Ricorso per conflitto di attribuzioni per  la  regione  Toscana  in
 persona   del   presidente   pro-tempore   della   giunta  regionale,
 rappresentato e difeso  per  mandato  a  margine  del  presente  atto
 dall'avv.  Alberto  Predieri  e  presso  il  suo studio elettivamente
 domiciliato in Roma, via G. Carducci n. 4, in forza di  deliberazione
 g.r.  del  1ยบ  luglio  1991,  contro  il Presidente del Consiglio dei
 Ministri  pro-tempore,  per  l'annullamento  del  provvedimento   del
 commissario    di    Governo   nella   regione   Toscana   prot.   n.
 4.14.14/5-907/91 del 26 giugno 1991, con il quale il dott. Renato  De
 Carlo  e'  stato  nominato  amministratore straordinario della unita'
 sanitaria locale n. 32, Amiata, ai sensi e per gli effetti del  d.-l.
 n. 35/1991, convertito in legge n. 111/1991.
    1.  -  In  data  26  giugno  1991  il commissario di Governo nella
 regione Toscana ha emanato il decreto prot. n.  4.14.14/5-907/91  con
 il  quale  ha  disposto  la  nomina  del  dott.  Renato  De  Carlo ad
 amministratore straordinario della u.s.l. n. 32, Amiata, ai  sensi  e
 per gli effetti del d.-l. 6 febbraio 1991, n. 35, convertito in legge
 n. 111/1991.
    Il  provvedimento si fonda sull'art. 1, ottavo comma, del d.-l. n.
 35/1991;  sulla  considerazione  che  "la  commissione  di  controllo
 sull'amministrazione  regionale,  in  data  odierna,  ha annullato il
 decreto del presidente della Giunta regionale n. 198  del  17  giugno
 1991  relativo  a:  'nomina  dell'amministratore  straordinario della
 unita' sanitaria locale n. 32, Amiata'"; sul fatto che  "alla  nomina
 di  cui trattasi deve provvedere, in via surrogatoria, il commissario
 del  Governo,  ai  sensi  dell'ultimo  capoverso  del  citato   comma
 dell'art.  1 della legge n. 111/1991, essendo abbondantemente scaduto
 il termine di legge"; sulla "urgenza di provvedere, rappresentata dal
 Ministro  della  sanita'  con  telex   del   25   giugno   1991,   n.
 100/ULS/4057".
    2.   -  In  precedenza,  nel  rispetto  della  procedura  prevista
 dall'art.  1  del  d.-l.  n.  35/1991,  la  giunta   regionale   (con
 provvedimento  n. 5441 del 17 giugno 1991) aveva deliberato la nomina
 del dott. Mario Donati, iscritto  nell'elenco  regionale  di  cui  al
 d.p.g.r. n. 143 del 28 maggio 1991 (emanato in applicazione dell'art.
 1,   settimo   comma,   del  d.-l.  n.  35/1991),  ad  amministratore
 straordinario dell'u.s.l. n. 32.
    Successivamente, con  decreto  n.  198  del  17  giugno  1991,  il
 presidente  della  giunta  regionale aveva provveduto alla nomina del
 dott. Donati.
    Con successiva decisione del 26 giugno  1991,  la  commissione  di
 controllo sull'amministrazione regionale aveva annullato tale nomina.
 Nello   stesso   giorno,   e'  stato  emanato  il  provvedimento  del
 commissario di Governo che ha dato origine al presente conflitto.
    3. - Il provvedimento viola le competenze trasferite alla  regione
 nella  materia  dell'assistenza  sanitaria  e  da ultimo riconosciute
 precisamente dallo stesso d.-l. n. 35/1991 e dalla relativa legge  di
 conversione,  nonche'  i  principi  che  la  legislazione  generale e
 speciale pone in materia di controllo sostitutivo.
    Il d.-l. n. 35/1991, convertito in legge n.  111/1991,  richiamato
 nelle  premesse  al  provvedimento  impugnato, istituisce all'art. 1,
 ottavo   comma,   un   complesso   procedimento   per    la    nomina
 dell'amministratore straordinario delle unita' sanitarie locali.
    In  virtu'  di  tale procedimento, il comitato di garanti previsto
 dall'art. 1, terzo, quarto e quinto comma, propone "almeno una  terna
 di nominativi", individuati nell'elenco formato, ai sensi del settimo
 comma,  dal  presidente  della  regione,  e contenente esclusivamente
 l'indicazione di "persone in possesso del  diploma  di  laurea  e  di
 specifici  e  documenti  requisiti  attestanti  qualificate attivita'
 professionali  di  direzione  tecnica  o  amministrativa  di  enti  o
 strutture  pubbliche o societa' pubbliche o private di media o grande
 dimensione, con esperienza almeno quinquennale".
    La  nomina   dell'amministratore   straordinario   deve   avvenire
 nell'ambito dei soggetti indicati dal comitato dei garanti o, qualora
 vi   fosse   indisponibilita'   di  tali  soggetti  o  "altri  motivi
 oggettivi",  nell'ambito  dei   nominativi   ricompresi   nell'elenco
 regionale.
    L'art.  1,  ottavo comma dispone che "in caso di mancata nomina da
 parte delle regioni o  della  province  autonome,  entro  il  termine
 suindicato"   (che  e'  quello  del  15  giugno  1991)  "provvede  il
 commissario del Governo".
    4. - Sulla base di  tale  procedimento,  come  abbiamo  detto,  il
 presidente  della  giunta regionale era pervenuto a nominare il dott.
 Donati quale amministratore della u.s.l.:  ma  l'atto  di  nomina  e'
 stato annullato dalla C.C.A.R.T.
    L'atto   negativo  di  controllo  e'  esso  stesso  illegittimo  e
 incostituzionale e come tale viene impugnato  con  distinti  autonomi
 ricorsi dinanzi alla stessa Corte e al t.a.r. competente.
    Nella   presente   sede,  tuttavia,  non  ci  intratteniamo  sulla
 lesivita' e  le  ragioni  di  incostituzionalita'  di  tale  distinto
 provvedimento.
    Oggetto  della  presente  impugnativa e' l'atto del commissario di
 Governo, nella parte in cui ha autonomamente provveduto  alla  nomina
 di  un  amministratore straordinario dell'u.s.l. n. 32, in violazione
 delle prerogative costituzionalmente garantite alla regione  e  della
 norma che attribuisce un potere sostitutivo al commissario di Governo
 solo  in  caso  di  "mancata nomina" da parte della regione, ossia di
 inattivita' (e non di presunta illegittima attivita') della stessa.
    L'atto negativo di controllo della C.C.A.R.T. costituisce pertanto
 un antecedente in fatto del provvedimento di nomina  del  commissario
 di  Governo:  ma  quest'ultimo viene censurato per ragioni autonome e
 indipendenti dalla (pur  esistente,  e  in  altri  ricorsi  rilevata)
 incostituzionalita'   e   illegittimita'  del  primo,  in  quanto  si
 manifesta viziato per aver indebitamente esorbitato dai limiti propri
 del  potere  di  controllo  riservato   all'autorita'   di   Governo.
 Quand'anche,  per  ipotesi  denegata,  potessimo infatti ammettere la
 legittimita'  e  la   costituzionalita'   del   provvedimento   della
 C.C.A.R.T.,  non per questo verrebbero meno le ragioni di censura del
 provvedimento in questa sede  impugnato,  dal  momento  che  esso  si
 manifesterebbe  comunque  segnato da una grave deviazione rispetto ai
 limiti dell'esercizio dei poteri  sostitutivi  posti  dalla  legge  e
 dalla giurisprudenza della Corte.
    5.  -  Come  abbiamo rilevato, la norma (art. 1, ottavo comma, del
 d.-l. n. 35/1991) prescrive l'intervento sostitutivo  di  nomina  del
 commissario    di    Governo    nel    caso   di   "mancata   nomina"
 dell'amministratore straordinario da parte della regione.
    Ne  segue   che   condizione   necessaria   e   non   sostituibile
 dell'esercizio  del  potere  sostitutivo  da parte del commissario di
 Governo e', come letteralmente dispone la norma, la "mancata  nomina"
 da parte della regione.
    La  condizione  della "mancata nomina" deve essere interpretata in
 modo rigoroso e con esclusione di  ogni  applicazione  analogica,  in
 conformita',  anzitutto, al carattere "eccezionale" dell'istituto del
 potere sostitutivo attribuito a organi dello Stato nei  confronti  di
 competenze regionali costituzionalmente garantite.
    La  Corte  ha  sempre  sottolineato tale eccezionalita', definendo
 esplicitamente il controllo  sostitutivo  un  "istituto  eccezionale"
 (sentenza   n.  460/1989,  punto  5  del  diritto,  che  richiama  la
 precedente sentenza n. 177/1988).
    In varie sentenze, la Corte ha indicato  con  chiarezza  i  limiti
 entro i quali l'esercizio di poteri sostitutivi da parte di un organo
 dello  Stato puo' ritenersi legittimo rispetto ad un'autorita' che ha
 "un'autonomia politica costituzionalmente definita e garantita",  per
 usare le parole della Corte nella sentenza n. 177/1988.
    Tali limiti sono i seguenti:
       a)  anzitutto  "si tratta di un potere collegato a posizioni di
 controllo o di vigilanza, ovviamente esulanti da  relazione  di  tipo
 gerarchico,  che  puo'  esser  esercitato  dallo  Stato  soltanto  in
 relazione   ad   attivita'   regionali   sostanzialmente   prive   di
 discrezionalita'  nell'  an  (anche se non necessariamente nel quid o
 nel quomodo), ora perche' sottoposte per legge (o norme equiparate) a
 termini perentori, ora per la natura  degli  atti  da  compiere,  nel
 senso  che  la  loro  omissione risulterebbe tale da mettere in serio
 pericolo l'esercizio di funzioni fondamentali ovvero il perseguimento
 di interessi essenziali che sono affidati alla responsabilita' finale
 dello Stato" (sent. n. 177/1988, punto 5.2);
       b)  in  secondo  luogo,  il  controllo  sostitutivo puo' essere
 legislativamente previsto a favore dello Stato soltanto come  "potere
 strumentale  rispetto  all'esecuzione  o  all'adempimento di obblighi
 ovvero rispetto all'attuazione di indirizzi o di criteri operativi, i
 quali siano basati  su  interessi  tutelati  costituzionalmente  come
 limiti  all'autonomia  regionale (v. sentenze nn. 177 e 294 del 1986,
 64  e  304  del  1987).  Solo  in  tali  ipotesi,  infatti,   possono
 riscontrarsi  interessi  in  grado  di  permettere allo Stato, quando
 ricorrano le necessarie condizioni di forma  e  di  sostanza  per  un
 intervento sostitutivo, di superare eccezionalmente la separazione di
 competenza  tra  lo  Stato  e le regioni stabilita dalla Costituzione
 nelle materie attribuite all'autonomia regionale" (ivi);
       c) in terzo luogo "il potere sostitutivo puo' essere esercitato
 nei confronti delle regioni (o delle province autonome)  soltanto  da
 un'autorita'  di  governo,  nello  specifico senso di cui all'art. 92
 della  Costituzione,   dal   momento   che   questo   e'   il   piano
 costituzionalmente  individuato  per  l'adozione  di  indirizzo  o di
 direttive verso l'amministrazione regionale e per la vigilanza  e  il
 controllo  nei confronti dell'attuazione regionale dei principi o dei
 vincoli  legittimamente  disposti   a   livello   nazionale   (ovvero
 sovranazionale o internazionale)" (ivi);
       d)  infine  "l'esercizio del controllo sostitutivo nei rapporti
 tra Stato e regioni (o province  autonome)  dev'essere  assistito  da
 garanzie,   sostanziali   e   procedurali,   rispondenti   ai  valori
 fondamentali cui la  Costituzione  informa  i  predetti  rapporti  e,
 specialmente, al principio della 'leale cooperazione'. . . Fra queste
 garanzie  deve  considerarsi  inclusa  l'esigenza del rispetto di una
 regola  di  proporzionalita'  tra  i  presupposti   che   legittimano
 l'intervento  sostitutivo  e il contenuto e l'estensione del relativo
 potere, in mancanza della quale quest'ultimo  potrebbe  ridondare  in
 un'ingiustificata compressione della autonomia regionale (v. sentenze
 nn. 177 e 294 del 1986)" (ivi).
    6.  -  Non ci soffermiamo a verificare se l'istituzione del potere
 sostitutivo prevista nell'art. 1, ottavo comma, del d.-l. n.  35/1991
 risponda  pienamente,  nei suoi presupposti e nelle sue modalita', ai
 criteri enucleati dalla  Corte.  E'  indubbio  peraltro  (e  cio'  ha
 particolare  valore  nel  nostro  caso)  che i limiti ora evidenziati
 nella rigorosa argomentazione della Corte non valgono solo a porre  i
 confini   della   costituzionalita'   della   previsione  del  potere
 sostitutivo,  ma  valgono  anche  a  segnare  la   linee   direttrici
 dell'ermeneutica  degli atti con i quali il Governo pretenda di porre
 in essere provvedimenti di controllo sostitutivo.
    In altre parole, se la previsione normativa del potere sostitutivo
 e' legittima solo quando  ricorrano  le  condizioni  enucleate  dalla
 Corte,  anche  l'interpretazione  di  tale  previsione normativa deve
 ricondursi  agli  stessi  criteri  per  valutare  se,  rispetto  alle
 condizioni  da  essa poste per l'esercizio del potere, vi sia stata o
 meno deviazione dello stesso rispetto ai limiti entro i quali il  suo
 esercizio   e'   legittimo  e  conforme  al  rispetto  dell'autonomia
 costituzionale delle regioni.
    7. - Cio' significa, in primo luogo, che  se  la  previsione  -  e
 dunque   l'esercizio  -  del  potere  sostitutivo  sono  segnati  dal
 carattere di eccezionalita', l'interpretazione  delle  norme  che  lo
 prevedono,  come  norme eccezionali, non consente la sua estensione a
 casi reputati analoghi, dato anche il divieto  dell'analogia  per  le
 norme  eccezionali  (art. 14 prel. c.c.): cosicche' la considerazione
 che l'annullamento di un provvedimento  di  nomina  per  un  presunto
 cattivo esercizio del relativo potere e' analogo al mancato esercizio
 dello stesso non puo' condurre, quand'anche fosse (e non e') fondata,
 all'estensione  al  primo caso di una norma eccezionale che prende in
 considerazione - e in modo esplicito - solo il secondo.
    8. - In  secondo  luogo,  la  Corte  ha  mostrato  che  il  potere
 sostitutivo   e'  per  sua  natura  correlato  alla  presenza  di  un
 comportamento  omissivo,  a  una  inattivita'   della   regione.   Di
 "omissione"  o  inerzia,  come presupposto dell'esercizio del potere,
 parla  esplicitamente  la  sentenza   n.   177/1988,   ma   ad   essa
 sostanzialmente  si  riferiscono  anche le sentenze nn. 177 e 294 del
 1986, 64 e 304 del 1987, 101/1989.
    Nel nostro caso, non si e' avuta ne' inerzia,  ne'  omissione.  La
 regione,  e  gli altri enti e organi ordinari e straordinari previsti
 dal d.-l. n. 35/1991, si sono tempestivamente attivati: cosicche' non
 sussistono le ragioni per configurare una inattivita'  regionale,  da
 intendere   come   presupposto   essenziale  per  la  legittimita'  e
 costituzionalita' dell'esercizio del potere sostitutivo.
    Non e'  possibile  confondere  inerzia  o  inattivita'  (e  quindi
 "mancata  nomina"),  con attivita' invalida, ne' assenza dell'atto di
 nomina con esistenza di un atto annullato. Il diritto  vivente  e  la
 dottrina   hanno   assunto   un   orientamento   oramai   consolidato
 sull'annullamento nell'ambito della teoria  della  anormalita'  degli
 atti   giuridici,   in  base  al  quale  l'invalidita'  che  comporta
 annullamento non puo' essere confusa con  la  inesistenza  dell'atto,
 ne'  con  il  mancato  esercizio del potere che consente l'emanazione
 dell'atto.
    L'invalidita'  e'  situazione  e  qualificazione   sostanzialmente
 diversa  da  quella  valida,  e non semplicemente carenza o negazione
 logica di validita' (cfr. Giannini, Diritto  amministrativo,  Milano,
 1970, p. 609, 611) e il fondamento dell'efficacia giuridica dell'atto
 invalido  (efficacia  che  e'  ammessa  anche  da quella dottrina che
 invece  concepisce  l'invalidita'   come   negazione   logica   della
 validita', cfr. Zanobini, corso di diritto amministrativo, I, Milano,
 1958,  p.  302  segg.,  e  che  dunque  riconosce  l'indipendenza tra
 validita' ed efficacia) viene rinvenuto in una forma  di  "esistenza"
 giuridica  dell'atto  e,  in  definitiva,  in una specie di "diversa"
 validita' come corrispondenza ad uno  schema  normativo  distinto  da
 quello  dell'atto valido (cfr. Modugno, l'invalidita' della legge, I,
 Milano, 1970, p. 81 segg.; II, p. 217 segg.;  id.,  annullabilita'  e
 annullamento.  Diritto  pubblico,  enc.  giur. Treccani, t. II, Roma,
 1988, p. 1): al punto  che,  da  un  lato,  si  e'  riconosciuto  che
 l'annullamento  e'  una forma di sanzione dell'atto invalido (Cannada
 Bartoli, l'inapplicabilita' degli atti amministrativi, Milano,  1950,
 p. 70; Scognamiglio R., contributi alla teoria del negozio giuridico,
 Napoli,  1950,  p.  380  segg.;  Conso,  il  concetto  e le specie di
 invalidita', Milano, 1955, p.  63  segg.;  Cassarino,  le  situazioni
 giuridiche  e  l'oggetto  della giurisdizione amministrativa, Milano,
 1956, p. 25; Casetta, l'illecito degli enti pubblici,  Torino,  1953,
 p.  221), e cioe' una conseguenza che colpisce l'esercizio del potere
 (che dunque  esiste  ed  e'  stato  posto  in  essere)  che  presiede
 all'emanazione  dell'atto  in forme e con modalita' diverse da quelle
 normativamente previste, ossia - ancora -  una  "proiezione  concreta
 della  invalidita'"  (Cannada  Bartoli, annullabilita' e annullamento
 (diritto amministrativo), enc. dir., II, Milano, 1958,  p.  485),  la
 quale e' pertanto "una fattispecie diversa e distinta, alternativa ma
 non   antinomica,   rispetto  a  quella  della  validita'"  (Modugno,
 annullabilita' e annullamento cit., p. 1);  dall'altro,  si  e'  piu'
 radicalmente   esclusa   l'ammissibilita'   della   categoria   della
 inesistenza  del  provvedimento  amministrativo  (Giannini,   diritto
 amministrativo   cit.,   p.  620;  Mortati,  istituzioni  di  diritto
 pubblico,  I,  Padova,  1975,  p.   279;   Esposito,   Il   controllo
 giurisdizionale  sulla costituzionalita' delle leggi, La Costituzione
 italiana - Saggi, Padova, 1954, p. 233 segg.).
    Da cio' consegue che  l'inesistenza  dell'atto  che  configura  la
 situazione  di  "mancata nomina" presa in considerazione dall'art. 1,
 ottavo comma, del d.-l. n. 35/1991 non puo' mai  essere  confusa  con
 una  presunta  e  in realta' insussistente "inesistenza" dell'atto di
 nomina dipendente dalla presunta invalidita' della stessa e  dal  suo
 annullamento:  cosicche'  la  fattispecie  regolata  dalla  norma  in
 oggetto e insuscettibile di applicazione  analogica,  essendo  quella
 della "mancata nomina", non puo' valere anche per il ben diverso caso
 della "nomina invalida" ed annullata.
    9.  -  Ne',  d'altra parte, si potrebbe sostenere, senza violare i
 criteri di  ragionevolezza,  imparzialita'  e  buona  amministrazione
 imposti  dall'art. 97 della Costituzione, che l'inattivita' regionale
 e'  configurabile  nell'annullamento  dell'atto  cui  ha  dato  luogo
 l'attivita'  governativa  di controllo.  Infatti, da un lato, mancata
 attivita' e annullamento successivo dell'atto cui  l'attivita'  aveva
 dato  luogo  non  coincidono, come abbiamo visto, ne' in se'. . . ne'
 rispetto  ai  criteri  applicabili  all'interpretazione  della  norma
 eccezionale   in   oggetto;   dall'altro,   sostenere   il  contrario
 equivarrebbe  a  riconoscere  che  lo  stesso  organo  che  partecipa
 autorevolmente,   indirizzandola   e   dirigendola,  in  qualita'  di
 presidente  (art.  41,  secondo  comma,  della  legge   n.   62/1953)
 all'attivita'  della  C.C.A.R., puo' contribuire a precostituire, con
 la  propria  attivita',  la  situazione  di  "mancata   nomina"   che
 giustifica    successivamente    il   proprio   autonomo   intervento
 sostitutivo: il che porrebbe l'attivita' del commissario  di  Governo
 in  situazione  di  grave  sospetto, sotto il profilo dell'autonomia,
 imparzialita' e buon esercizio dell'autorevole funzione di  sindacato
 che  gli  e'  propria,  sia  rispetto  ai  compiti  affidatagli quale
 componente e presidente dell'organo collegiale, sia rispetto a quelli
 che gli sono propri quale organo monocratico.
    Non  si  puo'   ritenere   che   il   legislatore   abbia   voluto
 un'eventualita'  del  genere,  dato  che  essa  renderebbe  la  norma
 illegittima  rispetto  ai  canoni  prescritti  dall'art.   97   della
 Costituzione.  Poiche'  invece e' noto che "l'interpretazione secondo
 Costituzione e' momento costitutivo normale di ogni  interpretazione:
 conseguentemente,  tra  due interpretazioni, l'una conforme e l'altra
 contrastante con la Costituzione, va certamente preferita  la  prima"
 (cosi'  di  recente la Corte nella sentenza n. 823/1988; nello stesso
 senso il diritto vivente, cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 gennaio  1988,
 n.  8; Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 1985, n. 163; Cass., 3 gennaio
 1984, n. 7), si deve ritenere, nel nostro caso,  che  il  legislatore
 abbia   inteso  escludere  un'eventualita'  del  genere,  volutamente
 escludendo  che  la  "mancata  nomina",  che  legittima  l'intervento
 sostitutivo, possa equivalere all'annullamento della nomina regionale
 determinato  da  un  atto  di  un organo collegiale cui partecipa con
 funzioni  primarie  e  preminenti  lo  stesso  soggetto  cui   spetta
 l'esercizio del potere sostitutivo.
    10. - In terzo lugo, la Corte ha sottolineato - come abbiamo visto
 -  che tra le condizioni di legittimita' del potere sostitutivo ve ne
 sono alcune strettamente attinenti al momento dell'esercizio di  tale
 potere,  che  deve  essere  assistito  da  modalita' atte a garantire
 l'osservanza del  principio  di  "leale  cooperazione"  tra  Stato  e
 regione.
    Nella  specie, tutto puo' dirsi dell'avvenuto esercizio del potere
 sostitutivo salvo che  esso  sia  stato  ispirato  dal  rispetto  del
 principio  di  "leale  cooperazione",  di  cui  la  Corte ha ribadito
 l'importanza anche nella recente sentenza n.  85/1990,  sottolineando
 l'essenzialita'  dell'esercizio  della  funzione  sostitutiva  con un
 "congruo preavviso" alla regione. Nel  caso  di  specie,  invece,  il
 commissario  di  Governo  ha addirittura esercitato il proprio potere
 sostitutivo lo stesso giorno in cui la C.C.A.R.T. aveva annullato  il
 provvedimento  regionale di nomina, non lasciando volutamente margine
 alcuno a forme di intesa o di raccordo con la regione,  che  erano  e
 sono invece necessarie, come meglio diremo.
    La   necessita'   di  provvedere  con  urgenza  non  puo'  fornire
 giustificazione alcuna al modo con cui e' stato esercitato il  potere
 sostitutivo.
    Mentre  si puo' ammettere, conformemente alla giurisprudenza della
 Corte, che l'urgenza di provvedere sia una delle ragioni che  rendono
 conforme  alla  Costituzione la previsione del controllo sostitutivo,
 non puo' farsi di  essa  motivo  per  evitare  che  tale  potere  sia
 esercitato  in  sintonia con i criteri di "leale cooperazione" che la
 Corte  impone  quali  condizioni  della   legittimita'   stessa   del
 controllo.
    In   altre   parole,   dire  che  l'urgenza  e'  condizione  della
 legittimita'  del  potere  sostitutivo,  e  che  esso   va   tuttavia
 esercitato secondo criteri di leale cooperazione, significa escludere
 che  l'urgenza  sia  ragione  per  l'impossibilita'  di esercitare il
 potere prescindendo  dal  rispetto  del  principio  di  cooperazione:
 cosicche'  non  e'  certo  l'urgenza  a  poter giustificare la totale
 assenza di consultazione e intesa con  la  regione  (testimoniata  in
 primo  luogo dalla coincidenza cronologica del provvedimento negativo
 di controllo e del provvedimento commissionale di nomina) di  cui  il
 Commissario ha dato prova nel caso di specie.
    11. - Tale intesa era ed e', invece, necessaria.
    L'art.  1,  ottavo comma, del d.-l. n. 35/1991, nella parte in cui
 prevede l'intervento del commissario di Governo, e dunque l'esercizio
 di  un  potere  sostitutivo  che  in  tanto  e'  conforme  al  quadro
 costituzionale in quanto si svolga secondo canoni di collaborazione e
 leale cooperazione, deve essere interpretato secondo la Costituzione:
 cosicche'  non e' pensabile che la norma in oggetto abbia previsto un
 potere sostitutivo esercitabile al di fuori di tali  canoni,  perche'
 va  preferita  l'interpretazione della norma conforme a Costituzione.
 Il quadro di cooperazione, secondo la Corte, si traduce concretamente
 in garanzie procedurali che comportano sia  un  dovere  di  reciproca
 informazione  (cfr. sentenze nn. 730, 495 e 1031 del 1988; 201/1987),
 sia soprattutto la forma dell'intesa di cui la Corte, in  particolare
 nella  sentenza  n.  286/1985,  ha  riconosciuto la portata generale,
 affermandone la natura di istituto  generale  e  tipico  del  diritto
 pubblico  e sostenendo che "ogni qualvolta concorra una molteplicita'
 di interessi eterogenei,  riferibili  a  soggetti  diversi  tutti  di
 rilievo  costituzionale,  alla  loro  composizione  deve  provvedersi
 attraverso l'istituto dell'intesa che abbraccia un campo  piu'  vasto
 di quello segnato dall'art. 81, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977
 che  si  riferisce ad una ipotesi particolare". La Corte ha ravvisato
 la necessita' dell'intesa anche in difetto  di  esplicite  previsioni
 normative,  precisamente  in forza della riconosciuta essenzialita' e
 connaturalita' dell'intesa al principio di leale  cooperazione  (cfr.
 sentenze  nn.  219/1984;  151/1986;  544/1987; 214, 612, 1031, 1044 e
 1045 del 1988).
    Del resto, la necessita' di forme  di  intesa  deriva  dall'ordine
 stesso  delle  competenze  attribuite  dall'art. 1, ottavo comma, che
 devolvono  alla  regione  il  potere  di  nomina  dell'amministratore
 straordinario  e  mantengono  sempre alla regione, in persona del suo
 presidente, previa  conforme  delibera  della  giunta  regionale,  la
 revoca  e la sostituzione dell'amministratore straordinario, nei casi
 previsti  dall'ultima   parte   dell'ottavo   comma,   anche   quando
 l'amministratore  straordinario sia stato nominato dal commissario di
 Governo nell'esercizio dei poteri sostitutivi.
    12. -  Orbene,  nel  caso  di  specie,  nessuna  intesa  e'  stata
 realizzata  ed  essa  non e' stata neppure cercata dal commissario di
 Governo, anzi  e'  stata  volutamente  esclusa,  come  dimostrano  le
 modalita' di esercizio del potere sostitutivo: cosicche', anche sotto
 questo  ulteriore  profilo,  l'atto commissariale viola le competenze
 costituzionalmente garantite alla  regione,  sia  in  generale  nella
 materia   sanitaria   e   di  organizzazione  e  articolazione  delle
 uu.ss.ll.,  sia  in  modo  specifico  con   riferimento   ai   poteri
 riconosciuti  agli organi regionali dalla normativa in oggetto (d.-l.
 n. 35/1991 convertito in legge n. 119/91).
    Ne' - d'altra parte - si potrebbe obiettare che  con  il  presente
 ricorso la regione Toscana faccia valere profili che, attenendo anche
 al  modo  dell'esercizio  di  un  potere attribuito al commissario di
 Governo, non sono ammissibilmente prospettabili in sede di  conflitto
 di attribuzioni.
    Da un lato, infatti, la Regione contesta in radice l'esistenza del
 potere  del  commissario  nel  caso  di specie, dal momento che (come
 abbiamo detto) questo e' possibile solo in caso di "mancata  nomina",
 e  non  di annullamento di una nomina gia' intervenuta; dall'altro, e
 per la  parte  in  cui  la  contestazione  investe  le  modalita'  di
 esercizio  del  potere,  la  stessa  Corte ha affermato che "e' ormai
 consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte,  il  criterio  per
 cui  la  figura  dei conflitti di attribuzione, sia tra lo Stato e le
 Regioni sia tra i poteri dello Stato,  non  si  restringe  alla  sola
 ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere che
 ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se', ma si estende a
 comprendere  ogni  ipotesi  in  cui  dall'illegittimo esercizio di un
 potere altrui consegue la menomazione di una  sfera  di  attribuzioni
 costituzionalmente   assegnate   all'altro   soggetto"  (sentenza  n.
 129/1981; v. anche sentenze nn. 111/1976 e 110/1970).