ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana 15 marzo 1980, n. 17 (Norme per la difesa della fauna e la regolamentazione dell'attivita' venatoria), cosi' come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1 settembre 1989, n. 59, promosso con ordinanza emessa il 7 gennaio 1991 dal Giudice conciliatore di Massa nel procedimento civile vertente tra Gianni Dunchi e Amministrazione provinciale di Massa Carrara iscritta al n. 191 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente della Giunta della Regione Toscana; Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli; Ritenuto in fatto 1. - In un giudizio di opposizione promosso da Gianni Dunchi avverso un'ingiunzione emessa dall'Amministrazione di Massa Carrara per violazione di una norma in materia di caccia (consistente nel fatto di aver lasciato vagare in campagna un cane da caccia in tempo vietato), il Giudice conciliatore di Massa, con ordinanza del 7 gennaio 1991 (R.O. n. 191 del 1991), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana n. 17 del 1980 (cosi' come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1 settembre 1989, n. 59). Nell'ordinanza si espone che la norma regionale denunciata prevede una sanzione amministrativa per chi esercita l'allenamento e l'addestramento di cani da caccia al di fuori dei tempi previsti dal calendario venatorio. Con tale disposizione - rileva il giudice a quo - la Regione Toscana ha introdotto una nuova sanzione, diversa da quelle disciplinate dall'art. 31 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (legge-quadro statale sulla caccia) e non riconducibile neppure all'ipotesi residuale di cui alla lett. n) del citato art. 31, dove si prevede una sanzione per le violazioni delle disposizioni della legge-quadro non espressamente richiamate dallo stesso articolo. Ad avviso del giudice remittente, le Regioni, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 31 della legge n. 968, potrebbero istituire sanzioni amministrative solo per eventuali abusi in materia di tabellazione dei terreni coltivati: dal che' la conclusione che la norma denunciata, qualificando come sanzionabile una fattispecie non ricompresa nell'art. 31 della legge-quadro statale n. 968, si sarebbe posta in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, secondo cui le norme legislative regionali in materia di caccia devono essere ema- nate nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. 2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuta la Regione Toscana, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Nell'atto di intervento si ricorda che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto l'esistenza di un potere delle Regioni di individuare autonome fattispecie sanzionatorie, essendo ricomprese nella potesta' normativa regionale le sanzioni extrapenali. Queste, infatti, non sarebbero da considerare come manifestazioni di un potere punitivo della pubblica amministrazione, ma di un suo potere di autotutela, e percio' espressione dello stesso potere volto alla realizzazione dei pubblici interessi che l'amministrazione ha il compito istituzionale di soddisfare. Di qui - secondo l'interveniente - la piena legittimazione della Regione nell'individuare le fattispecie sanzionatorie, quale espressione del generale potere di disciplina della materia. Con specifico riferimento alla fattispecie condotta all'esame della Corte, la Regione Toscana afferma che non sussiste la lamentata lesione dell'art. 117 della Costituzione poiche' il potere regionale di emanare la norma impugnata trova il suo fondamento nella competenza regionale in materia di caccia sancita dallo stesso art. 117 della Costituzione. Inoltre, la norma statale che individua le sanzioni - e cioe' l'art. 31 della legge-quadro statale - non potrebbe essere considerata norma di principio e ben potrebbe essere integrata dal legislatore regionale con la previsione di nuove ipotesi sanzionatorie rispondenti a finalita' ritenute dalla Regione meritevoli di tutela. Considerato in diritto 1. - Il Giudice conciliatore di Massa dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana 15 marzo 1980, n. 17 (come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1 settembre 1989, n. 59), dove si prevede una sanzione amministrativa da L. 40.000 a L. 300.000 "per chi esercita l'allenamento o l'addestramento di cani da caccia all'interno di istituti faunistici o faunistico-venatori, al di fuori dei tempi di cui al calendario venatorio o di quanto disposto dal precedente art. 34" (dove e' stata posta la disciplina in tema di cani vaganti). Ad avviso del giudice remittente, la norma in questione verrebbe a violare l'art. 117 della Costituzione per il fatto di avere introdotto una fattispecie di illecito amministrativo non riconducibile alle ipotesi contemplate nell'art. 31 della legge- quadro statale sulla caccia (l. 27 dicembre 1977, n. 968). 2. La questione e' infondata. L'ordinanza di rimessione muove dal presupposto che l'elencazione degli illeciti amministrativi formulata nell'art. 31 della legge n. 968 del 1977 debba considerarsi "chiusa", esaurendo ogni ipotesi di illecito amministrativo configurabile in materia di caccia, con la conseguenza che, in tale materia, alla legge regionale sarebbe riconosciuta la possibilita' di operare interventi sanzionatori soltanto in relazione alla fattispecie espressamente prevista nell'ultimo comma dello stesso art. 31, con riferimento agli abusi di tabellazione commessi dai proprietari o dai conduttori dei terreni coltivati. Tale assunto si presenta, peraltro, errato, dal momento che - come questa Corte ha ripetutamente sottolineato (v., da ultimo, sent. n. 350 del 1991 e ivi ulteriori richiami) - la potesta' di sanzionare eventuali illeciti amministrativi non risulta riservata allo Stato, ma segue i criteri ordinari di distribuzione delle competenze per materia tra Stato e Regioni, spettando, di conseguenza, al legislatore regionale, nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, il potere di definire e sanzionare, nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal legislatore nazionale, le violazioni di natura amministrativa costituenti illecito. La norma impugnata non puo', pertanto, incorrere nella censura proposta, avendo la stessa regolato, per una finalita' di protezione della fauna conforme ai principi ispiratori della legge-quadro nazionale, una fattispecie di illecito amministrativo (addestramento di cane da caccia in ambito ed in periodo vietati) sicuramente riconducibile alla materia "caccia" di competenza regionale.