virtu' dell'art. 2 della legge regionale 3 dicembre 1990, n. 53);
    Rilevato in fatto che, sulla base delle prove  assunte  nel  corso
 del  dibattimento  e  dell'allegata  documentazione e' emerso come la
 Cuzzolin si sia avvalsa di  tale  facolta'  presentando  denuncia  di
 ammasso  temporaneo  di  rifiuti  tossici  e  nocivi  con nota del 22
 febbraio  1989  e  successivamente  chiedendo  l'autorizzazione  allo
 stoccaggio  provvisorio  il 23 novembre 1989, con nota pervenuta alla
 direzione generale dell'ambiente il 28 novembre 1989, e quindi  entro
 il   termine  stabilito  dall'art.  7  della  legge  regionale  sopra
 richiamata, senza che  tuttavia  il  provvedimento  invocato  venisse
 rilasciato;
    Considerato che in tale modo detta disposizione normativa, che non
 ha  differenziato  concettualmente  la  nozione di ammasso temporaneo
 (menzionato nell'art. 15,  quinto  comma  della  legge  regionale  n.
 30/1987  poi dichiarato costituzionalmente illegittimo), da quella di
 stoccaggio provvisorio (cui  fa  riferimento  l'art.  2  della  legge
 regionale  28  agosto  1989,  n.  23),  a ben vedere ha consentito ai
 produttori di tali tipi di rifiuti di continuare a svolgere  la  loro
 attivita'  di  ammasso,  subordinando  tuttavia  tale  facolta'  alla
 richiesta   del   provvedimento   autorizzativo   entro   i   termini
 normativamente previsti, con il conseguente effetto di rendere lecita
 (sia  pure  temporaneamente) un'attivita' penalmente sanzionata dalla
 legislazione statale, secondo il combinato disposto dagli  artt.  16,
 primo comma lett. b) e 26 d.P.R. n. 915/1982;
    Rilevato  in  proposito  l'orientamento  manifestato  dalla  Corte
 costituzionale in tale specifica materia, secondo cui "la  fonte  del
 potere  punitivo risiede solo nella legislazione statale e le regioni
 non hanno il potere di comminare, rimuovere  o  variare  con  proprie
 leggi  le  pene  previste  in  una  data  materia;  non possono cioe'
 interferire negativamente con il sistema penale statale, considerando
 penalmente lecita un'attivita' che invece  e'  penalmente  sanzionata
 nell'ordinamento  nazionale"  (cosi' sent. Corte costituzionale 14-22
 giugno 1990, n. 309; in senso conforme sent. 6 luglio 1989, n. 370);
    Osservato che appare del tutto condivisibile il  rilievo  volto  a
 sottolineare  che  la  materia  dei  rifiuti tossici e nocivi rientra
 nell'intervento legislativo statale,  dovendosi  questo  ispirare  "a
 criteri  di  omogeneita'  ed univocita' di indirizzo e generalita' di
 applicazione in tutto il territorio dello Stato, con specifiche norme
 che costituiscono attuazione di direttive C.E.E. e  che  disciplinano
 anche  i  risvolti  penali  dei  problemi  affrontati"  (sent.  Corte
 costituzionale 27 febbraio-15 marzo 1991, n. 117), cosi' individuando
 uno stretto collegamento tra le norme di  principio  di  detto  testo
 normativo e quelle che prevedono le sanzioni penali;
    Ritenuta  pertanto  la  non manifesta infondatezza della questione
 sollevata, poiche' le norme di cui all'art. 7, primo e secondo  comma
 della  legge  regionale n. 23/1989, come modificato dall'art. 2 della
 legge  regionale  n.  53/1990,  paiono  violare  la  Costituzione,  e
 precisamente   l'art.   3   (sotto   il  profilo  dell'ingiustificata
 disparita'  di  trattamento,  sia  pur  in  via  temporanea,  tra   i
 produttori  di  rifiuti  tossici e nocivi del Friuli-Venezia Giulia e
 quelli delle altre regioni italiane),  25  secondo  comma  (sotto  il
 profilo dell'indebita interferenza della regione in materia penale) e
 116  (non disponendo la regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dello
 statuto approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1,  di
 una  potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia  di smaltimento di
 rifiuti);
    Osservato,  in  punto   rilevanza,   come   la   questione   della
 legittimita'  delle  norme regionali impugnate condizioni l'esito del
 procedimento  penale,  dal   momento   che   una   dichiarazione   di
 illegittimita' rimuoverebbe ogni ostacolo alla applicabilita', in via
 meramente  astratta, della disposizione di cui all'art. 26 del d.P.R.
 n. 915/1982 mentre invece, una  volta  acclarata  la  conformita'  ai
 principi  costituzionali  di dette norme regionali, la condotta della
 prevenuta dovrebbe considerarsi pienamente lecita;
    Opinato  in definitiva che la pronuncia della Corte costituzionale
 e' essenziale ai fini del decidere, dovendo necessariamente mutare la
 formula di assoluzione  nel  caso  di  un  provvedimento  di  rigetto
 (insussistenza del fatto) o di accoglimento della questione (il fatto
 con costituisce reato sotto il profilo della carenza del dolo);